Cesare Bovo, ex difensore della Roma ed oggi collaboratore di Liverani al Lecce, ha ricordato l’anno dello scudetto capitolino ai microfoni di Non è la Radio:
“A Roma abbiamo fatto una partita non da noi, ma sicuramente i valori sono diversi, quindi non sono quelle le nostre partite. Mister Fonseca propone un lavoro di un allenatore con idee diverse, si vede la sua mano sulla squadra e il lavoro settimanale. I giallorossi propongono cose nuove. Io feci tutto l’anno con la Prima Squadra, aggregato da dopo il ritiro: giocavo con la Primavera, ma facevo qualche panchina se c’era bisogno. Per me è stato un anno di assoluta crescita, perché allenarsi con quella Roma stratosferica in ogni elemento, dall’allenatore ai giocatori, è stato importantissimo per la mia crescita. È stato come crescere tutto insieme, quasi dieci anni in uno, a differenza di quanto succede nel settore giovanile, quindi ricordo tutto con grande piacere. Non mi sento parte dello scudetto, ma è stato un anno inspiegabile per me. Capello? Era un allenatore che non parlava molto, ma gli bastavano due parole o uno sguardo per farsi capire. Una cosa che noto rispetto a quando ero giovane io: adesso i giovani sono molto più esuberanti e attaccati a cose un po’ superficiali, mentre con noi, soprattutto con quelle generazioni di allenatori, i valori dello stare al proprio posto e dell’imparare dai più grandi venivano esasperati. Poi comunque lui aveva una grande autorità, e io, che ero un ragazzo timido, al massimo gli dicevo “buongiorno”. Con lui, per un giovane bastavano poche parole per capire cosa volesse consigliarti. E i suoi consigli pratici mi sono rimasti per tutta la vita”.