MASSIMO PAPITTO – INSIDEROMA
Si è accesa una diatriba in queste ultime ore tra i tifosi giallorossi su chi resta allo stadio fino all’ultimo secondo utile e chi invece va via prima a volte per non trovare traffico e riuscire ad uscire dall’imbottigliamento inevitabile dell’Olimpico nel minor tempo possibile sacrificando anche gli ultimi scampoli di partita che in questi ultimi tempi stanno risultando spesso decisivi. Le caratteristiche della Roma di Mourinho in questi due anni e mezzo sono abbastanza marcate e l’andare via prima dallo stadio espone purtroppo a rischi che il tifoso giallorosso non vorrebbe mai e poi mai correre. Quel rischio di perdersi il gol della squadra del suo cuore.
In queste ultime settimane è successo già due volte: con Monza e poi con il Lecce sempre all’Olimpico. Prima è stato El Shaarawy a far urlare il popolo all’ora di pranzo e poi ci hanno pensato Azmoun e il gigante Lukaku qualche ora fa a far sobbalzare lo stadio come una scossa tellurica. I boati e le scene di esultanza viste in queste ultime due occasioni sono difficilmente raccontabili a chi quei gol lì,per vari motivi, se li è persi. Senza andare tanto indietro nel tempo un gol quasi all’ultimo secondo è stato quello di Dybala con il Feyenoord nel ritorno dei quarti di finale di Europa League della scorsa stagione. Lì il talento argentino ci ha tirato fuori dalla disperazione con una giocata similare a quella di Lukaku proprio quasi sul tramonto della partita. Dopo quel gol del ventuno giallorosso ci fu l’apoteosi romanista nei tempi supplementari, ma il tiro all’incrocio di Dybala è quello che si ricorda di più di quella magica serata contro dei rivali che sono diventati acerrimi in questi ultimi anni. Due anni è mezzo fa fu sempre El Shaarawy con il Sassuolo a farci correre per la curva per andare ad abbracciare lo Special One che ci stava venendo incontro in un’altra serata memorabile e da almanacco giallorosso.
Il gol nel finale è sempre stato l’essenza del calcio, quello che fa più godere e urlare, quello che senza girarci tanto intorno dà più gusto. Un conto è vincere una partita di largo già dal primo tempo e un conto è arrivarci con la sofferenza prima di esplodere poi nell’urlo liberatorio. Una adrenalina difficilmente spiegabile. Una gioia che crea dipendenza e che il tifoso vorrebbe vivere probabilmente sempre.
Da qui allora ecco la nascita della diatriba. E’ meglio il tifoso che spera fino all’ultimo? Oppure è meglio quello che vorrebbe vivere la sua squadra in modo più tranquillo e magari vederla vincere spesso in modo meno “da deboli di cuore” per poi sfollare gli spalti per trocare poco traffico all’uscita? E’ difficile dare una risposta certa a questa domanda, come è difficile schierarsi da una parte o dall’altra. Io personalmente posso parlarvi della mia esperienza personale da tifoso romanista di ormai qualche anno e stagione: le emozioni degli ultimi istanti che si stanno vivendo in questi tempi sono difficilmente capibili per chi non le vive dagli spalti dello stadio Olimpico. Il calcio è da sempre un antidoto potente alle bruttezze della vita e una vittoria al novantaquattresimo quanto te le fa dimenticare almeno per qualche ora? La risposta è facile: tanto. E allora viva le partite vinte sempre all’ultimo minuto. Di bello per chi vive una vita di poche emozioni vere e sincere c’è poco altro.
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