17 Mag 2019In Breaking News6 Minuti

La crudezza dei conti in rosso della Roma dietro la cacciata di De Rossi

INSIDEROMA.COM – ANTONIO D’AVANZO – Come ogni giallo che si rispetti la storia dal finale poco lieto tra Daniele De Rossi e la Roma si sta arricchendo di nuovi capitoli. Nelle ultime ore sono spuntati un paio di audio su WhatsApp, uno stralcio di una conversazione tra il centrocampista giallorosso e il Ceo della Roma, Guido Fienga. De Rossi sostiene con malcelato dispiacere che, dopo aver ricevuto la cattiva notizia dalla società, avrebbe proposto alla stessa di poter continuare a giocare con un contratto a gettone, centomila euro a partita. La decisione del club, secondo De Rossi, sarebbe principalmente da ascrivere alle sue condizioni fisiche che non garantirebbero un rendimento costante durante l’arco di una stagione intera. La rottura definitiva di una trattativa diventata ormai di pubblico dominio, nonostante la vantaggiosa proposta economica avanzata da De Rossi, arriva perché il giocatore si sarebbe risentito della scarsa considerazione del club nei suoi confronti dimostrata nell’ultimo anno.

Dietro l’improvviso allontanamento di un simbolo della Roma (dal punto di vista della comunicazione e della tempistica la società avrebbe potuto sicuramente gestire in modo migliore la vicenda) oltre a probabili malintesi tra le due parti, si celano in realtà altre motivazioni, come i freddi numeri di un bilancio romanista che non sono rose e fiori. L’emozionante cavalcata in Champions League della scorsa stagione ha generato importanti ricavi per le casse giallorosse, ma non abbastanza per risanare i conti. Il bilancio consolidato relativo all’esercizio chiuso il 30 giugno del 2018 si è chiuso con 25,5 milioni di euro di debiti, un dato negativo nonostante il miglioramento rispetto all’anno precedente (-42,3 milioni).

A fronte di un cospicuo aumento del fatturato che ha toccato quota 250,87 milioni di euro (+75 milioni) il club capitolino, come recita un articolo del Sole 24 Ore, ha dovuto far fronte a un peggioramento del dato riguardante i debiti finanziari passati da 192,5 a 218,8 milioni di euro a una diminuzione del patrimonio netto consolidato (da -88,9 milioni del giugno 2017 a -105,4 milioni a giugno 2018). L’aumento di capitale da circa 100 milioni di euro, ufficializzato all’inizio della scorsa estate, non ha risanato le finanze societarie. E a poco è servito anche l’aumento degli incassi allo stadio, passato da 25,4 milioni di euro a 35,4. In questo ambito l’AS Roma aspetta sviluppi positivi per l’intricata questione del nuovo stadio, un progetto che la società ritiene fondamentale per la crescita sportiva e soprattutto economica del club.

Alla luce dei balbettanti risultati sportivi della Roma in questa stagione risultano poco lungimiranti alcune scelte operate dalla società e dall’ex direttore sportivo Monchi. Gli acquisti onerosi di giocatori che hanno deluso le aspettative, come Schick, Cristante, Pastore e Karsdorp, collocano di conseguenza sul banco degli imputati la società e una strategia che potrebbe rivelarsi fallimentare se la Roma dovesse mancare la qualificazione alla Champions League. La causa primaria del divorzio tra una bandiera come De Rossi e il club della Lupa contempla risvolti economici che portano a un risparmio immediato per le casse societarie, come il suo contratto da 3 milioni di euro a stagione. Si tratta, ad ogni modo, di una piccola parte rispetto ai notevoli buchi neri del bilancio societario. Sulla scelta di Pallotta & Co. di non rinnovare il contratto al centrocampista pesa anche il limitato numero di partite che De Rossi, causa età avanzata, riesce a giocare durante l’arco di una stagione.

A fronte di un risparmio ci sarebbe un altro elemento da analizzare e riguarda la probabile perdita nella vendita di magliette e gadget (la maglia di De Rossi è ancora una delle più vendute tra quelle dei giocatori della Roma). Rischi presumibilmente calcolati dal club se è stata presa una decisione spacca-tifoseria come quella di mandare via De Rossi. Le analogie tra il caso di Del Piero con la Juventus e quello di De Rossi, cozzano con le ambizioni, le strategie dei due club e i numerosi trionfi della Vecchia Signora negli ultimi anni. Un esempio: la maglia numero 10 dei bianconeri è stata indossata da un calciatore che porta il nome di Carlos Tevez, un anno dopo l’addio di Pinturicchio. Elementi che hanno reso più sopportabili per i tifosi juventini le partenze di una bandiera come Del Piero e di un campione come Pirlo. Con tutto il rispetto per Alessandro Florenzi: arriverà qualcuno capace di lenire il dolore dei tifosi romanisti causato dalla privazione di un altro simbolo come De Rossi?