Le parole che ti ho detto: il racconto dei sui ex allenatori
Attraverso il Match Program di AS Roma, a cura di Tiziano Riccardi, spazio alle parole di tutti gli allenatori che hanno avuto Daniele De Rossi nell’organico delle squadre allenate, sia nella Roma che in nazionale.
DI FILIPPO
(ex allenatore giovanili Ostiamare): “Sono stato il primo allenatore di De Rossi nell’Ostiamare e di questo ancora oggi mi vanto con gli amici. Diciamo che con questa cosa ci campo di rendita… Ho avuto Daniele molto giovane, con me ha fatto la scuola calcio e la categoria esordienti. Allora era un altro giocatore, soprattutto dal punto di vista fisico: esile, piccolino, giocava in attacco e segnava molti gol. Dal punto di vista tecnico era formidabile, in più aveva un’intelligenza tattica fuori dal comune. Caratterialmente, poi, educatissimo, mai una parola fuori posto. In poche parole, un predestinato. Sono sempre stato convinto delle sue doti e che sarebbe diventato un professionista. Certo, che potesse diventare tra i cinque centrocampisti più forti al mondo non lo avrei immaginato. Nel corso degli anni mi è capitato di rivederlo più di una volta a Ostia con la sua famiglia, ma una volta la ricordo meglio di altre: estate del 2006, lui mi notò per strada e mi venne ad abbracciare. Era da poco diventato campione del mondo”.
GUIDO UGOLOTTI
(ex allenatore Giovanissimi, Allievi e Primavera Roma): “Partiamo dall’inizio, da quando prendemmo Daniele per la Roma durante uno stage estivo. Ricordo che era un giocatore completamente diverso da come è poi diventato. Prima di tutto, non era un centrocampista, ma un trequartista avanzato. Fu poi Bencivenga ad avere l’intuizione di spostarlo sulla linea mediana. Quelle doti offensive, comunque, le rivediamo oggi nei suoi inserimenti in area avversaria, sotto porta è stato sempre pericoloso. Ma non solo il ruolo, anche il fisico era totalmente diverso a quello attuale, anche comprensibilmente, visto che aveva tredici anni. La crescita lo ha aiutato a irrobustirsi. Le doti non gli sono mai mancate, ma l’evoluzione di un calciatore va seguita passo passo e lui con la costanza e il lavoro è riuscito a diventare un calciatore formidabile”.
MAURO BENCIVENGA
(ex allenatore Allievi Nazionali Roma): “Io ho avuto Daniele negli Allievi. E, con lui, altri ragazzi che ora giocano a grandi livelli: Bovo, Aquilani, Amelia, Lanzaro, Bonanni, Ferronetti, Sansovini e tanti altri. Sono stato un allenatore fortunato, non mi posso lamentare. Quando presi Daniele, lui faceva l’attaccante. Io lo portai nella posizione di centrocampista e da lì partì la grande carriera. E, all’occorrenza, mi dava una mano anche come difensore centrale, dato che io giocavo con i tre dietro: Lanzaro, Bovo e Ferronetti. Lui era l’ideale mediano davanti alla difesa. Devo dire la verità, all’inizio non rendeva bene, tant’è che non era titolare nella mia formazione. Lui ci ha messo voglia e carattere per emergere. È diventato uno dei più grandi registi di centrocampo in circolazione. Ogni volta che lo vedo in televisione mi emoziono e penso che ha fatto dei miglioramenti incredibili”.
PAOLO BERRETTINI
(ex CT Nazionale Under 19): “Sono stato il primo allenatore a convocare Daniele in una nazionale italiana. Proprio così. In precedenza nessuno dei miei colleghi, nelle altre rappresentative, aveva mai pensato di chiamare un giocatore così forte. E mi sono sempre chiesto il perché. Nella mia squadra era un pilastro, la sua presenza in campo non si discuteva mai.
A De Rossi mi legano bei momenti, anche se l’ho allenato per un solo anno: ricordo che andò in gol alla prima presenza azzurra, in una partita vinta 4-0 a Marino contro la Moldavia. Quella formazione, di giocatori dell’83, resta la più forte che abbia mai allenato in carriera. C’era lui, c’erano Pepe e Bovo e tanti altri. Daniele giocava a centrocampo in coppia con Beati, un ragazzo che veniva dall’Inter. Ho sempre sostenuto che De Rossi e Aquilani sarebbero stati il futuro della Roma e della Nazionale. Non mi sono sbagliato di tanto”.
FRANCESCO ROCCA
(ex CT Nazionale Under 20): “Ho allenato De Rossi nella nazionale Under 20. All’epoca lui giocava sotto età perché dimostrava già una maturità fuori dal comune. Devo dire, però, che lui grande calciatore ci è diventato nel tempo, con l’impegno, non era un predestinato. Ha faticato tanto per arrivare a diventare tra i centrocampisti migliori in circolazione. Ha qualità importanti: è stato un regista con i piedi buoni che sa difendere come pochi altri. In passato si è parlato di un’incomprensione che ebbe con me ai tempi dell’Under 20: si trattò di una semplice esuberanza giovanile, un episodio ormai dimenticato. Quando sono tornato a Trigoria, ho avuto piacere di incrociare Daniele e di stringergli la mano”.
FABIO CAPELLO
(Roma 1999-2004): “Daniele l’ho fatto esordire nel 2001 in Champions League, in una gara contro l’Anderlecht, e nel 2003 in Campionato contro il Como, anche se si giocava a Piacenza. Ho ancora in mente la prima volta che scese in campo allo stadio Olimpico, giocava con la personalità del veterano, senza paura di niente e di nessuno. Molti avrebbero avuto le gambe molli, lui non patì nulla. Dal punto di vista tecnico era forte anche a 18 anni, ma ogni anno si è migliorato. Alcuni a 18 anni sono bravi, alcuni fenomeni, ma il loro livello resta inalterato. Lui, invece, è cresciuto tantissimo, passo dopo passo. Dal punto di vista umano lo ricordo come un ottimo ragazzo, anche se era giovane. Quando l’ho rivisto a Trigoria e in altre occasioni ho avuto piacere di stringergli la mano. È stato lui a venirmi incontro, questo significa che ho lasciato in lui un buon ricordo. Sono contento”.
CLAUDIO GENTILE
(ex CT Nazionale Under 21): “Mi legano a Daniele ricordi indelebili. Con lui abbiamo vinto un europeo di categoria e una medaglia olimpica che mancava da tanti anni. Era un predestinato, avevo capito subito che avrebbe avuto una carriera di prim’ordine. L’Under 21 lo ha aiutato a maturare e a diventare il calciatore che è oggi: straordinario in campo e fuori. Si vedeva che aveva una marcia in più degli altri, col suo comportamento in campo – pur non parlando molto – trascinava i compagni al successo. Per me era un elemento fondamentale, praticamente insostituibile”.
RUDI VOELLER
(Roma 2004-2005): “Di De Rossi una cosa impressiona su tutte, al di là delle doti eccelse del calciatore: il carattere. Daniele è un ragazzo umile, con i piedi per terra, ha qualità umane impressionanti. Sembra una cosa normale, ma in realtà non lo è per i calciatori d’oggi. Questo è il suo segreto più importante. Quando sono a Roma spesso capita di incontrarlo in qualche ristorante, mi fa piacere quando accade. Ho un ottimo rapporto anche con la famiglia, con il padre in particolare. Quanto al campo, che dire: è stato uno dei centrocampisti migliori in circolazione, al livello dei grandi interpreti del ruolo. Come Bastian. Ha giocato in ogni zona della linea mediana, addirittura ha fatto bene pure il difensore. Quando l’ho allenato io – per un mesetto nel 2004 – era un giovane in rampa di lancio, ero sicuro che si sarebbe affermato come ha fatto. Sono veramente felice della sua carriera”.
EZIO SELLA
(Roma 2004-2005): “De Rossi l’ho visto crescere come calciatore e come uomo. Era un ragazzo quando io facevo l’assistente di Capello per la prima squadra e lui si affacciava al calcio dei professionisti allenandosi con il gruppo. Poi, Fabio, intuendone le grandi qualità, lo fece esordire. Ho sempre riconosciuto in Daniele potenzialità enormi, anche quando in pochi ci avrebbero scommesso. Di lui mi impressionava la tecnica, ma, soprattutto, un’enorme personalità. Ho avuto la fortuna di allenarlo, seppur solo per una partita: Champions 2004-2005, Real Madrid-Roma 4-2, io sedevo sulla panchina della Roma dopo le dimissioni di Voeller e prima dell’avvento di Delneri. Andammo in vantaggio per 2-0 nel primo tempo e un gol lo segnò proprio lui. Peccato non essere riusciti a portare a casa quel risultato”.
LUIGI DELNERI
(Roma 2004-2005): “De Rossi l’ho avuto all’inizio della carriera, quando ancora non era un giocatore affermato come lo è ora, ma già si intravedevano le doti del campione. Diciamo che, io e i miei collaboratori, per quello che ci è stato possibile, abbiamo predestinato il suo talento verso il successo. È un giocatore di centrocampo completo, sa fare tutto e bene. Per il resto, Daniele è un ottimo ragazzo. Ha sempre avuto un buonissimo rapporto con me e tutto il mio staff. Conservo di lui un bel ricordo”.
BRUNO CONTI
(dirigente e ex allenatore Roma 2004-2005): “Notai Daniele in uno stage estivo a Nettuno dove gli istruttori erano il papà, Alberto, Guido Ugolotti e Vito Scala. Con De Rossi c’erano anche Bovo e Aquilani, tutti e tre di dodici o tredici anni. Mentre Cesare e Alberto avevano caratteristiche tecniche ben definite, di Daniele, invece, mi colpì la tigna. Aveva un gran carattere, si vedeva che voleva arrivare e che non ci stava mai a perdere le partite. Giocava attaccante, fu poi Bencivenga a reinventarlo centrocampista. Quando io guidavo la prima squadra, nella stagione 2004-2005, mi aiutò moltissimo. Era una stagione particolare, molti giocatori si tiravano indietro, ma lui mai. Giocò sempre, dimostrando l’attaccamento alla maglia che noi tutti oggi gli riconosciamo”.
LUCIANO SPALLETTI
(Roma 2005-2009, 2016 e 2017): “Non c’è molto da dire quando si deve commentare un giocatore di questa forza, tecnica, qualità, estro e personalità. Di De Rossi non posso che usare solo belle parole perché c’è solo un termine che lo può descrivere e questo è “campione”. Daniele è un campione. Tecnicamente e caratterialmente. È uno dei calciatori più forti che abbia allenato nella mia carriera. Dove lo metti, sta. E io l’ho avuto a lungo, in due esperienze sulla panchina della Roma. Lui stesso dice che in un’ipotetica carriera di allenatore, porterebbe con sé concetti imparati dal sottoscritto. La cosa mi inorgoglisce. Può essere paragonato a una delle opere di Kandinsky (pittore russo, ndr), un artista che ho apprezzato negli anni lavorando in Russia allo Zenit”.
MARCELLO LIPPI
(ex CT della Nazionale): “La mia opinione su Daniele è arcinota. Lo considero un fuoriclasse nel suo ruolo e un bravissimo ragazzo. Ho contribuito alla sua crescita calcistica promuovendolo dall’Under 21 alla Nazionale maggiore. E, se ha toccato certi livelli, lo deve anche alla sua splendida famiglia, che lo ha fatto diventare un grande uomo. Ricordo quel Mondiale del 2006, quando si prese quattro giornate di squalifica per la gomitata a McBride in Italia-Stati Uniti, seconda partita del girone eliminatorio. Tutti pensavano che il suo torneo fosse finito lì e, invece, in finale, lo ributtai nella mischia facendogli giocare parte della gara e mandandolo sul dischetto quando c’era da calciare i rigori. E lui non mi deluse”.
ROBERTO DONADONI
(ex CT della Nazionale): “Ritengo che De Rossi sia stato tra i più forti centrocampisti a livello mondiale. Completo nelle due fasi di gioco, con o senza palla, e ottimo anche in fase conclusiva. Abbiamo condiviso un Europeo bello insieme, purtroppo non tanto fortunato. Con me in Nazionale ha dato tutto, non posso che parlarne bene”.
CLAUDIO RANIERI
(Roma 2009-2011 e 2019): “Daniele è un serio professionista, un giocatore che ama la Roma e Roma. Si allena sempre con tenacia e determinazione e pretende sempre il massimo da se stesso. In squadra è uno che crea un gruppo positivo. È un giocatore schietto ed è un giocatore che ha tanti estimatori proprio per la bontà delle sue qualità tecniche, non a caso ha sempre avuto un posto in prima fila anche in Nazionale. La gente si è sempre identificata in questo giocatore, nel suo senso di appartenenza incredibile. Il mio rapporto con lui è stato schietto, improntato sull’armonia e la fiducia”.
VINCENZO MONTELLA
(ex compagno e allenatore Roma 2011): “De Rossi è stato tra i giocatori più completi del panorama internazionale. Come centrocampista ha fatto tutto: difendere e attaccare allo stesso tempo. Per quanto riguarda l’uomo è una persona particolarmente generosa. Non ricordo aneddoti, ma posso dire che è sempre stato un giovane di grande prospettiva e lo avevo consigliato all’Empoli quando era in Primavera, ma poi non andò”.
CESARE PRANDELLI
(Roma 2004-2005 e CT della Nazionale): “Il mio Daniele in Nazionale è stato uno dei centrocampisti migliori al mondo, capace di giocare bene sia in fase difensiva, sia in fase offensiva. Ha interpretato alla grande il ruolo di difensore centrale dimostrando grande adattabilità, garantendo nello stesso tempo il proprio apporto sul lancio del gioco e in fase di conclusione. Non solo, Daniele ha segnato spesso sei o sette gol a campionato. Per me è stato un punto di riferimento in Nazionale”.
LUIS ENRIQUE
(Roma 2011-2012): “De Rossi è un calciatore completo, di grandi qualità, senza alcun dubbio. È stato fondamentale, lo ha dimostrato ogni volta che è sceso in campo con la maglia della Roma. In questi anni ha saputo interpretare il ruolo davanti alla difesa, giocando bene anche da intermedio e lo ha dimostrato in più di un’occasione. Oltretutto, con me Daniele ha fatto pure il difensore centrale nella gara contro la Juventus, ad un livello incredibile. È un ragazzo leale, con lui ho avuto un ottimo rapporto”.
ZDENEK ZEMAN
(Roma 2012-2013): “Il suo rendimento con me è stato altalenante. Non so se per colpa mia o sua. Lo ha detto anche De Rossi in qualche esternazione pubblica. Il tipo di gioco che adottavo non si sposava alle sue qualità. Il calcio che volevo io era diverso, meno ragionato e più verticale. Da giovane lo ha fatto, quando è diventato più esperto non è riuscito ad adattarsi alle mie richieste. Può capitare. Resta, comunque, un giocatore importante per la Roma e su questo non ci sono dubbi”.
AURELIO ANDREAZZOLI
(Roma 2012-2013): “Sotto l’aspetto tattico è sempre stato un calciatore eccezionale, ho avuto la fortuna di allenarlo per qualche mese nel 2013. Era un punto di riferimento in campo e nello spogliatoio. Ma lo è sempre stato, dal mio arrivo nella Capitale come collaboratore di Spalletti”.
RUDI GARCIA
(Roma 2013-2015): “Daniele è uno dei calciatori più completi che ho mai visto. In campo non c’è una cosa che non sappia fare. Ha dei valori forti e ho subito capito che per lui la Roma significava qualcosa di davvero importante, ce l’ha nel sangue. Quando arrivai io il clima era grigio e lui pensava ad andare via perché usciva da una stagione in cui era stato molto criticato. Ma quando gli ho chiesto di restare, mi ha dato la sua parola che dopo la prima di campionato a Livorno sarebbe rimasto nonostante qualsiasi offerta. Come un simbolo, è stato proprio lui, in quella partita, a segnare il primo gol. Era la mia prima partita come allenatore della Roma.
La proposta del Manchester United arrivò dopo Livorno e lui rifiutò l’offerta come promesso. Perché Daniele è un uomo di parola. Un grande leader. Sono fiero di averlo allenato e tifo sempre per lui. Con rispetto e con affetto”.
ANTONIO CONTE
(ex ct della Nazionale): “Per Daniele De Rossi nutro grandissima stima, ho avuto la fortuna di lavorare con lui così come con Florenzi ed El Shaarawy. Se parlo ancora di quella nazionale continuano a venirmi i brividi, ho fatto un percorso incredibile con loro. De Rossi è un grandissimo calciatore, ha voluto essere un simbolo giallorosso come Totti, dimostrando di essere soprattutto un grande uomo. Da avversario, in Champions League, mi ha fatto molto piacere rivederlo e abbracciarlo. Nell’Europeo del 2016 abbiamo vissuto emozioni incredibili, poteva andare meglio, ma pazienza”.
GIAN PIERO VENTURA
(ex ct della Nazionale): “De Rossi, in assoluto, è un grande giocatore. Oltre a essere un uomo con la U maiuscola. È quasi impossibile ormai, nel calcio di oggi, essere una bandiera. De Rossi era forse l’ultima bandiera in Italia insieme a Sergio Pellissier, che pur facendo parte di una società più piccola come il Chievo è rimasto comunque una bandiera. Le bandiere sono sempre meno perché il calcio non permette più che esistano e questo non so se sia un bene o un male, perché il successo del calcio è l’affetto, l’amore che i tifosi hanno per questo sport”.
EUSEBIO DI FRANCESCO
(Roma 2017-2019): “La prima persona che ho chiamato dopo che ho saputo di allenare la Roma è stato Daniele De Rossi. Credo che lui sia l’emblema della Roma nell’atteggiamento e nel modo di fare. Parlando di senso di appartenenza. Mio figlio Federico (anche lui calciatore, in forza al Sassuolo, ndr) ha sempre avuto lui come idolo da bambino e pure questo è un fatto eloquente e importante. E condivido il perché: quando segna un compagno il primo che segnava, lui lo andava ad esultare e ad abbracciare”.