INSIDEROMA.COM – MATTEO LUCIANI – Era il 1984, quando nelle librerie di alcuni paesi del Vecchio Continente compariva per la prima volta il romanzo dello scrittore ceco Milan Kundera “L’insostenibile leggerezza dell’essere”, incentrato sulle vicende di un gruppo di artisti durante il periodo della cosiddetta ‘Primavera di Praga’.
Un’altra primavera, quella romana e romanista di questo 2019 sin qui orribile per i colori giallorossi, sembra invece essersi prefissata l’obiettivo di mostrare al mondo quanto sia complicato essere tifosi della Roma.
Dapprima il sogno Antonio Conte. Settimane di voci, parole di collaboratori più o meno stretti del tecnico leccese e notizie fornite da ‘radio mercato’ sull’imminente arrivo a Trigoria dell’ex tecnico di Juventus e Chelsea che aveva fatto sognare una città intera, poi la doccia gelata nel corso di una soleggiata mattinata di inizio maggio, con l’intervista rilasciata dallo stesso allenatore pugliese alla Gazzetta dello Sport nella quale, di fatto, Conte ufficializza il proprio rifiuto alla proposta della dirigenza capitolina.
Da qui in poi, un’escalation verso il basso che sembra ancora non avere fine.
Il 14 maggio Roma si sveglia con la notizia che Daniele De Rossi si appresta a vivere le sue ultime due partite in giallorosso. La società ritiene che il percorso di DDR da calciatore sia ormai concluso e gli offre sin da subito un ruolo di rilievo all’interno dell’organigramma del club. Uno che, però, ha dato la sua vita calcistica per i colori della Magica non ci sta a essere trattato come un pivello, al quale viene comunicato che non si ha più intenzione di puntare su di lui appena dieci giorni prima della fine della stagione e del contratto in essere.
In una conferenza stampa dai toni pacati, ma altrettanto decisi, in cui il CEO Guido Fienga compie la ‘prodezza’ di definire a più riprese l’AS Roma una “azienda”, De Rossi rifila stoccate rilevanti nei confronti di coloro che hanno voluto porre fine alla sua avventura con la lupa sul petto: è palese che, come si suol dire, stiano iniziando a ‘volare stracci’ e in effetti, non è ancora finita, anzi.
Il meglio, si fa per dire, deve ancora venire.
Dopo aver assistito allo scialbo pareggio contro il Sassuolo e all’inutile vittoria contro il Parma nella notte di Daniele De Rossi (e Claudio Ranieri, non dimentichiamolo), che condannano la Roma ad un triste sesto posto finale, i tifosi giallorossi devono assistere a un altro rifiuto pesante in riferimento alla panchina della squadra: si tratta di Gian Piero Gasperini, l’uomo che ha appena condotto l’Atalanta ad uno storico terzo posto e alla prima, clamorosa qualificazione in Champions League dei bergamaschi.
Sembrava tutto fatto per l’avvento dell’ex Genoa in giallorosso, ma alla fine anche ‘Gasp’ declina gentilmente la proposta, forse timoroso di arrivare in una piazza tanto infuocata per giocarsi realisticamente l’ultima chance di sedersi su una grande panchina.
Il popolo giallorosso resta spiazzato: Gasperini non era certo l’allenatore dei sogni, ma se anche il mister dell’Atalanta si permette di sbattere la porta in faccia alla Roma, in che direzione si sta andando?
Come se non bastasse il fatto di non avere ancora un tecnico a cui affidare il progetto del rilancio sportivo, dopo una stagione tanto amara e formalmente neppure un direttore sportivo operativo (visto il Massara in uscita da Trigoria da tempo e il Petrachi ancora non liberato dal presidente del Torino, Urbano Cairo), la mattina del 28 maggio arriva il più classico dei ‘colpi di grazia’.
Sul quotidiano ‘La Repubblica’ (casi del destino, proprio quello citato da Antonello Venditti nel suo pezzo “Questa insostenibile leggerezza dell’essere”: “…non leggi manco La Repubblica, non ti solleva Milan Kundera”), viene pubblicata un’inchiesta che parla di una clamorosa fronda, emersa all’interno della squadra durante la stagione appena conclusa, con obiettivi principali l’ormai ex ds Monchi, l’ex mister Di Francesco e soprattutto, Francesco Totti.
Il fatto che tra i nomi citati nel pezzo, ma soprattutto nel titolo, ci sia quello di Daniele De Rossi fa esplodere una vera e propria ‘bomba’.
De Rossi contro Totti. Non c’è più religione.
Tutte le parti chiamate in causa si affrettano a smentire, ma ormai la frittata è fatta. Roma e la Roma bruciano.
Per tentare di spegnere le polemiche e ripartire di slancio verso la stagione 2019/2020, i vertici del club pensano ‘bene’ di riflettere sull’affidare le redini della squadra a Sinisa Mihajlovic, colui che appena due settimane prima, da allenatore del Bologna, si è recato sotto la Curva Nord laziale battendosi il pugno sul petto.
Infine, arriva la lettera del presidente Pallotta, che, di fatto, addossa tutte le colpe (o quasi) del disastro a chi ormai nella Capitale non c’è più (Monchi) e promette di fare una grande Roma per il futuro, dopo che alcuni mesi prima aveva dichiarato di accettare per la sua squadra soltanto un allenatore ‘top’.
Peccato che, poi, gli addetti ai lavori convergano quasi unanimemente sui nomi di Roberto De Zerbi e Paulo Fonseca.
Che dire, maggio ormai è finito e con esso speriamo anche il cumulo di macerie in cui si è ridotta la nostra ‘povera’ Roma.