3 Giu 2023In Breaking News15 Minuti

Per questa maglia combatto e me ne vanto

Articolo a cura di Alessandro Capone 
 
È il momento. Esci di casa mentre fuori è buio e tutto intorno a te comincia ad addormentarsi dopo la solita frenesia di un giorno feriale. Non un giorno qualsiasi però. L’attesa è stata tanta e lunga con il tempo che scorreva troppo lento. Pensieri, speranze, convinzioni, voglia di stare accanto ai tuoi colori in una serata che, comunque vada, scriverà una pagina nella storia di questa squadra, della sua gente, della sua città. Nella mente tutta la stagione europea che un giorno dopo l’altro hai rivissuto per arrivare sempre ad oggi, alla vigilia dell’ultimo atto di una coppa che sentì di poter portare a casa. E ce la metterai tutta. Ė questo che ti ripeti mentre l’asfalto comincia a correre. Navigatore impostato…. Budapest, Ungheria. Le luci di casa si allontano e ormai le vedi scomparire nella notte. Lo sguardo che torna in avanti fra le linee tratteggiate che una dopo l’altra segnano la strada e prometti di dare tutto quello che hai e di rappresentare al meglio e con orgoglio la passione de tanta e tanta gente. La notte è illuminata dai fari e il suo silenzio interrotto da qualche battuta che prova a distrarre la mente dal buio e a sciogliere un po’ di tensione che chilometro dopo chilometro sale arrivando quasi fuori controllo. 

Alle prime luci dell’alba sei quasi al confine ma in ogni punto di sosta sembra di essere a casa. Il mare giallo ocra e rosso pompeiano si è mosso sia via aerea che via terra. Dall’attesa per il biglietto alla complessa organizzazione di un viaggio per nulla comodo e per nulla economico. Ma oggi questi pensieri non ci sono. Ovunque trovi sguardi carichi e pronti. Voglia di raggiungere quanto prima la meta che stavolta ti vedrà attraversare due frontiere prima di arrivare ad urlare il nome della tua città, della tua gente, della tua passione. Pian piano i discorsi si fanno più centrati e assolutamente monotematici. Qualche brindisi aumenta i sorrisi senza complicare il viaggio. Il tempo di un rifornimento e a poco a poco i cartelli in italiano cominciano a scomparire attraversando il confine sloveno. Le luci del giorno illuminano le vallate, il verde e le tipiche case del posto immerse in un silenzio di inizio giornata e in una tranquillità che fa da contro all’attesa e alla carica dentro l’abitacolo. Fai entrare un po’ di aria fresca da fuori e respiri cercando di rallentare i battiti che si fanno sempre più veloci ora dopo ora. Ti lasci Lubiana alle spalle e arrivando nei pressi di Maribor alcune nuvole fanno scendere qualche goccia di pioggia che ti accompagna fino al confine ungherese. Adesso inizia il conto alla rovescia dei chilometri che mancano a Budapest. Entrato in città attraversi il Danubio e dopo qualche battuta sul e nel traffico locale percorri tutta Andràssy út fino a Hösök tere dove un pezzo di Roma fa trascorrere le ore che mancano al fischio di inizio. Tutte le vie e il parco circostante ti fanno sentire a casa mentre i brindisi si fanno sempre più tesi finché è il momento di cominciare a seguire le indicazioni che dicono Puskas Arena ancor prima di aver famigliarizzato con la moneta locale. I passi lungo Dózsa György út sono lenti e pieni di pensieri. I cori che cominciano a riempire l’aria sotto il cielo caldo di Budapest. Costeggi una stazione e il marciapiedi si riempie sempre più di polizia locale. Due a cavallo sulla destra terminano la fila e davanti si apre tutto il viale che ti porta davanti ai cancelli di ingresso. Le scale, ancora un brindisi, dei sorrisi e poi… davanti a te il prato verde circondato dai seggiolini rossi. Sei fermo a fissare il campo. Ti guardi intorno e ti senti come all’Olimpico.  Stretti fino a non riuscire a mettere entrambi i piedi a terra guardi distrattamente la cerimonia di apertura. Quando tutto è pronto e si sta per battere il calcio d’inizio i tuoi pensieri ripercorrono tutti i giorni precedenti. Dall’euforia per la finale di Europa League conquistata, ai biglietti, all’organizzazione del viaggio e al viaggio stesso fino al sentirti in casa dopo aver urlato Roma Roma Roma in terra ungherese mentre il giorno sta per cedere il cielo alla notte in cui la coppa verrà alzata. Il pallone comincia a muoversi per il campo e ti senti come di vivere un momento sospeso, di attesa, di speranza. È il momento del coraggio, della voglia, del gettare il cuore oltre l’ostacolo. Gli occhi intorno tutti convinti, i petti in fuori e la testa alta. O si esce con la coppa o comunque sfiniti. Non riuscirai mai a ricordare ogni singolo momento di questo tempo sospeso ma sicuramente non potrai mai dimenticare l’imbucata verso la porta del Siviglia. Quel tiro e la rete che si muove. L’urlo che ti lascia senza voce e il tabellone che segna 1-0 per noi e ti senti al centro del mondo sommerso da abbracci e sorrisi ricambiati. Qualche segnale precedente ti aveva dato modo di credere che non avresti avuto solo il Siviglia contro… Un palo fra tremare porta e anime di tutti mentre i sette minuti di recupero per il primo tempo ti danno solo un altro indizio di quanto sarà lunga… L’intervallo ti serve per un brindisi di incoraggiamento e per ricaricare le energie in vista dell’ennesimo sforzo della stagione. Tutti i FIGLI DELLA LUPA giunti fin qui sono pronti per ricominciare a far tremare il mondo e a soffrire insieme e ci si incoraggia a vicenda. Tutto comincia a muoversi nuovamente in mezzo al campo ma ad un tratto ogni pensiero si blocca quando la macchia bianca davanti a te comincia una esultanza che non protrai mai dimenticare per il gelo che ti crea dentro. Un tocco sfortunato porta il tabellone a segnare 1-1. Tutto da rifare ma c’ho che continui a vedere comincia a darti la sensazione di quello che potrà avvenire. Ma ci credi e continui guardando di tanto in tanto il cronometro che adesso segna minuto ottantacinque. Il muro, il cuore e la determinazione di questo pezzo di Urbe immortale regge sia in campo che fuori i tentativi spagnoli (e inglesi!?!) e prova a replicare. Sono gli ultimi assalti, gli ultimi cori dei novanta regolamentari. Cross diretto verso il centro dell’area andalusa. Un braccio interrompe la traiettoria. Sei convinto… deve darti il rigore. E invece no. Questo signore inglese ti nega anche questo dopo aver quantomeno indirizzato la strada che arriva alla coppa e allora il tempo scade portandoti quindi ai supplementari. Sei stremato dalla tensione. Continui a non capire il senso di alcuni fischi e nel momento in cui la traversa ti nega una esultanza che avresti meritato sai che tutto sarà deciso (se qualcuno non ha già deciso…) ai calci di rigore. E così , dopo centoquarantasei minuti fuori e dentro di te cala il silenzio, come un vuoto temporale. I pensieri che si accavallano mentre la scelta della porta in cui verranno calciati cade dall’altra parte. Cominceranno loro. Ancora attesa, si comincia la lotteria a cui non vorresti mai partecipare. Primo fischio e la rete si scuote. Ora tocca a noi. Quando vedi la palla entrare ti fai un po’ di coraggio ma poco dopo ti ritrovi nella stessa situazione. Sono di nuovo in vantaggio loro. I passi lenti e la palla sul dischetto. Un altro fischio, il tiro e quella parata respinge indietro tutta la convinzione e fa traballare le certezze e le speranze.  Quelli in maglia bianca dalla parte opposta esultano di nuovo e in un attimo ancora quella sensazione, di un traguardo che si allontana finché dopo pochi minuti (e dopo aver visto ripetere un rigore…) tutto finisce. Maledetti rigori… ancora, sempre, maledettamente loro. Gli altri, tutte quelle maglie bianche che si agitano e che esultano ancora e tu che hai appena sentito sfuggirti dalle mani un trofeo che si poteva vincere. Prima il silenzio, poi un applauso che nell’immaginario è per tutti. Per la squadra, per chi c’era, per ogni cuore Romanista che batte in ogni angolo del mondo. Anche oggi, come sempre, contro tutto e tutti. Contro spagnoli (e inglesi?), contro chi adesso festeggia non avendo ne città, ne appartenenza. Contro tutti quelli che cercano i loro sogni nelle disgrazie degli altri. Avrai perso la coppa sì, ma tu oggi hai vissuto. Hai vissuto sulla tua pelle emozioni che qualcuno continua solo a immaginare. Sarai incudine ora si, ma ancora più tosta. Orgoglioso di esserci stato. In fondo l’avevi portata all’estremo atto finale nonostante i tentativi di farla finire prima. Ma ormai è andata e con la delusione dentro ti avvii verso l’uscita. Questo viale cosi pieno di gioia, colori, canti e convinzione fino a qualche ora prima adesso lo vedi buio, triste e troppo lungo. È come un tunnel che isola ciascuno dei presenti.Il rammarico limita le parole. L’amarezza si sfoga in commenti poco lucidi. Le luci di Budapest ti sembrano fioche e fredde. Sei stanco nel fisico ed esausto nell’animo. Nella notte ungherese imposti un navigatore ne segna milleduecentoventi. Poca voglia di parlare mentre la M7 ti indirizza di nuovo verso Maribor con una notte che in questo momento sembra ancora più buia. Nessun sorriso fra Ungheria e Slovenia, ma nessuna resa. La sconfitta e la sensazione che qualcosa ti sia stato tolto renderà il viaggio più duro ma sai che è solo un altro colpo che fortifica quello che senti, quello che sei, quello che siamo. Il sole comincia ad illuminare questa notte troppo lunga per i tuoi sentimenti e i cartelli in italiano ti sentire più vicino a casa. Il giorno riempito da rimpianti e arrabbiature, da brindisi amari e sorrisi tirati. Finalmente, quando la città ti riabbraccia, sai che non gli avrai riportato la coppa ma saprà tirarti su. Domenica c’è un ultima partita stagionale che servirà a chiudere un altro capitolo e ad aprirne un altro. Ancora sogni, ancora speranze, ancora emozioni. Nonostante tutto e tutti. Ostinatamente e orgogliosamente. Pronti a scrivere ancora pagine di storia. Pronti e carichi per un’altra stagione di emozioni. Oggi più che mai sai che al suo fianco sempre sarem… Nella sconfitta più che mai… Forza Roma… rialziamoci insieme e insieme continuiamo il sogno che ci accompagna da una vita. Ovunque andrai ci troverai sempre al tuo fianco… per questa maglia… combatto e me ne vanto…

 

Alessandro Capone