Rogers: “Vogliamo riunire i club dell’ECA per un’iniziativa per la giornata mondiale dei bambini scomparsi”
Paul Rogers, Chief Strategy Officer della Roma, ha rilasciato un’intervista al sito dell’ECA, l’organismo che riunisce le maggiori società calcistiche europee.
Come descriveresti l’approccio della Roma ai social media e cosa ha scatenato questo cambiamento di strategia?
«Giusto cinque anni lanciammo il nostro account in inglese ed è quindi un buon momento per guardare al passato e a come abbiamo introdotto un nuovo modo, per club, di comunicare ai tifosi. Volevamo avere un approccio differente da quello che avevano molti altri club. Vedevamo come loro usassero i social, Twitter in particolare, e sentivamo che non rispecchiasse il modo con cui i tifosi stavano usando la piattaforma. Molte società sembravano parlare ai tifosi usando la piattaforma per trasmettere solo messaggi istituzionali e non era l’approccio che volevamo comunicare.
Vedevamo l’opportunità di presentare al mondo un volto molto più umano della Roma e l’abbiamo fatto in molti modi differenti, mediante lo stile del contenuto che abbiamo creato, il tono della voce che abbiamo adottato, i riferimenti culturali utilizzati, la frequenza con cui abbiamo pubblicato un post e la modalità di interazione con i followers. Introducendo il concetto del personaggio di Roma Admin, siamo stati in grado di interagire con i tifosi e gli altri club in una maniera unica e così abbiamo potuto distinguere tra la voce del club e la voce del community manger. La gente ha capito di potersi personalmente interfacciare con Roma Admin in un modo con cui non è possibile fare con un’istituzione come un club di calcio. Utilizziamo il linguaggio della piattaforma, con ironia e umorismo autoriferito, qualcosa che prima non era stato fatto veramente da altri club. Ci siamo così rivolti a tutti, ai tifosi della Roma, ai tifosi delle altre squadre e anche a chi non è nemmeno tifoso di calcio.
A volte il mondo calcistico su Twitter può essere un parco giochi tossico ma abbiamo deciso di interagire con tutti i nostri followers, a prescindere dal loro tifo. Abbiamo scelto di lasciare la battaglia ai giocatori in campo per cercare di donare un sorriso alle persone con i nostri post. Il calcio è divertimento e un’evasione dal lavoro e dalla vita per molta gente. Ora noto che molti club hanno iniziato ad adottare un approccio simile a quello che noi, l’account americano del Bayern Monaco e quello inglese del Bayer Leverkusen abbiamo adottato qualche anno fa. Penso sia un bene per tutti»
Le reazioni sono state positive con un alto livello di engagement. È questo l’obiettivo o ce n’è un altro più ampio?
«Penso che molte persone – i cosiddetti esperti di social media – cerchino sempre di rendere le cose più complicate di quel che sono. Facciamo semplicemente quello che pensiamo sia il meglio per la Roma. Non siamo ossessionati da quanti followers abbiamo o dall’engagement. Se tu lasci che i dati e l’engagement stabilisca cosa devi fare, allora perdi la tua strada. Se posti una foto di Messi o Ronaldo con un’emoji di una capra il tuo engagement sarà sempre alto ma ti staresti comportando così per i tuoi fan o per compilare un bel report per il tuo capo a fine mese?
Postiamo spesso contenuti che sappiamo essere di nicchia quando sarebbe più facile e sicuro dirottarci verso un regime tradizionale di news e foto calcistiche. Tutto ciò che abbiamo fatto lo abbiamo fatto perché ci credevamo e molti fan lo hanno creduto allo stesso modo.
Abbiamo 550.000 followers e probabilmente siamo il quarto account più seguito in inglese da un club non inglese, dopo il Real Madrid, il Barcellona e la Juventus. Questa è una cosa grande perché ci dà una piattaforma ancora più grande per divulgare i nostri messaggi».
Perché pensi che questo approccio funzioni così bene con i tifosi moderni?
«I tifosi sono essere umani come la gente che lavora nei club. Penso che a volte chi lavora nei club pensi in un certo modo nella propria vita priva e poi creda che i tifosi si comportino in maniera diversa da loro. I tifosi non vivono il club h24 e nei momenti in cui interagiscono si aspetta di più dalle proprie squadre rispetto a un freddo e robotico approccio comunicativo. Alla gente piacciono le emozioni, piace vedere che dietro l’account ci sia un essere umano. I giovani, in particolare, si aspettano di più dai marchi con cui decidono di interagire e sono orgoglioso del mondo con cui usiamo la piattaforma, senza fare una semplice autopromozione».
Molte aziende possono essere piuttosto caute nel loro approccio poiché i social media comportano determinati rischi dal punto di vista delle comunicazioni aziendali. Temi mai quale potrebbe essere la reazione a un vostro contenuto?
«Il calcio è fatto di opinioni e, che ci piaccia o meno, ognuno avrà la propria opinione in merito a una decisione preda da te. Anche se sei l’allenatore, il direttore sportivo, chi disegna le maglie o il social media manager quello che fai sarà criticato e sta a te reagire alle critiche. Quando abbiamo deciso di fare le cose in modo molto diverso con l’account inglese della Roma, abbiamo concordato una strategia a lungo termine in cui credevamo ed eravamo pronti a difenderla con veemenza. Sapevamo che non avremmo mai fatto qualcosa per mettere in imbarazzo il club o che potesse essere appeso sulla parete dello spogliatoio avversario. E mentre sapevamo che non tutti i fan avrebbero capito immediatamente l’approccio che stavamo per adottare, eravamo fiduciosi che si sarebbero uniti a noi durante il viaggio. Posso categoricamente affermare che a noi non importava cosa pensassero i giornalisti dei quotidiani di calcio tradizionali, in merito a ciò che stavamo facendo. Non erano assolutamente i nostri destinatari, quindi la loro opinione non ci interessava. Gestiamo i canali di social media del club per il club, per i nostri fan e per i nostri follower, non per i giornalisti.
Ricordo bene quando abbiamo postato un video molto strano per annunciare l’acquisto di Cengiz Ünder nel 2017 e la reazione fu esattamente quella che ci aspettavamo: alcuni erano sorpresi mentre molti altri avevano capito cosa stavamo facendo e il nostro riferimento ai brutti video “Skill e goals” che appaiono sempre su Youtube quando un giocatore sconosciuto viene accostato a una squadra. Abbiamo scioccato molti tifosi con quel video e poi abbiamo postato materiale sempre più strano. I tifosi ci chiedevano di più, di andare avanti. Da lì siamo arrivati al video completamente nero dello scorso anno, per il quale – sono onesto – sono stato chiamato dal presidente per spiegare cosa stessimo facendo. Volevamo divertirci con ciò che stavamo facendo e volevamo che si divertisse anche la gente ma ci vuole ovviamente un metodo anche nella follia e abbiamo costantemente modulato il nostro approccio».
Non si parla solo di gif divertenti e di meme ovviamente. La scorsa estate, avete lanciato una campagna per i bambini scomparsi, postando le loro foto nei post in cui annunciavate un nuovo acquisto. Come vedi l’opportunità per gli account social dei club di essere utilizzati in questa maniera?
«L’idea di quella campagna in realtà è nata leggendo un articolo sul video della canzone Runaway Train della band americana Soul Asylum. La canzone uscì nel 1993 o nel 1994 e ricordo che il video, che era stato riprodotto a ripetizione su MTV e The Box, mostrava adolescenti americani scomparsi. Solo più tardi ho scoperto che in realtà c’erano quattro diverse versioni del video rilasciate a seconda di dove vivevi. Fu allora che scoprii che la versione britannica del video si era riferita a un ragazzo di Liverpool scomparso nel 1987 in un pub vicino a dove vivevo. Ho trovato davvero interessante che stessero mostrando video diversi a un pubblico diverso, pur essendo sempre la stessa canzone. All’epoca non esistevano Internet e i social, quindi MTV era il modo migliore per raggiungere un vasto pubblico di adolescenti e il video ottenne risultati notevoli.
Ho pensato che con la Roma avremmo potuto fare qualcosa di simile, ma trovandoci nella generazione dei social abbiamo potuto utilizzare un targeting molto più sofisticato per mostrare i video di fronte alle persone giuste. Abbiamo visto un’opportunità per combinare calcio, social media, bambini scomparsi e milioni di persone che seguono i trasferimenti di calcio su Twitter, Facebook e Instagram. Volevamo usare la natura virale degli annunci di acquisizione di nuovi calciatori per esporre alcuni casi di bambini scomparsi al più vasto pubblico possibile, perché ci vuole solo una persona per trovare un bambino scomparso. Il fatto che sei bambini, che sono apparsi nei video della Roma, da allora siano stati trovati e siano al sicuro è incredibile ed è qualcosa che i nostri giocatori e il nostro staff sono davvero orgogliosi di sostenere. Nelle prossime settimane, vogliamo contattare tutti i club dell’ECA per unirsi a noi nel sostenere l’International Center for Missing Children per il prossimo 25 maggio 2020. Quel giorno è la Giornata internazionale dei bambini scomparsi e sarebbe splendido se tutti i club condividessero un video sui social media che metta in evidenza casi di bambini scomparsi. Crediamo che con un Tweet per ogni club, il mondo del calcio possa unirsi per una causa incredibilmente importante e dimostrare che tutti possiamo essere uniti per aiutare a riunire alcune famiglie con i loro figli perduti. Se la Juventus, il Barcellona, il Real Madrid, l’Arsenal, il PSG, l’Ajax, il Bayern Monaco, il Milan, il Manchester United e tutti i club all’interno dell’ECA vorranno sostenere l’iniziativa dell’International Center for Missing Children, l’impatto potrebbe essere incredibile».