INSIDEROMA.COM – MATTEO LUCIANI – Geograficamente tanto vicine, un tempo con tifoserie addirittura gemellate, in grado di dare vita a splendide coreografie durante i cosiddetti ‘derby del sole’: Roma e Napoli, contraddistinte storicamente da un rapporto di amore e odio, hanno visto anche molti calciatori e allenatori avvicendarsi con le casacche o sulle panchine di entrambe.
Su tutti, probabilmente, il caso più rilevante porta al ‘Fornaretto’ di Frascati Amedeo Amadei. Nella Capitale era l’idolo della folla, tanto veloce sulla bici con la quale sbrigava le consegne da ragazzino, quanto sul campo di calcio. In giallorosso visse praticamente tutta la sua carriera, dal ’36 al ’48, vincendo uno scudetto e segnando la bellezza di 116 gol. Famosa fu la sua richiesta all’Inter di non schierarlo contro la sua ex squadra, qualora quest’ultima avesse navigato in acque torbide, quando si rese necessaria la sua cessione ai nerazzurri. Quello che però non farà a Milano, finirà col realizzarlo negli anni partenopei, dove si trasferì nel 1950 per chiudervi la carriera sei stagioni più tardi. Nel mezzo si ritrovò a decidere proprio un Napoli-Roma, il 9 marzo 1954. Ma nessuno gliene fece una colpa.
Negli anni vissuti alle pendici del Vesuvio, Amadei si ritrovò oltretutto in compagnia di un altro doppio ex, che con lui aveva alzato il tricolore nella Città Eterna. Rispondeva al nome di Naim Krieziu, probabilmente una delle ali più forti si siano mai viste da queste parti. A Roma era arrivato dalla sua Tirana nel ’39, per restarvi otto anni, finché il Napoli non mise sul piatto la bellezza di 18 milioni di lire, che nell’estate del 1947 ne decretarono il cambio di casacca. Fu una parentesi di cinque stagioni, le ultime, prima di appendere gli scarpini al chiodo e tornare a vivere in quella Capitale che ormai era diventata più di una seconda casa.
Nello stesso arco temporale di Amadei e Krieziu, anche Bruno Pesaola scorrazzava per l’Italia in cerca di successo e a portalo dall’altra parte del Mondo fu proprio la Roma, che nel 1947 lo acquistò dal Sportivo Dock Sud di Avellaneda. Soprannominato “Petisso”, per la sua statura ridotta, in giallorosso visse tre stagioni, volando poi a Novara e approdando successivamente a Napoli, nel ’52. Alla città partenopea Pesaola si legherà più di qualunque altro luogo, tanto da arrivare a definirsi un “napoletano nato all’estero” e di ritornaci per ben tre volte durante una carriera da allenatore ben più importante da quella passata sul campo, con la conquista di uno storico scudetto a Firenze e un altrettanto epocale Coppa Italia proprio in quella Napoli che ne aveva rapito il cuore.
Diversi anni più tardi, la doppia esperienza toccherà ad Andrea Carnevale, nativo di Latina e cresciuto al Fondi, dal quale poi pellegrinerà per diversi anni, prima di trovare l’affermazione in terra borbonica. Lì Carnevale approdò nell’estate del 1996, vivendo in pieno l’epoca Maradona e vincendo due scudetti, una Coppa Uefa e una Coppa Italia. Quando gli azzurri decideranno di privarsene approdò a Roma, raggiungendo quell’Ottavio Bianchi che da Napoli aveva dovuto far i bagagli appena una stagione prima, in aperto contrasto con il Pibe de Oro, alias Diego Armando.
Alla lista va aggiunto anche il nome di Roberto Policano, svezzato dal Genoa e tornato nella Capitale dal quale era partito come soprannome di “Rambo” e la fama di non lesinare mai nei contrasti. Non lo fece neanche in giallorosso, così come a Torino poi e a Napoli ancora dopo, dove incrociò la strada di un altro futuro romanista: Daniel Fonseca.
Condotto in Italia dal Cagliari, in maglia azzurra l’uruguagio trascorse solo due stagioni, ma fece in tempo a restare nei ricordi per la prestazione con la quale consentì al Napoli di battere il Valencia in Coppa Uefa. Risultato finale 5-1, unico marcatore proprio il “Conejo”. A Roma arrivò invece nel ’94, pagato la bellezza di 17,5 miliardi di lire più il cartellino di Benito Carbone. Per un altro doppio ex come Carlo Mazzone era la pedina ideale da inserire in attacco insieme a Balbo e Cappioli. “Er Magara” fu profetico e tutti e tre decisero un derby mai dimenticato. Fu la stracittadine del “tre” di Peppe Giannini sotto la Sud, appena prima di lasciare la sua Roma e passare anche per Napoli, così come con qualche anno di anticipo avevano fatto Sebino Nela e Francesco Moriero.
A questi poteva aggiungersi anche Bruno Conti, per tanto tempo corteggiato da un certo Maradona, che in lui vedeva un partner ideale e una possibile spalla con la quale alzare trofei. Sicuramente aveva ragione l’argentino, ma da Roma Bruno non si è mai mosso. Lì sarebbe stato solo Conti, qui era anche MaraZico.