INSIDEROMA.COM – MATTEO LUCIANI – Domenica prossima, alle ore 20.30, allo Stadio Olimpico di Roma, i giallorossi di Claudio Ranieri saluteranno la disgraziata stagione 2018/2019 al cospetto del Parma di mister D’Aversa davanti a un pubblico che riempirà in massa l’impianto principalmente per onorare al meglio Daniele De Rossi, all’ultima presenza con la lupa sul petto, dopo diciotto anni d’amore incondizionato verso i suoi colori.
Si tratterà, con ogni probabilità, anche dell’occasione in cui andrà in scena la più aspra contestazione nei confronti del presidente statunitense James Pallotta dal momento del suo insediamento come numero uno del club capitolino.
In questa fase storica, con una compagine quasi certamente fuori dalla prossima Champions League, nonché senza un ds formalmente operativo e un allenatore per l’annata 2019/2020, pare proprio che essere tifosi della Roma equivalga principalmente a mettere a dura prova le proprie condizioni di salute.
Un aspetto che attualmente accomuna i sostenitori della Magica con chiunque abbia la possibilità di avvicinarsi all’incarico di allenatore della squadra per la prossima stagione. Assumere l’incarico di capo della sfera tecnica della formazione giallorossa per il prossimo futuro, infatti, raramente è parso compito così arduo e rischioso.
Innanzitutto, per le condizioni ambientali in cui ci si troverà a lavorare.
È vero che dopo anni di feroci dissidi e lotte intestine, la piazza romanista ha ritrovato unione: peccato, però, che tale unità d’intenti sia rivolta nella direzione della contestazione verso la proprietà americana. Non esattamente il modo migliore per iniziare un nuovo ciclo sportivo. Difficile ricordare nella storia del calcio annate contraddistinte da successi con un ambiente sottosopra.
Per questo motivo, ad esempio, nonostante l’encomiabile sforzo della società, un allenatore dal palmarès e dalla storia di Antonio Conte ha risposto con un cortese “No, grazie” alla proposta di sposare il progetto della Roma che verrà. Oltre a quanto confessato dallo stesso tecnico salentino (“oggi le condizioni non ci sono ma penso un giorno, prima o poi, io andrò ad allenare la Roma” perché “ho un problema: la vittoria, che sento come l’obiettivo del mio lavoro“), in merito alla mancanza di garanzie necessarie per provare a vincere sin da subito con una squadra composta da top player e non da giovani di belle speranze da rivendere al miglior offerente, l’ex tecnico della Juventus era perfettamente consapevole del fatto che sarebbe arrivato in un periodo non proprio contraddistinto da acque calme in casa giallorossa e da ‘vecchia volpe‘ del calcio qual è, ha preferito non rischiare di intaccare una carriera sino ad ora costellata quasi unicamente di successi.
Stesso discorso vale per Maurizio Sarri che, nonostante non possa ancora contare sui titoli portati a casa da Conte, grazie agli splendidi anni napoletani è volato in Premier League, entrando dalla porta principale con il Chelsea, e che prima del concreto interesse del ‘gigante’ Juventus, ascrivibile agli ultimi giorni, a più riprese, dopo essere stato accostato a Roma e Milan (altro luogo non facile dove poter andare ad allenare attualmente) aveva gentilmente fatto sapere di non vedere la possibilità di tornare in Italia come chance preferita.
Ecco, allora, la forzata necessità di puntare su un allenatore che possa correre il rischio di sedersi sulla panchina giallorossa senza porsi troppi problemi; un profilo capace di compiere un miracolo sportivo pur non più giovanissimo, un uomo alla ricerca di rivincita dopo una sola e fallimentare esperienza in una ‘big’, infine un mister piuttosto aziendalista e abituato a lavorare con giovani di belle speranze (la conformazione che dovrebbe avere la Roma a partire dalla prossima stagione).
In poche parole, l’attuale allenatore dell’Atalanta e con ogni probabilità il prossimo dell’AS Roma: Gian Piero Gasperini.