Antonio Carlos Zago, ex difensore Campione d’Italia con la Roma nella stagione 2000/2001 e attuale allenatore del Kashima Antlers, è intervenuto a Tele Radio Stereo:
Come sta vivendo questo periodo e qual è la situazione in Giappone e se esiste una previsione sulla riapertura?
“Qui è un periodo difficile come in tutto il mondo. Non abbiamo sofferto molto perché il governo il Giappone ha chiesto alla gente, fin da subito, di stare a casa. Esattamente da gennaio. Di usare le mascherine, di lavarsi bene le mani, di non frequentare posti affollati, come aeroporti e stazioni. La popolazione ha fatto tutto questo e perciò la situazione è differente a quanto si vede in Italia. Dobbiamo aspettare ancora per capire se si riuscirà a giocare. Per quanto riguarda gli allenamenti, ci alleniamo in gruppi. Il campionato potrebbe riprendere a maggio o giugno, ma ancora non si sa. La prossima settimana ci sarà una riunione con la federazione giapponese, dobbiamo aspettare e vedere se la situazione migliora un po’ per poter riprendere a giocare”.
Cosa pensa di Fonseca? Poi una domanda “facile”: come si vince a Roma?
“Fonseca ha fatto un bel lavoro nello Shakhtar Donetsk, in un periodo dove la Dinamo non faceva grandi investimenti. Ha disputato ottime partite in Europa, Champions ed Europa League. Con la Roma non ha iniziato bene, poi la squadra ha cominciato a giocare meglio. Il problema è la discontinuità, nel calcio italiano ci vuole questo: la regolarità nei risultati. La Serie A, è un campionato difficile, ogni domenica è una lotta, una vera battaglia. Parlando da tifoso, spero che possa migliorare, perché voglio vedere la Roma vincere e giocare bene. Per vincere a Roma ci vuole tutto, servono le palle. Servono giocatori che si identificano con la maglia della Roma, che vogliano bene alla Roma come abbiamo fatto noi in quel periodo. Quando noi abbiamo vinto lo Scudetto, c’erano giocatori che stravedevano per la Roma. Ci vuole tutto questo, perché sinceramente non è facile vincere. Però qualcosa deve cambiare, da 20 anni che la Roma non vince uno scudetto e speriamo che possa farlo il prima possibile”.
Quant’è stato bello e difficile essere un difensore nell’epoca dei grandi attaccanti e dei numeri dieci della serie A, quale ti ha messo più in difficoltà? Quanto hai imparato da una leggenda come Aldair?
“Parlare di Aldair è facile perché è anche mio amico. Lui mi ha aiutato tantissimo quando sono arrivato a Roma perché all’inizio era difficile capire i movimenti che chiedeva l’allenatore ai difensori. Poi però quando s’impara tutto diventa più facile e Aldair mi ha aiutato in tutto anche a conoscere la città e la cultura romana, è stato un Cicerone eccellente. Da compagni di reparto parlavamo tantissimo e posso dire che per me è stato un idolo, ho sempre cercato di assomigliargli e credo di esserci andato vicino. Sugli attaccanti dico che in quel periodo ce n’erano tantissimi. I più forti al mondo giocavano in Italia in quel periodo, quando sono arrivato c’erano: Casiraghi, Weah, Bierhoff, Batistuta, Chiesa, Inzaghi, Del Piero, Andersson del Bologna, Boban, Savicevic, Trezeguet, Zidane, Boksic. Lo stesso Mancini che ancora giocava, per me è difficile nominarne uno che mi ha messo di più in difficoltà. Ad esempio Ronaldo, forse lui era quello più forte e ha giocato alla grande in Italia. Anche Vieri era uno tosto, fortissimo fisicamente ma allo stesso tempo veloce. Proteggeva bene il pallone e cercava di innervosirti, forse lui è uno di quelli che mi ha messo di più in difficoltà”.
Qual è il ricordo più bello dell’esperienza in giallorosso oltre allo scudetto? Non aver giocato il Mondiale è il più grande rimpianto della tua carriera?
“Sì, non aver giocato il Mondiale forse è il rimpianto più grande. Sono stato sempre lì, nel 1994 mi sono infortunato al volto, 4 fratture allo zigomo e mi sono giocato la possibilità di essere tra i convocati di quel torneo. Nel 1998 non sono stato convocato con Zagallo, poi con Luxemburgo sono stato con la Seleçao in tutte le partite. Nel 2001 è scomparso mio padre e io mi sono perso un po’, ho attraversato un periodo molto difficile. Di Roma ho solo bei ricordi, difficile parlare solo di un momento. Ho vissuto alla grande. Non vedevo l’ora di andare ad allenarmi e stare con i miei compagni sia con Zeman che con Capello. Tutto quello che ho vissuto a Roma è stato bellissimo e non lo dimenticherò mai”.
Due difensori sono stati accostati a te nel corso del tempo, Lucio e Castan, ti sei rivisto in questi due giocatori?
“Lucio tecnicamente non era fortissimo, ma fisicamente era impressionante. Castan tecnicamente era molto bravo. Nella Roma ha giocato bene, poi ha avuto un problema serissimo ed è tornato a giocare, è un guerriero, una persona a cui voglio veramente bene. Sono stati 2 giocatori che potevano assomigliarmi, forse più Castan”.