Conferenza stampa De Rossi: “La società decide, io sono completamente innamorato della Roma”
Daniele De Rossi è a Trigoria per l’ultima conferenza stampa. Una sensazione di dejavu al saluto del romanista: a due anni dall’addio di Francesco Totti, il 26 maggio finirà la sua carriera con il club capitolino.
De Rossi chiarirà le motivazioni a monte della decisione al fianco del CEO Guido Fienga, che inizia così:
“Vi abbiamo convocato per comunicarvi che ieri ci siamo incontrati con Daniele e abbiamo comunicato la decisione della società di non rinnovargli come contratto dall’anno prossimo. Abbiamo parlato a lungo, ho espresso a lungo la volontà di avere Daniele in società per continuare con noi nel percorso che lui deciderà. Egoisticamente, ho sperato che Daniele voglia accogliere l’idea di starmi accanto, mai come in questo momento mi avrebbe fatto comodo un vice come lui nel valutare alcune situazioni in un contesto in cui l’azienda si è resa conto di cambiare e correggere alcune decisioni passate per ripartire. Questo tipo di disponibilità Daniele lo coglierà quando lo riterrà opportunità, è una proposta sempre valida, mi auguro che quando deciderà di accogliere tale proposta riusciremo ad accelerare i progetti. Daniele ha espresso altre idee, lascio a lui la scelta e le rispettiamo come lui rispetta le nostre. Devo dire che io sono arrivato da poco ma sono onorato dal confronto aperto che abbiamo avuto con trasparenza e lealtà”.
Cambieresti qualcosa del passato?
“Magari eviterei qualche cartellino rosso, ma non cambierei mai la scelta di rimanere alla Roma, di restarle fedele. Avrei voluto qualche coppa in più, sono sereno per questa scelta, ci sono stati degli errori negli anni e poteva essere possibile il contrario”.
L’affetto dei tifosi?
“È un dato di fatto, lo hanno dimostrato nel corso degli anni, hanno dimostrato di tenere veramente a me, anche io non li ho mai cambiati per qualche ipotetica coppa, ho avuto in passato l’opportunità di andare in squadra che potessero vincere più della Roma, ci siamo scelti a vicenda e oggi sarebbe un dramma se o io o loro dicessimo che avremmo voluto andare via oppure se avessimo avuto Iniesta avremmo vinto. È un grande amore che continuerà nei prossimi anni, da ex calciatore con il panino e la birra magari tiferò i miei amici nel settore ospiti”.
Il futuro?
“Io ho 36 anni, non sono scemo. Se nessuno ti chiama per il contratto, la direzione è quella. Io ho sempre parlato poco, perché non mi piace molto e non c’è molto da dire, non volevo creare rumore e distrarre la squadra. Riguardo al futuro, ringrazio Guido per l’offerta e per come mi ha trattato, ringrazio Massara, la sensazione che ci fosse grande affetto era forte, la sensazione che si potesse andare avanti pure però queste sono decisioni della società, qui è divisa in più parti e bisogna rispettare le decisioni, non posso uscirne diversamente. Non ho chiesto niente a nessuno, la Roma pensavo potesse arrivare in Champions fino a Genova, poi stamattina mi sono arrivati 500 messaggi. Non ho preferenze, posso dire che mi sento calciatore e voglio ancora giocare, mi farei un torto se smettessi“.
Sarebbe stato più giusto se lo avessi deciso tu il tuo addio?
“L’ho detta spesso a Francesco (Totti, ndr). Non sono molto d’accordo, è la società che decide alla fine. Magari potevo essere decisivo anche l’anno prossimo, però poi le decisioni le prende la società, faccio un altro anno, faccio un altro anno, qualcuno il punto lo deve mettere. Mi è dispiaciuta la modalità, abbiamo parlato poco e le distanze creano incomprensioni, voglio una società migliore sotto questo punto di vista”.
Consigli ai tifosi dopo il tuo addio?
“Io sono completamente innamorato della Roma, è un circolo vizioso. Quello che posso dire è che bisogna stare vicino ai giocatori, sono un gruppo di persone perbene e hanno bisogno di sostegno”.
Il ruolo dirigenziale che ti è stato proposto fa rivedere i tuoi piani di fare l’allenatore?
“Io ho sempre detto che potrebbe piacermi, potrebbe piacermi studiare per farlo. Il dirigente non mi attira particolarmente, ma qui a Roma avrebbe un senso diverso. La sensazione è che ancora si possa incidere poco, si possa mettere poco in un ambiente che conosciamo bene. Faccio fare il lavoro sporco a Francesco ed un giorno se cambierò idea lo raggiungerò. E’ vero che mi accoglieranno a braccia aperte, ma mi piacerebbe fare un lavoro che vorrei fare. E’ un percorso lungo e devo impararlo”.
La fascia e la romanità sono al sicuro con Florenzi?
“Non ho risposto completamente prima. La romanità ha contato molto per noi, è un qualcosa di importante e la fascia è in mani salde a Florenzi, lui e Pellegrini devono portare avanti l’attaccamento alla maglia. C’è da dire che Cristante non è romanista ma ne vorrei altri 100 come lui, la Roma ha bisogno di professionisti e se sono pure romanisti abbiamo fatto bingo. Bisognerebbe creare una squadra più forte, lo stato del nostro mercato è questo e spero che la società sia orientata verso questo cambiamento. Ho detto Cristante ma potrei citarne altri“.
Per Fienga: com’è maturata questa decisione?
“La prima cosa che ho detto a Daniele è che mi scusavo per il fatto che non si è trattato prima del suo addio. Ci sono stati degli scossoni come sapete e questo è figlio di ciò che è accaduto. Mi ero impegnato con Daniele nel raccontare in maniera trasparente il suo futuro, anche se una decisione non era stata ancora presa. C’è assoluta consapevolezza di errori commessi che vanno sistemati, la società è autocritica verso sé stessa, non potevamo considerarlo più come giocatore ma lo riteniamo una persona pronta e matura per aiutarci a organizzare questa azienda, è dirigente già da un bel pezzo. Daniele è particolarmente pronto ad assumersi queste responsabilità e per questo l’ho invitato e caldeggiato a occuparsi di questi, anche per fare l’allenatore o magari sostituirmi un domani. È stato un discorso condizionato dai problemi che abbiamo avuti, inutile commentarli, ma poi ha accettato la nostra decisione. C’è apprezzamento per il supporto che mi è stato dato e che lui continuerà a dare non solo a me ma a tutti, Daniele potrà fare qualsiasi cosa, ho il dovere di dirlo a nome di tutta l’azienda, quando si metterà un’altra casacca e aiutare a sviluppare l’azienda che conosce meglio di tutto sarà il benvenuto, riuscirà molto bene in questo”.
Ti aspettavi un addio così?
“Ho cercato di prepararmi mentalmente, non sarei stato felice nemmeno se avessi deciso io, sono entrato qui a 11 anni. Il distacco c’è, io voglio giocare e loro non me lo permettono, non posso essere felice, poi magari un giorno parlerò con Pallotta o con Baldini. Mi immaginavo un giorno in cui ero zoppo e con i cerotti e che avrei smesso, ma devo accettarlo. Se io fossi stato un dirigente, mi sarei rinnovato il contratto (ride, ndr). Quest’anno, al netto degli infortuni, ho giocato abbastanza bene, non creo problemi negli spogliatoi. È una decisione che va accettata, magari cacciano anche voi giornalisti, sono cose da mettere in preventivo“.
Per Fiengia: con la Champions League sarebbe rimasto?
“Non c’è distacco con Daniele, abbiamo solo idee diverse su quello che può essere l’aiuto che può dare, ma nessuno vuole mandarlo via”.
Tanti addii negli ultimi anni?
“Uno dei dispiaceri che ho negli anni, è che anche con la passata gestione, ho avuto la sensazione che la Roma diventasse più forti, ma poi si sono fatti passi indietro. Nel mercato c’è chi può permettersi una macchina e chi no, non so come funzionano queste cose, spero che la Roma forse con lo stadio diventi più forti. Tanti giocatori sono andati via, ma mi hanno pure chiamato dopo due mesi per tornare. Il calcio è questo, poi magari vincono e sono felici uguali. Roma è una piazza calda e il giocatore ha bisogno di questo. La squadra è forte con tanti giovani dai quali ripartire, si dovrà sbagliare il meno possibile, ne parleremo in un’altra intervista sugli errori“.
Cosa succederà dopo il 26 maggio?
“Se non c’è mai un colloquio, anche se Monchi mi aveva rassicurato un paio di volte, poi non ho chiesto niente a nessuno. Forse non ha aiutato questo scombussolamento societario, se fai 2+2 te lo aspetti. Il 27 maggio alle 15 ho un aereo e vado in vacanza, ho bisogno di passare del tempo senza calcio ma poi dovrò trovarmi una squadra. Per me è una cosa completamente nuova, devo parlare a casa, con me stesso, con il mio procuratore sulla nuova destinazione“.
Prende la parola il CEO Guido Fienga:
“Non c’è distacco tra noi e Daniele. L’invito che abbiamo fatto non dimostra distacco o mancanza di stima: abbiamo un’idea diversa sull’aiuto che Daniele può dare a questo club, ma nessuno vuole mandarlo via. Non ci sono mai stati problemi dal punto di vista economico“.
Domanda per Fienga:
Con la Champions sicura, si sarebbe fatto lo stesso discorso con De Rossi?
“Non c’è assolutamente distacco. Abbiamo veduto diverse, ma non dimostra mancanza di stima. Abbiamo idee diverse per l’aiuto che può dare al club, ma nessuno vuol mandar via Daniele De Rossi. Non è una scelta fatta per motivi economici”.
Tocca di nuovo a De Rossi:
Come ti spieghi che adesso c’è una sorta di fuggi fuggi generale? Da Manolas a Dzeko…
“Un piccolo dispiacere che ho negli anni è che tante volte ho avuto la sensazione che la squadra diventasse molto forte, molto vicina a quelli che vincevano e poi un passo indietro. Sono leggi del mercato: alcuni possono permettersi una macchina ed altri macchine diverse. Non posso farne una colpa, non entro nei numeri, spero che la Roma con lo stadio possa diventare forte. Tanti giocatori sono andati via e dopo due mesi mi hanno chiamato chiedendomi di tornare. La gente si abitua ad altri posto, ma qui si sta bene, è una piazza calda per fare calcio e bisognerebbe fare un passo in più. Non stiamo togliendo i giocatori dalle macerie, sono forti e c’è futuro. Si dovrà sbagliare il meno possibile, ma ne parleremo più avanti, oggi parliamo di altro“.
Quale partita cambieresti?
“Forse la più fresca, direi Liverpool-Roma, è stata vivere un sogno come un film. Anche Messi ha rimpianti secondo me, non ha vinto il Mondiale, ognuno vive di rimpianti perché la vittoria è il fine ultimo di quello che facciamo. Ringrazio Dio per la carriera che ho fatto, avrei firmato per fare una carriera in C come mio padre, è il mio idolo. Continuo ad amare tantissimo la mia squadra così come i miei avversari, l’astio che ho sentito nei derby, a Napoli, a Bergamo, a Reggio Calabria, mi hanno fatto sentire vivo. Il calcio è anche ignoranza, è stato bello avere dei nemici che si sono identificati in me”.