Ranieri e Ancelotti, ritorno al passato con un presente tutto da scrivere
INSIDEROMA.COM – MATTEO LUCIANI – Domenica 31 marzo ritorna il campionato. Dopo la sosta forzata a causa degli impegni delle varie selezioni nazionali in previsioni di Euro 2020, la Serie A si ripropone in grande stile con il big match della ventinovesima giornata tra Roma e Napoli. I giallorossi sono obbligati a vincere per poter sperare ancora nella qualificazione alla prossima edizione della Champions League e dovranno tentare nell’impresa con ancora parecchie defezioni importanti, ultime quelle di Alessandro Florenzi e Stephan El Shaarawy; i partenopei, dal canto loro, scenderanno in campo alle ore 15 non tanto per avvicinare la Juventus di CR7, che appare ormai imprendibile, quanto per provare ad allungare il proprio vantaggio sull’Inter di Luciano Spalletti, terza in classifica a -7 dagli azzurri.
Roma-Napoli è anche la sfida tra Claudio Ranieri e Carlo Ancelotti, due monumenti del calcio italiano, ma anche “due destini che si uniscono“, come cantavano i Tiromancino nell’ormai lontano anno 2000, in riferimento a quelle compagini che domenica prossima saranno le loro rispettive avversarie.
L’attuale mister giallorosso, infatti, ha vissuto all’ombra del Vesuvio un anno e mezzo, quando la sua carriera come tecnico era ancora pressoché agli albori. Estate 1991. Napoli vive un momento sportivamente (e non solo, visto quanto ‘El Pibe de Oro’ abbia rappresentato per l’intera città) drammatico: Diego Armando Maradona, dopo aver regalato trofei e giocate mai viste da quelle parti prima, saluta la città partenopea.
Il presidente Corrado Ferlaino, nonostante l’inizio della crisi economica della società, che avrebbe poi portato a un lento e costante declino, tenta di mantenere la compagine campana ad alti livelli; come successore in panchina dello ‘scudettato’ Bigon, viene scelto proprio Claudio Ranieri. Si tratta di un profilo giovane, appena quarant’anni, ma non per questo privo di esperienza e successi: l’allenatore testaccino, infatti, nei tre anni immediatamente precedenti è stato in grado di condurre il Cagliari dalla Serie C alla Serie A e di salvare con un turno di anticipo i sardi nella loro prima stagione al ritorno nella massima serie.
Ranieri, consapevole della situazione societaria tutt’altro che florida, non chiede molti rinforzi: arrivano i difensori Tarantino e Blanc, il centrocampista De Agostini e l’attaccante Padovano. In attacco, l’ex Cagliari punta forte sul rilancio di Careca e su una giovane stella di cui si parla un gran bene: Gianfranco Zola. Si tratta di scelte che pagheranno. Il Napoli, infatti, conclude quarto in classifica, piazzamento che consente la qualificazione alla successiva Coppa UEFA, dopo un girone d’andata in cui emergono addirittura pensieri di lotta per lo scudetto. Non male come primo anno d.M. (dopo Maradona).
La stagione seguente, invece, è tutta da dimenticare. Inizia male e finisce peggio: già a novembre, dopo una serie di cinque sconfitte in otto partite, culminata con l’eliminazione dalla Coppa UEFA per mano del Psg, Claudio Ranieri viene esonerato. Nonostante tutto, l’attuale mister giallorosso ricorderà sempre con piacere negli anni a venire la sua esperienza partenopea, vista come il vero inizio di una carriera su panchine ad alto livello.
Come detto, domenica prossima, allo Stadio Olimpico, Ranieri si troverà di fronte Carlo Ancelotti, a sua volta storicamente legato a doppio filo con la Roma.
È l’estate del 1979, quando il Parma si appresta a vivere la stagione tra i cadetti, a seguito della promozione ottenuta soltanto pochi mesi prima dalla Serie C. Con gli emiliani gioca un talento puro, nato a Reggiolo, di appena vent’anni: Carlo Ancelotti, appunto. Nils Liedholm, al suo secondo soggiorno romanista, vuole a tutti i costi portare il ragazzo nella capitale. L’allora presidente giallorosso Dino Viola dà carta bianca al suo ds Luciano Moggi (sì, proprio lui) per strappare il giovane ai gialloblu.
La trattativa è lunga e difficoltosa, poiché il Parma vorrebbe tenere almeno un altro anno Ancelotti. Alla fine, la società emiliana si lascia convincere dalla proposta monstre (per l’epoca) di Moggi: 750 milioni di lire per la metà del cartellino del centrocampista. A posteriori, un affare colossale per la Roma.
Liedholm è entusiasta dell’arrivo del centrocampista e lo fa diventare sin da subito un perno della sua linea mediana. Purtroppo, negli otto anni trascorsi all’ombra del ‘Cupolone’, Ancelotti viene afflitto da diversi, seri infortuni alle ginocchia, che non affliggono il suo sempre ottimo rendimento, ma spesso lo tengono fuori da appuntamenti importanti (una su tutte, la maledetta Finale di Coppa dei Campioni del 1984 contro il Liverpool).
Tutto ciò, non impedisce comunque a Carlo Ancelotti di essere tra i protagonisti dello storico secondo scudetto giallorosso e di diventare un vero e proprio perno della Roma, il cui coronamento appare la fascia da capitano al braccio a partire dalla stagione 1985/1986.
Nell’estate del 1987, tuttavia, Dino Viola commette l’errore di ritenere concluso il ciclo romano del centrocampista e credere pressoché sul viale del tramonto la carriera del ragazzo. Ancelotti ritrova Liedholm al Milan e disputa altre quattro stagioni a grandissimi livelli, vincendo una Supercoppa Italiana, due Coppe dei Campioni, due Supercoppe Europee e due Coppe Intercontinentali.
Appesi gli scarpini al chiodo, inizia la ‘saga’ che vuole, a cicli regolari l’avvento, di Ancelotti sulla panchina della Roma: un tormentone che anno dopo anno, anche tra i tifosi, prende i contorni del grottesco.
Il momento in cui si è più vicini al matrimonio risale all’estate del 2005. La Roma è reduce da una stagione drammatica, con l’alternarsi di quattro allenatori sulla propria panchina e una salvezza matematica raggiunta soltanto alla penultima giornata grazie a una prodezza di Antonio Cassano a Bergamo. La società è ormai sostanzialmente in mano a Rosella Sensi, che assume le redini al posto del padre Franco, ormai molto provato dalla malattia che lo affligge. L’amministratore delegato giallorosso chiede a Bruno Conti (colui che per ultimo si è seduto sulla panchina romanista nella stagione 2004/2005) di contattare Carlo Ancelotti per sondare la sua disponibilità a trasferirsi nella mai dimenticata Capitale.
Il tecnico milanista ci pensa realmente su e si arriva a un passo dall’accordo. Certo, Ancelotti non avrebbe a disposizione nella Roma tutti i campioni di cui può disporre in rossonero, ma evidentemente l’idea di ripartire da zero con un ciclo ambizioso in giallorosso lo stuzzica non poco. Tuttavia, dopo la disfatta clamorosa nella finale contro il Liverpool di Istanbul, Ancelotti sceglie di restare nella città meneghina, non ritenendo ancora concluso il suo percorso in rossonero.
Altre dichiarazioni degne di note ci portano indietro a gennaio del 2009. La Roma di Luciano Spalletti, dopo anni di calcio champagne e assalti (purtroppo neutralizzati) allo scudetto, sta vivendo una stagione di troppo bassi e pochi alti. All’Olimpico arriva il Milan sempre di Ancelotti, che nella conferenza stampa pre-partita ‘accende’ il match affermando: “Auguro a Luciano di vincere la Champions League quest’anno e poi di lasciarmi il posto sulla panchina della Roma. Voglio concludere lì la mia carriera”. Spalletti, che in quel momento l’emblema della serenità certo non è e inizia a vedere fantasmi che lo vorrebbero fuori da Roma dappertutto, vive le dichiarazioni del mister rossonero come una provocazione e risponde con un gesto plateale di invito a sedersi sulla panchina giallorossa dopo lo scambio di abbracci che precede la gara sul terreno dell’Olimpico.
Seguono altri anni di dichiarazioni d’amore di Ancelotti verso la Roma, ma mai una reale disponibilità a prendersi quel posto che tanto ha sempre sostenuto di desiderare.