Adesso basta

INSIDEROMA.COM - FEDERICO FALVO - La Roma esce dal campo del Genoa con un solo punto. A pochi secondi dalla prima vittoria del campionato è arrivata la doccia fredda, un colpo di testa di De Winter che ha sancito il definitivo pareggio. Il terzo della stagione, in quattro partite disputate. Un bottino troppo magro per una squadra che ambizioni da Champions League. Adesso basta, serve la vittoria.

SI SBLOCCA DOVBYK - Eppure nella prima frazione di gioco la Roma sembrava essersi messa alle spalle le prestazioni poco convincenti delle prime uscite. Si concede sempre qualcosa, ma la squadra fa girare bene palla e si muove nel modo corretto. Koné, una volta presa palla, punta verso l'area avversaria. Pisilli marca stretto ed in fase offensiva si stacca dal centrocampo per provare l'inserimento e dare modo a Dybala di accorciare e ricevere sui piedi. Saelemaekers ed El Shaarawy allargano le maglie della difesa rossoblu e puntano l'area quando possibile.
Ne guadagna anche la pericolosità, con due ghiotte occasioni nel giro di pochi minuti sventate da un ottimo Gollini che dapprima blocca un tiro centrale di Dovbyk e successivamente allunga in angolo un piazzato di El Shaarawy. L'estremo difensore del Genoa, al 37', era arrivato anche sul tap-in di Dovbyk; ma la palla è comunque terminata in rete. Un gol tanto atteso per l'attaccante della Roma, che ha dovuto aspettare altri cinque minuti di revisione VAR per un presunto fuorigioco. Si chiude così la prima frazione di gioco, con la Roma in vantaggio per 1-0.
Da segnalare anche un rigore non concesso su Dybala nonostante l'ausilio del VAR.

SOLITA STORIA - La ripresa comincia nel peggior modo possibile. Alexis Saelemaekers si infortuna ed è costretto a lasciare il terreno di gioco. Per lui, lo si scoprirà nella serata di ieri, si parla di una frattura composta del malleolo mediale per cui sarà operato già oggi. Un duro colpo per la Roma, che da questo momento in poi perde lucidità commettendo molti falli e rinunciando a fare tutto quello di buono fatto nel primo tempo. In un colpo solo sono mancate la cattiveria agonistica, la voglia di chiudere la partita ed il desiderio di sovrastare (sportivamente parlando) l'avversario.
È subentrata la paura, la Roma si è chiusa per provare a non subire più piuttosto che dominare la partita, ed infatti è arrivata la beffa finale. Nasce tutto da uno scontro di gioco tra Pellegrini e Sabelli, con il capitano giallorosso che rimane a terra e dopo essere stato soccorso dai sanitari è costretto a lasciare il campo come da regolamento. Il gioco prosegue ed il Genoa conquista un calcio di punizione; mentre De Rossi, che continuava a chiedere all'arbitro perchè non avesse fischiato fallo su Pellegrini, viene espulso per proteste. Il numero sette della Roma chiede di rientrare ma intanto il Genoa batte la punizione nel cuore dell'area giallorossa dove De Winter stacca di testa e pareggia.
Ad onor del vero bisogna ammettere che su Pellegrini non vi è fallo ma è un semplice contrasto di gioco. Nel primo tempo succede la stessa cosa ma a parti invertite con l'arbitro che lascia correre.

ADESSO BASTA - Termina, dunque in pareggio il match di Marassi. Un altro pareggio. Adesso basta pareggiare, la Roma deve tornare a vincere e farlo già domenica prossima. Basta scendere in campo con queste prestazioni altalenanti. Basta dare tutto in una frazione di gioco per poi sparire nella seconda. Basta creare poche occasioni e sprecarle pure. Basta giocare con un atteggiamento che potrebbe sembrare di superiorità verso gli avversari. Basta, anche, con le prestazioni mediocri di alcuni giocatori.
È vero che siamo la Roma, che siamo una grande squadra e non siamo quelli visti in queste prime quattro partite. Ma adesso basta sentirselo solo dire, è arrivato il momento di dimostrarlo veramente e seriamente.

Si deve lavorare, molto duramente, sistemare tutto quello che non va, fare un'inversione di rotta. Si deve correre, pressare senza sosta e non risparmiarsi mai; perchè le altre corrono mentre la Roma è ancora inchiodata li, in fondo. Si deve tirare fuori il carattere, quello che la Roma ed il suo allenatore hanno quasi sempre avuto quando la guidava sul campo con il numero 16 sulle spalle. Si deve iniziare a fare sul serio, altrimenti arriverà un "basta" molto più pesante che potrebbe destabilizzare tutto l'ambiente, sia all'interno dello spogliatoio che quello del tifo.

Adesso basta, rivogliamo vedere la vera Roma.


Una sosta per "fare" la Roma

INSIDEROMA.COM - FEDERICO FALVO - Pronti, via, pausa.
L'attesa dei tifosi, per la ripresa del campionato, era snervante. Nonostante un'estate ricca di sport, tra Europeo ed Olimpiadi, il rivedere in campo la propria squadra del cuore è un sentimento insostituibile. Riassaporare i momenti che precedono la partita, rivedersi con gli amici al pub prima di recarsi allo stadio, varcare i tornelli per salire i gradini che portano al proprio posto. Tutti momenti ormai ripetuti all'infinito e che si fanno anche inconsciamente, in maniera macchinosa, ma che ogni volta che si effettuano sembra di essere la prima.
E come ogni prima partita della stagione si ripropongono le proprie aspirazioni, le sensazioni su come andrà l'anno calcistico e su cosa si vincerà o per cosa si lotterà. Il tutto condito dai mille nomi di possibili nuovi acquisti o delle probabili cessioni. In breve: il calcio in tutte le sue sfaccettature.

FALSA PARTENZA - Appena resi noti i calendari, per la Roma si prospettava un avvio non troppo difficile, almeno per le prime due giornate. Cagliari ed Empoli, sulla carta, erano due sfide abbordabili e che potevano concludersi con due vittorie. Invece si è bissato l'avvio di scorsa stagione: pareggio alla prima e sconfitta alla seconda. Il rammarico per il solo punto raccolto a Cagliari si è trasformato in rabbia e fischi dopo la sconfitta casalinga contro l'Empoli. Il dito, più che contro i singoli, si è puntato contro la prestazione della squadra. Moscia, senza desiderio se non nel finale quando ha accorciato le distanze spinta più dalla disperazione che dalla consapevolezza nei propri mezzi.
Tutte premesse che facevano temere il peggio per la trasferta dello Juventus Stadium, con molti che si aspettavano la sconfitta esattamente come avvenuto un anno fa contro il Milan. Invece a Torino scende in campo una Roma più combattiva, più compatta e che riesce a strappare un punto senza troppo soffrire. C'è da dire che anche la Juventus non ha costruito grossi pericoli; vuoi per demeriti suoi o vuoi per i meriti dei difensori giallorossi. Ma quello che conta è che non si è perso il primo scontro diretto della stagione, che di per se ti da una grossa spinta per tornare in campo dopo la sosta con un piglio diverso.

LAVORO, LAVORO E LAVORO - L'unica via per risalire velocemente la classifica ed inanellare una serie di risultati positivi è quella del lavoro. Al momento si potrà fare in maniera limitata, avendo diversi giocatori via con le rispettive nazionali, ma si potranno gettare le basi per il lavoro che si dovrà fare da ora in avanti.
Ci sono vari tasselli da sistemare. Alcuni sono stati messi a posto con le ultime mosse di mercato, che hanno visto approdare a Roma gente d'esperienza come Hermoso e giovani di gamba e talento come Koné e Saelemaekers. Il resto del lavoro lo si dovrà fare in campo. Creare l'amalgama tra chi già era in rosa e chi è arrivato da poco, dare più dinamismo al gioco, mettere in pratica le direttive del mister e tirare fuori il carattere.
Lo stesso De Rossi domenica, in conferenza stampa, ha ammesso che con alcuni ragazzi dovrà lavorare molto. Chi per migliorare i movimenti in campo, chi aumentare l'intensità e chi ritrovare la condizione. Non mancano le lodi, ampiamente meritate, per Pisilli; che entra sul campo del fortino bianconero senza timori reverenziali e sforna una prestazione più che sufficiente.
Parole di stima ed incoraggiamento per Dovbyk, che domenica sera ha dovuto vedersela contro due mastini come Gatti e Bremer; ma che in generale deve dare di più. Al di là del gol che ancora manca all'appello, ma che per De Rossi arriverà molto presto e sarà seguito da molti altri, l'ucraino dovrà impegnarsi di più. Oltre a battagliare con i difensori centrali, ha il fisico per reggere botta ed avere il sopravvento; Dovbyk dovrà anche mettere più intensità, muoversi maggiormente in campo per liberarsi e ricevere il passaggio o creare spazi per i tagli e gli inserimenti dei compagni. Del resto se i compagni non riescono a servirti sui piedi, devi fare in modo di farti consegnare la palla anche in profondità. La squadra si può aiutare in tanti modi, anche incitando dalla panchina come sta ancora facendo El Shaarawy; non ancora in condizione ma che presto vorremo rivedere in campo.

RICOMINCIARE - Campo che la Roma rivedrà il prossimo 15 settembre a Marassi contro il Genoa e che ci si augura possa vederla vittoriosa. Campo che sicuramente vedranno i giocatori che torneranno dalle nazionali nelle condizioni migliori e che meriteranno la presenza per quanto dato in allenamento. Perchè su questo De Rossi non transige: in campo va chi spinge forte in allenamento. Chi dimostra la voglia di esserci e di contribuire, di farsi valere e giocarsi le proprie carte. Ma soprattutto speriamo di vedere in campo una Roma rinata, rinvigorita e con due o tre marce in più. Una Roma agonisticamente cattiva e con la voglia di (ri)cominciare il proprio cammino in campionato inanellando successi su successi.

È il momento di correre, di provare a non sbagliare nulla e di rimanere concentrai sempre. Perchè le altre già corrono, i punti persi contro Cagliari ed Empoli già pesano; ma nulla è ancora perduto e gli obiettivi sono ampiamente raggiungibili.
Non siamo partiti per vincere lo scudetto, non chiediamo gli allori da subito. Ma pretendiamo la voglia ed il desiderio di "fare la Roma".


Poca incisività e meccanismi da oliare. La Roma parte in prima, ma si deve già cambiare marcia

INSIDEROMA.COM - FEDERICO FALVO - Anche la Roma, come quasi tutte le big del campionato (almeno finora), ha fatto il suo esordio in Serie A conquistando un solo punto sul campo del Cagliari.

AFFANNO - Nel primo tempo il motore dei giallorossi fa fatica ad accendersi. Gira a vuoto, senza dare la spinta giusta per poter ingranare la marcia. Manca lucidità e l'intensità non è delle migliori. Troppi errori negli ultimi 25 metri, con filtranti troppo lunghi ed un'intesa tra compagni non oliata come si deve. Fortunatamente il Cagliari non colpisce, anche se non ha mai rinunciato a pressare e giocare la propria gara. A dire il vero la prima occasione pericolosa della gara la costruiscono proprio i sardi, ma la conclusione di Marin non impensierisce Svilar. Sul fronte giallorosso si mettono in luce i nuovi acquisti Le Fée e Soulé. Il primo si fa vedere sia in interdizione che in fase offensiva con filtranti o inserimenti, purtroppo sterili e senza esito. Estro e voglia di incidere per Soulé, che forse per il voler strafare o forse per la giovane età commette errori di scelta che sono costati alla Roma il possesso della sfera. Quasi assente Dovbyk, che comincia con il freno a mano tirato dando l'impressione di essersi smarrito come un turista senza navigatore e portata di mano.

FERMI AL PALO - Nella ripresa la Roma entra in campo con un piglio diverso, desiderosa di prendersi l'intera posta in palio. Soulé e Zalewski sfiorano il vantaggio, ma prima Scuffet e poi l'imprecisione vanificano il tutto. Ma è al 55' che la Roma sciupa la miglior palla gol creata fino a quel momento. Angeliño dalla sinistra crossa basso in area, Dovbyk esegue un velo sublime per l'accorrente Pellegrini che però rallenta la corsa e calcia quasi in caduta: tiro insidioso ma centrale con Scuffet che para. Girandola di cambi da ambo le parti con De Rossi che si gioca la carta Dybala. Ed è proprio suo il cross morbido che all'80' trova Dovbyk in area, ma il colpo di testa dell'ucraino si infrange contro la traversa. Una sorte avversa che due minuti più tardi si accanisce anche contro il Cagliari, con Marin che prova la conclusione dalla distanza e Svilar tocca quel tanto che basta per deviare la palla sul legno. All'83' la situazione sembrava essersi sbloccata, con Pellegrini abile a respingere in rete una respinta di Scuffet dopo un diagonale violento di Dovbyk; ma è tutto vano. Gol annullato, Pellegrini era davanti la linea dei difensori rossoblu quando era partita la conclusione. Rimane lo 0-0, che poi sarà anche il risultato finale del match.

TANTO LAVORO - La partita di Cagliari ha dimostrato che c'è ancora tanto lavoro da fare. Vanno trovati gli automatismi tra i reparti e tra i ragazzi in campo. Le corsie difensive andrebbero coperte meglio, poichè la Roma si è trovata spesso in inferiorità numerica e scoperta sulle ripartenze sarde. Davanti servirebbe più lavoro sugli inserimenti, per trovare i tempi giusti di passaggio e non sciupare delle potenziali occasioni pericolose. Tutte cose che non dobbiamo spiegare noi al mister De Rossi, che già oggi lavorerà con la squadra prima del giorno di riposo concesso per domani.
Fanno un pò riflettere le scelte di formazione iniziale, nello specifico Zalewski dal primo minuto invece che El Shaarawy. Una spiegazione potrebbe essere la voglia di giocarsi l'estro del "Faraone" nella ripresa con gli avversari più stanchi. Oppure per Zalewski è stata una prova per dimostrare il proprio valore prima di decidere se privarsene in questi ultimi giorni di mercato o poterci puntare un'altra stagione. Risultano però troppo tardivi i cambi di El Shaarawy ed Abraham, entrati in campo quando la gara non aveva quasi più nulla da raccontare.
Lasciano l'amaro in bocca le smorfie e le quasi lacrime di Dybala dopo il saluto ai tifosi della Roma. Possono significare tutto, come niente. Possono essere lacrime di addio come di consapevolezza che quell'amore non lo troverà più da nessun'altra parte. La verità non la sappiamo, forse non la sapremmo mai, pretendiamo che qualcuno ce la racconterà; ma intanto rimaniamo con l'amaro in bocca.

Un amaro più per l'occasione sciupata a Cagliari e per i tre punti mancati che per un addio di un giocatore. Perchè una cosa è sacrosanta: "Niente e nessuno è più importante della Roma".


De Rossi: "Il sogno è riuscire a portare questa squadra il più in alto possibile. Dybala? È convocato, ma nessuno è più importante della Roma"

Daniele De Rossi, allenatore della Roma, ha parlato in conferenza stampa alla vigilia della partita di Serie A contro il Cagliari:

Ci sono indisponibili per Cagliari? Come sarà gestita la vicenda Dybala?
"Non ci sono indisponibili, Paredes giocherà con la Primavera perché è squalificato e ha bisogno di minuti. Siamo contenti di avere questo sostegno dalla Primavera, Paredes giocherà un numero di minuti prestabilito. Dybala? Abbiamo sentito che c'è qualcosa, ma Paulo sta con noi. Tutti i giocatori hanno delle situazioni aperte di mercato, ma Dybala viene con noi, non ci sono problemi ed è convocato"

Prima stagione dall'inizio da allenatore della Roma: quali sono le tue ambizioni e i tuoi sogni?
"Sono le speranze di altri otto o nove allenatori che lotteranno per gli stessi obiettivi. Spero di continuare a vedere questo entusiasmo e dedizione al lavoro che la squadra ha avuto nel precampionato. La prima fase era piena di giovani, ci hanno dato una mano e grazie al loro alto livello la qualità non è calata. L'ultima parte è stata fantastica. Mi piacerebbe dire che quelli che ci sono oggi ci siano anche il due settembre, ma sappiamo che non è così per nessuna squadra. Il sogno è di riuscire a riportare questa squadra più in alto possibile e la direzione dal punto di vista mentale dei giocatori è ineccepibile"

L'allenatore De Rossi come valuta l'eventuale perdita di Dybala? Da tifoso come si fa a digerire un'eventuale partenza così importante?
"Non puoi chiedermi di fare il tifoso, lo sono ma ora non posso farlo. I tifosi sono legati a determinati momenti di un giocatore e solo uno sopra di me sa cosa significa essere così legati a un popolo. Da allenatore devo cercare di non parlare delle voci. Non sono stato presente nelle discussioni e poi domani c'è una partita importante. Penso che Paulo spiegherà un domani ciò che è successo in questi giorni. A livello tecnico Paulo è un giocatore molto forte. Quello che dovevo dire l'ho detto alla società e a Paulo, parlo sempre con tutti i giocatori, ho un bel rapporto e dico sempre le cose in faccia. Finora sta funzionando per quanto riguarda il rapporto umano. Nessuno è più importante della Roma, niente e nessuno. Io non ho nessun interesse od obbligo di silenzio, io voglio solo fare una squadra forte. All'allenatore salva una squadra forte e i risultati buoni, voglio solo quello. Io voglio fare una grande carriera da allenatore e una grande stagione con la Roma, il mio obiettivo sarà lasciare la Roma in una posizione di classifica superiore a quella che ho trovato"

Soulé?
"A volte ci limitiamo a vedere che ha giocato in una squadra retrocessa. In cinque o sei statistiche è uno dei primi tra gli Under 23 in Europa. Noi dobbiamo essere bravi a metterlo a suo agio. Anche tutti gli altri ragazzi si sono inseriti bene, stanno tenendo il livello di questa squadra alto".

Come si concilia la perdita del giocatore più forte con l'avere una squadra più forte? Mourinho si lamentò dell'assenza di una persona che potesse parlare proprio di questi argomenti: anche a lei farebbe piacere? Non avverte l'assenza di questa persona?
"Neanche un dirigente può parlare di queste cose, si tratta di qualcosa in più di semplici voci, ma magari il due settembre ne parleremo tranquillamente. Non è che io non voglio parlare di questa cosa, ma al momento non si sa niente, anche un dirigente e Dybala farebbero fatica a parlare di una cosa non compiuta. Io vorrei parlare di meno, anche da giocatore era così. Le conferenze prepartita sono totalmente inutili, non c'è bisogno di una figura comunicativa. Ma se domani entrasse nello staff una persona del genere la valuteremo e magari sarei anche contento. Dybala? Un anno fa il Napoli ha venduto tutti i top e poi alla fine dell'anno ha vinto lo scudetto. A volte le squadre anche perdendo dei pezzi si ricostruiscono e rinascono"

Ha percepito il pensiero dei tifosi attorno a determinate scelte di mercato?
"La maggior parte delle scelte sono mie, quindi i ragionamenti sono miei. La società analizza i giocatori, non credo si fidino ciecamente, ma alla fine i giocatori li ho scelti io insieme al direttore. Qui ci lasciano carta bianca, anche se a volte non si riescono a prendere gli obiettivi primari. Il consenso popolare? Tutti vogliono rendere la gente felice, anche io. Qualche giorno fa ho preso degli insulti sui social, ma abbiamo un lavoro da fare e da svolgere e io ho determinate convinzioni tecniche"

Dove si potrà investire? In che reparto c'è tanto da fare?
"Ieri ho parlato alla squadra e ho detto 'So che il momento è delicato, qualcuno può essere distratto e confuso, ma dobbiamo pensare al Cagliari. Pensiamo solo a questo, se qualcuno non se la sentiva poteva parlarmene e l'avrei accettato'. Il ruolo e il dove non è mai giusto dirlo qui, è giusto dirlo nelle sedi opportune con la società e l'ho fatto. Così come è giusto dirlo al giocatore e l'ho fatto, lo avverto prima per fargli cercare la sistemazione migliore. Le caratteristiche che chiedo sono sempre le stesse"

Quanto è rimasto sorpreso dagli insulti ricevuti sui social? Che lavoro sta facendo con Dovbyk? 
"Le caratteristiche di Dovbyk non sono tanto distanti da quelle di Lukaku, hanno una carriera diversa ma le caratteristiche sono simili. Abbiamo preso un finalizzatore che attacca benissimo lo spazio, forte, veloce e abbastanza pulito nei controlli, decisivo dentro l'area. Le consegne sono quelle, di partita in partita cambieremo qualcosa, ma stiamo cercando di fargli capire ciò che vogliamo. Nella prima parte di ritiro mi sono accorto che ai nuovi dicevo troppe cose, volevano fare dieci cose insieme, quindi abbiamo diminuito il numero di consegne. Le Fée voleva fare qualcosa di giusto per la squadra e magari si dimenticava il pallone, quindi l'abbiamo lasciato più libero e abbiamo visto un altro giocatore. I social? Do poco peso a queste cose, ma non è stato piacevole. Probabilmente nel quotidiano non direbbero quelle cose nei miei confronti, non auguri tumori o la morte della famiglia a una persona che incontri per strada. Ora sorrido, per dieci minuti danno fastidio. Cento messaggi così sono brutti, ma se fai il calcolo su quanti sono i romanisti sono pochi. Poi a volte apri la foto di quelli che ti scrivono, a volte sono quattordicenni o subumani. Sapevo che tornando qui sarebbe potuto succedere e il rapporto rispetto all'era da calciatore si sarebbe potuto incrinare, ma di base non sono mai stato protetto e coccolato come i tifosi della Roma hanno fatto con me. Ma allo stesso tempo nessuno mi ha fatto male come alcuni tifosi della Roma. Magari qualche risultato buono aiuterà a recuperare il rapporto anche con quelli che si divertono sui social"


Forza Roma, sempre

INSIDEROMA.COM - FEDERICO FALVO - La Roma è stata eliminata dall'Europa League. Si ferma in semifinale il cammino dei giallorossi, battuti in nel doppio confronto contro il Bayer Leverkusen. Questo è l'esito della serata ed il succo di ogni discorso che si possa fare in merito alla gara. Complimenti al Bayer Leverkusen che sta vivendo la stagione perfetta, sicuramente la migliore di tutta la sua storia dall'anno di fondazione; la Bundesliga è stata già vinta con largo anticipo ed ora mancano due finali (Europa League e Coppa di Germania) per provare a fare il Triplete. Tanto di cappello e complimenti sinceri a loro, essere battuti dai più forti non è mai un dramma.
Ma soprattutto complimenti alla Roma, condannata all'andata dagli episodi ma mai rassegnata al proprio destino. Alla BayArena i giallorossi ci hanno creduto anche quando in pochi ci speravano, lottando e soffrendo su ogni pallone e dando tutto in ogni azione. Nessun rimpianto e nessuno rimorso. Si è dato tutto, ci si è spinti fino al limite ma purtroppo non è bastato.

IL SOGNO - Eppure a fine primo tempo la gara sembrava essersi messa sui binari giusti, grazie alla trattenuta di Tah su Azmoun ed al rigore trasformato da Paredes. Quarantacinque minuti non di dominio, ma di lotta. Attacchi da ambo le parti, con il Bayer Leverkusen desideroso di spegnere sul nascere qualsiasi barlume di speranza dei giallorossi, mentre le Roma provava a tenere palla per piazzare il colpo del vantaggio. Equilibrio e velocità, ma anche tanta sfortuna quando Spinazzola alza bandiera bianca ed è costretto ad uscire dal campo lasciando spazio a Zalewski. Cambia il piano di gara, poichè Zalewski non regge il confronto con Frimpong che è molto più veloce rispetto a lui, e De Rossi è costretto a invertire le fasce: El Shaarawy a sinistra su Frimpong e Zalewski a destra su Grimaldo. Intorno alla mezz'ora la Roma suda freddo quando Palacios prova la botta dalla distanza e colpisce il palo, la sfera carambola sulla schiena di Svilar e continua la corsa verso la porta ma la difesa riesce a liberare. Una doccia fredda, che si trasmforma però in un ardente fuoco quando l'arbitra fischia il rigore per la Roma. Uno a zero all'intervallo e tuto ancora aperto.
Nella ripresa si lotta ancora più duramente, le speranze di riacciufarre il risultato si fanno più concrete e diventano realtà quando Hlozek, sugli sviluppi di corner per la Roma, tocca la sfera di mano. L'arbitro, richiamato al VAR non ha dubbi e fischia il secondo rigore per la Roma. Sul dischetto va nuovamente Paredes che trasforma con decisione. 0-2, la rimonta è compiuta, i supplementari non sono più un miraggio.

FORZA ROMA, SEMPRE - Tutto è cambiato, adesso ci si crede ancora di più, si sente la spinta dei tifosi, anche quelli rimasti a Roma. Il Bayer Leverkusen capisce che ora si rischia grosso. C'è in gioco la finale, che sembrava quasi scontata per i tedeschi ad inizio della partita ma adesso non è più così certa.
Ma purtroppo gli episodi condannano nuovamente la Roma. Come all'andata, con l'errore di Karsdorp che cambia la partita, anche questa volta ci si fa male da soli. Corner per il Bayer Leverkusen, Svilar esce alto ma non riesce a far sua la sfera disturbato da Smalling ed un giocatore tedesco, la palla sfila verso Mancini che se la ritrova improvvisamente sulla spalla ed incolpevole la vede entrare in porta.
Uno a due, finisce tutto. Il morale crolla, la stanchezza si fa sentire ed ora non si hanno più le forze per provare un altro miracolo. Nessuna colpa per Svilar sul gol subito, ha fatto il suo dovere al massimo chiudendo lo specchio contro ogni assalto del Bayer Leverkusen. Nessun dito puntato contro Mancini, che non si aspettava quel pallone addosso e non ha potuto fare nulla. Solo sfortuna, che condanna la Roma.

Nel finale di recupero Stanisic segna anche il gol del 2-2 e fa esplodere di gioia la BayArena. Il Bayer Leverkusen è in finale, la Roma alza bandiera bianca.

Ma onore a questa squadra, che rinuncia solo all'ultimo alla sua terza finale europea consecutiva. Onore alla Roma, che ha disputato quattro semifinali europee consecutive, cinque in sei anni considerando quella del 2018 contro il Liverpool in Champions League.
Sostegno continuo ed incondizionato per questi ragazzi, che domenica affronteranno l'Atalanta (altra finalista di Europa League dopo aver battuto il Marsiglia) in uno scontro diretto che molto probabilmente varrà un posto nella prossima Champions League.

Forza la Roma, Sempre.

a cura di Federico Falvo


Tra Roma e Juventus finisce in pareggio. Un punto non basta, ma la prestazione fa ben sperare per il finale di stagione

INSIDEROMA.COM – FEDERICO FALVO – La Roma c’è. Ha messo da parte la stanchezza accumulata giovedì scorso contro il Bayer Leverkusen e ieri sera ha sfornato un’ottima prestazione contro la Juventus. I bianconeri, nonostante le prestazioni altalenanti degli ultimi tempi, erano indubbiamente più freschi rispetto ai giallorossi; ma non si è notata tutta questa differenza in campo. Ritmi alti e sostenuti per quasi tutta la partita, azioni continue da entrambi i lati ed alla fine è arrivato il pareggio. Un risultato giusto per quanto si è visto, ma che alla Roma va stretto dovendo guardarsi le spalle dall’Atalanta.

PARI E PATTA – La Juventus vuole fare il colpaccio e parte subito fortissimo con un tiro di Chiesa che si spegne a lato. Weah è frenetico e frana su Svilar procurandosi un cartellino giallo, ma è Vlahovic a rendersi il più pericoloso. Siamo al sesto minuto di gioco e l’attaccante serbo riceve in area in posizione favorevole ma tutto solo calcia clamorosamente fuori graziando la Roma. I giallorossi, dopo lo spavento per il possibile svantaggio, reagiscono e colpiscono la parte alta della traversa con Kristensen che stacca di testa dopo un cross dalla sinistra. Al 15’ arriva il vantaggio giallorosso con Lukaku che si ritrova il pallone sui piedi dopo una mischia in area e scarica in rete la palla che vale l’1-0. L’Olimpico esulta e sogna il colpaccio, incitando i suoi ragazzi che sfiorano il raddoppio ancora con Lukaku che di testa questa volta manda a lato. Ma la Juventus non si lascia affossare e reagisce, trovando il pareggio al 31’ con Bremer. Il difensore bianconero sfrutta un ottimo cross di Chiesa e di testa insacca. Ottimo il tempo di stacco del brasiliano, che però viene lasciato troppo libero di saltare senza essere contrastato adeguatamente, con Svilar che viene preso in controtempo e non abbozza nemmeno un tentativo di parata. Uno ad uno e tutto da rifare per la Roma. Ci prova Baldanzi a scardinare la difesa bianconera con ottimi passaggi e dribbling magistrali che fruttano due calci piazzati dal limite che Dybala non riesce a trasformare. Ottima la prestazione di Baldanzi, che a tratti sembrava essere il Dybala di giornata con movimenti e giocate che solitamente sono attribuite all’argentino. Una partita da sette in pagella per lui, che ha dimostrato di poter rappresentare al meglio la Roma e di essere degno di indossare questa maglia.

SAN SVILAR – La ripresa comincia con un cambio per la Roma, che sostituisce un acciaccato Dybala con Zalewski. Ma i tifosi non hanno nemmeno il tempo di domandarsi cosa abbia costretto la Joya ad uscire dal campo che sono subito richiamati all’attenti da Chiesa, che con diagonale di sinistro colpisce il palo. Al 59’ Weah entra in maniera ruvida su Paredes commettendo fallo. Potrebbe scattare il secondo giallo ma per Colombo non vi sono gli estremi per sanzionare il giocatore. Lo stadio si infiamma ed Allegri corre subito ai ripari sostituendo lo statunitense con Kostic. La Roma vede questa decisione come uno smacco e reagisce catapultandosi in avanti. I giallorossi sfiorano il nuovo vantaggio con Kristensen che si coordina bene e calcia di destro facendo sbattere la palla per terra; Szczesny è battuto ma alle sue spalle interviene Bremer che di testa alza la palla quel tanto che basta per farla uscire dallo specchio della porta. Si alzano i ritmi con la Roma che spinge e la Juventus che reagisce. All’80’ Locatelli, da posizione centrale, calcia in controbalzo e vede la palla dirigersi all’incrocio dei pali; ma Svilar vola e la mette in corner. Un intervento magistrale da parte del 99 giallorosso che si ripeterà otto minuti più tardi su Kean, alzando sopra la traversa un colpo di testa da posizione ravvicinata. Una parata che per estetica ha ricordato l’intervento di Buffon su Zidane durate la finale dei Mondiali 2006. Al 94’ l’ultima occasione della partita capita sui piedi di Abraham che riceve da Azmoun e calcia in porta trovando l’opposizione di Szczesny.

SPERANZE – Finisce così, con il risultato di 1-1 che lascia un po' di amaro in bocca, perché un solo punto è sicuramente meglio di niente ma non è abbastanza per tenere le distanze dall’Atalanta che stasera sarà impegnata a Salerno. Ma rimane la prestazione, ottima e dinamica. Si è vista una Roma che sa andare oltre la stanchezza o gli acciacchi quando si tratta di dover raggiungere l’obiettivo. Una Roma che ci spera e ci prova fino alla fine. Una Roma che, siamo sicuri, giovedì affronterà il Bayer Leverkusen con la consapevolezza di non avere un impegno facile ma anche la certezza che nulla è ancora impossibile. Una Roma che domenica prossima andrà a Bergamo con la fiducia di non essere inferiori agli avversari e di poter fare bottino pieno.

Una Roma che ci spera e che lotta fino al triplice fischio.

a cura di Federico Falvo


La Roma non convince a pieno, ma conquista l'intera posta in palio. Huijsen gioia e dolori, Azmoun torna a sorridere

INSIDEROMA.COM - FEDERICO FALVO - Ieri sera, a Frosinone, la Roma non ha disputato una delle sue migliori partite. Anzi, nel primo tempo è stata artefice di una prestazione davvero brutta, ma nonostante ciò è arrivata la vittoria con un tondo 0-3 finale.

HUIJSEN, NEL BENE E NEL MALE – Nel primo tempo il protagonista, sia in positivo che in negativo, è stato Dean Huijsen. Il giovane difensore olandese, imbeccato dai fischi di matrice giallo-azzurra, perde la solita concentrazione e sbaglia molto. Appoggi errati, passaggi sui piedi degli avversari e coperture blande. Vuoi che la classe di Soulé è emersa nuovamente, vuoi che tutta la Roma non era lucida, si è sofferto più di quanto ci si aspettasse.
Lo ammette lo stesso De Rossi al termine della partita: “Mai sofferto così tanto come stasera. Non possono mangiarci così nel primo tempo”.
Una frase che racchiude l’essenza dei primi 45 minuti di gioco. Il Frosinone ci crede e ci prova, con Svilar che tiene a galla la Roma. Una prova sublime dell’estremo difensore giallorosso, che esce con i tempi giusti limitando i danni. Su Kaio Jorge è proprio Svilar che compie il “miracolo”, ribattendo il primo tiro e andando subito a chiudere la distanza tra lui e l’attaccante frusinate per impedirgli di vedere lo specchio. Ne esce un batti e ribatti in area con successiva conclusione a lato del brasiliano. Qualche minuto prima aveva compiuto una prodezza su Soulé, spingendo bene sulle gambe e togliendo la palla che era destinata all’angolino basso alla sua destra. Una padronanza tra i pali che ripaga la scelta di De Rossi, che lo sta preferendo a Rui Patricio.
A circa dieci minuti dalla fine del primo tempo sale in cattedra Huijsen, che prende palla e la porta fino alla trequarti avversaria, salta due difensori e di destro batte Turati. Un gol meraviglioso, più da fantasista puro che da difensore centrale, rovinato dall’esultanza del ragazzo che porta il dito davanti la bocca per zittire lo Stirpe. Giusta l’ammonizione, sbagliato il gesto di un ragazzo bersagliato dai fischi e poco lucido nell’esternare la sua “rabbia”.

PRATICA CHIUSA – Nel secondo tempo De Rossi preferisce, anche se a malincuore, togliere Huijsen già ammonito e nervoso per inserire Llorente. Esce anche Lukaku, non molto in partita, per Pellegrini; con Azmoun spostato nella posizione di prima punta. Una scelta che non paga subito, poiché il Frosinone ci crede e prova a cercare il pareggio ma con imprecisione. Entra anche Celik al posto di Kristensen per dare maggiore spinta sulle fasce, ma il secondo gol arriva per vie centrali. Nasce tutto dai piedi di Cristante che si trova la strada spianata davanti e prova un rasoterra su cui Turati respinge, la sfera arriva precisa sui piedi di Azmoun che da due passi non può sbagliare e sigla lo 0-2. Il Frosinone crolla e la Roma ne approfitta con Baldanzi, il cui tiro viene respinto con il braccio da Okoli. Interviene il VAR e Guia, dopo un’attenta revisione assegna il calcio di rigore per i giallorossi. Sul dischetto va Paredes che sorride alle parole sussurrategli da Soulè ma non si lascia intimorire; palla nell’angolino basso e la Roma chiude la pratia Frosinone.

Una partita dalle due facce per la Roma, che nonostante il turnover e la prestazione opaca del primo tempo si porta a casa i tre punti. Benissimo Svilar, che “mette in tasca” la fiducia dimostratagli da De Rossi e pensa solo a fare il suo dovere. Autoritario sulle uscite alte, riceve anche i complimenti da parte dei compagni, consci di avere minor lavoro da fare se un portiere sventa sul nascere le minacce. Benino Huijsen, autore di un grande gol macchiato da un gesto “di pancia” di un ragazzo appena approdato tra i professionisti. Bene De Rossi, che si prende le colpe per il brutto primo tempo ma riesce a invertire la rotta con i cambi. Da belle speranze la prova di Baldanzi, non ancora al 100% nella sua nuova veste giallorossa ma già capace di far vedere barlumi di luce che fanno ben sperare per le prossime partite. Da applausi il gesto di Azmoun, che chiede scusa ai tifosi di casa per il gesto di Huijsen ribadendo come il calcio (e lo sport in generale) siano prima di tutto rispetto per l’avversario anche se in campo prevale l’agonismo.

Bene la Roma in generale, che si permette di limitare la partita di Lukaku a 45 minuti di gioco o di lasciare in panchina calciatori come Dybala, Bove e Spinazzola senza snaturarsi. Ed ora testa al campo di allenamento di Trigoria ed al Feyenoord, consapevoli che giovedì ci sarà una notte europea da vivere ed un ottavo di finale da conquistare.

 

a cura di Federico Falvo


La Roma perde, ma solo sul tabellone. Vince l'Inter, ma tremando

INSIDEROMA.COM - FEDERICO FALVO - Ieri sera la Roma ci ha provato, veramente. Il popolo giallorosso ci ha sperato, ci ha creduto, ma alla fine è arrivata la sconfitta. Zero punti, ma una prova che lascia ben sperare per il futuro e per la corsa al quarto posto.

SUPREMAZIA - Nei primi minuti di gioco la Roma sembrava irriconoscibile. Una squadra aggressiva, propositiva, desiderosa di avere la meglio sugli avversari fin da subito. Una Roma non timorosa come poteva sembrare in passato, ma orgogliosa e decisa a dimostrare tutto il suo valore.
Poi si va sotto, in maniera quasi inaspettata con un colpo di testa di Acerbi che supera Rui Patricio. Un gol viziato da un presunto fuorigioco di Thuram, che lo stesso De Rossi valuterà come inesistente sappur spesso annullato in questo calcio "moderno". Da sottolineare il brutto gesto di Acerbi, che rivolge al popolo giallorosso un saluto poco cordiale, forse frutto dei suoi trascorsi sull'altra sponda del Tevere.
Un piccolo inciampo per la Roma, che trova immediatamente il pareggio con un schema perfetto da calcio di punizione. Bravo Pellegrini a calciare forte e tagliato dentro l'area di rigore dove Mancini incorna mettendo la sfera alle spalle di Sommer. 1-1, palla al centro e la Roma ritorna a crederci ed attacca. Sul finire di primo tempo i giallorossi raddoppiano con El Shaarawy che di sinistro trova un colpo da biliardo e porta davanti la Roma dopo un'azione in ripartenza in superiorità numerica. Ottima prova dei giallorossi, come ammette anche Bastoni ai microfoni dei media: "Primo tempo inguardabile. Ci hanno mangiato".

RITORNO ALLA REALTA' - Nella ripresa, però, il sogno dei giallorossi viene infranto da Thuram; abile a farsi trovare in area per insaccare sul primo palo. La Roma cala d'intensità e l'Inter ne approfitta trovando un gol quasi in fotocopia rispetto al precedente. Questa volta l'azione si svolge sulla sinistra con Angelino che per anticipare Thuram insacca nella propria porta. Due azioni in cui l'Inter ha sfruttato le fasce con tutto il suo potenziale, mettendo in difficoltà la Roma dove era più debole. I giallorossi però ci provano e avrebbero potuto pareggiare con Lukaku, che in un uno contro uno con Sommer si fa ipnotizzare dal portiere svizzero. Un ottimo tempismo in uscita per Sommer, male Lukaku che li avrebbe potuto provare un colpo sotto o aprire il piatto sinistro piuttosto che osare e smarcare l'estremo difensore.
Nel finale saltano gli schemi e l'Inter trova anche il quarto gol con Bastoni.

BELLE SPERANZE - Nonostante la sconfitta, con un passivo ingiusto per quello che si è visto in campo, la prova della Roma è da lodare.
Ieri sera si è vista una squadra mai rinunciataria, decisa a vendere cara la pelle e vogliosa di fare il colpaccio. Purtroppo il campo ha dato un esito diverso dal punto di vista del risultato, ma la Roma ne è uscita vittoriosa per gioco dimostrato ed idee. Si è vista una Roma dinamica, con corsa e mentalità. Una Roma totalmente diversa da quella che eravamo abituati a vedere ultimamente. Una Roma che, se così si dovesse continuare, ha tutte le carte in regola per lottare per la Champions League e per poterla anche raggiungere. La scelta, a metà del secondo tempo, del 4-2-3-1 è la dimostrazione di come le influenze di Spalletti si facciano sentire sul mister De Rossi. Un modulo che in futuro sarà sicuramente riproposto con la possibilità di vedere in campo sia Dybala che Baldanzi ad agire insieme dietro la punta.
Una sensazione, quella di vedere la Roma in crescita, che si fortifica dopo aver sentito le parole di De Rossi a fine partita: "Se vogliamo competere a questi livelli dobbiamo diventare perfetti, analizzando la sconfitta e capire il perché. Se siamo contenti nonostante la sconfitta si parla di mediocrità e noi non possiamo permettercelo".

Non mancano ancora gli errori individuali ed i cali di concentrazione, ma fanno parte di quegli aspetti su cui si può lavorare e migliorare. Ma non è il momento di puntare il dito contro nessuno, citando nuovamente De Rossi: "Le partite si vincono e perdono tutti quanti insieme".
Dunque è il momenti di lavorare tutti uniti e decisi a migliorare sempre di più per ottenere gli obiettivi prefissati ad inizio stagione.

a cura di Federico Falvo


La Roma saluta Tiago Pinto e si prepara per il futuro

INSIDEROMA.COM - FEDERICO FALVO - Si è concluso gennaio e con esso anche il calciomercato invernale.

FINE DI UN'ERA - La Roma, dopo aver salutato Mourinho, vede andar via anche Tiago Pinto.
Il General Manager giallorosso, con professionalità ed impegno, ha svolto il suo ruolo fino allìultimo giorno, regalando al fotofinish a De Rossi un talento giovane e di prospettiva.
Un lavoro quasi impeccabile quello svolto da Tiago Pinto, che tra restrizioni economiche ed i paletti imposti dal Fair Play Finanziario, è riuscito a rimanere nei limiti e consegnare ai suoi allenatori delle ottime squadre. Cedendo gli esuberi ed operando con intelligenza è riuscito a portare alla Roma, senza spendere un euro per i loro cartellini, un campione come Dybala e giocatori giovani e di prospettiva come Svilar, N'Dicka ed Aouar. Sul suo taccuino va annoverato anche il colpo Lukaku ed in ultimo, per ordine cronologico, quello di Baldanzi.
Non mancano, però, i colpi sbagliati; per esempio Vina o Shomurodov, ma fanno parte del mestiere. Nessuno è infallibile e per il tempo che è stato qui non possiamo fare altro che dire grazie a Tiago Pinto ed augurargli il meglio per la propria carriera. La Roma, da oggi, sarà pronta ad accogliere il nuovo Direttore Sportivo che dovrà operare per il bene della compagine giallorossa.

UN NUOVO CORSO - Una compagine che, sul campo, si sta preparando per afforntare il Cagliari con i nuovi innesti Angelino e Baldanzi.
Il terzino sinistro arriva in prestito per dare un nuovo senso alla sua stagione dopo l'essere stato messo ai margini dal Galatasaray. Una scelta, quella del club turco, non dettata dalla mancanza di tecnica del giocatore ma per non doverlo riscattare automaticamente dal Lipsia alla 20esima presenza. Infatti Angelino ha collezionato 19 presenze ed una rete con il Galatasaray prima di accettare la Roma, dove quasi sicuramente agirà sulla corsia di sinistra alternandosi con Spinazzola. Il numero 37, con l'arrivo di De Rossi, sembra aver ritrovato nuova fiducia e potrebbe persino rinnovare il contratto in scadenza il prossimo giugno. Il legame tra Spinazzola e De Rossi è noto e si è consolidato durante l'Europeo vinto dall'Italia, dunque una permanenza del tecnico giallorosso potrebbe spianare la strada alla riconferma anche per il terzino. Ovviamente Spinazzola, dalla sua, dovrà dimostrare di meritarsi la permamenza alla Roma, cosa che una linea difensiva a quattro potrebbe agevolare, lasciando il giocatore più libero di esprimersi ai livelli che ha dimostrato in passato. Angelino, che per caratteristiche si avvicina molto a Spinazzola, potrà farlo rifiatare o dargli il cambio a partita in corso, avendo dalla sua una velocità maggiore che potrebbe creare maggiori spazi per i giallorossi quando gli avversari abbasseranno l'intensità di gioco.
A tutto ciò vi si aggiunge l'arrivo di Baldanzi, che darà maggior fntasia al reparto offensivo. Il suo utilizzo, però, non sarà limitato al solo vice-Dybala; in quando il talentino azzurro potrà giocare anche al fianco della Joya sostituendo El Shaarawy o agire nel trio dei fantasisti dietro Lukaku. È un "jolly" che potrebbe dare anche maggiori soluzioni offensive a De Rossi. Ma soprattutto è un acquisto che vede la Roma proiettarsi già nell'ottica futura di una società che vorrà dare spazio ai giovani meritevoli per plasmarli e farne il fulcro delle rose future. Un'idea di gestione e crostruzione delle rose che stiamo già vedendo sia in Italia (con la Juventus per esempio) che all'estero (Barcellona in primis). Una nuova politica societaria che potrà sia far quadrare i conti che costruirsi in casa i campioni del domani, cedendo chi non rienra più nei piani o chi non dimostra quanto ci si aspetta. Un progetto che richiederà tempo per vederlo realizzato, che dovrà essere accolto con pazienza dai tifosi e curato in ogni minimo dettaglio.

Un progetto che potrebbe vedere ancora De Rossi alla guida della Roma.

a cura di Federico Falvo


La bandiera è la maglia della Roma, è il simbolo, è l'unica cosa da onorare

INSIDEROMA.COM - FEDERICO FALVO - La bandiera è la maglia della Roma, è il simbolo, è l’unica cosa da onorare perché rappresenta la città”.

È con queste parole, pronunciate dallo storico presidente Dino Viola, che si potrebbe riassumere l’attuale momento della Roma. Senza puntare il dito contro nessuno, senza accuse o polemiche; ma solo con la voglia di fare ancora di più per rendere onore alla maglia giallorossa ed al simbolo cucito sul petto.

La notizia di ieri mattina è stata una doccia fredda per tutti il popolo romanista e non. Un fulmine a ciel sereno, uno scenario che quasi nessuno avrebbe ipotizzo. Ma ormai è successo, l’esonero è stato ufficializzato e Josè Mourinho non è più l’allenatore della Roma.

È stata una scelta giusta? Ognuno darà la risposta che ritiene più opportuna in base alle proprie analisi. Dati alla mano il ruolino di marcia della Roma non era all’altezza del suo blasone. 29 punti in 20 giornate sono obiettivamente pochi, più da squadra di mezza classifica che rispetto agli obiettivi dichiarati ad inizio stagione. Il gioco latitava, con prestazioni troppo altalenanti e spesso con poche idee. Ma, con cinque punti di distacco dal quarto posto, ci sarebbe stato il tempo per invertire la rotta e Mourinho avrebbe potuto trovare le soluzioni adatte. Si poteva lasciarlo al suo posto fino al termine della stagione e poi salutarsi a giungo alla scandenza del contratto. Ma per la società la scelta migliore è stata l’esonero. Per la società questa è stata la scelta giusta. Una scelta ponderata? Probabilmente si, considerando che avrebbero potuto interrompere il rapporto con Mourinho ben prima del 16 gennaio. Una scelta di petto? Forse, viste le discussioni che (pare) ci siano state tra i Friedkin e lo Special One dopo aver comunicato ed appreso della separazione. Ma ormai la scelta è stata fatta, indietro non si torna più, si guarda solo avanti.

Ed il futuro della Roma, da ieri sera, si chiama Daniele De Rossi. Un figlio di Roma, cresciuto con il giallorosso cucito addosso e che ha dedicato a questi colori tutta la sua carriera da calciatore. Un uomo, il cui rammarico era di poter dedicare alla “suaRoma una sola carriera, che potrà iniziarne un’altra sempre nel nome di questa squadra. Un allenatore forse alle prime armi, con poca esperienza alle spalle, ma con tanta intelligenza tattica e con una leadership fuori dal comune. Ranieri disse di lui “Ha già la testa da allenatore”. Un professionista che ha vissuto e pensato calcio per quasi tutta la sua esistenza. Una persona che magari in questo momento sta vivendo questa nuova avventura con più timore rispetto ai tifosi, non perché non conscio dei propri mezzi ma perché ha tra le mani il destino della squadra che ha sempre amato. Un destino che però è pronto a scrivere, che si sente pronto di costruire; altrimenti, in caso contrario, non avrebbe mai accettato l’incarico. L’importante è lasciarlo lavorare, non criticarlo a prescindere ma stargli accanto. Sostenerlo, perché il momento non è facile per i tifosi ma nemmeno per lui, che ha tutto da dimostrare e in caso negativo tutto da perdere. Lasciarlo lavorare, perché solo il futuro ci dirà che allenatore sarà. Ricordando che nessun allenatore ha iniziato con la strada spianata, nemmeno Mourinho che alla Roma è stato amato ed alla Roma ha regalato un trofeo e due finali europee consecutive. Mourinho è diventato lo Special One, non è nato con questo appellativo; se lo è costrutio partita dopo partita, trofeo dopo trofeo. Nessuno potrà negare i suoi successi, nessuno dimenticherà la sua carriera; sicuramente a Roma nessuno dimenticherà il suo nome e quello che ha dato alla piazza giallorossa. Ma Mourinho ormai, (forse) purtroppo, appartiene al passato. Godiamoci De Rossi, vediamo di cosa è capace ed auguriamoci possa avere una carriera alla pari di quella di Mourinho. Auguriamoci possa essere nuovamente il condottiero della Roma per diversi anni, questa volta dalla panchina. Tieniamo ben presente che lui, da allenatore e primo tifoso così come tutti i tifosi giallorossi, vorrà (e sicuramente si impegnerà di fare) solo il bene della e per la Roma.

Da oggi si apre un nuovo capitolo per la Roma, nel nome di uno dei suoi giocatori più rappresentativi a livello mondiale. Un nuovo inizio per De Rossi stesso, che sta già lavorando per preparare la sfida di sabato contro il Verona. Una nuova pagina da scrivere per la cara e vecchia Roma, che alla fin dei conti è l’unica realtà che rimarrà per sempre. Perché i giocatori vengono acquistati e ceduti, gli allenatori arrivano e vanno via (ovviamente auguriamo a De Rossi una carriera molto lunga in giallorosso e ricolma di successi), i presidenti cambiano; ma la Roma ci sarà sempre e sarà la vera protagonista. Sarà sempre presente nei cuori della sua gente, anche e soprattutto nei momenti di difficoltà. La Roma ci sarà anche dopo di noi; sempre lì, nel suo centro sportivo di Trigoria sito in piazzale Dino Viola.

E come diceva il presidente, “la Roma è l’unica cosa da onorare”.

Sempre.

a cura di Federico Falvo


Servette-Roma: delusione e rabbia nonostante la qualificazione

INSIDEROMA.COM - FEDERICO FALVO - La Roma, con il pareggio conquistato ieri sul campo del Servette, ha conquistato la qualificazione al prossimo turno di Europa League. Si è ottenuto il risultato desiderato al momento del sorteggio del girone, ma non nella posizione che si pensava. Certo, manca ancora una partita e tutto può succedere, ma la situazione attuale non è delle migliori. Al momento guida il girone lo Slavia Praga con 12 punti, seguito dalla Roma con 10. Solo due punti, che potrebbero bastare per il sorpasso all'ultima giornata; ma gli incroci non saranno dei migliori. La Roma affronterà lo Sheriff, ultimo con un solo punto e ormai fuori dai giochi; ma anche lo Slavia Praga affronterà un Servette ormai sicuro della partecipazione al turno ad eliminazione diretta della Conference League e senza grosse pretese. Dunque gli scenari non dovrebbero cambiare, con la Roma condannata al playoff di Europa League contro una delle terze classificate nei gironi di Champions League.

L'ILLUSIONE - La partita era cominciata con il Servette subito all'attacco, pericoloso con tre occasioni già nei primi quindici minuti di gioco. Abile Svilar su due di queste a metterci le mani e deviare in corner. Due inteventi sublimi che tengono la Roma in piedi e le danno la forza di prendere in mano le redini del gioco. Così i giallorossi emergono, tengono il pallone e costruiscono fino a trovare il gol al 21' con Lukaku che riceve da Llorente e scarica in rete sil secondo palo. Giallorossi in vantaggio e momentaneamente primi grazie al pareggio dello Slavia sul campo dello Sheriff. Cinque minuti più tardi lo stesso Lukaku sfiora il raddoppio, mentre nel finale Svilar tiene nuovamente al sicuro i suoi con altre due parate determinanti.

IL SOLITO CROLLO - Nella ripresa, dopo appena cinque minuti, il Servette pareggia con Bedia che aggancia in area e beffa Svilar che era prontamente uscito per chiudere lo specchio della porta all'ivoriano. Palla sotto le gambe del portiere e poi in rete nonostante l'intervento di Celik in scivolata per cercare di evitare il gol. 1-1 e tutto da rifare per la Roma, con Mourinho che mette mano alla panchina e fa entrare Pellegrini per Aouar. Ma è Dybala a rendersi pericolo per i giallorossi in due occasione, calciando dapprima di poco a lato e successivamente trovando l'opposizione di Frick. Sale il nervosismo, con i giallorossi che commettono molti falli di frustazione e sprecano le poche occasioni create. Compatti, invece, gli svizzeri, che cercano anche di far male alla Roma per ottenere i tre punti ed evitare sorprese dallo Sheriff che finora sta fermando lo Slavia sul pareggio. Ma in pieno recupero, al 95', arriva il gol del vantaggio dei cechi e di fatto finisce anche la partita allo Stade de Genève.

Un punto che basta per ottenere la qualificazione al prossimo turno di Europa League, ma che allo stesso tempo non serve a molto. Si doveva vincere, per provare a superare lo Slavia o quanto meno per tenere botta e giocarsi tutto all'ultima giornata. Lo stesso Mourinho nella conferenza della vigilia aveva detto "Dobbiamo vincere, non ci serve il pareggio", ma a quanto pare ciò non è bastato. Evidente la delusione dello Special One nel post partita, dove ha criticato l'atteggiamento della squadra nel secondo tempo ed anche alcuni giocatori che non hanno sfruttato l'occasione a dovere.
Delusione, tanta delusione per un secondo posto nel girone che nessuno avrebbe immaginato dopo il sorteggio di Nyon. Rabbia, tanta rabbia per una Roma che non riesce mai a dominare le partite come sa fare quando ce n'è davvero bisogno.

a cura di Federico Falvo


Lazio-Roma: il Derby delle occasioni perse

INSIDEROMA.COM – FEDERICO FALVO – Ieri sera è andato in scena il Derby della Capitale. Una città intera si è fermata per assistere ad una delle partite più sentite in Italia, anzi, forse è quella più sentita. Uno dei derby più infuocati al mondo insieme a Boca Juniors-River Plate e Celtic-Rangers.
Una partita che si inizia a giocare la settimana prima, con battibecchi tra amici o colleghi di fede calcistica diversa. Ci si punzecchia, ci si prende in giro in maniera goliardica, si difendono i propri colori allo stremo. Perché il Derby di Roma è tutto questo. È amore, passione, ansia, paura e gioia. Un mix di sentimenti che si vivono al 360 gradi e per tutta la settimana che precede la partita.
Passa (quasi) tutto in secondo piano. Si attende il giorno della partita in maniera spasmodica. Chi subisce il “fascino” della scaramanzia si esibisce nei suoi riti. Chi, invece, non crede nella scaramanzia fa finta di essere superiore all’ansia dell’attesa. Per l’appunto fa finta, perché vuoi o non vuoi alla fine in ansia ci vai pure tu.
E più ci si avvicina allo Stadio Olimpico più sale questa ansia. Si contano i minuti ed i secondi che mancano al fischio d’inizio, quasi non si vedesse l’ora di mettere fine a questo malessere interiore e sprigionare tutta la gioia per essere presenti all’evento.
Poi, per fortuna, si comincia. Le tifoserie danno vita a coreografie spettacolari con i propri colori ben visibili. Perché che si tifi la Roma o si tifi la Lazio, per il tifoso quei colori sono sinonimo di orgoglio.
Ed anche ieri l’orgoglio dei tifosi si è fatto valere, forse anche più dei giocatori in campo.
Perché il Derby, diciamoci la verità, non è stata una partita entusiasmante. Come ogni stracittadina si è giocato molto di fisico per intimorire gli avversari ma anche per mascherare le proprie paure. Perché perdere un Derby fa male all’orgoglio, può anche compromettere una stagione. Vincerlo, invece, darebbe una spinta in più per il prosieguo del campionato. Vincere un Derby è una gioia immensa, ti fa credere di essere invincibile, ti rende il re della città (almeno fino al Derby successivo). Ma non è questo il caso.
Non è questo il caso perché ieri sera non ha vinto nessuno. Le squadre in campo si sono date battaglia ma senza prendere troppi rischi. Vi sono state poche occasioni da entrambe le parti, con la Roma che si è vista annullare un gol per fuorigioco di Cristante. La Lazio ci è andata per tre volte vicina al gol, ma prima il palo e successivamente due interventi di Rui Patricio hanno vanificato il tutto.
Un Derby sterile, finito 0-0 e con un punto per parte. Un Derby che potremmo definire “delle occasioni perse”, perché in una giornata di campionato dove le dirette concorrenti hanno perso terreno si doveva sfruttare l’occasione.
Si doveva fare meglio. La Roma doveva fare meglio. Non ha giocato male, ma non ha nemmeno dato vita ad una grande prestazione. I giocatori hanno dato tutto, non si sono risparmiati e soprattutto nel primo tempo si è riuscito a spingere bene sulle fasce. Bene Spinazzola e Karsdorp, con l’olandese che per due volte prova la conclusione sfiorando prima l’incrocio dei pali e poi l’opposizione di Provedel dopo (sulla ribattuta segnerà Cristante ma in fuorigioco). Spinazzola sulla sinistra spinge forte e vince il confronto personale con Lazzari, ma nel secondo tempo ripiegherà insieme a Karsdorp per non mettere in difficoltà Mancini e N'Dicka già ammoniti. Dybala è marcato a vista e “toccato” duro ogni volta che prova a liberarsi dell’uomo. Lukaku è tenuto a uomo e viene limitato bene, ma quando si riesce a liberare e partite in progressione non viene fermato. Bove, da romanista vero, sente il Derby e si fa prendere dall’emozione in due occasioni, quando non riesce a scaricare per Dybala nel cuore dell’area e quando non trova il tempo per calciare in porta; ma nel complesso la sua è stata una buona partita. Dietro il terzetto Mancini-Llorente-N’Dicka gioca bene e limita i danni. Solo una volta perdono la concentrazione, quando non liberano l’area e pur di uscire palla al piede regalano un corner agli avversari. Bene anche Rui Patricio, che si esalta su Romagnoli.
Una prova che avrebbe potuto portare più di un solo punto, ma non è stato così. Mourinho e Sarri a fine partita scherzeranno sul fatto che nessuno dei due riderà ma nemmeno piangerà. Conoscendo lo Special One, non riderà ma si rammaricherà per il risultato che non piace e sta stretto.
Un risultato giusto per quanto proposto in campo dalle due squadre, ma una grande occasione persa per accorciare sul quarto posto.

a cura di Federico Falvo