La Roma non convince a pieno, ma conquista l'intera posta in palio. Huijsen gioia e dolori, Azmoun torna a sorridere

INSIDEROMA.COM - FEDERICO FALVO - Ieri sera, a Frosinone, la Roma non ha disputato una delle sue migliori partite. Anzi, nel primo tempo è stata artefice di una prestazione davvero brutta, ma nonostante ciò è arrivata la vittoria con un tondo 0-3 finale.

HUIJSEN, NEL BENE E NEL MALE – Nel primo tempo il protagonista, sia in positivo che in negativo, è stato Dean Huijsen. Il giovane difensore olandese, imbeccato dai fischi di matrice giallo-azzurra, perde la solita concentrazione e sbaglia molto. Appoggi errati, passaggi sui piedi degli avversari e coperture blande. Vuoi che la classe di Soulé è emersa nuovamente, vuoi che tutta la Roma non era lucida, si è sofferto più di quanto ci si aspettasse.
Lo ammette lo stesso De Rossi al termine della partita: “Mai sofferto così tanto come stasera. Non possono mangiarci così nel primo tempo”.
Una frase che racchiude l’essenza dei primi 45 minuti di gioco. Il Frosinone ci crede e ci prova, con Svilar che tiene a galla la Roma. Una prova sublime dell’estremo difensore giallorosso, che esce con i tempi giusti limitando i danni. Su Kaio Jorge è proprio Svilar che compie il “miracolo”, ribattendo il primo tiro e andando subito a chiudere la distanza tra lui e l’attaccante frusinate per impedirgli di vedere lo specchio. Ne esce un batti e ribatti in area con successiva conclusione a lato del brasiliano. Qualche minuto prima aveva compiuto una prodezza su Soulé, spingendo bene sulle gambe e togliendo la palla che era destinata all’angolino basso alla sua destra. Una padronanza tra i pali che ripaga la scelta di De Rossi, che lo sta preferendo a Rui Patricio.
A circa dieci minuti dalla fine del primo tempo sale in cattedra Huijsen, che prende palla e la porta fino alla trequarti avversaria, salta due difensori e di destro batte Turati. Un gol meraviglioso, più da fantasista puro che da difensore centrale, rovinato dall’esultanza del ragazzo che porta il dito davanti la bocca per zittire lo Stirpe. Giusta l’ammonizione, sbagliato il gesto di un ragazzo bersagliato dai fischi e poco lucido nell’esternare la sua “rabbia”.

PRATICA CHIUSA – Nel secondo tempo De Rossi preferisce, anche se a malincuore, togliere Huijsen già ammonito e nervoso per inserire Llorente. Esce anche Lukaku, non molto in partita, per Pellegrini; con Azmoun spostato nella posizione di prima punta. Una scelta che non paga subito, poiché il Frosinone ci crede e prova a cercare il pareggio ma con imprecisione. Entra anche Celik al posto di Kristensen per dare maggiore spinta sulle fasce, ma il secondo gol arriva per vie centrali. Nasce tutto dai piedi di Cristante che si trova la strada spianata davanti e prova un rasoterra su cui Turati respinge, la sfera arriva precisa sui piedi di Azmoun che da due passi non può sbagliare e sigla lo 0-2. Il Frosinone crolla e la Roma ne approfitta con Baldanzi, il cui tiro viene respinto con il braccio da Okoli. Interviene il VAR e Guia, dopo un’attenta revisione assegna il calcio di rigore per i giallorossi. Sul dischetto va Paredes che sorride alle parole sussurrategli da Soulè ma non si lascia intimorire; palla nell’angolino basso e la Roma chiude la pratia Frosinone.

Una partita dalle due facce per la Roma, che nonostante il turnover e la prestazione opaca del primo tempo si porta a casa i tre punti. Benissimo Svilar, che “mette in tasca” la fiducia dimostratagli da De Rossi e pensa solo a fare il suo dovere. Autoritario sulle uscite alte, riceve anche i complimenti da parte dei compagni, consci di avere minor lavoro da fare se un portiere sventa sul nascere le minacce. Benino Huijsen, autore di un grande gol macchiato da un gesto “di pancia” di un ragazzo appena approdato tra i professionisti. Bene De Rossi, che si prende le colpe per il brutto primo tempo ma riesce a invertire la rotta con i cambi. Da belle speranze la prova di Baldanzi, non ancora al 100% nella sua nuova veste giallorossa ma già capace di far vedere barlumi di luce che fanno ben sperare per le prossime partite. Da applausi il gesto di Azmoun, che chiede scusa ai tifosi di casa per il gesto di Huijsen ribadendo come il calcio (e lo sport in generale) siano prima di tutto rispetto per l’avversario anche se in campo prevale l’agonismo.

Bene la Roma in generale, che si permette di limitare la partita di Lukaku a 45 minuti di gioco o di lasciare in panchina calciatori come Dybala, Bove e Spinazzola senza snaturarsi. Ed ora testa al campo di allenamento di Trigoria ed al Feyenoord, consapevoli che giovedì ci sarà una notte europea da vivere ed un ottavo di finale da conquistare.

 

a cura di Federico Falvo


La Roma perde, ma solo sul tabellone. Vince l'Inter, ma tremando

INSIDEROMA.COM - FEDERICO FALVO - Ieri sera la Roma ci ha provato, veramente. Il popolo giallorosso ci ha sperato, ci ha creduto, ma alla fine è arrivata la sconfitta. Zero punti, ma una prova che lascia ben sperare per il futuro e per la corsa al quarto posto.

SUPREMAZIA - Nei primi minuti di gioco la Roma sembrava irriconoscibile. Una squadra aggressiva, propositiva, desiderosa di avere la meglio sugli avversari fin da subito. Una Roma non timorosa come poteva sembrare in passato, ma orgogliosa e decisa a dimostrare tutto il suo valore.
Poi si va sotto, in maniera quasi inaspettata con un colpo di testa di Acerbi che supera Rui Patricio. Un gol viziato da un presunto fuorigioco di Thuram, che lo stesso De Rossi valuterà come inesistente sappur spesso annullato in questo calcio "moderno". Da sottolineare il brutto gesto di Acerbi, che rivolge al popolo giallorosso un saluto poco cordiale, forse frutto dei suoi trascorsi sull'altra sponda del Tevere.
Un piccolo inciampo per la Roma, che trova immediatamente il pareggio con un schema perfetto da calcio di punizione. Bravo Pellegrini a calciare forte e tagliato dentro l'area di rigore dove Mancini incorna mettendo la sfera alle spalle di Sommer. 1-1, palla al centro e la Roma ritorna a crederci ed attacca. Sul finire di primo tempo i giallorossi raddoppiano con El Shaarawy che di sinistro trova un colpo da biliardo e porta davanti la Roma dopo un'azione in ripartenza in superiorità numerica. Ottima prova dei giallorossi, come ammette anche Bastoni ai microfoni dei media: "Primo tempo inguardabile. Ci hanno mangiato".

RITORNO ALLA REALTA' - Nella ripresa, però, il sogno dei giallorossi viene infranto da Thuram; abile a farsi trovare in area per insaccare sul primo palo. La Roma cala d'intensità e l'Inter ne approfitta trovando un gol quasi in fotocopia rispetto al precedente. Questa volta l'azione si svolge sulla sinistra con Angelino che per anticipare Thuram insacca nella propria porta. Due azioni in cui l'Inter ha sfruttato le fasce con tutto il suo potenziale, mettendo in difficoltà la Roma dove era più debole. I giallorossi però ci provano e avrebbero potuto pareggiare con Lukaku, che in un uno contro uno con Sommer si fa ipnotizzare dal portiere svizzero. Un ottimo tempismo in uscita per Sommer, male Lukaku che li avrebbe potuto provare un colpo sotto o aprire il piatto sinistro piuttosto che osare e smarcare l'estremo difensore.
Nel finale saltano gli schemi e l'Inter trova anche il quarto gol con Bastoni.

BELLE SPERANZE - Nonostante la sconfitta, con un passivo ingiusto per quello che si è visto in campo, la prova della Roma è da lodare.
Ieri sera si è vista una squadra mai rinunciataria, decisa a vendere cara la pelle e vogliosa di fare il colpaccio. Purtroppo il campo ha dato un esito diverso dal punto di vista del risultato, ma la Roma ne è uscita vittoriosa per gioco dimostrato ed idee. Si è vista una Roma dinamica, con corsa e mentalità. Una Roma totalmente diversa da quella che eravamo abituati a vedere ultimamente. Una Roma che, se così si dovesse continuare, ha tutte le carte in regola per lottare per la Champions League e per poterla anche raggiungere. La scelta, a metà del secondo tempo, del 4-2-3-1 è la dimostrazione di come le influenze di Spalletti si facciano sentire sul mister De Rossi. Un modulo che in futuro sarà sicuramente riproposto con la possibilità di vedere in campo sia Dybala che Baldanzi ad agire insieme dietro la punta.
Una sensazione, quella di vedere la Roma in crescita, che si fortifica dopo aver sentito le parole di De Rossi a fine partita: "Se vogliamo competere a questi livelli dobbiamo diventare perfetti, analizzando la sconfitta e capire il perché. Se siamo contenti nonostante la sconfitta si parla di mediocrità e noi non possiamo permettercelo".

Non mancano ancora gli errori individuali ed i cali di concentrazione, ma fanno parte di quegli aspetti su cui si può lavorare e migliorare. Ma non è il momento di puntare il dito contro nessuno, citando nuovamente De Rossi: "Le partite si vincono e perdono tutti quanti insieme".
Dunque è il momenti di lavorare tutti uniti e decisi a migliorare sempre di più per ottenere gli obiettivi prefissati ad inizio stagione.

a cura di Federico Falvo


La Roma saluta Tiago Pinto e si prepara per il futuro

INSIDEROMA.COM - FEDERICO FALVO - Si è concluso gennaio e con esso anche il calciomercato invernale.

FINE DI UN'ERA - La Roma, dopo aver salutato Mourinho, vede andar via anche Tiago Pinto.
Il General Manager giallorosso, con professionalità ed impegno, ha svolto il suo ruolo fino allìultimo giorno, regalando al fotofinish a De Rossi un talento giovane e di prospettiva.
Un lavoro quasi impeccabile quello svolto da Tiago Pinto, che tra restrizioni economiche ed i paletti imposti dal Fair Play Finanziario, è riuscito a rimanere nei limiti e consegnare ai suoi allenatori delle ottime squadre. Cedendo gli esuberi ed operando con intelligenza è riuscito a portare alla Roma, senza spendere un euro per i loro cartellini, un campione come Dybala e giocatori giovani e di prospettiva come Svilar, N'Dicka ed Aouar. Sul suo taccuino va annoverato anche il colpo Lukaku ed in ultimo, per ordine cronologico, quello di Baldanzi.
Non mancano, però, i colpi sbagliati; per esempio Vina o Shomurodov, ma fanno parte del mestiere. Nessuno è infallibile e per il tempo che è stato qui non possiamo fare altro che dire grazie a Tiago Pinto ed augurargli il meglio per la propria carriera. La Roma, da oggi, sarà pronta ad accogliere il nuovo Direttore Sportivo che dovrà operare per il bene della compagine giallorossa.

UN NUOVO CORSO - Una compagine che, sul campo, si sta preparando per afforntare il Cagliari con i nuovi innesti Angelino e Baldanzi.
Il terzino sinistro arriva in prestito per dare un nuovo senso alla sua stagione dopo l'essere stato messo ai margini dal Galatasaray. Una scelta, quella del club turco, non dettata dalla mancanza di tecnica del giocatore ma per non doverlo riscattare automaticamente dal Lipsia alla 20esima presenza. Infatti Angelino ha collezionato 19 presenze ed una rete con il Galatasaray prima di accettare la Roma, dove quasi sicuramente agirà sulla corsia di sinistra alternandosi con Spinazzola. Il numero 37, con l'arrivo di De Rossi, sembra aver ritrovato nuova fiducia e potrebbe persino rinnovare il contratto in scadenza il prossimo giugno. Il legame tra Spinazzola e De Rossi è noto e si è consolidato durante l'Europeo vinto dall'Italia, dunque una permanenza del tecnico giallorosso potrebbe spianare la strada alla riconferma anche per il terzino. Ovviamente Spinazzola, dalla sua, dovrà dimostrare di meritarsi la permamenza alla Roma, cosa che una linea difensiva a quattro potrebbe agevolare, lasciando il giocatore più libero di esprimersi ai livelli che ha dimostrato in passato. Angelino, che per caratteristiche si avvicina molto a Spinazzola, potrà farlo rifiatare o dargli il cambio a partita in corso, avendo dalla sua una velocità maggiore che potrebbe creare maggiori spazi per i giallorossi quando gli avversari abbasseranno l'intensità di gioco.
A tutto ciò vi si aggiunge l'arrivo di Baldanzi, che darà maggior fntasia al reparto offensivo. Il suo utilizzo, però, non sarà limitato al solo vice-Dybala; in quando il talentino azzurro potrà giocare anche al fianco della Joya sostituendo El Shaarawy o agire nel trio dei fantasisti dietro Lukaku. È un "jolly" che potrebbe dare anche maggiori soluzioni offensive a De Rossi. Ma soprattutto è un acquisto che vede la Roma proiettarsi già nell'ottica futura di una società che vorrà dare spazio ai giovani meritevoli per plasmarli e farne il fulcro delle rose future. Un'idea di gestione e crostruzione delle rose che stiamo già vedendo sia in Italia (con la Juventus per esempio) che all'estero (Barcellona in primis). Una nuova politica societaria che potrà sia far quadrare i conti che costruirsi in casa i campioni del domani, cedendo chi non rienra più nei piani o chi non dimostra quanto ci si aspetta. Un progetto che richiederà tempo per vederlo realizzato, che dovrà essere accolto con pazienza dai tifosi e curato in ogni minimo dettaglio.

Un progetto che potrebbe vedere ancora De Rossi alla guida della Roma.

a cura di Federico Falvo


La bandiera è la maglia della Roma, è il simbolo, è l'unica cosa da onorare

INSIDEROMA.COM - FEDERICO FALVO - La bandiera è la maglia della Roma, è il simbolo, è l’unica cosa da onorare perché rappresenta la città”.

È con queste parole, pronunciate dallo storico presidente Dino Viola, che si potrebbe riassumere l’attuale momento della Roma. Senza puntare il dito contro nessuno, senza accuse o polemiche; ma solo con la voglia di fare ancora di più per rendere onore alla maglia giallorossa ed al simbolo cucito sul petto.

La notizia di ieri mattina è stata una doccia fredda per tutti il popolo romanista e non. Un fulmine a ciel sereno, uno scenario che quasi nessuno avrebbe ipotizzo. Ma ormai è successo, l’esonero è stato ufficializzato e Josè Mourinho non è più l’allenatore della Roma.

È stata una scelta giusta? Ognuno darà la risposta che ritiene più opportuna in base alle proprie analisi. Dati alla mano il ruolino di marcia della Roma non era all’altezza del suo blasone. 29 punti in 20 giornate sono obiettivamente pochi, più da squadra di mezza classifica che rispetto agli obiettivi dichiarati ad inizio stagione. Il gioco latitava, con prestazioni troppo altalenanti e spesso con poche idee. Ma, con cinque punti di distacco dal quarto posto, ci sarebbe stato il tempo per invertire la rotta e Mourinho avrebbe potuto trovare le soluzioni adatte. Si poteva lasciarlo al suo posto fino al termine della stagione e poi salutarsi a giungo alla scandenza del contratto. Ma per la società la scelta migliore è stata l’esonero. Per la società questa è stata la scelta giusta. Una scelta ponderata? Probabilmente si, considerando che avrebbero potuto interrompere il rapporto con Mourinho ben prima del 16 gennaio. Una scelta di petto? Forse, viste le discussioni che (pare) ci siano state tra i Friedkin e lo Special One dopo aver comunicato ed appreso della separazione. Ma ormai la scelta è stata fatta, indietro non si torna più, si guarda solo avanti.

Ed il futuro della Roma, da ieri sera, si chiama Daniele De Rossi. Un figlio di Roma, cresciuto con il giallorosso cucito addosso e che ha dedicato a questi colori tutta la sua carriera da calciatore. Un uomo, il cui rammarico era di poter dedicare alla “suaRoma una sola carriera, che potrà iniziarne un’altra sempre nel nome di questa squadra. Un allenatore forse alle prime armi, con poca esperienza alle spalle, ma con tanta intelligenza tattica e con una leadership fuori dal comune. Ranieri disse di lui “Ha già la testa da allenatore”. Un professionista che ha vissuto e pensato calcio per quasi tutta la sua esistenza. Una persona che magari in questo momento sta vivendo questa nuova avventura con più timore rispetto ai tifosi, non perché non conscio dei propri mezzi ma perché ha tra le mani il destino della squadra che ha sempre amato. Un destino che però è pronto a scrivere, che si sente pronto di costruire; altrimenti, in caso contrario, non avrebbe mai accettato l’incarico. L’importante è lasciarlo lavorare, non criticarlo a prescindere ma stargli accanto. Sostenerlo, perché il momento non è facile per i tifosi ma nemmeno per lui, che ha tutto da dimostrare e in caso negativo tutto da perdere. Lasciarlo lavorare, perché solo il futuro ci dirà che allenatore sarà. Ricordando che nessun allenatore ha iniziato con la strada spianata, nemmeno Mourinho che alla Roma è stato amato ed alla Roma ha regalato un trofeo e due finali europee consecutive. Mourinho è diventato lo Special One, non è nato con questo appellativo; se lo è costrutio partita dopo partita, trofeo dopo trofeo. Nessuno potrà negare i suoi successi, nessuno dimenticherà la sua carriera; sicuramente a Roma nessuno dimenticherà il suo nome e quello che ha dato alla piazza giallorossa. Ma Mourinho ormai, (forse) purtroppo, appartiene al passato. Godiamoci De Rossi, vediamo di cosa è capace ed auguriamoci possa avere una carriera alla pari di quella di Mourinho. Auguriamoci possa essere nuovamente il condottiero della Roma per diversi anni, questa volta dalla panchina. Tieniamo ben presente che lui, da allenatore e primo tifoso così come tutti i tifosi giallorossi, vorrà (e sicuramente si impegnerà di fare) solo il bene della e per la Roma.

Da oggi si apre un nuovo capitolo per la Roma, nel nome di uno dei suoi giocatori più rappresentativi a livello mondiale. Un nuovo inizio per De Rossi stesso, che sta già lavorando per preparare la sfida di sabato contro il Verona. Una nuova pagina da scrivere per la cara e vecchia Roma, che alla fin dei conti è l’unica realtà che rimarrà per sempre. Perché i giocatori vengono acquistati e ceduti, gli allenatori arrivano e vanno via (ovviamente auguriamo a De Rossi una carriera molto lunga in giallorosso e ricolma di successi), i presidenti cambiano; ma la Roma ci sarà sempre e sarà la vera protagonista. Sarà sempre presente nei cuori della sua gente, anche e soprattutto nei momenti di difficoltà. La Roma ci sarà anche dopo di noi; sempre lì, nel suo centro sportivo di Trigoria sito in piazzale Dino Viola.

E come diceva il presidente, “la Roma è l’unica cosa da onorare”.

Sempre.

a cura di Federico Falvo


Servette-Roma: delusione e rabbia nonostante la qualificazione

INSIDEROMA.COM - FEDERICO FALVO - La Roma, con il pareggio conquistato ieri sul campo del Servette, ha conquistato la qualificazione al prossimo turno di Europa League. Si è ottenuto il risultato desiderato al momento del sorteggio del girone, ma non nella posizione che si pensava. Certo, manca ancora una partita e tutto può succedere, ma la situazione attuale non è delle migliori. Al momento guida il girone lo Slavia Praga con 12 punti, seguito dalla Roma con 10. Solo due punti, che potrebbero bastare per il sorpasso all'ultima giornata; ma gli incroci non saranno dei migliori. La Roma affronterà lo Sheriff, ultimo con un solo punto e ormai fuori dai giochi; ma anche lo Slavia Praga affronterà un Servette ormai sicuro della partecipazione al turno ad eliminazione diretta della Conference League e senza grosse pretese. Dunque gli scenari non dovrebbero cambiare, con la Roma condannata al playoff di Europa League contro una delle terze classificate nei gironi di Champions League.

L'ILLUSIONE - La partita era cominciata con il Servette subito all'attacco, pericoloso con tre occasioni già nei primi quindici minuti di gioco. Abile Svilar su due di queste a metterci le mani e deviare in corner. Due inteventi sublimi che tengono la Roma in piedi e le danno la forza di prendere in mano le redini del gioco. Così i giallorossi emergono, tengono il pallone e costruiscono fino a trovare il gol al 21' con Lukaku che riceve da Llorente e scarica in rete sil secondo palo. Giallorossi in vantaggio e momentaneamente primi grazie al pareggio dello Slavia sul campo dello Sheriff. Cinque minuti più tardi lo stesso Lukaku sfiora il raddoppio, mentre nel finale Svilar tiene nuovamente al sicuro i suoi con altre due parate determinanti.

IL SOLITO CROLLO - Nella ripresa, dopo appena cinque minuti, il Servette pareggia con Bedia che aggancia in area e beffa Svilar che era prontamente uscito per chiudere lo specchio della porta all'ivoriano. Palla sotto le gambe del portiere e poi in rete nonostante l'intervento di Celik in scivolata per cercare di evitare il gol. 1-1 e tutto da rifare per la Roma, con Mourinho che mette mano alla panchina e fa entrare Pellegrini per Aouar. Ma è Dybala a rendersi pericolo per i giallorossi in due occasione, calciando dapprima di poco a lato e successivamente trovando l'opposizione di Frick. Sale il nervosismo, con i giallorossi che commettono molti falli di frustazione e sprecano le poche occasioni create. Compatti, invece, gli svizzeri, che cercano anche di far male alla Roma per ottenere i tre punti ed evitare sorprese dallo Sheriff che finora sta fermando lo Slavia sul pareggio. Ma in pieno recupero, al 95', arriva il gol del vantaggio dei cechi e di fatto finisce anche la partita allo Stade de Genève.

Un punto che basta per ottenere la qualificazione al prossimo turno di Europa League, ma che allo stesso tempo non serve a molto. Si doveva vincere, per provare a superare lo Slavia o quanto meno per tenere botta e giocarsi tutto all'ultima giornata. Lo stesso Mourinho nella conferenza della vigilia aveva detto "Dobbiamo vincere, non ci serve il pareggio", ma a quanto pare ciò non è bastato. Evidente la delusione dello Special One nel post partita, dove ha criticato l'atteggiamento della squadra nel secondo tempo ed anche alcuni giocatori che non hanno sfruttato l'occasione a dovere.
Delusione, tanta delusione per un secondo posto nel girone che nessuno avrebbe immaginato dopo il sorteggio di Nyon. Rabbia, tanta rabbia per una Roma che non riesce mai a dominare le partite come sa fare quando ce n'è davvero bisogno.

a cura di Federico Falvo


Lazio-Roma: il Derby delle occasioni perse

INSIDEROMA.COM – FEDERICO FALVO – Ieri sera è andato in scena il Derby della Capitale. Una città intera si è fermata per assistere ad una delle partite più sentite in Italia, anzi, forse è quella più sentita. Uno dei derby più infuocati al mondo insieme a Boca Juniors-River Plate e Celtic-Rangers.
Una partita che si inizia a giocare la settimana prima, con battibecchi tra amici o colleghi di fede calcistica diversa. Ci si punzecchia, ci si prende in giro in maniera goliardica, si difendono i propri colori allo stremo. Perché il Derby di Roma è tutto questo. È amore, passione, ansia, paura e gioia. Un mix di sentimenti che si vivono al 360 gradi e per tutta la settimana che precede la partita.
Passa (quasi) tutto in secondo piano. Si attende il giorno della partita in maniera spasmodica. Chi subisce il “fascino” della scaramanzia si esibisce nei suoi riti. Chi, invece, non crede nella scaramanzia fa finta di essere superiore all’ansia dell’attesa. Per l’appunto fa finta, perché vuoi o non vuoi alla fine in ansia ci vai pure tu.
E più ci si avvicina allo Stadio Olimpico più sale questa ansia. Si contano i minuti ed i secondi che mancano al fischio d’inizio, quasi non si vedesse l’ora di mettere fine a questo malessere interiore e sprigionare tutta la gioia per essere presenti all’evento.
Poi, per fortuna, si comincia. Le tifoserie danno vita a coreografie spettacolari con i propri colori ben visibili. Perché che si tifi la Roma o si tifi la Lazio, per il tifoso quei colori sono sinonimo di orgoglio.
Ed anche ieri l’orgoglio dei tifosi si è fatto valere, forse anche più dei giocatori in campo.
Perché il Derby, diciamoci la verità, non è stata una partita entusiasmante. Come ogni stracittadina si è giocato molto di fisico per intimorire gli avversari ma anche per mascherare le proprie paure. Perché perdere un Derby fa male all’orgoglio, può anche compromettere una stagione. Vincerlo, invece, darebbe una spinta in più per il prosieguo del campionato. Vincere un Derby è una gioia immensa, ti fa credere di essere invincibile, ti rende il re della città (almeno fino al Derby successivo). Ma non è questo il caso.
Non è questo il caso perché ieri sera non ha vinto nessuno. Le squadre in campo si sono date battaglia ma senza prendere troppi rischi. Vi sono state poche occasioni da entrambe le parti, con la Roma che si è vista annullare un gol per fuorigioco di Cristante. La Lazio ci è andata per tre volte vicina al gol, ma prima il palo e successivamente due interventi di Rui Patricio hanno vanificato il tutto.
Un Derby sterile, finito 0-0 e con un punto per parte. Un Derby che potremmo definire “delle occasioni perse”, perché in una giornata di campionato dove le dirette concorrenti hanno perso terreno si doveva sfruttare l’occasione.
Si doveva fare meglio. La Roma doveva fare meglio. Non ha giocato male, ma non ha nemmeno dato vita ad una grande prestazione. I giocatori hanno dato tutto, non si sono risparmiati e soprattutto nel primo tempo si è riuscito a spingere bene sulle fasce. Bene Spinazzola e Karsdorp, con l’olandese che per due volte prova la conclusione sfiorando prima l’incrocio dei pali e poi l’opposizione di Provedel dopo (sulla ribattuta segnerà Cristante ma in fuorigioco). Spinazzola sulla sinistra spinge forte e vince il confronto personale con Lazzari, ma nel secondo tempo ripiegherà insieme a Karsdorp per non mettere in difficoltà Mancini e N'Dicka già ammoniti. Dybala è marcato a vista e “toccato” duro ogni volta che prova a liberarsi dell’uomo. Lukaku è tenuto a uomo e viene limitato bene, ma quando si riesce a liberare e partite in progressione non viene fermato. Bove, da romanista vero, sente il Derby e si fa prendere dall’emozione in due occasioni, quando non riesce a scaricare per Dybala nel cuore dell’area e quando non trova il tempo per calciare in porta; ma nel complesso la sua è stata una buona partita. Dietro il terzetto Mancini-Llorente-N’Dicka gioca bene e limita i danni. Solo una volta perdono la concentrazione, quando non liberano l’area e pur di uscire palla al piede regalano un corner agli avversari. Bene anche Rui Patricio, che si esalta su Romagnoli.
Una prova che avrebbe potuto portare più di un solo punto, ma non è stato così. Mourinho e Sarri a fine partita scherzeranno sul fatto che nessuno dei due riderà ma nemmeno piangerà. Conoscendo lo Special One, non riderà ma si rammaricherà per il risultato che non piace e sta stretto.
Un risultato giusto per quanto proposto in campo dalle due squadre, ma una grande occasione persa per accorciare sul quarto posto.

a cura di Federico Falvo


Slavia Praga-Roma: male, male, male

INSIDEROMA.COM - FEDERICO FALVO - Ieri sera la Roma è uscita sconfitta dall'Eden Arena di Praga. Una brutta partita da parte dei giallorossi, anzi, bruttissima.

UN RING - Il primo tempo sembra più un incontro di boxe che una partita di calcio. I giocatori dello Slavia partono forte ed entrano duro su ogni contrasto. Ovviamente l'obiettivo non era quello di fare male all'avversario, ma di mettergli paura; fargli capire che loro vogliono vincere e sono pronti a tutto per ottenre il successo. Velocità, aggressività e pressione su ogni portatore di palla mettono in luce il desiderio dello Slavia Praga. Un desiderio a cui la Roma non riesce a porre un freno, vedendosi chiudere tutte le linee di passaggio e trovando una marcatura afissiante sui migliori giocatori. Lukaku, meticolosamente controllato dai difensori cechi, non riesce ad incidere come vorrebbe e per i primi 27 minuti non risultano serie minacce al portiere Mandous. Anzi, è lo Slavia a sfiorare il vantaggio al 27' con un sinistro forte ma alto di Chytil dopo un controllo fortunoso in area di rigore giallorossa. I nervi sono tesi in casa Roma, con Bove e Paredes che ricevono il giallo il primo per un fallo ed il secondo per potreste.

IL CROLLO - Nella ripresa Foti, che siede in panchina al posto dello squalificato Mourinho, sostituisce un quasi assente Aouar con Cristante. Una mossa che dovrebbe dare maggior filtro a centrocampo, ma non è così. Si susseguono lanci lunghi inconcludenti che non fanno altro che creare spaccatura tra i reparti. Lo Slavia, invece, ha le idee chiare e le mette in atto al 50' quando Jurecka si avventa sul pallone come un rapace e lo insacca alle spalle di Svilar dopo una deviazione di N'Dicka. Una carambola, ma che non fa altro che tradurre sul tabellone la voglia dello Slavia. Una voglia che la Roma sembra riacquistare dopo lo svataggio, con il primo vero tiro in porta (52'), un diagonale di Belotti neutralizzato da Mandous. Ma è un raggio di sole isolato tra le nubi che preannunciano tempesta. Lo Slavia attacca ancora e solo Svilar evita il gol al 67' su un tiro dalla distanza di Provod. Ma il secondo gol del padroni di casa arriva al 74' con Masopust che dalla distanza trova l'angolo basso di destra e batte Svilar. Nemmeno gli ingressi di Dybala e Sanches danno la spinta alla Roma, che prova timidi attacchi alla porta difesa da Mandous ma senza risultato.

TUTTO BRUTTO - La Roma perde, viene raggiunta dallo Slavia Praga in vetta alla classifica del raggruppamento e dovrà dare tutto nelle due partite che rimanngono per riprendersi il primo posto. Gli scontri diretti sono pari, si dovrà puntare tutto sulla differenza reti e sperare che lo Slavia commetta un passo falso contro Sheriff o Servette. Ma soprattutto la Roma dovrà fare il suo e non riproporre prestazioni come quella di ieri sera. Lo stesso Mourinho ha criticato duramente la sua squadra: "Abbiamo giocato malissimo. Non ha funzionato niente. Dal punto di vista individuale pochissimi hanno avuto l’atteggiamento giusto e corretto di professionalità come mi piace, tanti non hanno avuto un atteggiamento corretto per una partita seria, con obiettivi". E l'obiettivo era chiaro, vincere o come minimo pareggiare, per mantenere le distanze sullo Slavia e garantirsi il primo posto del girone. Vincere per poter approcciare alle ultime due partite operando un pò di turnover e concentrarsi maggiormente sul campionato.

Ma non è stato così. La Roma ha perso, sia la partita che la vetta solitaria del girone. Ha perso male e deve assolutamente ritrovare la concentrazione e l'atteggiamento giusti. Deve farlo in fretta, perchè domenica sarà ora di Derby.

a cura di Federico Falvo


Roma-Lecce: la paura e l'estasi

INSIDEROMA.COM – FEDERICO FALVO – La Roma ha vinto ieri sera, in rimonta e nei minuti di recupero. Una vittoria che, per certi versi, ha ricordato il 3-2 in casa contro il Torino nel 2016; quando Totti in tre minuti segnò la doppietta che regalò il successo ai giallorossi. Ieri, come nel 2016, è successo tutto in tre minuti, con l’Olimpico in delirio per quella che sembrava, ormai, una sconfitta.

IL MURO FALCONE – Il primo tempo della partita si potrebbe riassumere con un solo cognome: Falcone. Il portiere del Lecce, romano e romanista, quando gioca contro la sua squadra del cuore si esalta e nel primo tempo tiene in piedi i salentini. Già al terzo minuto, quando Baschirotto tocca di mano e l’arbitro assegna il rigore dopo la revisione al VAR, si capisce che Falcone è in giornata. Rigore per la Roma, sul dischetto va Lukaku e non Dybala che, come spiegherà Mourinho in conferenza stampa, sentiva dolore nel calciare forte da fermo. Il numero 90 della Roma prende la rincorsa e prova a piazzare la sfera sulla destra di Falcone, che intuisce e neutralizza. Risultato fermo sullo 0-0 e primo rigore sbagliato in Italia da Lukaku. Ma la Roma non si demoralizza e ci prova, vuole il vantaggio. Ma sempre è sempre Falcone a dire di no: dapprima con una parata spettacolare su El Shaarawy andando a togliere la sfera dall’angolo basso e successivamente mettendo le dita su una conclusione di Bove. Ci prova anche Dybala, con un sombrero e successivo sinistro al volo, ma la palla esce di poco a lato.

LA PAURA E L’ESTASI – Nel secondo tempo si vede anche il Lecce, che prova a impensierire la Roma ma con scarsi risultati. I tiri dei salentini vengono schermati bene dalla difesa giallorossa o trovano un attento Rui Patricio tra i pali. La Roma risponde colpo su colpo, ma è imprecisa sotto porta, sprecando quanto di buono costruito. Non spreca, invece, Almqvist che al 72’ porta in vantaggio gli ospiti grazie ad un tiro preciso nell’angolo basso su suggerimento di Banda. Mourinho mette mano alla panchina inserendo Azmoun e Belotti per rinforzare il reparto offensivo e Zalewski e Kristensen per dare freschezza sulle fasce. Una mossa che paga, ma solo nel finale, quando il Lecce è sulle gambe e costretto a chiudersi per difendere il risultato. Ma questa Roma ci ha insegnato che è proprio nel finale che si esalta, soprattutto in casa dove il suo pubblico incita e canta senza sosta. Un connubio tra campo e spalti unico, un qualcosa che lo stesso Mourinho ha ammesso di non aver mai visto in nessuna delle squadre da lui allenate; e non erano squadrette. Una fusione che ha dato carica ai ragazzi in campo, abili a ribaltare la partita in tre minuti, come fece Totti contro il Torino. Questa volta non c’è il numero 10 in campo, ma c’è comunque un ragazzo di Roma che al 91’ dalla sinistra mette in mezzo e trova Sardar Azmoun. L’iraniano, con un terzo tempo più da giocatore di basket che da calciatore, incorna di testa e mette la palla alle spalle di Falcone che nemmeno ci prova ad arrivare sulla sfera. L’Olimpico esplode, la squadra corre verso il centrocampo convinta che si può fare un altro gol. E la rete arriva, al 94’, quando Dybala scappa per vie centrali e serve Lukaku; il belga controlla e cadendo trova il sinistro vincente che si infila sotto l’angolo alto di destra. L’Olimpico implode, la gente impazzisce, chi è andato via prima amareggiato esulta di gioia ma allo stesso tempo si mangia le mani per non essere stato presente. La Roma vince, alla fine, ma vince.

ESPERIENZA – Una vittoria in “zona Cesarini” a cui ormai la Roma ci ha abituato. Da quando Mourinho allena i giallorossi sono 14 le partite, tra campionato e coppe, in cui si è vinto o pareggiato nei minuti di recupero. Sono 28 i punti conquistati nel finale, non una casualità, ma una vera e propria forza di questa squadra. Come canta Marco Conidi, “mai sola mai”; ma con queste statistiche si potrebbe benissimo cantare “mai morta mai”.

Perché la Roma ci prova sempre, se è in giornata non molla mai, ci crede e lotta. E questa settimana si dovrà lottare ancora più forte, perché giovedì c’è una qualificazione in Europa League da poter ottenere con largo anticipo. Ma ancora di più si dovrà lottare domenica prossima, nel Derby, dove serviranno le urla di incitamento di tutti i romanisti. Dove servirà una Roma cattiva, sul piano agonistico, e desiderosa di non farsi mettere i bastoni tra le ruote in questo suo cammino. Una partita dove le emozioni e le ansie saranno già altissime perché, sembrerà banale dirlo ma è la verità, il Derby non è mai una partita come le altre.

a cura di Federico Falvo


La Roma al Meazza in stile Maginot, ma la storia si ripete sempre

INSIDEROMA.COM – FEDERICO FALVO – La Roma esce dal Meazza con una sconfitta di misura, ma pur sempre una sconfitta. Mourinho, che deve fare a meno di cinque giocatori di cui quattro titolari, schiera la Roma in modo tale da limitare i danni. Una scelta che può far storcere il naso, ma per stessa ammissione dei giocatori la partita è stata preparata così.

ZERO TIRI – Il primo tempo è solo nerazzurro. Gioca solo l’Inter ed attaccano solo loro. La Roma non entra mai nell’area di rigore degli avversari, chiudendosi in difesa quasi fosse la Linea Maginot. Inizialmente questa strategia paga, grazie anche ad un pò di fortuna; infatti il tiro dalla distanza di Chalanoglu sbatte contro la traversa. Nei primi 45 minuti è Llorente l’unico giallorosso a meritare un voto alto, abile nel chiudere su tutte le palle alte e metterci il corpo sui tiri. Sulla destra il duo Kristensen-Mancini fa quello che può contro Dimarco, mentre a sinistra il dislivello tecnico tra Dumfries e Zalewski è troppo ampio, con l’esterno giallorosso che fa molta fatica anche solo a reggere il passo dell’olandese. Fa bene anche Rui Patricio, che viene bersagliato continuamente e riesce e metterci sempre una "pezza". Tante le conclusioni deviate in corner sia da lui che dai compagni, con Lukaku che si vede solo in questi frangenti quando di testa libera l’area.

LA RESA – Nella ripresa lo spartito è sempre lo stesso e la musica non cambia. Inter arrembante e la Roma che mantiene la Linea Maginot. Finalmente al 67’ si vede la prima conclusione giallorossa, un colpo di testa di Cristante su cui Sommer si allunga e mette in corner. La strategia di Mourinho, difendersi e colpire alla prima occasione, stava quasi per pagare. Ma alla fine, passa l’Inter, che riesce ad aggirare la difesa della Roma. Esattamente come successe alla Linea Maginot nella Seconda Guerra Mondiale, quando i tedeschi dopo diversi giorni aggirarono le difese francesi per entrare in territorio nemico e portare la Francia alla resa. Così ieri, con Asslani che lancia lungo per Dimarco per aggirare la linea giallorossa; l’esterno nerazzurro stoppa bene e mette un cross basso in area dove Thuram, per lucidità, brucia in fin qui attentissimo Llorente e deposita in rete da sotto misura. 1-0 Inter all’81’ e Roma sotto con la piccola complicità di Rui Patricio, che qualora fosse uscito dalla porta avrebbe potuto smanacciare la sfera ed evitare a Thuram di spingerla in rete. Un’ipotesi, una speranza, ma che non si è verificata. Nel finale l’Inter colpisce un altro legno con Carlos Augusto.

INERMI – Una Roma passiva quella vista ieri al Meazza. Una squadra che ha pensato solo a limitare i danni ed in parte ci è riuscita, perché il passivo avrebbe potuto essere molto più ampio. Ma allo stesso tempo è stata una Roma che ha rinunciato a giocare, o a provare di giocare. Inerme. La rabbia è per questa mancanza di voglia di giocarsi la partita, anche se sulla carta e con i giocatori a disposizione non sarebbe finita diversamente. Ma non è pensabile che la Roma non sia in grado di affrontare un avversario anche se a ranghi ridotti; soprattutto se la storia recente dell’Inter in casa ci ha detto che al Meazza prima il Sassuolo e poi il Bologna sono riusciti a fare punti (i neroverdi vincendo e i rossoblu pareggiando). Ed il tifoso, che ama questi colori e vorrebbe vedere la Roma sempre lottare, non può immaginare che Sassuolo e Bologna (con tutto il rispetto per le rose ed i loro allenatori) abbiano qualcosa in più rispetto alla loro squadra.

Ieri sera è mancata l’organizzazione, è mancata la Roma. Che tutti noi ci auguriamo si possa rivedere in campo già domenica contro il Lecce, per conquistare i tre punti e rimettersi in carreggiata. Domenica non ci saranno gli alibi dei giorni in meno di riposo o dei fischi contro Lukaku. Quelli lasciamoceli alle spalle, ripartiamo dal coro dei tifosi lanciato ieri sera al 90’: “noi non ti lasceremo mai”. Perché la realtà è questa, la Roma si sostiene sempre, sia nel bene che nel male; ma bisogna ripartire per evitare che i fischi arrivino da gli stessi tifosi che ti sostengono. Perché quei fischi, rispetto a quello del Meazza, fanno ancora più male.

a cura di Federico Falvo


La Roma archivia lo Slavia Praga in 17 minuti. Ora testa all'Inter

INSIDEROMA.COM - FEDERICO FALVO - Bastano 17 minuti alla Roma per chiudere la pratica Slavia Praga e prendersi la testa del girone.

FIAMMATE - La partita della Roma inizia subito con il vantaggio firmato da Bove. Bastano 45 secondi al centrocampista giallorosso per ricevere palla, non trovare opposizione ed avnzare fino al limite dell'area: destro potente ma preciso e palla in rete. 1-0, Roma subito davanti e Bove che si porta a casa la rete più veloce della Roma in Europa League. Un primo tempo giocato ad alta intensità dai giallorossi, che pressano molto lo Slavia, squadra abituata a giocare costruendo dal basso. Dunque la scelta di mettergli pressione paga, con i cechi costretti ad affrettare la manovra e puntare spesso sui lanci lunghi ben schermati dalla difesa giallorossa. Il ritorno di Llorente al centro del terzetto difensivo da più qualità alla Roma, che sfrutta la corsia sinistra con N'Dicka e l'estreo di El Shaarawy per colpire. L'ivoriano, meno "regista" di quanto fatto vedere col Monza, gioca bene e tiene botta contro gli avversari; a volte perdendo la prima marcatura ma recuperando. El Shaarawy è ispirato e lo si vede anche al 17', quando imbecca Lukaku e o mette davanti la porta, con il belga che scarica un mancino di rabbia sotto la traversa per il 2-0. La Roma adesso può stare più tranquilla, ma non sempre è un bene. Infatti lo Slavia prende un pò di campo e prova ad accorciare, con Svilar che si allunga e devia in corner un tiro avversario. Il centrocampo gestisce bene ma non da una prova di altissimo livello, con Bove che subisce anche un colpo e stringe i denti. Li davanti, invece, le idee ci sono ma un pò confuse e portano a passaggi sbagliati proprio sul finale. Palle troppo lunghe o troppo imprecise per i compagni che non possono rendere il parziale ancora più tondo.

ADAGIO - Nella ripresa Bove lascia il campo a Paredes, che dovrebbe dare maggiori geometrie ma non vi riesce a pieno. Principalemente la Roma controlla la partita per evitare situazioni sgradevoli e prova a colpire quando vi si presenta l'occasione. Ci riprova con Lukaku, ma il suo tiro esce di pochissimo alla sinistra del palo. Anche El Shaarawy vuole scrivere il suo nome al tabellino dei marcatori, ma il suo tiro di prima ed a giro viene fermato dalla traversa. Inizia la girandola di cambi, con Karsdorp e Belotti che prendono il posto di El Shaarawy e Zalewski. Cambia molto anche lo Slavia, che prova a sfruttare il calo energetico della Roma per recuperare ma si scontra contro una difesa arcigna e contro uno Svilar non molto impegnato ma attento. Solo una volta si lascia andare ad un eccesso di fiducia, uscendo fino a fuori area per spazzare un pallone e rischiando la figuraccia, evitata solo grazie ad un rimpallo favorevole. Nel finale entra anche Pagano e fa il suo esordio in giallorosso Cherubini.

CONTROLLO - Una Roma che ha controllato la partita, che ha fatto il suo senza eccedere e che si porta a casa la vittoria contro la rivale diretta del raggruppamento. Primo posto nel girone a punteggio pieno e primo vero mattoncino per qualificarsi direttamente agli ottavi di finale.

Una partita tranquilla ed una vittoria importantissima. Una Roma che fa il suo provando a non esaurire tutte le energie a disposizione. Perche si, ieri era determinante vincere ma il girone non è poi così impossibile. Invece domenica ci sarà una partita quasi impossibile, vista la qualità dell'Inter a livello di rosa e di tecnica individuale, ma sarà determinante dare tutto e non risparmiarsi mai. La Roma darà fiato a tutte le sue energie per fare bene a San Siro, lasciando che siano altri a dare fiato alla bocca per parlare di vicende di cui non conoscono la verità o a soffiare dentro 30 mila fischietti. L'unico fischio che dovrà interessarci sarà quello d'inizio dato dal signor Maresca. Poi la testa e la concentrazione saranno tutti sul campo.

a cura di Federico Falvo


Roma-Monza: fatica, tensione e liberazione

INSIDEROMA.COM – FEDERICO FALVO – Ieri, nel primo pomeriggio, la Roma ha vinto contro il Monza. Una vittoria importantissima ma arrivata solo nel finale e con molta fatica, contro una squadra in dieci uomini per tutto il secondo tempo.

DIFFICOLTÀ – La prima frazione di gioco ha visto le due squadre attente dal punto di vista tattico ed in cerca di spazi per colpire. Bisogna ammettere che il Monza ha agito meglio rispetto alla Roma, chiudendo Paredes con la marcatura fissa di Colpani per limitare il regista giallorosso. Una mossa che ha pagato, poiché la Roma è stata costretta ad appoggiarsi su N’Dicka per impostare la manovra. Il difensore ha retto bene il peso dell’investitura, mantenendo la calma e non prendendo fretta nelle decisioni, grazie anche alla marcatura quasi nulla su di lui da parte dei brianzoli. In virtù di ciò la Roma ha iniziato a costruire gioco sulla sinistra, con N’Dicka che il più delle volte si appoggiava su Spinazzola che poi andava in profondità cercando il cross in area. Ma anche il Monza ha avuto libertà di manovra, tenendo palla per diversi minuti consecutivi e non ricevendo un pressing asfissiante da parte degli uomini di Mourinho. Le occasioni, in questo primo tempo, sono state poche; con la Roma che si è resa pericolosa per due volte con Aouar e Belotti ma trovando l’opposizione di Di Gregorio; autoritario e sempre pronto tra i pali. Nel finale di tempo il Monza rimane in dieci uomini per l’espulsione di D’Ambrosio, un doppio giallo per due falli entrambi su Belotti. Il primo, una scivolata da dietro al limite dell’area è netto; il secondo, un contrasto sempre da dietro sulla metà campo, è si fallo ma rimangono dei dubbi sul giallo poiché l’intervento è si duro ma non cattivo. Ma l’arbitro ha optato per la sensazione e la conseguente espulsione. Monza in dieci e la panchina di Palladino si trasferisce dal quarto uomo per protestare.

FATICA – Nel secondo tempo la Roma, grazie anche all’uomo in più, ritrova Paredes libero di agire e si riassesta per segnare e passare in vantaggio. Ma non è un compito facile, perché il Monza non si arrende e da molto filo da torcere ai giallorossi. Gli ingressi di El Shaarawy ed Azmoun danno più spinta offensiva alla Roma che però si sbilancia, crea distacco tra i reparti e apre il fianco alle ripartenze brianzole. Il Monza, infatti, con l’ingresso di Birindelli e Vignato cambia passo e si rende pericolosa in due occasioni; con Rui Patricio bravo a respingere le offensive biancorosse e mantenere la porta inviolata. La partita, tranne qualche fiammata, è molto “ferma” e aizza gli animi. Il Monza, ovviamente e con mestiere, sfrutta ogni occasione possibile per congelare il gioco. Ogni rinvio dal fondo viene eseguito da Di Gregorio con una calma maniacale. Ogni contrasto è l’occasione giusta per rimanere qualche secondo di più per terra. I giallorossi protestano con il direttore di gara che comunica di far recuperare tutto, ma di fatto non sanziona i brianzoli se non il solo Machin che in occasione della sostituzione esce dal campo a ritmo di passeggiata defaticante. In più, oltre al nervosismo, ci si mette anche la sfortuna; con Lukaku ed Azmoun che colpiscono i legni della porta difesa da Di Gregorio. La palla sembra non voler entrare, quei 2,44 metri di altezza per 7,32 metri di larghezza sembrano stregati. Ma alla fine (al 90’ Minuto), dopo tanta fatica, arriva la magia che libera gli urli di tutti i presenti allo stadio. Zalewski dalla sinistra crossa in area ma il suo suggerimento è troppo alto e lungo, per quasi tutti però, perché Kristensen dall’out di destra rimette in mezzo di testa per El Shaarawy che nel tentativo di prolungare la sfera la sfiora soltanto; la palla rallenta e viene raccolta da Azmoun che stoppa e tira trovando l’opposizione della difesa ospite, ma la respinta è corta e rimane a disposizione del faraone che di destro al volo scarica in rete. Un tiro forte, pieno di rabbia per la partita che non si sblocca ma soprattutto pieno di tutte quelle voci e quelle cattiverie che gli sono state sputate addosso nell’ultima settimana. Ma alla fine della sua corsa, quando la palla incontra la rete, ci si lascia andare alla gioia. L’Olimpico esplode in un urlo liberatorio, El Shaarawy corre verso la Sud per festeggiare con la sua gente, circondato dai compagni che lo hanno sostenuto e continueranno a farlo. Anche il faraone si libera, esplode in un pianto che ha il sapore della fatica provata dopo le accuse infondate, della rabbia di essere stato accostato ad un qualcosa che non ha mai fatto. Lacrime di gioia e di amore verso questo sport, il calcio, che alla fine gli ha ridato indietro tutto il rispetto che merita.

LIBERAZIONE – Un pianto, la cui colonna sonora solo le urla di gioia di tutto lo stadio, che libera tutti dal peso di una partita che non voleva sbloccarsi. Si libera anche Mourinho, che nel finale (verranno dati otto minuti di recupero) viene espulso dopo essersi rivolto alla panchina del Monza facendo il gesto prima delle lacrime e poi del silenzio. Un gesto liberatorio, arrivato dopo una partita in cui Palladino ed i suoi hanno protestato platealmente. Un gesto che vuole “vendicare” quanto successo scorsa stagione dopo Monza-Roma, quando lo stesso Palladino aveva criticato Mourinho e la panchina della Roma per le stesse cose che ieri ha fatto lui con i suoi. Un gesto che costerà la presenza dello Special One a San Siro ma che, ne siamo sicuri, il portoghese aveva in serbo da diverso tempo. Un macigno, che Mourinho si è tolto dalla scarpa, anche se poi in conferenza stampa ha parlato bene del Monza che merita davvero tutti gli elogi del caso. Ha speso parole buone anche per Palladino, dicendo di ammirarlo per come allena e mette in campo i suoi, ma il ricordo delle parole di stagione scorsa è ancora vivo; con Mourinho che lascia la conferenza stampa da una porta di servizio per non dover incrociare il collega in arrivo in sala per parlare alla stampa.

Ma alla fine, ciò che conta davvero, è la vittoria. Rimangono i tre punti che avvicinano la Roma alle posizioni di vertice della classica, a tre distanze dal quarto posto. Rimane il pianto di El Shaarawy, un ragazzo ferito ma con la forza di rialzarsi e rispondere con i fatti, un uomo rispettoso ed educato che ha dato tutto per la Roma e siamo certi che avrà ancora tanto da dare. Una persona che alla Roma siamo onorati di avere.

a cura di Federico Falvo


Una Roma a due facce doma il Servette

INSIDEROMA.COM - FEDERICO FALVO - La Roma, ieri sera, ha ottenuto il suo secondo successo consecutivo in Europa League. Dopo lo Sheriff Tiraspol anche il Servette è caduto sotto i "colpi" dei giallorossi, ora primi a sei punti insieme allo Slavia Praga con cui si giocheranno il primato assoluto per la testa del raggruppamento.

IL PRIMO TEMPO - Ma tornaimo al campo, con la Roma che è scesa in campo con il solito 3-5-2. Svilar in porta al posto di Rui Patricio. Solito ed obbligato terzetto difensivo con Mancini, N'Dicka e Cristante riadattato a causa delle molte assenze nel reparto. Si rivede Celik nei cinque di centrocampo, con El Shaarawy che torna titolare occupando la fascia opposta rispetto al turco. Al centro conferme per Bove e Paredes mentre Aouar gioca titolare per mettere minuti nelle gambe. Coppia d'attacco Belotti e Lukaku.
Pronti via ed è subito il Servette a sfiorare il vantaggio con Bedia, che sfrutta un'incomprensione tra Cristante e Mancini e prova di sinistro a piazzare sul secondo palo; ma la palla esce di poco. Dopo il brivido freddo la partita si blocca, con pochissimi spunti e squadre abbastanza statiche. Il Servette pressa bene e prova a riconquistare il pallone ma le maggiori qualità dei giallorossi fanno si che la palla resti in possesso. Un possesso sterile però, che non porta a grossi pericoli fino al 22', quando Belotti riconquista palla e si invola sulla fascia, vede Celik in sovrapposizione e lo serve intelligentemente; il turco serve in area Lukaku che di destro calcia ad incrociare ma in modo sporco, con la palla che si alza e beffa Frick per l'1-0 giallorosso. Un vantaggio fortunoso ma frutto di una manovra ponderata, la prima finora. Una seconda azione manovrata porterà alla conclusione di El Shaarawy che chiuderà, di fatto, il primo tempo.
Un primo tempo poco brillante, con la Roma che è sembrata troppo sicura dei propri mezzi in confronto a quelli dell'avversario e per questo motivo quasi rinunciataria. Fortunatamente si chiude in vantaggio.

IL SECONDO TEMPO - Nella ripresa la Roma rientra in campo con Pellegrini al posto di Aouar. Il capitano si mette subito in mostra con un colpo di testa che libera Belotti, abile a creari lo spazio per colpire Frick in uscita ed insaccare il 2-0. Sei minuti più tardi arriverà il terzo gol, firmato proprio da Pellegrini con un piatto destro al volo sul secondo palo su ottimo cross di Celik.
Un impatto incredibile per Pellegrini, che dopo pochi minuti però sarà costretto a lasciare il campo per un problema al flessore dopo un contrasto con Mazikou. Al suo posto entrerà Pagano.
Ma la Roma, che in questo secondo tempo è entrata in campo con un atteggiamento completamente diverso, non si abbatte e trova persino la quarta rete ancora con Belotti, che di testa insacca sugli sviluppi di un corner.
Con il risultato al sicuro entrano anche Karsdorp e Zalewski per Mancini e Lukaku, farà il suo esordio anche D'Alessio che entrerà al posto di Bove.
Si abbassano anche i ritmi di gioco, con il Servette che prova a creare qualche pericolo per tornare a casa con almeno un gol, anche solo per l'orgolgio. La Roma si limita a difendere e contenere i danni.

VITTORIA IMPORTANTE - Una partita dalle due facce.
Primo tempo giocato a ritmo lento, con poco pressing e troppi leziosismi figli di una sicurezza evidente ma mai concretizzata. Molti gli errori, sia di appoggio che di controllo, così come sono stati diversi gli uno contro uno persi perchè si è cercato più lo spettacolo che l'incisività.
Il secondo tempo, per l'appunto più aggressivo ed incisivo, ha visto una Roma produttiva e concreta. L'ingresso di Pellegrini ha dato più dinamismo al centrocampo; anche se Aouar nei primi 45 minuti non aveva fatto male, cercando spesso lo spazio ma senza venire servito. Paredes, molto più libero di far viaggiare il pallone, ha costruito geometrie e spesso allargato il gioco dando respiro a zone troppe "intasate". Bene N'Dicka, anche se a volte sembra abbia paura di portare palla. Ottimo il rientro dal primo minuto di Celik, presente sia in fase difensiva che offensiva, servendo ben due assist. Una nota di merito a Svilar, che ieri sera non ha corso troppi pericoli ma è stato autoritario in area di rigore, uscendo bene sulle alte alte e sventando possibili pericoli.

In generale bene la Roma, che ha raggiunto il suo obiettivo: i tre punti. Ora la qualificazione passerà dalla doppia sfida contro lo Slavia Praga; che sancirà chi volerà al prossimo turno come primo del girone e chi, invece, dovrà affrontare il turno dei playoff contro le retrocesse dalla Champions League.

a cura di Federico Falvo