Totti e Valli ambasciatori per la fase finale

GAZZETTA DELLO SPORT - GRAZIANO - Francesco Totti e Gianluca Vialli saranno rispettivamente gli ambasciatori di «Roma-Euro 2020» e dei Volontari di Roma nell’ambito del prossimo torneo continentale. All’Olimpico si disputeranno quattro gare, tre a livello di gironi e un quarto di finale. In particolare, ospiteremo noi la cerimonia inaugurale e la gara d’apertura (azzurri in campo) della manifestazione. Scelte dunque figure di grandissimo prestigio in risposta alle richieste Uefa, con Totti in particolare vero e proprio simbolo della città. Francesco, in azzurro, è stato campione del mondo nel 2006: complessivamente, 58 presenze e 9 gol. Dal canto suo, Gianluca Vialli (59 gare e 16 gol) vanta una semifinale europea nel 1988 e il terzo posto a Italia ‘90. L’annuncio è stato dato ieri a Coverciano in occasione della presentazione del programma per i volontari sia di Euro 2020 (più di 1000) sia dell’Europeo Under 21 (400 ragazzi) che l’Italia ospiterà per la prima volta fra il 16 e il 30 giugno prossimi: Bologna, Cesena, Reggio Emilia, Trieste e Udine, oltre a San Marino, le città coinvolte.

L’ALTRO FRONTE Quanto all’idea del presidente Gravina, che a Vialli ha proposto il ruolo di capodelegazione della Nazionale, la Figc è ancora in attesa di una risposta. Ci sono stati contatti anche recenti, Vialli non ha detto né sì né no, ma la scelta è da tempo quella di non affrettare la decisione. Anche perché la carica non è «scoperta», visto che di diritto spetta al presidente federale. Che ha scelto di aspettare Vialli almeno finché non sarà obbligatorio orientarsi su un altro candidato.


Bufera sul M5S, arrestato De Vito. Pallotta sicuro: "andiamo avanti"

GAZZETTA DELLO SPORT - PICCIONI - CATAPANO - Ci risiamo. Altri arresti, altre manette, altro terremoto politico per colpa dell’incolpevole, perdonateci il gioco di parole, progetto del nuovo stadio della Roma a Tor di Valle. All’alba di ieri, i carabinieri arrestano Marcello De Vito, presidente del Consiglio comunale di Roma, pentastellato della primissima ora, subito «cancellato» – è proprio l’espressione usata – dal capo politico del Movimento, il vicepremier Luigi Di Maio. Finisce in carcere alla stessa ora il suo sodale, l’avvocato Camillo Mezzacapo. Secondo l’ordinanza della gip Maria Paola Tomaselli, che ha risposto alle richieste della Procura della repubblica di Roma, il sistema era basato sull’«asservimento» della funzione pubblica di De Vito agli «interessi di natura privatistica facenti capo al gruppo Parnasi». Lo stadio, però, è solo un piccolo pezzo di un format corruttivo, che s’allarga come una macchia verso il centro della città e tocca l’area della stazione Trastevere e dell’ex Fiera di Roma. E qui incrocia anche il basket, con il progetto mai nato, ma immaginato secondo gli inquirenti a suon di promesse di tangenti, di un polo cestistico e musicale. E per i progetti su un’altra area, quella degli ex Mercati Generali, finiscono indagati anche Pier Luigi e Claudio Toti, quest’ultimo presidente della Virtus Roma di basket: i due sono stati ascoltati dal gip che ha emesso nei loro confronti un provvedimento di interdizione.

L’INCHIESTA Si tratta della seconda puntata dell’Operazione Rinascimento. Anche se l’inchiesta ha un altro nome, «Congiunzione Astrale», dall’espressione usata da uno degli arrestati, Mezzacapo appunto, per descrivere il momento di grazia irripetibile per De Vito – M5S al Governo a Romae in Italia e lui al secondo e ultimo mandato – e le possibilità di raccogliere più risultati, cioè tangenti, con il suo ruolo all’interno del Campidoglio. Se nella precedente inchiesta era stato «il punto di vista privato» a prendere il sopravvento, stavolta – dice il procuratore aggiunto Paolo Ielo – è quello pubblico. Un sistema che lo stesso Parnasi ha svelato nei suoi interrogatori. Ripercorrendo tutto il suo lungo giro di Roma corruttivo. Il ruolo del proprietario di Eurnova, travolto dall’inchiesta di giugno, è ancora centrale. I colloqui registrati mostrano un desiderio di continuare a colpire. Tanto che quando De Vito dice a Mezzacapo «beh, ora distribuiamoci questi», il suo interlocutore gli consiglia di non toccare niente «perché mancano ancora due anni» (fine legislatura capitolina). Il passaggio che porta i pm a chiedere al Gip i provvedimenti restrittivi sulle due ipotesi di reato, quella di corruzione e di «traffico di influenze». Per spezzare la catena illecita: io ti metto «a disposizione» il mio ruolo, tu imprenditore coinvolto mi ripaghi a suon di consulenze - per 400mila euro - con incarichi sostanzialmente fasulli. Agli arresti domiciliari sono finiti anche Fortunato Pititto, vicino al gruppo imprenditoriale della famiglia Statuto, e Gianluca Bardelli, proprietario della concessionaria dell’incontro segreto tra De Vito e Mezzacapo.

LA REAZIONE Ma lo stadio della Roma cosa c’entra, quanto c’entra, dove c’entra? La risposta di James Pallotta da Boston è categorica: «Niente, questa storia non ha nulla a che fare con la Roma. Non sono né arrabbiato né preoccupato da quanto è successo. Mi auguro che i tempi di realizzazione del progetto non si allunghino». Mauro Baldissoni, il vicepresidente, intervistato da Sky, chiarisce che «non si parla di aspettative, ma del diritto a veder realizzato lo stadio nei tempi più rapidi possibili. L’approvazione della Conferenza dei servizi risale a 15 mesi fa, sullo stadio della Roma non ci possono e non ci debbono essere dubbi, è un diritto acquisito della Roma».

IL RISCHIO Il procuratore Ielo conferma un’altra volta che la «Roma non c’entra niente». Ma che cosa associa allora i reati contestati a De Vito e lo stadio? Il problema resta quello della «funzione pubblica mercificata e messa al servizio del privato al fine di realizzare il proprio arricchimento personale». Cioè: De Vito ha votato sì allo stadio perché ne aveva un interesse. Il che, spiega ancora Ielo, è una circostanza che prescinde dalla bontà del progetto e dalla sua legittimità e dalla correttezza dei vari passaggi amministrativi. Dunque, l’iter amministrativo non è sporcato dall’inchiesta a meno che non sopraggiungano altre circostanze e altri soggetti chiamati a indagare. Il vero effetto però di «congiunzione astrale» rischia di essere politico. Fino a ieri all’alba, l’ipotesi di votare prima delle Europee in Consiglio comunale la variante al piano regolatore e la convenzione urbanistica, le ultime tappe prima che il progetto torni in Regione per il via libera a costruire, era data quasi per certa. Ora c’è naturalmente più prudenza. E la stessa Raggi ieri ha rivelato di aver «chiesto ulteriori accertamenti e due diligence su tutti i procedimenti interessati dalla Procura», operazione che probabilmente ci porterà fino all’estate.

PREOCCUPAZIONI L’arresto di De Vito e Mezzacapo scatena politicamente tutto e il suo contrario. Il premier Conte parla «di illeciti contestati molto gravi», ma aggiunge che «il M5S Stelle dimostra di avere anticorpi efficaci per reagire a cose del genere». I ministri dei 5 Stelle applaudono all’unisono Di Maio. Il Pd chiede le dimissioni della Raggi: «La città è stremata da inettitudine e inchieste». Quanto al sottosegretario con delega allo Sport Giancarlo Giorgetti, si «augura che il processo per la costruzione non si interrompa», e nota perplesso: «Facciamo fatica a dare certezze a chi vuole investire, sugli stadi e non solo». Giovanni Malagò si dice «garantista» e pure lui auspica che non si rallenti. Ma stadio o non stadio, se le accuse dovessero essere confermate, resta una grande tristezza di fondo. A distanza di quasi 30 anni da Tangentopoli, l’Italia non riesce proprio a guarire.


C’è il Gallo per il dopo Dzeko

LEGGO - BALZANI - Il Gallo di Calcinate per far dimenticare il Cigno di Saravejo. Tra esoneri, dimissioni e grane stadio si pensa anche al futuro a Trigoria. E non solo in panchina dove è corsa a tre (Sarri-Gasperini-Giampaolo) per il posto di Ranieri. Ci sarà, infatti, da ereditare una maglia pesante: la numero 9 di Edin Dzeko. L'attaccante più prolifico dell'era americana, l'ottavo della storia romanista è ormai con le valigie pronte direzione Inter o Premier League. La Roma ha deciso di non rinnovargli il contratto in scadenza 2020 e ha l'occasione di ottenere una piccola plusvalenza per un 33enne. Il suo posto potrebbe essere preso da Andrea Belotti, il Gallo del Torino che all'alba dei 26 anni vorrebbe provare il salto in una big. Piaceva a Monchi (che ieri si è rivisto a Roma per un incontro fugace con Massara) e piace ovviamente a Petrachi che nel 2015 l'ha portato da Palermo a Torino. L'attuale ds granata è il primo nome della lista di Pallotta e Baldini per ricostruire la Roma del futuro e non è casuale la presenza dello stesso Petrachi a Londra (dove vive Baldini e dove lavora Sarri) di due giorni fa. Sarebbe una carta in più per arrivare a Belotti che ha una clausola per l'estero fuori mercato da 100 milioni. In Italia può essere ceduto a meno della metà soprattutto ad un club amico come la Roma (da Ljajic a Falque e Peres sono tanti gli affari andati in porto negli ultimi anni). Il cartellino del Gallo, esploso nel 2017 quando concluse la stagione con 28 gol, ha subito una deflazione negli ultimi mesi tra esclusioni dalla Nazionale, infortuni e un andamento discontinuo. Anche per questo Belotti vorrebbe cambiare aria. Lo stipendio rientra in pieno nei parametri romanisti: 1,8 milioni a stagione fino al 2021. Pallotta gliene offrirebbe 3 più bonus fino al 2023. La Roma d'altronde non potrà affidarsi al solo Schick che ieri dal ritiro della Nazionale ceca ha dichiarato: «L'addio di Monchi ci ha sorpresi, era uno molto vicino ai giocatori. Mi dispiace, invece, per Di Francesco ma Ranieri sta riportando normalità e sta cercando di ripulire l'ambiente».


La Roma non torna indietro: “Costruire il nostro stadio ormai è un diritto acquisito“

IL MESSAGGERO - ANGELONI - Quando tutto è accaduto, a Boston era notte. Jim Pallotta ha saputo dopo, avvertito da una telefonata da Trigoria. L'ennesimo problema, un altro intoppo. Un colpo allo stadio della Roma dopo quello - peggiore - dello scorso giugno: la società si è sentita parte lesa all'epoca e si sente così anche questa volta. «Lo stadio è un diritto acquisito», ha dichiarato Mauro Baldissoni, vice presidente giallorosso, che ha fatto da eco al numero uno del club, deciso ad andare avanti: «La Roma non c'entra niente, spero non si allunghino i tempi».

CALMA APPARENTE - Come minimo si va verso un altro rallentamento. E' come fermarsi a un metro dal traguardo e ogni volta ripartire da qualche casella dietro, tipo gioco dell'oca. Pallotta in passato ha sempre mostrato un certo pessimismo davanti alle difficoltà: «Il nuovo stadio dovrebbe essere pronto nel 2020 e se non sarà così ci sarà un nuovo proprietario perché io non sarò più da queste parti e tornerò a casa». Una minaccia, buona per ogni stop, buona per svegliare - all'epoca - le istituzioni. Qui non si tratta di capire se la Roma sia coinvolta o meno nelle indagini, a Trigoria sono tutti concentrati su cosa succederà ora, quanto la società dovrà ancora aspettare prima dell'inizio della costruzione dell'impianto. «Abbiamo già speso oltre 60 milioni sullo stadio, nessuno sa questo. Si parla dei soldi per il mercato dei calciatori, ma c'è altro. Sono stati investiti 65, se non 70 milioni per lo stadio. Non si può continuare a spendere soldi così quando non hai un ritorno in cambio, quindi abbiamo bisogno di uno stadio e in tempo. È molto facile», così il presidente lo scorso aprile. Stavolta Pallotta ha mostrato meno angosce, è stato meno minaccioso, così come i suoi collaboratori.

IL FUTURO - Il futuro resta in bilico, ma c'è meno preoccupazione. Almeno in apparenza. «Non sono né arrabbiato né preoccupato. La Roma non c'entra niente in questa storia, spero solo che non si allunghino i tempi per la realizzazione dello stadio», le parole di Pallotta nella giornata di ieri. Ha temuto che si bloccasse tutto lo scorso giugno, con l'arresto di Parnasi. Passata quella tempesta, è ripartito dalla vecchia strada. Il problema è capire cosa succederà in Campidoglio, questo è il vero nodo. Più esplicito è stato Baldissoni, che ha la delega della società sulla questione stadio. Lui spiega - a Sky - ed è come se parlasse Pallotta stesso. «Il progetto è talmente complesso che è passato attraverso una procedura amministrativa altrettanto densa di interventi; non sono mai stati trovati atti viziati. La Conferenza dei Servizi è di quindici mesi fa, non ci possono e non ci devono essere dubbi; ormai è un diritto acquisito della Roma vedere approvare il progetto. Manca poco per avere, forse già ad aprile, una finalizzazione di tutta la documentazione che serve per l'approvazione definitiva, ci aspettiamo che il Comune mantenga questa linea di intervento. Pallotta e tutti quelli che hanno deciso di investire con lui hanno dimostrato di credere allo sviluppo di questo Paese e di questa città in particolare, anche se a volte il presidente fa delle valutazioni sulla opportunità di attendere così tanto tempo per la realizzazione di un progetto è determinato ad andare fino in fondo. Pallotta un investitore di successo, va ringraziato per quello che ha fatto, ogni tanto ha dei dubbi ma è convinto che alla fine si farà. E noi abbiamo la responsabilità di non far cambiare idea né a lui né agli investitori».


Il via nel 2012. E sono giá stati spesi 75 milioni

GAZZETTA DELLO SPORT - CECCHINI - Sono passati 2.606 giorni da quando la speranza è lievitata davvero. Era il 29 gennaio 2012 quando, cominciando l’esame di circa 80 aree, la ROMA ha cominciato a lavorare per dotarsi di uno stadio di proprietà, materializzando quello che era stato il sogno prima di Dino Viola (1987: zona Magliana) e poi della famiglia Sensi (2009: zona Massimina). Con Pallotta mai tutto è parso così vicino. D’altronde la Tor di Valle Spa, la «newco» creata per portare avanti l’opera, solo per la fase progettuale ha speso circa 75 milioni, senza contare che lo stesso Pallotta ha rilevato dalla Eurnova di Parnasi i terreni su cui sorgeranno le strutture per circa 100 milioni, anche se una clausola gli consentirebbe di uscire dall’accordo qualora l’affare dovesse saltare. E non può consolare neppure che il club, incassato l’o.k. della Conferenza dei Servizi, possa potenzialmente fare causa al Comune per un miliardo, costringendolo a mettere a riserva (pur pluriennale) almeno 300 milioni. Quanto basta per disastrare il bilancio.

SVILUPPO Tra l’altro, prima che la giunta Raggi modificasse il primo progetto (con relativi ritardi), la benedizione al nuovo Colosseo, che potrà ospitare 52.500 spettatori, viene da ancora più lontano, cioè dagli ex sindaci Alemanno e (soprattutto) Marino, che nel dicembre 2014 fece approvare la «pubblica utilità» dell’opera. E il motivo è chiaro: un miliardo di euro d’investimenti, con un impiego di 3500 persone per la realizzazione e circa 5.000 a regime. Comprensibile, perciò, che la ROMA voglia accelerare, anche perché da tempo sta cercando di vendere i «naming rights» dell’impianto, senza contare che – oltre al botteghino – anche una parte consistente degli introiti collaterali (ristoranti, shop) andranno nelle casse del club. Il punto debole, ovvio, è la tempistica. Marino predisse l’inaugurazione nel 2017, mentre Pallotta l’anno successivo disse: «Se non apre entro il 2021 mi sparo». Morale: ora il club sarebbe felice di giocarvi nel 2023. A ROMA evidentemente, quando si costruisce, il tempo corre più che altrove.


Svolta Under. Manolas migliora

IL TEMPO - MENGHI - Under è “di nuovo in pista”. L’ha scritto lui ieri sui social network dopo un allenamento in campo, corsa e pallone, ed era quello che tutti a Trigoria speravano di sentire perché l’esterno turco è fermo ai box da 2 mesi e sembrava entrato in un tunnel senza uscita. Un’infiammazione l’aveva fatto rallentare proprio mentre stava spingendo per tornare disponibile, poi non è più riuscito a lavorare con i compagni perché non si sentiva sicuro nel calciare. Rimasto ai margini nel momento in cui la squadra era nel caos, ora sembra che il peggio per lui sia passato e il recupero procede senza (nuovi) intoppi.

In questa prima settimana senza i nazionali lui e gli altri infortunati, De Rossi, Manolas, Pellegrini e Pastore, seguiranno i rispettivi programmi, ma tutti stanno migliorando e puntano a rientrare in gruppo gradualmente da lunedì in poi. Col Napoli nel mirino. Intanto, oggi dovrebbe arrivare la decisione finale su Kolarov, ieri nemmeno in panchina nell’amichevole Germania-Serbia

 

 


La Roma va avanti: “Lo stadio è diritto acquisito dalla Capitale”

CORRIERE DELLA SERA - «Si va avanti». La conferma che sullo stadio della Roma il Campidoglio non si ferma arriva al termine di una blindatissima riunione di maggioranza M5S: assessori e consiglieri chiusi fino a tardi nel palazzo, cellulari staccati e parola alla sindaca che detta la linea dopo il terremoto politico che l’ha fatta vacillare ancora una volta. La questione Tor di Valle aveva iniziato a circolare in Comune non appena le agenzie avevano battuto la notizia dell’arresto per corruzione del presidente dell’Assemblea capitolina, Marcello De Vito. E fin da subito i consiglieri si sono ritrovati in una posizione scomoda: da una parte il ritorno a galla delle perplessità di sempre su un’opera che in molti considerano come una sorta di lettera scarlatta dell’amministrazione della Capitale, un elemento che per altro segna la distanza con la base grillina radicata sul territorio; dall’altra il rischio di azioni risarcitorie da parte della Roma in caso di naufragio di un progetto arrivato quasi a dama. E le parole del diggì giallorosso, Mauro Baldissoni, potrebbero essere lette in questo senso: «Sullo stadio non ci possono e non ci devono essere dubbi. Non è una aspettativa, ma è un diritto acquisito a vederlo realizzato nel più breve tempo possibile — ha detto ieri a Sky —. Episodi corruttivi afferiscono a responsabilità individuali, è giusto che si paghi se sono accertate. Non c’è alcun motivo giuridico nel vedere un rallentamento», ha chiuso indicando la strada da seguire.

(...) Sarà comunque necessario verificare se e quanto i consiglieri grillini, molti da sempre scettici sull’area di Tor di Valle, saranno compatti in Aula al momento del voto. Alcuni, infatti, sono tornati a titubare dopo le incertezze della prima tranche di arresti, a giugno dello scorso anno (Parnasi e Lanzalone). (...)


Bonifici e incontri riservati. Per il socio e Parnasi era “l’amico potente”

CORRIERE DELLA SERA - Quali fossero i rapporti tra il presidente del consiglio comunale di Roma e gli imprenditori ben si comprende ascoltando le parole del costruttore Luca Parnasi, che a un amico rivela: «Ho ritenuto di affidare un incarico allo studio Mezzacapo per non scontentare Marcello De Vito». Eccola la «messa a disposizione della funzione pubblica» che ha convinto il giudice a ordinare l’arresto del politico pentastellato. Il resto lo fanno i soldi che De Vito e il suo socio Camillo Mezzacapo (con l’aiuto della «sua persona di fiducia» Virginia Vecchiarelli) avrebbero fatto arrivare su conti della Mdl srl, che condividevano e gestivano, trovati grazie alle indagini dei carabinieri del Nucleo investigativo. (...)

De Vito e Mezzacapo erano soci di studio e da quando il primo è entrato in politica, l’altro sembra essersi ritagliato un ruolo di mediatore tra lui e gli imprenditori. E così, quando emergono problemi, Mezzacapo rassicura Parnasi «che per superare le difficoltà abbiamo chiamato il nostro amico per farlo intervenire con forza» ed è stato lo stesso costruttore «nel corso dell’interrogatorio del 3 ottobre 2018 a confermare che si trattasse proprio di De Vito», più volte in altri colloqui definito «l’amico potente».

Lo schema messo in piedi era semplice. E avrebbe consentito a De Vito di ottenere 260 mila euro, più una promessa per altri 140 mila. (...) Per far approvare le delibere, De Vito evidentemente sa che non può contare solo su sé stesso. Il giudice lo dice in maniera chiara lasciando intendere che le indagini non sono affatto concluse e potrebbero presto portare ad altri clamorosi sviluppi: «La funzione pubblica esercitata da De Vito è oggetto di mercimonio, stabilmente asservita agli interessi dei privati... Nel promettere per il tramite di Mezzacapo il suo intervento lo modula a seconda delle necessità. Quando non può farlo direttamente si rivolge agli assessori competenti per materia, ovvero ai consiglieri comunali, ovvero ancora si avvale di tutta la sua rete di relazioni in modo da poter comunque sollecitare l’intervento di altri pubblici ufficiali che operano all’interno dell’amministrazione capitolina».

Il 31 maggio De Vito parla al telefono con Parnasi «sulla possibilità di influenzare le scelte di consiglieri e altre cariche capitoline».
Parnasi: «Gli dico, parlo con Daniele (Frongia ndr)».
De Vito: «rinvialo questo passaggio senza...no? Dell’Eurobasket». Parnasi:«Glielo sfumo, glielo sfumo! Siccome Daniele è uno che è una volpe, ha una velocità in testa che...! Io con Daniele ho un buon rapporto lui onestamente è un po’ è un po’ come si dice a Roma “rintorcinato” termine giusto, mi sbaglio?».
De Vito: «Ha la modalità del giocatore di scacchi russo».

La giudice sottolinea come De Vito e Mezzacapo «sono sempre a caccia di un modo per ampliare il loro “portafoglio clienti”». E tra le conversazioni che lo dimostrano ne cita una del 31 maggio scorso, quando si affronta il problema dello stadio. De Vito appare preoccupato, vuole sapere «noi come ci entriamo?». E Parnasi non si scompone: «Usiamo il solito schema». Vale a dire «fatture emesse da Vecchiarelli con una duplice finalità: giustificare formalmente la percezione del prezzo della corruzione e consentire alle società del gruppo Parnasi l’evasione delle imposte».
«Non ti vede nessuno» (...)


Schick: “Ranieri sta cercando di ripulire un po’ l’ambiente”

CORRIERE DELLA SERA - (...) Patrik Schick ce la metterà tutta, e la serenità con cui parla dal ritiro della Repubblica Ceca lo fa capire. Ma fa capire anche come questi, per lui e per i suoi compagni, siano mesi, settimane e giorni incerti: «Non ci ha aspettavamo l’addio di Monchi, ci ha colpito molto. Monchi è una persona onesta, siamo dispiaciuti. Ci difendeva e ci è sempre stato dietro. La sua partenza è dispiaciuta a tutti, nessuno aveva problemi con lui. Il cambio in panchina? Non è piacevole quando un allenatore va via - dice Schick ai microfoni di «isport.cz» - e altre persone perdono il lavoro, come il medico e il fisioterapista. Adesso c’è Ranieri, sta cercando di darci positività, di ripulire un po’ l’ambiente e questo ci piace. Vuole rimetterci insieme. Non chiamerei questa - aggiunge l’attaccante - una nuova era, gli allenatori lasciano in tutto il mondo. Io, in ogni caso, mi sento bene fisicamente». Ecco perché, tornato dalla Repubblica Ceca, proverà a convincere il tecnico a dargli di nuovo fiducia in coppia con Dzeko: «Sono felice che il tecnico abbia parlato bene di me e mi abbia detto anche certe cose di persona. Mi piace giocare così, purtroppo la sconfitta contro la Spal complica le cose, vedremo cosa accadrà al mio ritorno». (...)


Passaggio di consegne tra Monchi e Massara

IL TEMPO - MENGHI - Un caffè tra amici dopo la bufera. Monchi e Massara, passato e presente della Roma, si sono ritrovati ieri in un bar della capitale, nel quartiere di Mostacciano, per un saluto e due chiacchiere in tranquillità, lontano dai problemi di Trigoria che hanno portato il primo all’addio e il secondo a farsi carico di tutto a stagione inoltrata, senza certezze sul futuro. Il rientro dello spagnolo, dopo la presentazione a Siviglia che aveva provocato la reazione di Pallotta da Boston, era in realtà programmato: aveva lasciato qui un po’ di burocrazia in sospeso e aveva delle questioni personali di cui occuparsi prima di iniziare il nuovo mandato con la squadra andalusa dal 1o aprile.

Monchi è rimasto alla larga dal Bernardini, svuotato causa impegni dei nazionali, ma se nell’aria sono rimaste inevitabilmente le scorie delle parole pesanti volate tra la Spagna e gli Stati Uniti i rapporti tra la Roma e il suo ex diesse non sembrano essersi logorati e un domani potrebbero tornare utili in chiave mercato. Prova ne è lo stupore di Schick, che parla a nome dello spogliatoio dal ritiro con la Repubblica Ceca: “Non ci aspettavamo che se ne andasse, questa cosa ha colpito tutti. Era un dirigente molto onesto, ci sosteneva e ci difendeva sempre. Sono dispiaciuto che ci abbia lasciato. Piaceva a tutti, nessuno aveva alcun problema con lui. Ogni giorno ci seguiva in allenamento, chiunque aveva un problema poteva andare da lui e divertirsi”. Altra evidenza dei buoni rapporti è proprio l’incontro con Massara, ora sul trono della direzione sportiva del club giallorosso.

In eredità Monchi gli ha lasciato qualche grana, soprattutto alla voce rinnovi: Zaniolo e De Rossi sono i principali nodi da sciogliere, ma anche El Shaarawy, Dzeko, Kolarov, Jesus e Fazio, tutti a scadenza 2020. Di questi il primo candidato alla firma è il Faraone, che quest’anno ha trovato gol e continuità e, salvo ripensamenti, sposerà ancora il progetto giallorosso, restando fuori dalla rivoluzione che potrebbe coinvolgere big come l’attaccante bosniaco, reduce da un’annata nervosa e poco prolifica, e il suo amico serbo, contestato nonostante i numeri impressionanti delle due stagioni da romanista. A 33 anni entrambi possono chiudere il ciclo nella capitale e cambiare aria. Fazio ha disatteso le aspettative e tutta la difesa è da rifare: neppure Manolas, l’unico a salvarsi nonostante qualche errore pesante (meno del collega di reparto) e i continui ed esagerati allarmi infortunio, è certo di restare, anche in virtù del fresco passaggio nella scuderia di Raiola e della clausola di 36 milioni di euro su cui hanno messo gli occhi in tanti, United compreso.

Chi invece la Roma vuole tenersi stretta è Zaniolo, il ragazzino che potrebbe valere una plusvalenza da record, quella che entro il 30 giugno servirebbe a Massara per far quadrare i conti, ma il vero regalo sarebbe riuscire a trattenerlo con l’adeguamento di contratto promesso, sacrificare qualcun altro e ripartire da telenti come lui. Magari con il plus dell’esperienza di De Rossi, che a fine stagione sceglierà cosa fare da grande con il pieno appoggio della società. Il passaggio di consegne c’è stato, adesso tocca all’erede di Monchi gestire rinnovi e cessioni che definiranno la Roma del futuro.


Le intercettazioni: «Congiunzione astrale, con i soldi di questi ci facciamo la pensione»

IL MESSAGGERO - ALLEGRI, ERRANTE - La fetta da sfruttare al momento propizio, la congiunzione astrale rara come la cometa di Halley, le precauzioni prese dopo l'arresto di LucaParnasi, con gli incontri segreti e le salette riservate, la paura di essere scoperti e, contemporaneamente, il desiderio di mettere le mani sui soldi al più presto. Dalle intercettazioni agli atti dell'inchiesta che definitivamente sancisce la mutazione genetica del Movimento, emergono i caratteri costitutivi di quello che il gip definisce il «format» dell'accaparramento. «Il solito schema», di cui parla Luca Parnasi in un'intercettazione ambientale. Così gli imprenditori che facevano saltare ogni regola della concorrenza, come valuta il giudice, affidavano gli incarichi all'avvocato Camillo Mezzacapo, che a sua volta girava i soldi al presidente del Consiglio comunale tramite una società riconducibile a entrambi. È lui a dire in un'intercettazione una frase eloquente: «Seguiamo il nostro canale... ce li abbiamo, i politici ce li abbiamo».

Il gip lo definisce «l'orientamento teleologico» delle condotte degli indagati. È Mezzacapo a proclamare il manifesto, suo e di De Vito: «Qui noi abbiamo proprio un anno buono, una congiunzione astrale che è come quando passa la cometa di Halley: cioè state voi al governo di Roma e anche al governo nazionale in maggioranza rispetto alla Lega, se adesso non facciamo un c... in un anno, mettiamoci il cappelletto da pesca, io conosco un paio di fiumetti qua, ci mettiamo là, ci mettiamo tranquilli con una sigarettella un sigarozzo, con la canna e ci raccontiamo le storie e ci facciamo un prepensionamento dignitoso». Quando Mezzacapo dice a De Vito che difficilmente capiterà un'altra situazione analoga - «stai al governo da solo dove fai il fico, hai visto Di Maio? dobbiamo sfruttarla sta cosa Marcé, ci rimangono due anni» -, De Vito replica: «Avresti vinto anche con il Gabibbo».

DOBBIAMO PRENDERE TUTTO - Dopo la bufera giudiziaria e gli arresti per le tangenti dello Stadio della Roma, De Vito e Mezzacapo avevano preso qualche precauzione. I soldi pagati dagli imprenditori Toti e Statuto per fare passare i loro progetti finivano in una società «cassaforte», la Mdl. «Ha pagato, manca 100... 60 rotti sarebbero nostri ci sarebbero i 10 di capitale», dice l'avvocato a De Vito. Che replica: «Va beh, ma distribuiamoceli questi». E Mezzacapo: «Ma adesso non mi far toccare niente lasciali lì. A fine mandato, quando tu finisci...si chiude la società. Sparisce tutta la proprietà non c'è più niente».
Tra il 2017 e il 2018 i prelievi dai conti privati di Mezzacapo e De Vito hanno un trend inversamente proporzionale. «Più il primo preleva contanti, meno ne ritira il secondo - specifica il gip - C'è un'accentuazione dei prelevamenti da parte di Mezzacapo nel periodo riferibile agli incassi ricevuti dal Gruppo Parnasi a fronte di un'attenuazione dei prelevamenti di danaro contante da parte di De Vito».

I SOLDI E I BONIFICI - Ci sono anche due bonifici, uno da 8.550 euro, l'altro di 4.275, effettuati dall'avvocato in favore di De Vito. Quando Parnasi finisce nei guai entra, in gioco la Mdl, quella che gli inquirenti definiscono «la cassaforte» di De Vito e del sodale. Per la procura i conti sono costituiti «per la gran parte grazie alle operazioni corruttive riguardanti i gruppi Toti e Statuto» e dunque grazie al trasferimento di somme erogate all'avvocato, con la falsa giustificazione del pagamento di prestazioni professionali, «da soggetti interessati a provvedimenti del Consiglio Comunale o più genericamente dell'amministrazione locale».
Il 24 ottobre 2017 dal conto di Mezzacapo, nota il gip, sono stati emessi due bonifici verso il conto corrente intestato a Mdl: il primo di 36.600, il secondo di 12.200 per saldo fattura. «La somma trasferita - conclude il giudice - è parte di quella pari ad l10.620 euro accreditati nello stesso giorno sul conto del Mezzacapo da Silvano Toti holding spa». La stessa cosa accade dopo il saldo della parcella all'avvocato da parte di Giuseppe Statuto, che paga 24mila euro, ma ne promette altri 180mila».

GLI INCONTRI RISERVATI NEI RISTORANTI - Dopo l'arresto di Parnasi, De Vito e Mezzacapo continuano a chiudere affari, ma cercano di non dare nell'occhio. L'avvocato lavora per «incrementare il portafoglio clienti». Ma gli incontri diventano a porte chiuse. Una saletta riservata al Matriciano, in via dei Gracchi, un'altra da Vanni, sempre nel quartiere Prati, e un incontro segreto in un autosalone, dopo la telefonata di un intermediario - Luca Bardelli, titolare di una concessionaria Jaguar sita in via Tor di Quinto - che parlava di «provare un'auto». In realtà, De Vito era già sul posto e aspettava il sodale. L'avvocato cerca di convincere il politico a un incontro al ristorante del quartiere Prati: «Ma al Matriciano ci vedono proprio tutti capito?», replica De Vito. E Mezzacapo: «C'è l'ascensoretto che ti porta su e c'è la saletta non ti vede nessuno, siamo noi quattro».

I RAPPORTI CON I 5STELLE - L'avvocato è bene inserito nell'ambiente Cinquestelle. Tanto che, prima dell'arresto, si vanta con Parnasi di avere avuto un confronto con la sindaca Raggi, dicendo che lo avrebbe coinvolto in un giro di nomine: «Mi ha fatto un lungo eloquio di un ora e mi ha detto che adesso dopo le elezioni loro devono nominare il Cda di una società praticamente l'unica strumentale della città metropolitana... mi ha detto che forse c'è questa possibilità della presidenza. Mi ha detto un inizio molto sottobraccio».

«E NOI ADESSO COME ENTRIAMO?» - Per questo motivo, e soprattutto per comprare l'appoggio di De Vito, Parnasi decide di affidare incarichi a Mezzacapo. È il politico a presentare l'imprenditore all'avvocato. Il 2 marzo 2017 Parnasi e De Vito s'incontrano. «Facciamo colazione la mattina 9.15? Da Vanni», si legge nel messaggio in chat. All'appuntamento c'è anche Mezzacapo. E Parnasi gli scrive subito un messaggio: «Buongiorno ecco tutti i miei recapiti. Mi ha fatto piacere conoscerti». La replica: «Sarebbe ottimo riuscire ad incontrarci qualche minuto la prossima settimana per quel discorso che facevamo con Marcello».
Il rapporto diventa sempre più stretto. Agli auguri per il suo compleanno, il 23 marzo, Parnasirisponde: «Grazie di cuore. Partiamo bene insieme». Una delle intercettazioni clou, però, è il 31 maggio 2018, a collaborazione consolidata. È un'ambientale, sono presenti De Vito, l'avvocato e l'imprenditore. Parnasi espone il progetto della realizzazione del palazzetto del basket alla ex Fiera di Roma, dice di avere già l'appoggio di Luca Lanzalone. «Noi come entriamo?», taglia corto Mezzacapo. E Parnasi: «Eh me lo devi dire te! Questa è la riflessione a questo punto fate una chiacchierata e ragionateci... Tu puoi entrare in qualunque parte». Il costruttore aggiunge che le possibilità di incarichi che può affidare sono molteplici, dice di seguire «il solito schema che conosciamo».
E De Vito assicura che provvederà a parlare dell'operazione con il capogruppo in consiglio comunale Paolo Ferrara «così da avere dalla loro parte la maggioranza consiliare» e con l'assessore Daniele Frongia. «Ne parliamo sabato anche con Paolo così lavoriamo un po' sulla maggioranza», dice. Parnasi, intercettato con Claudio Toti parla di un nuovo progetto che riguarda gli ospedali: «Il problema sai qual è, è la politica. Abbiamo un presidente della Regione che è un cacasotto». Poi tira fuori l'asso nella manica: «Alla fine hai conosciuto Marcello De Vito, siete diventati amici».


Berdini: “Devono chiedere scusa alla città. Questo progetto va cancellato”

IL TEMPO - NOVELLI - Paolo Berdini, urbanista e saggista, è stato assessore all'Urbanistica della giunta Raggi quando, il 14 febbraio del 2017, venne «dimissionato» dal sindaco, probabilmente proprio per la sua ositilità al progetto dello Stadio della Roma.

Dottor Berdini, si aspettava l'arresto di Marcello De Vito?
«No, è stato un fulmine a ciel sereno. Un altro colpo micidiale alla credibilità di una città che aspetta da troppo tempo un riscatto morale».

Dalle carte si evince che la presunta corruzione sia avvenuta proprio per cambiare la sua delibera che modificava sin troppo il progetto perla realizzazione dello Stadio della Roma, un progetto sul quale Lei non ha mai nascosto enormi perplessità.
«E vero. Ho pensato che mi avessero chiamato ad amministrare l'urbanistica per farla tomare nella legalità dopo i tanti scandali che l'avevano funestata. Vedo con dispiacere che dopo la mia uscita sono tornati a praticare l'urbanistica contrattata, e cioè una prassi opaca che prevede l'inserimento di "facilitatori" e persone di dubbia moralità».

Da assessore all'Urbanistica è stato "dimissionato" dalla Raggi, in molti pensano proprio per la sua ostilità al progetto di Parnasi, conferma o smentisce?
«Nel mese di gennaio 2017, subito dopo l'arresto di Renato Marra, sono iniziate alle mie spalle le trattative con la Roma calcio per dare il via libera allo stadio di Tor di Valle. Non mi restava altro che cambiare aria».

Lei consiglia al sindaco di Roma Capitale di lasciar perdere questo progetto, ma la società As Roma avrebbe già acquistato i terreni, come tornare indietro?
«Mi sembra evidente che Tor di Valle deve essere cancellata per sempre, a meno di sfidare senza ritegno l'opinione pubblica. La Roma nella sua iniziale proposta aveva inserito anche altre aree urbane per realizzare lo stadio. Le si verifichi e si proceda speditamente. Si può fare lo stadio nella legalità».

Nell'inchiesta che ha portato agli arresti il presidente dell'Assemblea capito lina, si parla a anche dell'ex Fiera di Roma e degli ex Mercati generali, delibere cruciali per l'urbanistica, e non solo, della Capitale, tant'è che il minisindaco grillino di quel Municipio si è poi dimesso proprio per i dissapori interni al MoVimento su questi progetti. Cosa ne pensa?
«Pensavo allora e penso che dati i livelli di degrado della città si deve in primo luogo avere a cuore il perseguimento del bene comune. A Ostiense i cittadini chiedono da decenni uno spazio verde. Alla ex fiera si possono costruire anche case per i senza tetto. E un dovere morale».

Eppure la Capitale avrebbe bisogno di un grande rilancio urbanistico in grado di rimettere in moto un'economia ormai al collasso, non crede?
«Sono l'unico ad aver denunciato da tempo i trenta grandi progetti abbandonati a causa della crisi del 2008. Son d'accordo con lei. La rinascita di Roma parte dal recupero di quelle aree».

L'ingegner Sandro Simoncini, urbanista e direttore scientifico del Centro studi Sogeea ha detto che "in tanti dovrebbero chiederle scusa", condivide?
«Lo ringrazio davvero. Sono convinto che si dovrebbe chiedere scusa alla città, per le continue umiliazioni che le vengono inflitte. A Roma c'è un tessuto sociale che aspetta solo un riscatto, un futuro positivo per tutti, specie per le periferie».

Qualora la Raggi la richiamasse in giunta, tornerebbe nella squadra grillina?
«Non lo farà assolutamente!»

Secondo Lei dobbiamo aspettarci altre sorprese legate a questa inchiesta?
«Mi auguro solo che la città sia messa nelle condizioni del riscatto. Lo aspettiamo da troppi decenni».