Pallotta furibondo, DiFra: «Non lascio»

IL MESSAGGERO - ANGELONI - Certo, proprio a Firenze e contro la Fiorentina, la ex squadra di Paulo Sousa. Si ritorna a parlare portoghese, sì proprio lui e sempre lui. Come sempre in questi casi, quando Di Francesco torna in bilico, e ci torna davvero, dopo una serata come questa, con la Viola. Quando la Roma vuole farsi male, ecco che ricorre l'1 a 7, o il 7-1, fa lo stesso e sempre sette sono. Quando si fa, si fa per bene. Sette sono tanti e invitano Pallotta a porre rimedio, al di là delle smentite doverose. Il presidente ha la sua idea, da Cagliari addirittura, 8 dicembre: via DiFra. Monchi ne ha un'altra, da sempre: resta Di Francesco, senza se e senza ma. E infatti si arriva all'"e sono ancora qua, eh già" del 29 dicembre, Parma-Roma, sembrava la fine di un incubo. E l'incubo è tornato, a Firenze, contro i Viola. Sconfitta incredibile, inspiegabile. Monchi si piazza ancora sulle spalle di Eusebio, come a dire: prendetevela con me. Le riflessioni verranno fatte, fino a quando non si deciderà se continuare o meno. E per ora, trapela, che si va avanti così. L'allenatore può non piacere alla dirigenza o a una parte di essa, ma è evidente come questa umiliante e raccapricciante sconfitta non sia figlia solo di scelte dell'allenatore. I giocatori del resto li abbiamo visti tutti.

DISTRUTTO Di Francesco entra nella sala stampa del Franchi come se avesse preso - nello spogliatoio - un'altra razione di schiaffi. Ma è serio, con la schiena dritta. «Io non mi dimetto, nella mia testa non c'è questo tipo di pensiero». Così, in sintesi. Non si dimette e per ora non viene presa alcuna decisione drastica, c'è il Milan a un passo. Eusebio pensa solo a come uscirne, di nuovo: la Roma è infinitamente malata. E i motivi sono tanti. «Ora c'è solo da chiedere scusa a tutti i tifosi per la prestazione vergognosa che abbiam fatto. La lista degli errori è piena: ma mi dispiace di più che nella difficoltà si perde la testa. Questo non dimostra unione, ma il contrario. Quando si è squadra lo si deve essere anche quando le cose vanno male. Parliamo sempre di una Roma di giovani, ma non possiamo trovare alibi. Basta, basta, basta. Dobbiamo guardarci in faccia bene, per quella che è stata la prestazione. Non esiste puntare il dito su un cambio sbagliato, su una scelta. Siamo noi, insieme, compreso me, che dobbiamo capire che così non va e non può andare». Oggi si torna a Trigoria, con i tifosi molto arrabbiati, anche ieri a Firenze si sono fatti sentire. In questo scenario, Eusebio dovrà ricomporre i cocci e provare a pensare al Milan, sapendo che la sua Roma ha disimparato a difendere. «Il nostro portiere al Franchi ha fatto una parata e abbiamo preso sette gol. Abbiamo difeso malissimo, è una cosa che mi fa impazzire, possibile che una delle migliori difese dell'anno scorso, in questo momento non sappia difendere? Ora dobbiamo capire qual è il sistema giusto, questo modulo sembrava la soluzione. Ma la tattica va a farsi friggere quando non si è accompagnati da altro. Nel calcio se non si tirano fuori determinate cose, determinati atteggiamenti, il resto non conta niente».

RIENTRO IN PULLMAN Intanto, ieri sera, la squadra è rientrata da Firenze a Roma in pullman anziché in treno come inizialmente previsto per ragioni di ordine pubblico.


Verso il Milan: l'allenatore spera in De Rossi, Pastore bocciato

IL TEMPO - MENGHI - Tra nervi tesi e squalifiche, la Roma prepara la sfida alMilan tra mille problemi. L’ira di Dzeko contro l’arbitro Manganiello non avrà conseguenze dirette sul campionato, ma è una magra consolazione: il bosniaco non ha sputato, come alcune immagini cercavano di provare, bensì gridato «vergogna» in faccia al direttore di gara, reo di non aver fischiato il fallo ai danni di Pellegrini (e precedente mente su Zaniolo, contribuendo a creare tensione), e per questo gesto sopra le righe verrà sanzionato con al meno due turni di stop, che sconterà però nella prossima Coppa Italia. L’attaccante se l’è presa anche con Cristante, contro cui si è scagliato pure Fazio. Di Francesco dovrà calmare gli animi mentre studia la strategia anti-Milan, considerando le squalifiche più pesanti dello stesso Cristante e di Nzonzi.

De Rossi ha ripreso confidenza con il campo nello spezzone finale al Franchi, se il ginocchio risponderà bene potrebbe giocare dal 1’domenica. Con lui Zaniolo e Pellegrini, bocciato Pastore. Difficilissimo il recupero di Under, Kluivert non convince e Florenzi potrebbe avanzare in attacco con El Shaarawy e Dzeko


Un gruppo indecente sempre più allo sbando

IL MESSAGGERO - FERRETTI - Considerato che vincere lo scudetto sarà praticamente impossibile, e che conquistare la Champions League sarà molto, molto complicato, il sospetto che anche per questa stagione la Roma sia destinata a chiudere con zero tituli dopo Firenze è diventato praticamente una certezza. Poteva esserci la Coppa Italia a riempire una bacheca vuota da oltre dieci anni, ma Eusebio Di Francesco e il suo gruppo hanno deciso di togliersi il pensiero facendosi eliminare in maniera vergognosa dalla Fiorentina.

Una Roma imbarazzante nella fase difensiva, soprattutto. I tre gol subìti nella prima mezzora abbondante di gioco sono nulla di fronte a quanto di osceno è stato prodotto complessivamente da panchina e giocatori. Un'esibizione così povera, così penosa, così piena di nulla si fa fatica a vederla perfino in Terza Categoria, ma la Roma non si fa mai guardare dietro e, generosa come nessun'altra, si è regalata un'altra prova umiliante. Insultando, oltre che se stessa, i suoi tifosi, in primis quelli che hanno preso acqua a fiumi al Franchi. Tutto doveva fare, la tenera Roma di EDF, tranne che far giocare la Viola di rimessa: invece è accaduto esattamente quello, con i legnosi birilli della difesa saltati sistematicamente in velocità in maniera puerile dagli avversari.

DISGUSTO? NO, DI PIÙ Uno, vista la situazione del primo tempo, ha pensato: ora la panchina interviene e cambia. Magari si aggiustano i reparti, si dà una sistematina alla squadra rendendola meno lunga e meno larga. Invece niente, almeno fino all'intervallo. Poi spazio a due punte e tanti saluti a Pastore e Nzonzi (due perle del mercato estivo del ds Monchi): Roma improvvisata, super offensiva, quindi non equilibrata, e a seguire quarto gol della Fiorentina ancora sfruttando l'ennesimo errore in fase di uscita. Il quinto, sesto e settimo gol (sì, il quinto, il sesto e il settimo) sono arrivati con l'uomo in meno, ma il dato non assolve nessuno. Che povertà. Che tristezza. Non vi resta che vergognarvi. Tutti, nessuno escluso.

La Roma è una squadra (squadra?) che non sa assolutamente difendere, che non sa cosa significa proteggere con tutta se stessa la propria porta. Solo nel 2019 ha beccato 12 gol in tre partite (media 4 a gara), un ruolino di marcia da scapoli contro ammogliati. E che quando attacca ha la forza d'urto di una libellula ferita. Una Roma che non sa giocare, in sintesi. Un solo aggettivo: indecente. Altro che disgusto: di più. La Grande Bruttezza dell'indecenza. Resta da chiedersi una cosa: tutti remano dalla stessa parte, cioè dalla parte della Roma? A giudicare dalla partita di Firenze, no.


Il caso Di Francesco: la Roma brucia e nessuno decide

LA REPUBBLICA - FERRARA - PINCI - Non è stata la prima volta, di certo è stata la più imbarazzante. Un altro 7-1, un’altra figuraccia, anche se davanti non c’erano né il Manchester di Ferguson né il Bayern di Guardiola: la Roma di Di Francesco è precipitata ieri, a Firenze, travolta dai sette gol della Fiorentina, dalla tripletta di Federico Chiesa, che nel 2019 ha già segnato 7 gol in 4 partite, dal quarto gol di Muriel in quattro incontri con la maglia viola.

C’erano in tribuna i volti atterriti di Francesco Totti e del ds Monchi, il presidente americano Pallotta era invece davanti alla tv a migliaia di chilometri dal Franchi. Lascerà proprio a Monchi («Chiedete a lui») il peso della decisione che determinerà il futuro a breve termine della Roma: cambiare o meno l’allenatore. «Il giorno più difficile nella mia carriera di direttore sportivo», diceva Monchi cercando la forza per perseguire la propria idea: «L’allenatore non rischia, se qualcuno è in discussione è il direttore sportivo che ha fatto la squadra, ma non so cosa sarà domani». Di Francesco si scusava per la «prestazione vergognosa» ma non si dimetterà.

Quella di ieri è stata comunque una notte di riflessioni per i dirigenti. Da una parte la linea conservativa del ds spagnolo. Dall’altra quella interventista del consulente ombra di Pallotta, Franco Baldini, che avrebbe seduto Paulo Sousa sulla panchina romanista già a settembre. E pure a Trigoria c’è chi capisce che da un tracollo così si debba uscire con un segnale di discontinuità. Che non passerà per nuovi acquisti: dopo il naufragio del mercato estivo - anche ieri Pastore, Kluivert e Nzonzi sono stati bocciati senza appello dal campo - quello di gennaio chiuderà oggi senza novità.

Non potendo cambiare calciatori, l’idea di mettere mano alla panchina resta in ballo, anche se per la dirigenza i responsabili sono sempre i calciatori. Pure Di Francesco, che 7 gol li prese due volte dall’Inter ai tempi in cui guidava il Sassuolo, aveva puntato l’indice contro la squadra dopo la rimonta subita a Bergamo. «Mi fa diventare matto», disse, e ieri ci è ricascato, pensando più a difendere se stesso che i calciatori: «Quando la squadra è rinata ero sempre io l’allenatore, poi quando si perde così uno si fa tante domande per capire, pur avendo difficoltà a darsi delle risposte».

Insomma, un’altra accusa velata all’atteggiamento della squadra. Che mostra segni di insofferenza, se Dzeko riesce nella stessa partita a mandare a quel paese il timido Cristante e poi a farsi cacciare per una protesta sciocca che a molti, ma non all’arbitro Manganiello, era parso uno sputo. E se Kolarov dimostra ampiamente in campo - e nonostante il gol - un atteggiamento praticamente rassegnato di fronte al modo di difendere. Inevitabile finire per farsi delle domande sulla popolarità del tecnico nello spogliatoio. Anche se in ritardo: nel 2015/16, Rudi Garcia fu risparmiato a dicembre dopo una figuraccia in Coppa Italia con lo Spezia per poi finire esonerato a gennaio. Con Di Francesco la Roma ha scelto ancora la strada della pazienza: ma anche a Trigoria inizia a circolare la percezione di un accanimento terapeutico. I fantasmi dei 7-1 passati - Manchester nel 2007, il Bayern nel 2014 - non rendono meno pesante la situazione attuale: bisogna solo capire chi avrà voglia di decidere. E domenica arriva il Milan di Piatek.

 

 


Dopo la disfatta l’ombrello di Monchi su DiFra: “Colpa mia chiedo scusa ai tifosi”

LA REPUBBLICA - FERRAZZA - Un’umiliazione, una delle più grandi che si ricordino nella storia della Roma. Umiliati e in piena crisi isterica, i giallorossi spariscono a Firenze perdendo la faccia e buttando via l’unico trofeo in cui potevano arrivare fino in fondo. Finisce 7-1, ma più dei gol, pesa la totale disgregazione di un gruppo che crolla in fase difensiva come una squadra di dilettanti, consegnandosi con un’arrendevolezza che disarma. E che porta sull’orlo del precipizio Di Francesco. Il tecnico è ormai arrivato al capolinea e nelle prossime ore i vertici societari valuteranno se sia il caso di esonerarlo. Già in nottata con i dirigenti presenti a Firenze, il tecnico ha fatto sapere di non volersi dimettere e, se glielo chiedessero, andrà incontro alla società discutendo una transazione per rescindere consensualmente il contratto. Pronto, neanche a dirlo, ci sarebbe ancora Paulo Sousa, rimasto in naftalina per settimane in attesa degli aventi. Pallotta, da tempo non troppo d’accordo con la decisione di Monchi di continuare con Eusebio, è imbufalito e si potrebbe arrivare nelle prossime ore a delle conseguenze estreme. Anche perché domenica sera, tra quattro giorni, all’Olimpico arriverà il Milan, per quello che sarà uno scontro diretto e decisivo per il quarto posto. Perdere anche quel treno vorrebbe dire difficilmente riuscire a piazzarsi in zona Champions a fine stagione. I circa 2500 romanisti presenti nel settore ospiti di Firenze, sotto la pioggia che non ha dato tregua al Franchi, intorno all’ottantesimo hanno levato stemmi e bandiere dalle vetrate in segno di protesta, svuotando le gradinate a loro riservate. «Andate a lavorare» e «Solo la maglia» i cori intonati contro i giocatori, per una contestazione che proseguirà domenica prossima.

«Scusa scusa scusa – quasi sussurra con un filo di voce Monchi – è il momento più doloroso da quando faccio il direttore sportivo. Adesso non è il momento giusto per punire, l’allenatore non rischia l’esonero, starò vicino a lui e ai giocatori fino alla fine. Semmai sono io in discussione perché io ho costruito la squadra e dato la fiducia a Di Francesco». E ancora, sul mercato. «Non prenderemo nessuno, per noi è chiuso. Usciremo da questa situazione col lavoro». È la sesta volta che la Roma subisce sette gol nella sua storia – quella di ieri è stata la prima in Coppa Italia – l’ultima delle quali contro il Bayern nel 2014. In più i giallorossi non subivano quattro reti nella coppa nostrana dalla finale del 2003, persa contro il Milan. Numeri impietosi, che appesantiscono uno dei momenti più difficili degli ultimi anni, restituendo la sensazione che sia davvero complicato, a questo punto, trovare una via d’uscita a quello che è un vero e proprio shock. Quarantaquattro i gol presi in 29 partite, 12 in quattro partite del 2019 Nel disastro di Firenze – arrivato a tre giorni di distanza dal disastro di Bergamo – si è rivisto in campo De Rossi, entrato quando ormai la barca era naufragata, per mettere minuti nelle gambe dopo tre mesi di assenza. Il capitano dovrà scendere in campo contro il Milan, viste le assenze degli squalificati Nzonzi e Cristante.


E scatta la contestazione

IL TEMPO - MENGHI - Imperdonabile. Per la peggior sconfitta in Italia dal 1950 non bastano le scuse della società, arrivate tramite la voce di Di Francesco e Monchi, la contestazione dei tifosi, giustamente infuriati, era inevitabile e non si è fatta attendere. Finita la partita a Firenze, col tabellone luminoso a sottolineare il doloroso 7-1, i 2.500 del settore ospiti hanno fatto partire i cori «andate a lavorare» e «tifiamo solo la maglia», De Rossi ha guidato sotto lo spicchio giallorosso del Franchi una piccola rappresentanza della squadra, in cui figurava anche quel Kolarovche alla partenza da Termini aveva reagito male al sostenitore che gli aveva suggerito di svegliarsi. La «sveglia» però l'ha presa la Roma e dopo l’umiliazione anche le teste più dure si abbassano.

«Non snobbatela, noi ci teniamo», era stato il messaggio recapitato via striscione all'Olimpico nella sfida d'esordio nella competizione con la Virtus Entella, ma 90 minuti dopo è il dramma. L'eliminazione, per come è arrivata, esagerata e ingombrante, ha riacceso gli animi che sembravano essersi placati man mano che la Roma mandava segnali di ritrovata salute, ma in realtà non è mai guarita e da ieri notte è ripiombata nel caos. Mentre i tifosi al triplice fischio si davano appuntamento a Trigoria, organizzando una protesta in piena regola, i giocatori aspettavano nella pancia del Franchi la decisione sulle modalità di rientro nella capitale, proprio per evitare di finire nel vivo dell’inevitabile contestazione.

E proprio come era successo dopo Bologna, quando un Pallotta «disgustato» mandava tutti in ritiro e su Di Francesco si allungavano le prime ombre, la squadra ha cambiato programma e invece di tornare a casa in treno ha dovuto farlo in pullman, girando alla larga dalla stazione di Firenze dove gli ultras si erano raccolti per aspettare al varco giocatori, allenatore e dirigenti. Non è la prima volta che da quelle parti si creano tensioni simili, anche dopo l’1-1 di campionato a inizio novembre, tra le polemiche arbitrali, i sostenitori giallorossi si erano ritrovati a Campo di Marte e avevano insultato i calciatori «mercenari», poi erano saliti sullo stesso treno, costringendo le forze dell'ordine a creare un cordone per tenerli divisi, evitando chela situazione degenerasse.

Un rientro agitato che stavolta è stato scongiurato grazie ad un escamotage, ma il confronto sarà inevitabile nelle prossime ore. Mentre scriviamo la Roma è in viaggio verso la capitale in pullman, in base all’orario di arrivo si sarebbe deciso di far dormire o meno la squadra nel centro sportivo, in ogni caso questa mattina alle 11 dovranno essere tutti a Trigoria per la ripresa degli allenamenti in vista del Milan in un clima che si prospetta pesante. Tutti davanti alle proprie responsabilità, ma con una partita importantissima da preparare, uno scontro diretto per la futura Champions, che adesso più che mai è una priorità. L’ancora di salvezza di una stagione da non ricordare.


La stretta sul razzismo che non piace a Salvini

LA REPUBBLICA - PINCI - L’ultimo schiaffo a Salvini l’ha assestato la Federcalcio. Il rischio però è che sia lo stesso Ministro dell’Interno a disinnescarne l’effetto. La dichiarazione di guerra ai razzisti della Figc s’è materializzata nella norma proposta da Gravina nel vertice con le istituzioni a inizio gennaio.

Dal Consiglio federale è arrivato il via libera alla modifica dell’articolo 62 delle Norme organizzative interne che anticipa lo stop alle partite in caso di cori razzisti: quando verranno ravvisati, il primo annuncio dell’altoparlante dello stadio verrà diffuso a gioco fermo e con le squadre riunite a centrocampo. Al secondo annuncio, quindi verosimilmente al secondo “ululato”, tutti negli spogliatoi. E per queste sospensioni - ovviamente temporanee - l’indicazione potrà arrivare anche soltanto dai delegati della procura federale, rendendo di fatto l’arbitro un mero esecutore di decisioni prese da chi è a bordo campo per vigilare. Il problema è che i poteri del calcio finiscono qui. Per la sospensione definitiva della partita infatti servirà sempre e comunque l’intervento dei delegati alla pubblica sicurezza.

Che ovviamente fanno riferimento - indirettamente - al Viminale, ossia proprio a Salvini. Insomma, il rischio che tutto cambi perché tutto resti com’è è forte. E a dimostrarlo è la frase sprezzante con cui il ministro ha accolto la mossa del presidente federale Gravina: «Facciamo la scala Richter dei “buu”? Dai, non facciamo ridere», la sua presa di posizione, ignorando forse che la procedura è quella internazionale, prevista dalla Fifa e dall’Uefa, che proprio per il caso Koulibaly - da cui è nata la riforma - aveva bacchettato l’approccio italiano. Tutt’altro atteggiamento però ha Salvini quando ci sarebbe da denunciare usi ignobili come i soliti cori contro  ascoltati a San Siro e da parte di alcuni tifosi del Milan: «Ho guardato la partita senza volume». Anche a Firenze ieri molti hanno fatto finta di non sentire altri “buu”, al  Lafont, da parte di alcuni ultrà romanisti.

La modifica delle norme è la vetrina di un lavoro di riforme che corona i primi 100 giorni della gestione Gravina, intervenuto con forza anche sulle società insolventi (chi non pagherà 2 bimestralità di stipendi sarà subito escluso) e pure sulla situazione di club come Pro Piacenza o Matera: se non verseranno i 300mila euro delle imminenti multe per il pasticcio delle fideiussioni irregolari, saranno escluse: anche a campionato in corso.

 

 


Anche il Parma mette l'ex giallorosso Machin nel mirino

Dopo il Genoa anche il Parma si è fatto avanti per l'ex giallorosso Machin. Il centrocampista, in forze al Pescara, è nel mirino della società gialloblu che vorrebbe chiudere la trattativa il prima possibile. Infatti, come riferito dal sito alfredopedulla.com, è in programma un incontro tra il Parma ed il club abruzzese per discutere di Machin sulla base di un prestito con obbligo di riscatto a 2.5 milioni di euro più bonus. La Roma, che ha il 50% sulla rivendita del giocatore, resta alla finestra sperando di poter incassare all'incirca 1 milione di euro.


Pallotta su Di Francesco: "Chiedete a Monchi, decide lui". Ma il futuro è in bilico

Dopo la pesante ed umiliante sconfitta di ieri sera, subita ad opera della Fiorentina, in casa Roma regna la confusine e la rabbia. Una confusione che rende ombroso il da farsi ed il percorso da intraprendere, una rabbia che potrebbe abbattersi su Di Francesco e sul suo ruolo di allenatore. Ieri sera dopo il match il DS Monchi ha confermato la fiducia nei confronti del mister. Fiducia che anche il presidente Pallotta sembra confermare con un "Chiedete a Monchi, decide lui". Ma in realtà il numero uno della Roma non è contento della situazione e, come riferisce il Corriere dello Sport, avrebbe in programma di contattare in giornata il DS Monchi per discutere sul da farsi e sul futuro del tecnico. Ma con ogni probabilità Di Francesco resterà alla guida della Roma fino al match contro il Milan di domenica prossima.


Confronto a Trigoria tra Di Francesco e la squadra

Dopo la debacle di ieri sera contro la Fiorentina, la Roma si è tornata ad allenare presso Trigoria in vista dell'impegno di campionato di domenica prossima. Scarico per chi ha giocato ieri. Terapie per Under e Perotti. Individuale per Mirante e Juan Jesus.
Ma il fulcro della giornata è stato il confronto tra Di Francesco e la squadra, per capire cosa sia successo ieri a Firenze e come intervenire già dalla prossima partita per evitare di ripetere certi errori. Fuori dal centro sportivo presenti anche dei tifosi che hanno applaudito in modo ironico i giocatori, insultandone qualcuno. Solo Schick si è rivolto ai tifosi, rispondendo con un timido "scusate".


La Roma punta Guedes. Per i media brasiliani c'è già la firma

La Roma, in ottica mercato, continua a cercare un difensore che possa giocare sia da centrale che da esterno. Saltato definitivamente Vida del Besiktas, Monchi ha virato sul brasiliano Guedes del Santos. Il 24enne è un terzino puro, abile su entrambe le fasce e che all'occorrenza può giocare anche da esterno di centrocampo. Ma Guedes, come riferisce il Corriere dello Sport, sarebbe un nome nuovo a partite da giugno e non in questa finestra di mercato. In realtà, secondo i media brasiliani, il giocatore avrebbe già firmato con la Roma andando contro la volontà del Santos.


Da qui non si torna più indietro

MASSIMO PAPITTO - Ore 18:22 di ieri sera e mi domando… cosa sta succedendo? Sta ricapitando ancora? Proprio a noi? Ma perché? Dopo la passata stagione - dove avevamo ritrovato orgoglio e dignità – non ci eravamo scrollati di dosso queste paure di non essere mai al posto giusto al momento giusto? Invece no. Siamo tornati indietro nel tempo di anni, con le nostre paure, sempre le stesse, sempre presenti e mai dimenticate.

Chi mi conosce lo sa, sa quanto ci soffro a vedere la Roma perdere. C’è però modo e modo di perdere, perdere così in modo umiliante non ci sta, mi crea disagio, vergogna, sensazioni che pensavo di non dover provare più (o almeno di provarne sempre meno fino a scomparire quasi del tutto).

Ieri pomeriggio era un quarto di finale di Coppa Italia, non era una semifinale o una finale di Coppa, non era una partita decisiva per lo scudetto, ma era comunque una partita importante, da affrontare seriamente e che poteva ridare dignità ad una stagione nata male e che forse (molto probabilmente) finirà peggio. 

Niente di tutto questo è stato fatto. Siamo usciti di partita dopo un quarto d’ora e questa cosa non è accettabile. In una partita secca ad eliminazione diretta non si può giocare con la difesa a centrocampo e farsi “imbucare” sistematicamente senza curarsi minimamente delle qualità dell’avversario (la Fiorentina) che aveva titolari tutti giocatori scattisti, veloci, abili a giocare in contropiede. Il primo tempo è stato uno scempio difensivo senza precedenti in questa stagione e nel reparto avanzato le cose non sono andate di certo meglio. Pastore sembra (è) un ex calciatore capitato per caso a Roma, Schick è l’eterna promessa destinata a rimanere (molto probabilmente) tale. Il tutto condito dalla sparizione dei “vecchi“: Manolas, Fazio, Kolarov e Florenzi. Apparsi giocatori spauriti e senza un minimo di esperienza per gestore momenti della partita delicati e complicati.

Il secondo tempo poi è stato peggio del primo. Nervosismo (Cristante e Dzeko), gol presi (quattro), espulsioni (Dzeko) e grida di un allenatore – mister Di Francesco – che forse ieri sera ha definitivamente capito che il suo tempo a Roma è terminato. Pagherà lui per tutti, se non pagherà ora, pagherà tra qualche partita, ma poi tutto resterà lì al proprio posto. Calciatori, presidente e il direttore sportivo Monchi, uno dei principali responsabili di questa caporetto e di questa campagna acquisti estiva assolutamente fallimentare.

La semifinale di Champions League della scorsa stagione doveva essere un punto di partenza e non un’occasione per poter smembrare una squadra ritenuta vecchia sostituendo poi il tutto con giovani di prospettiva e interpreti di dubbio valore e fama come il portiere Robin Olsen, che per carità, sarà anche un buon interprete del ruolo ma è e resta un numero uno normalissimo come se ne trovano a fiumi in Italia.  

La goleada di ieri pomeriggio segna un punto di non ritorno. Da qui non si torna più indietro. Nel portare avanti quel che resta di questa maledetta stagione si pensi ai sacrifici che hanno fatto i 2500 tifosi che erano presenti lì nel settore ospiti del Franchi in un giorno feriale sfidando pioggia e freddo.  Si pensi a loro e si scelga il meglio per tutti. A noi interessa il bene della Roma e non il bene di chi la comanda e la gestisce.