Munir rimarrà in Spagna. Principio di accordo col Siviglia
Principio di accordo tra Munir ed il Siviglia. Questo è quanto fa sapere il sito ufficiale del club andaluso sevillafc.es, che spiega appunto come l'attaccante del Barcellona resterà in Spagna, nonostante avesse richieste anche da club esteri come la Roma. Si attendono solo le visite mediche di rito che definiranno il tutto.
Il prossimo 12 aprile una partita di beneficenza in sostegno di Sean Cox
Continuano le iniziative benefiche in favore di Sean Cox, tifoso del Liverpool rimasto gravemente ferito durante gli scontri contri i supporters della Roma. Questa volta, in data 12 aprile, si terrà una partita di beneficenza tra leggende del calcio Irlandesi ed icone del Liverpool. Questo il commento di Martina Cox, moglie di Sean, in merito all'iniziativa: "Sean ha sostenuto il Liverpool per tutta la vita e questa partita in suo onore è speciale. La ripresa di Sean sarà un processo molto lungo e lento, ma vorrei ringraziare per l’incredibile supporto che i tifosi Reds hanno dimostrato, come il club e i giocatori, oltre agli ex giocatori che scenderanno in campo in questa partita. Stiamo lavorando comunque anche su altre iniziative che ci aiuteranno nei prossimi anni nell’assistenza a Sean".
L’adesivo dei romanisti: "Siete come Israele"
LA REPUBBLICA - PINCI - Hanno fatto la loro comparsa su alcuni profili social nella mattinata di ieri: adesivi, forse volantini, rivendicati da un gruppo romanista e con chiari riferimenti antisionisti: “Lazio, Napoli, Israele, stessi colori, stesse bandiere, mer...e”. È bastato poco perché, a quindici mesi da quegli adesivi con Anna Frank vestita della maglia della Roma attaccati in curva Nord da ultrà laziali (12 a processo e daspati), si evocasse la vergognosa “risposta” di tifosi giallorossi. Il messaggio è firmato dal gruppo “Balduina Roma”, un quartiere di Roma nord. L’unica risposta dalla società giallorossa è quella del presidente James Pallotta, dagli States: «Tutti sanno che la Roma contrasta e combatte ogni forma di razzismo e antisemitismo», il messaggio affidato dal numero uno a Repubblica. Non l’unico: dalla «ferma condanna» della sindaca Virginia Raggi allo sdegno di Ruth Dureghello, presidente della comunità ebraica: «Quei volantini sono un’ulteriore dimostrazione che razzismo e antisemitismo nel calcio non hanno colore. Temo, come sta avvenendo in questi giorni, che spesso si parli di razzismo nello sport senza la volontà di risolvere definitivamente la questione». Se la Lazio fu sanzionata con una multa dai tribunali della Figc (50mila euro) per gli adesivi di Anna Frank, la Roma non rischia nulla di simile: l’episodio non si è verificato allo stadio e non è competente la giustizia sportiva. O almeno questo è il sospetto, anche se dietro gli adesivi è quasi nato un “giallo”. A tutto ieri, dei volantini non erano state trovate tracce. Le forze dell’ordine non hanno ricevuto segnalazioni né sono riusciti a individuare sui muri della città alcun adesivo simile. Nemmeno vicino al bar ritrovo degli ultrà romanisti. La polizia postale indaga per risalire al primo profilo che abbia messo in rete l’immagine, fino a ora unica testimonianza di questo orrendo messaggio a tinte giallorosse. Anche perché il gruppo “Balduina” in Curva Sud non si vede da almeno 10 anni. Anche negli ambienti del tifo organizzato romanista la novità non è stata accolta bene, in un momento in cui le attenzioni sui gruppi ultrà sono altissime dopo i fatti di Milano e la morte del tifoso del Varese Daniele Belardinelli. L’Osservatorio sul pregiudizio antiebraico ha registrato 111 casi di antisemitismo nel 2017, a cui aggiungere i 130 del 2016: se calano le aggressioni, anche grazie all’incremento della sicurezza e della prevenzione, aumentano sensibilmente i profili e i gruppi antisemiti su Facebook. Dove messaggi simili proliferano ogni giorno.
Ancora cinque mesi. Strada in salita per Di Francesco in cerca di conferme
LA REPUBBLICA - PINCI - Cinque mesi per tornare a piacersi. Lunedì inizierà il 2019 della Romae quello di Eusebio Di Francesco. Le vittorie di fine 2018 con Sassuolo e Parma hanno permesso tra allenatore e club un riavvicinamento che soltanto un mese fa pareva impossibile. Ma le crepe che si sono aperte non sono semplicissime da rimarginare: il tecnico ha lanciato le proprie accuse contro chi lo ha deluso “dentro e fuori Trigoria”. Vuol dire che anche da qualcuno apparentemente vicino a lui si è sentito abbandonato nei momenti di difficoltà. Dall’altra parte c’è la Roma che a sostituirlo ha pensato davvero, pur auspicando di trovare un motivo per continuare ad andare avanti con lui. Oggi l’allenatore è nuovamente solido: perché decidano di cambiarlo dovrebbe capitare l’apocalisse. Ma l’idea è rimandare il problema della sostituzione a giugno, quando - sono convinti a Trigoria - si possano liberare soluzioni interessanti. Il dirigente ombra Baldini si sta già muovendo, Monchi lo stesso: piace Lopetegui, ritenuto un azzardo da prendere a stagione in corso. Discorso diverso se avesse a disposizione mesi per imparare la lingua, informarsi sul campionato, conoscere i calciatori e gli avversari. Con i suoi rappresentanti ci sarebbe anche stato un abboccamento, nelle settimane in cui la panchina di Di Francesco scricchiolava. Ma lo spagnolo non è l’unico: i contatti sono già ramificatissimi sul territorio nazionale. Paradossalmente, l’ipotesi meno probabile è la permanenza fino alla scadenza di contratto - giugno 2020 - di Di Francesco. Che ha però cinque mesi per cambiare la storia: solo i risultati, da qui a fine stagione, possono convincere l’allenatore e la Roma, a piacersi di nuovo.
Digos: "È la risposta dei teppisti al Viminale"
IL MESSAGGERO - BERNARDINI - Gli ultras sono vivi e non mancano occasione per dimostrarlo. E così durante la festa dei 119 anni della Lazio un gruppetto di incappucciati si è staccato e si è scontrato con le forze dell'ordine che presidiavano la zona. Circa dieci minuti di follia con lancio di torce, petardi e bottiglie, la polizia ha risposto con cariche e lacrimogeni. Un messaggio chiaro quello lanciato dai laziali all'indomani della riunione allargata dell'osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive in cui il ministro dell'Interno, Matteo Salvini aveva annunciato la lotta alla violenza del calcio, dentro e fuori gli stadi. Insomma gli ultras non si piegano e non si dimostrano intimoriti. Anzi, rispondono sul campo, come spiega un funzionario della Digos: «E' la loro risposta alla stretta del governo». La festa per la nascita della società sportiva Lazio si ripete ogni anno in piazza della Libertà e solo in qualche rara occasione è capitato di assistere a scontri con le forze dell'ordine. L'ultima fu nel 2013. Martedì notte l'azione è stata fulminea e dura. Difficile non credere che fosse stata pianificata. Seppur non dal nucleo storico degli Irriducibili, ma più che altro da ragazzi più giovani. Niente colori né segni di appartenenza a specifici gruppi, solo cappucci neri e volto coperto. Stavolta però, oltre al classico confronto con la polizia, c'era qualcosa di più in gioco. Gli ultras della Lazio hanno voluto lanciare un segnale forte e chiaro: «Siamo vivi». Un grido che da qualche settimana accomuna tutte le frange estreme del tifo violento d'Italia.
LOTITO DIXIT Una risposta anche allo stesso presidente Claudio Lotito che nei giorni scorsi aveva sottolineato: «La mia azione ha prodotto e sta producendo dei risultati. La tifoseria della Lazio ora ha un comportamento diverso, forse perché non ha avuto una sponda da parte della società». Insomma una sponda alle parole di Salvini che non è certo piaciuta agli ultras biancocelesti. Ecco perché da più parti si parla di un'azione pianificata. Smentita ogni ipotesi di una faida interna nel gruppo che invece ha dimostrato di essere più compatto che mai. Non c'erano i leader degli Irriducibili che tramite la loro trasmissione radiofonica ufficiale avevano dichiarato che non sarebbero stati in piazza. Opera di cani sciolti? Su questo la Procura sta indagando. E proprio questo tipo di violenti è il più difficile da individuare. Ieri è arrivato anche l'indice puntato di Lotito: «Io rispondo dei comportamenti della società, non di singoli pseudo-tifosi. Come ha detto Salvini la responsabilità è personale. Il tifoso è colui che partecipa in modo passionale alla vita della squadra. Tutti gli altri fanno scelte diverse e risponderanno di quelle scelte».
Roma, Pellegrini al centro
IL MESSAGGERO - TRANI - Il mercato invernale di Monchi, con la speranza che sia davvero di riparazione, e il lavoro quotidiano di Di Francesco, con l'obiettivo di rimettere a posto la classifica in campionato. Questioni da affrontare separate e al tempo stesso da seguire in parallelo. Se il ds, senza sforare il budget e soprattutto puntando ad abbassare il monte ingaggi, cerca il mediano che sappia essere play e se possibile anche incontrista, l'allenatore prepara la gara secca degli ottavi di Coppa Italia, lunedì all'Olimpico contro l'Entella, con gli stessi giocatori usati, in quel settore, per finire il 2018 e il girone d'andata. E quindi, senza De Rossi, dovrà studiare come impostare la rotazione degli interpreti nel reparto che, fino al rientro di Lorenzo Pellegrini nell'ultima gara dell'anno, è stato numericamente in sofferenza.
PERCORSO CONFERMATO Di Francesco, pur non scartando a priori il 4-3-3 che resta il suo sistema di gioco preferito, è orientato a insistere sul 4-2-3-1, già utilizzato in 17 dei 25 match stagionali e soprattutto confermato, dalla gara interna contro il Frosinone del 26 settembre, quasi sempre in campionato e in Champions (lo cambiò solo contro il Genoa all'Olimpico e la Juve allo Stadium). Da 11 partite la coppia di mediani è la stessa: Cristante e Nzonzi. Sono loro che, in attesa del rientro di De Rossi, avranno prima o poi la necessità di riposare. Addirittura Nzonzi è stato sempre titolare da quando l'allenatore ha scelto il 4-2-3-1 e comunque la formula con il doppio regista: 19 partite di fila. Ora, con questo modulo, l'unico che può salire sulla giostra del turnover in mezzo al campo è Pellegrini. Che, tornato a disposizione, conosce il ruolo. E che, già al Franchi il 3 novembre contro la Fiorentina, ha affiancato Nzonzi, con Zaniolo trequartista. Prestazione più che accettabile di Pellegrini, spostato poi in corsa dietro a Dzeko quando è entrato Cristante per Zaniolo. La rotazione, se proprio ci dovrà essere, coinvolge insomma 3 interpreti: Nzonzi, Cristante e Pellegrini, titolari comunque in contemporanea nella Roma che il tecnico al momento considera più affidabile. Pastore è solo l'interprete di scorta dietro il centravanti.
VARIANTE TATTICA L'alternativa al 4-2-3-1 rimane soprattutto il 4-3-3 che, nel caso in cui tornasse d'attualità, chiamerebbe in causa 4 centrocampisti e non più 3. Nel turnover entrerebbe pure Zaniolo, utilizzabile da mezzala proprio come Cristante e Pellegrini. Nzonzi è l'unico a faticare da intermedio. Di conseguenza o gioca da play, cioè in mezzo, o va in panchina. Da regista il più pronto sembra essere attualmente Cristante, ma è possibile che Di Francesco, durante gli addestramenti a Trigoria, provi anche Pellegrini e Zaniolo per non farsi trovare impreparato.
TRIS DA NAZIONALE La full immersion, sempre titolare dal 26 settembre, mette Nzozni al centro della Roma. L'allenatore, però, lavora anche sul trio azzurro: Cristante play, Pellegrini e Zaniolointerni, rispettivamente a destra e a sinistra (e sono in grado di scambiarsi le posizioni). E, anche se nessuno oggi comincia dall'inizio nell'Italia di Mancini, fanno comunque parte del gruppo assemblato dopo l'estate dal ct. La crescita di Cristante, la conferma di Pellegrini e il talento di Zaniolo aiutano di sicuro Di Francesco nella risalita. Alla quale, però, deve contribuire pure Monchi. Con il centrocampista promesso.
Monchi lavora già per l'estate: Mancini e Bennacer a giugno
IL MESSAGGERO - CARINA - Mentre sul sito dell'Entella appare il countdown per il match contro la Roma in coppa Italia di lunedì (con tanto di omaggio a Totti: «Ha segnato più lui con la maglia giallorossa che noi nella nostra storia in serie b»), quello relativo alla fine del mercato appare ancora lontano. È per questo motivo che Monchi prende tempo. Il ds è ha le idee chiare su quello che potrebbe fare (un centrocampista e un difensore, in caso di cessione di Marcano) ma per muoversi, vuole attendere il momento giusto. O meglio: l'occasione giusta. Poteva essere Herrera ma il Porto ha rifiutato i 5 milioni offerti per il messicano in scadenza a giugno. Si cerca quindi un calciatore per il quale valga la pena muoversi, investire in anticipo rispetto all'estate, utilizzando la formula del prestito con diritto di riscatto.
EUSEBIO IN ATTESA È chiaro che regalare adesso a Di Francesco (che si auspica qualche innesto quanto prima : «Inevitabilmente faremo qualcosa sul mercato», disse il 21 dicembre) i rinforzi, aiuterebbe sia il tecnico che gli stessi giocatori. Le leggi del mercato, però, soprattutto quando ci si deve muovere con un budget minimo, rimangono quelle: le occasioni, se arrivano, lo fanno quasi sempre last-minute. Bisogna dunque attendersi un gennaio molto lungo. Diversi nomi usciti sinora per il centrocampo (tra questi Bennacer, Traore e Meite), hanno trovato conferme off record. I club di apparenza però non sono disposti a privarsene ora, se non a valutazioni e formule di pagamento che la Roma non prende in considerazione. Discorso quindi rimandato a giugno. Come per il difensore Mancini, per il quale Monchi è in prima fila. Tra l'altro il ds, prima di acquistare, vuole alleggerire la rosa. Il riferimento non è soltanto a Marcano (che rifiuta il Galatasaray, dove gioca Kabak, giovane da tenere in considerazione) ma a Coric. Ieri l'agente a Laroma24 ha lasciato intendere come sia soltanto una questione di tempo: «Non abbiamo ricevuto nessuna comunicazione dalla società. Ad oggi lui rimane a Trigoria. Abbiamo avuto delle chiamate ma noi aspettiamo le decisioni del club». Che non tarderanno ad arrivare: il Cagliari, dopo l'acquisto di Birsa, s'è un po' defilato. Rimangono però il Chievo e il Sassuolo (che guarda con interesse anche al giovane Riccardi). In un periodo dove gli indizi di mercato si cogliono anche sui social, non è passato inosservato il messaggio su Instagram della moglie di Karsdorp che rispondendo ad un follower ha annunciato: «Penso che partorirò a Roma». Considerando che il primogenito è atteso per i primi giorni di giugno, il terzino - svanito per ora il ritorno al Feyenoord(divergenze sulle modalità del prestito) - potrebbe anche decidere di restare.
Coppa Italia. Come un altro campionato
IL MESSAGGERO - SACCA’ - Dopo essersi specchiato, naturalmente timido timido, nelle acque delle Maldive, delle Barbados o, nella peggiore delle ipotesi, delle Bahamas, il pallone italiano ora è pronto a rimbalzare per il decollo verso i cieli azzurrissimi del nuovo anno. Del resto all’orizzonte si delinea già il profilo alto della Coppa Italia, che proprio dopodomani aprirà le porte alle squadre di Serie A inaugurando gli ottavi di finale. Partite a turno unico: chi vince vola; chi perde torna a casa a riflettere sulle priorità della vita o, almeno, di una stagione. Il sipario lo solleverà la Lazio, che sabato allo stadio Olimpico ospiterà il Novara. Invece lunedì sarà consegnata alla Roma la scena della Capitale: con la sfida tra i giallorossi e l’Entella. La Juventus campione in carica esordirà sabato sera contro il Bologna in trasferta. Per chi avesse ansie da prenotazioni anticipate, la finale è fissata nel calendario per il 15 maggio: un mercoledì sera, a Roma. Come si ricorderà facilmente, fino a poche stagioni fa, della Coppa Italia si interessavano poco i tifosi, pochissimo gli allenatori, per nulla i giocatori. Quanto ai presidenti, pare che qualcuno neppure ne conoscesse l’esistenza. Tuttavia, per una serie intricata di ragioni, adesso è diventata una competizione appetibile, spesso perfino non trascurata, alle volte addirittura ambita. Una seconda Serie A. O meglio. Una Serie A2, ecco. Vale la pena di scoprire i motivi. Scavando tra le pieghe del calcio italiano, è un nulla rendersi conto che il campionato – la vera Serie A – non esista quasi più, fagocitata dalla fame di trionfi della Juventus. Per cui è logico che se il campionato si trasforma in un torneo aperto solo dalla terza posizione in giù, la seconda competizione del Paese vira verso una sorta di Serie A parallela. Per capirsi, diventa l’unica occasione di cui l’intera Italia calcistica – Juve esclusa – dispone per sollevare un trofeo. E poi, questo va detto, la Lega Serie A è stata capace nel tempo di rinnovare la formula e ridisegnare l’immagine della Coppa: soprattutto indovinando la ricetta esatta per allestire finali di alto livello allo stadio Olimpico. Così è inevitabile dedurre che, mai come nel 2019, ogni squadra che parteciperà avrà uno stimolo forte a sollevare il trofeo a maggio.
JUVENTUS I bianconeri di Max Allegri, si diceva, innanzi tutto sognano il triplete, sperando di abbinare la coppa allo scudetto e all’ossessione della Champions League. E, non bastasse, inseguono la quinta coppa consecutiva. Tra l’altro si tratterebbe di un’esibizione mostruosa di potenza senza imitazioni conosciute.
INTER E NAPOLI Intelligenti e esperti uomini di mondo, Luciano Spalletti e Carlo Ancelotti sanno alla perfezione che il campionato non è un giocattolo che l’Inter e il Napoli possono anche soltanto immaginare di vincere. Vietato. Quindi la Coppa Italia è e sarà, da qui a maggio, l’unico possibile territorio di conquista delle due squadre. I partenopei si misureranno subito con il Sassuolo, invece i nerazzurri con il Benevento. A Spalletti, poi, non dispiacerebbe regalare un trofeo alla proprietà cinese del club, rappresentata dal giovane presidente Steven Zhang, 27 anni festeggiati a dicembre. Viceversa Ancelotti aspira alla Coppa perché negli anni ha appreso il segreto dell’importanza psicologica delle vittorie. E confida che un eventuale acuto in coppa possa riverberarsi in una generale crescita della squadra, magari propedeutica alla corsa per traguardi più preziosi. Tipo lo scudetto, esatto.
ROMA E LAZIO La Roma di Eusebio Di Francesco e la Lazio di Simone Inzaghi adesso volano a quote basse, quasi mai al riparo di turbolenze velenose. Vincessero la Coppa Italia, impreziosirebbero la stagione, addirittura le darebbero un senso. Certo, l’obiettivo delle squadre romane, oggi e non da oggi, è la qualificazione alla Champions. Però bisogna anche ricordare che, in particolare, la Roma non vince nulla dal trionfo ottenuto proprio in coppa il 24 maggio del 2008; quasi undici anni. Tanto, tantissimo, troppo per un club così prestigioso.
MILAN Senza nemmeno voler troppo drammatizzare, Gennaro Gattuso sul tavolo verde della Coppa Italia si gioca la sicurezza della conferma nel Milan. Se sollevasse il trofeo, raggranellerebbe una tonnellata di possibilità di conservare la panchina. D’accordo, l’impegno con la Sampdoria promette salite ripide, ma i rossoneri sono attrezzati.
LE ALTRE A rifletterci, il Torino, la Fiorentina, l’Atalanta, il Sassuolo, la Sampdoria e il Bologna in fondo hanno un’unica ragione per conquistare la Coppa: e cioè: centrare la qualificazione all’Europa League. Perché occorre annotare che la squadra che vince il trofeo guadagna l’accesso diretto alla fase a gironi dell’Europa League. E un evento del genere, in quelle realtà, sarebbe celebrato di sicuro con una marcia trionfale in puro stile Champs-Elysees dopo il Mondiale russo.
ENTELLA, BENEVENTO E NOVARA Per loro tre, come scriveva Montale, «un imprevisto è la sola speranza»...
Gaffe social della Lega di Serie A: “mi piace” all’insulto anti-laziale
IL MESSAGGERO - BERNARDINI - Tifosi della Lazio in rivolta contro la Lega di serie A,o meglio contro il suo account Instagram. Galeotto fu il like messo, per errore, al commento “Lazio m...”postato da un tifoso della Roma che commentava il post in cui la Lega stessa celebrava i 119 anni della nascita della società biancoceleste. Una brutta gaffe che non è passata inosservata tra i tifosi biancocelesti. Lo screenshot del like è rimbalzato sulle chat dei tifosi laziali che hanno immediatamente protestato sui social e sulle radio. La Lega da parte sua, dopo aver accertato il grossolano errore, si è discolpata dicendo che il like è stato messo per errore dalla società esterna che gestisce l’account. In modo solerte da via Rosellini hanno denunciato l’accaduto facendo cancellare il like.
Razzismo, volantino antisemita contro i biancocelesti, Giorgetti: "Sì allo stop alle gare"
IL MESSAGGERO - MOZZETTI - Prima Anna Frank oggi Israele. La violenza negli stadi, tra tifoserie antagoniste non è solo fisica: un nuovo caso di antisemitismo si mischia con il mondo del calcio. E torna l'ipotesi di valutare la sospensione alle partite con il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, che sposa la linea della Federcalcio. Ieri a poche ore dai festeggiamenti dei supporters della Lazio per i 119 anni della società sportiva sfociati poi in una guerriglia urbana contro la polizia , sono apparsi in diversi quartieri di Roma nord dei volantini antisemiti con su scritto: «Lazio, Napoli, Israele, stessi colori, stesse bandiere. Me...». A redigerli potrebbero essere stati degli ultras romanisti che in questo modo hanno risposto al caso scoppiato un anno fa quando all'Olimpico apparvero degli adesivi con l'immagine di Anna Frank nei panni di tifosa della Roma lasciati da alcuni tifosi biancocelesti. La Procura di Roma ha aperto un fascicolo ma le indagini finora condotte dagli agenti di polizia della Digos non hanno accertato quest'ipotesi. Non si esclude neanche che i nuovi volantini siano stati prodotti per distogliere l'attenzione dalla guerriglia di martedì notte. Durissime, al netto delle indagini, le reazioni. La sindaca di Roma Virginia Raggi ha parlato «inaccettabile violenza: la città non può diventare teatro per la follia di alcuni delinquenti». «Senza parole» il numero uno del Coni, Giovanni Malagò, mentre per la presidente della Comunità ebraica, Ruth Dureghello, «quei volantini sono un'ulteriore dimostrazione che razzismo e antisemitismo nel calcio non hanno colore e che serve una soluzione definitiva per debellare il problema». Problema che, oltre alle immagini, si palesa a suon di cori razzisti negli stadi durante le partite. Ieri il sottosegretario Giorgetti ha detto: «è giusto che facciano il loro corso le regole sportive, ci sono protocolli Uefa e Fifa su queste vicende e giustamente la Figc si impegna a tradurli». Per il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, sospendere le partite «per colpa di pochi delinquenti» sarebbe «la sconfitta del calcio». È necessario «sradicare la violenza dentro e fuori gli stadi ha concluso il titolare del Viminale che devono rimanere luoghi colorati e di sana passione sportiva».
Monchi: “La mia Roma è un modello. Mancini a giugno, mi piacciono Ziyech e Belotti”
Il Direttore sportivo della Roma Ramón Rodríguez Verdejo, noto semplicemente come Monchi, è stato ospite de La Gazzetta dello Sport per un forum in redazione. Ecco uno stralcio delle sue dichiarazioni:
Monchi, qual è il suo bilancio dopo 20 mesi di Roma?
“I bilanci si possono fare quando finisce un progetto e il mio è ancora lungo. Se penso alla stagione scorsa è positivo, mentre questa finora non è buona. Ma non saranno alcuni risultati a cambiare il mio modo di pensare e a farmi passare l’entusiasmo di lavorare nella Roma”.
Allora non lascia a fine stagione…
“Ogni giorno sento che mi dimetto o che mi mandano via. No, l’ho già detto, resto alla Roma. Il mio obiettivo è arrivare al successo in modo graduale, ma continuo. Capisco che ora la prima necessità del tifoso sia vincere, ma è importante anche essere sempre competitivi, di alto livello e vicini al successo. Meglio così, piuttosto che vincere solo una volta e poi nulla. Roma è la Capitale e in città la stragrande maggioranza è romanista. Vorrei che si raccontasse meglio e a 360° che cos’è questo club, e penso che questo non venga fatto. Al di là di qualche risultato o di un acquisto giusto o sbagliato, per me la nostra è una società modello e mi dispiace che a volte rimanga in secondo piano rispetto ai giudizi su Monchi o Di Francesco. La Roma è di più di quello che si legge o si sente”.
A proposito di Di Francesco, ha faticato a difenderlo?
“Non è stato difficile perché c’era fiducia al 100% nella mia idea di tenerlo. E tutti l’hanno condivisa. Quando siamo andati a Boston da Pallotta, di Eusebio abbiamo parlato 15-20 secondi. Certo, poi ci sono i momenti. Si perde a Udine o a Bologna o si pareggia in quel modo a Cagliari, e vorrei uccidere il mister e me stesso. Ma lì prevale il tifoso. La mia fiducia in lui era grande quando l’ho preso, oggi che ci lavoro insieme è ancora più forte”.
C’è chi accusa Di Francesco di essere un tecnico aziendalista.
“Eusebio non è un aziendalista, è un dipendente, come tutti noi. L’anno scorso abbiamo dovuto fare operazioni difficili: non mi è piaciuto vendere Salah e Rudiger, ma l’ho dovuto fare. Abbiamo avuto la fortuna di avere un allenatore che ha capito il momento e ha raggiunto risultati. E non posso perdere fiducia in lui ora per qualche risultato negativo. Posso farlo se cambia l’atteggiamento, il modo di lavorare o lui perde la fiducia della squadra. Nella mia carriera ho sempre fatto fatica a licenziare un tecnico. Si fa solo se perde la testa”.
De Rossi, l’infortunio e il rinnovo: com’è la situazione?
“Conoscendo Daniele e il suo romanismo, neanche a lui adesso fa bene parlare del futuro. Tutti dobbiamo sperare nel suo recupero. Per fortuna abbiamo avuto notizie buone dal punto di vista radiologico, ora bisogna capire cosa succederà quando tornerà ad allenarsi sul campo. Daniele due giorni fa per la prima volta l’ho visto diverso, ottimista, positivo, perché non ha dolore”.
Capitolo rinnovi. Manolas, Under, El Shaarawy e Lorenzo Pellegrini: quando se ne parlerà?
“Sono situazioni diverse. Alcune saranno valutate a fine mercato, altre al termine della stagione. E c’è Zaniolo che, visto il rendimento, forse sarà il primo rinnovo che affronteremo. Lui sta stupendo tutti e so che a livello calcistico in questo momento l’Italia ha bisogno di eroi per ricostruire la fiducia, ma con Nicolò dobbiamo essere più tranquilli, per il suo bene. Ha solo 19 anni. Io dico che Zaniolo è il futuro della Roma non sarà venduto. Avrà un percorso lungo e importante in questa società. Lui è come un palazzo che stiamo costruendo piano piano, ma se non lo facciamo bene poi può crollare in un attimo. Ne ho visti tanti di talenti che si sono persi, Nainggolan? E’ forte, il problema è gestirlo”.
La Roma ha già tanti giocatori italiani, aumenteranno?
“Io ho tanti difetti, ma due grandi virtù: riconosco quando sbaglio e mi piace imparare. Il Monchi che è arrivato qui aveva una conoscenza indiretta del calcio italiano, oggi lo conosco meglio e ho capito che è più opportuno prendere giocatori italiani. Tra gli acquisti fatti, spesso quelli che sono andati meglio sono gli italiani. Non significa che trascurerò il mercato estero, ma la Roma sarà in futuro molto italiana”.
A proposito di autocritica: è stato uno sbaglio prendere Pastore e Schick?
“Sono due discorsi diversi. Pastore è un giocatore forte, la questione è ritrovare quello di Palermo e Parigi, e credo che siamo ancora in tempo. Al progetto di lui come mezzala ci credevo. Per Schick il problema non è il calciatore. E’ la persona che a volte non trova la dimensione ideale per sviluppare quello che può fare il calciatore. Quindi bisogna lavorare sulla persona. Credo che Patrick sia un frutto e bisogna ancora spremerlo fino alla fine e spendere tempo ed energie su di lui. Io ci credo. Pensate a Immobile. Se parli di lui a Dortmund o a Siviglia lo vorrebbero ammazzare, alla Lazio invece è un idolo”.
Nel rapporto qualità-prezzo qual è il giocatore migliore che ha preso per la Roma?
“A livello di rendimento Kolarov, ma Pellegrini ha una prospettiva importantissima”.
Al nostro campionato manca la competitività: la Juve non ha rivali.
“Per me il campionato italiano è ai massimi livelli. Dal punto di vista tattico da nessuna parte si lavora meglio. Bisogna sfruttare i vivai e avere il coraggio di lanciare i giovani: Barella, Tonali, Mancini, Zaniolo, Cristante, Pellegrini… Ce ne sono di fortissimi e saranno il futuro del calcio italiano, che sta migliorando. Poi c’è la Juve, certo, che vince sempre: ma che fattura anche il doppio di noi. Dove non arriviamo con i soldi, dobbiamo arrivare con le idee e il lavoro”.
Per aumentare i ricavi servirebbe in fretta il nuovo stadio.
“In un momento di crisi economica, un progetto che muove un miliardo di euro ed è ancora fermo mi sembra poco logico. Potrebbe dare tanto non solo alla Roma, ma alla città. Vogliamo accorciare il gap non solo con la Juve, ma con tutto il calcio europeo, e per farlo questo progetto è fondamentale”.
Che mercato farà a gennaio?
“In estate la Roma ha investito tanto, le cose importanti le abbiamo già fatte. Cerchiamo solo giocatori che alzino il livello della squadra. Non è facile, ma ci proveremo fino alla fine. Ma come qualità e quantità siamo pronti, ne sono sicuro”.
Finiamo con un gioco: le proponiamo dei nomi, ci dica solo se sono possibili o impossibili per la Roma. Partiamo con Piatek
“Sarebbe possibile, se non chiedessero 70 milioni. Per me è forte, ma lo è al Genoa. Siamo convinti che lo sarebbe, per dire, anche al Chelsea?”.
Tonali.
“E’ uno dei più importanti giovani del calcio italiano, ma potrei dire lo stesso di Barella”.
Mancini.
“Adesso impossibile, ma in estate è diverso”.
Rugani.
“Impossibile, adesso e dopo. Hanno rifiutato un’offerta di 40 milioni del Chelsea. Non possiamo spendere tanto per un difensore centrale”.
Thiago Mendes?
“Impossibile”.
Ziyech e Belotti?
“Mi piacciono tutti e due”.
Bennacer?
“Ci piace, ma se ne parlerà a giugno”.
Dendocker e Ozyakup?
“Impossibili, esattamente come Herrera”.
Malcom a Barcellona non gioca, lo prenderebbe se lo offrissero?
“No, quando uno fa il d.s. di un club deve capire che rappresenta anche il cuore e i sentimenti dei tifosi. Si è preso gioco della Roma e a me importa dell’immagine della società”.
Un sogno: potesse scegliere fra Mbappé e Neymar?
“Mbappé, perché è più giovane e più forte”.
Ultrà Lazio, guerriglia alla festa. Un caso: i volantini antisemiti lasciati per le strade di Roma
CORRIERE DELLA SERA - Scontri alla festa della Lazio e volantini antisemiti firmati da un gruppo ultrà della Roma — Spqr Balduina — contro Israele, i tifosi del Napoli e proprio i cugini biancoeelesti. Due giorni dopo l'apertura condizionata del ministro dell'Interno Matteo Salvini ai tifosi («Ce ne sono 12 milioni perbene e solo 6.500 daspati», ha sottolineato il responsabile del Viminale, che vorrebbe ripristinare i treni speciali) la tensione, almeno a Roma, è salita alle stelle. (…) . La Digos indaga per rintracciare chi ha scritto, stampato e divulgato in Rete il volantino che sarebbe stato distribuito nella notte fra martedì e mercoledì a Prati in concomitanza con il raduno dei tifosi laziali in piazza della Libertà (…) rovinato da tafferugli con la polizia, che hanno portato a un arresto, tre denunce e dieci agenti feriti. Insieme con i carabinieri, la Digos ha cercato a Prati, Balduina e Roma Nordi volantini che non sarebbero stati però affissi ai muri. Nel messaggio è scritto: «Lazio, Napoli, Israele. Stessi colori. Stesse bandiere», poi c'è un insulto. Con l'aiuto della Postale, gli investigatori stanno cercando di risalire alle coordinate online di chi ha postato per primo la fotografia del volantino divulgandola, violando cosi la legge Mancino. Fra le ipotesi quella di una vendetta romanista per gli adesivi attaccati un anno fa da ultrà laziali nella curva Sud dell'Olimpico con l'immagine di Anna Frank con la maglia giallorossa. (…).«Quei volantini sono una ulteriore dimostrazione che razzismo e antisemitisrno nel calcio non hanno colore. Serve una soluzione definitiva. Temo che spesso si parli di razzismo nello sport senza la volontà di risolvere la questione, c’è bisogno dell’impegno di tutti», auspica la presidente della Comunità ebraica di Roma, Ruth Dureghello. (…).