La Roma perde valore, ma meno di Inter e Lazio

CORRIERE DELLA SERA - L'emergenza coronavirus prosegue e a rimetterci sul piano economico sono anche i club dei principali campionati europei. A calare non sono solo gli introiti nelle casse delle società, ma soprattutto il valore delle rose. Il  Cies Football Observatory ha infatti pubblicato una classifica che calcola la perdita di valore dei calciatori sul mercato trasferimenti delle cinque principali leghe europee, Inghilterra, Spagna, Germania, Italia e Francia. Il valore viene calcolato attraverso otto criteri. Cinque di questi sono personal e comprendono età, contratto, status internazionale, carriera e performance negli ultimi tre e sei mesi. Due sono di squadra e quindi prendono in considerazione il valore sportivo e il valore economico del club. L'ultimo è esterno ed è quello che ha portato al calo medio del 28% in ogni Lega e dipende dal contesto,  in questo caso quindi dal coronavirus. La squadra che in percentuale ha perso di più è l’Olympique Marsiglia con un -37,9%. In Italia l’Inter è calata del 35,7% con perdite da 276 milioni, passando quindi da un valore di 773 a 497; la Roma è calata del 27,2% passando da 540 milioni a 393 milioni. La squadra ad aver perso di più è stata la Lazio, che ha avuto un calo del -32,8%, piazzandosi all'ottavo posto nella classifica delle percentuali, passando da un valore della rosa di 348 milioni a uno di 234 milioni.


Fonseca: "La stagione va terminata"

IL TEMPO - BIAFORA - Tanta voglia di ritornare a vedere il pallone rotolare sui campi di Trigoria. Negli ultimi giorni i protagonisti in casa Roma hanno a più riprese chiarito la posizione del club giallorosso sulla ripresa delle competizioni e anche Fonseca - intervistato da Sky - non ha fatto altro che ribadire quanto manchino a tutti le partite: «Se ci saranno le condizioni sarebbe importante portare al termine il campionato. In poco tempo e poche settimane saremo pronti per ritornare a giocare, perché i calciatori non si sono fermati del tutto e stanno lavorando. Anche se in questo momento la salute delle persone, dei tifosi, dei giocatori, di tutti coloro che lavorano nel calcio è la cosa più importante».

Il tecnico portoghese si è detto orgoglioso per tutto quella che sta facendo la società perla gente attraverso Roma Cares e ha dato il proprio parere favorevole ad una riduzione degli stipendi: «Dobbiamo essere sensibili e pronti ad aiutare in questo momento troppo difficile per tutti. Noi come Roma, allenatore e giocatori siamo pronti a farlo».  C'è stato spazio anche per un commento su Pellegrini e Zaniolo, i pilastri del futuro della Roma: «Lorenzo ha un carattere forte per prendere la fascia. Ora abbiamo Dzeko, ma penso che per il futuro Pellegrini ha tutte le qualità per diventare il capitano della Roma, come ha detto Totti. Zaniolo? Ho parlato con il dottore e le indicazioni sono molto positive, sta recuperando molto bene».

Sul fronte mercato negli ultimi giorni alcuni intermediari hanno provato a prendere contatti con il  per una possibile trattativa che vedrebbe il ritorno in rossoblù di  (contratto in scadenza nel 2021) e l'approdo nella Capitale di Pinamonti. L'attaccante classe 1999 è stato ceduto dall' ai liguri in prestito con obbligo di riscatto a 18 milioni, ma i nerazzurri hanno comunque conservato una corsia preferenziale per riportarlo eventualmente a casa: per un eventuale scambio tra Roma e  servirebbe il semaforo verde del club di Suning. Se ne riparlerà più avanti ad emergenza terminata.


Pazienti di Covid19 da domani a Coverciano

IL TEMPO - PIERETTI - Il calcio apre la propria casa agli italiani. Da domani, il Centro Tecnico Federale di Coverciano avrà modo di accogliere i pazienti contagiati dal coronavirus. La Figc nelle settimane scorse aveva dato la propria disponibilità ad aprire le porte, la struttura ha avuto il via libera per ospitare persone clinicamente guarite dal virus e dimesse dagli ospedali, ma ancora positive al tampone. Chi non avrà modo di proseguire la propria degenza a livello domiciliare, verrà ospitato in isolamento nel centro sportivo che solita- mente ospita gli allenamenti della Nazionale. La struttura ha 54 camere che potranno essere utilizzate dai degenti. L'iniziativa è stata fortemente voluta dal presidente federale Gabriele Gravina. «Non sarà più il Centro Tecnico Federale, ma il Centro della Solidarietà - ha dichiarato il presidente della Figc - sono felice che la disponibilità sia stata accolta con entusiasmo dal sindaco di Firenze Nardella, noi siamo a disposizione con tutti i nostri mezzi per contribuire alla gestione di questa emergenza sanitaria».

La Usl Toscana Centro ha preso in carico la struttura gestita con il coordinamento sanitario di zona e della Società della Salute. «Ringrazio il Presidente Gravina e la Figc per aver messo il complesso sportivo a disposizione della città di Firenze - ha dichiarato il sindaco Nardella - per la prima volta che il Centro Tecnico verrà usato con fini sanitari, è un fatto che rimarrà nella storia, ma soprattutto da lunedì sarà utilissimo per gestire tutta la fase di emergenza che stiamo vivendo in queste settimane».


Iturbe: "Sono rimasto molto legato alla Roma”

Manuel Iturbe, ex esterno della Roma, ha rilasciato una lunga intervista al portale TUTTOMERCATOWEB.COM in cui ha potuto ricordare il proprio passato in maglia giallorossa. Queste le sue parole:

Hai già giocato nell'Hellas Verona, nella Roma e nel Torino...
Alla Roma sono rimasto molto legato, ho trascorso due anni e mezzo bellissimi. Anche di Verona ho ricordi straordinari: una grande stagione. Un po' meno esaltante l'avventura al Torino, lì sono rimasto solo sei mesi.

Dopo la grande annata al Verona per te si scatena una vera e propria asta di mercato. E la spunta la Roma...
I primi mesi sono stati molto belli, all'altezza delle aspettative. Poi non ho avuto molta fortuna, a causa di qualche infortunio di troppo ma non solo: ammetto che anche io ho commesso degli errori, a volte non c'ero con la testa.

Potendo scegliere: in quale squadra di Serie A giocheresti?
Mi piacerebbe molto tornare a giocare all'Hellas Verona o alla Roma.

Qual è il più grande giocatore con cui hai giocato.
Per mia fortuna, ho giocato con tanti campioni. Ma se devo fare due nomi, dico Totti e De Rossi
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La Roma pensa a Pinamonti in cambio di Perotti

La Roma punta Andrea Pinamonti, attaccante di proprietà dell'Inter e ora al Genoa, già accostato ai giallorossi lo scorso gennaio. Nello specifico intermediari hanno provato a prendere contatti con il club rossoblu per una possibile trattativa: si lavora ad uno scambio con Diego Perotti.

Pinamonti è stato ceduto dall'Inter ai liguri in prestito con obbligo di riscatto a 18 milioni, ma i nerazzurri hanno comunque conservato una corsia preferenziale per riportarlo eventualmente a casa.


La disperata voglia di tornare a giocare

REPUBBLICA.IT - BIANCHI - Su una cosa i vertici della Figc, con il presidente Gabriele Gravina, e quelli della Lega di serie A, Paolo Dal Pino e Luigi De Siervo, sono in sintonia: bisogna tentare di fare il possibile per tornare a giocare. Sul come e quando invece vanno in ordine sparso, e questo non è positivo. La Uefa ha minacciato la Federazione del Belgio che voleva chiudere qui la stagione: "Niente Coppe europee se non scendete più in campo" ha tuonato Alexsander Ceferin che ha già dato ampia dimostrazione di irresponsabilità e inadeguatezza. Ma se il governo belga decidesse che non ci sono più le condizioni per tornare a giocare, allora Ceferin non potrebbe che adeguarsi. Così come se succedesse in altre Nazioni.

La Uefa spera di disputare ancora tutte le Coppe europee, spostando la finale di Champions, se necessario, a Ferragosto. Ma forse non sa com'è la situazione in Europa. La Svizzera ad esempio deve ancora recuperare 15 giornate di campionato ma in proporzione alla sua popolazione è quella che ha il maggiore numero di contagiati e di morti al mondo. La Spagna è messa malissimo ma il n.1 della Lega, Javier Tebas, molto stimato da Cairo, farà l'impossibile per fare chiudere la stagione a Barcellona, Real e co.: si stanno studiando varie formule. La Bundesliga ha ipotizzato di riaprire gli stadi verso fine maggio (ha ancora 9 giornate da giocare), ma intanto metà dei club di seconda divisione sono a rischio crac.

E l'Italia? In serie A c'è una bella pattuglia che vorrebbe finire qui anche se gli orientamenti della Lega vanno in direzione diversa. La speranza è di tornare in campo il 20 o 24 maggio, speranza (di Gravina) che però ogni giorno si fa sempre più flebile: più realistico pensare al 6 giugno. C'è che vorrebbe mettere in un maxiritiro di un paio di mesi calciatori, tecnici, magazzinieri, osteopati, arbitri, eccetera. Non tutti insieme, ovviamente. I calciatori a Milanello, Formello eccetera. Gli arbitri a Tivoli o Sportilia. Si muoverebbero, blindatissimi, solo per le partite.

 

Ma che fare coi medici dell'antidoping, coi tecnici delle tv? Il rischio c'è perchè ogni partita, anche se a porte chiuse, muove almeno 300 persone. Test sierologico per tutti, più che tampone. Se si porta a termine questa stagione, la prossima potrebbe iniziare o a fine agosto o, più probabile, il 12 settembre (a porte chiuse, questo è certo). Un'altra ipotesi estrema, che ha qualche sostenitore in ambienti Figc, è quella di portare a termine la stagione, se fosse necessario, anche a settembre oppure ottobre, cominciando la prossima annata solo in inverno. Ma bisognerebbe vedere che ne pensa l'Uefa visto che entro maggio '21 bisogna aver chiuso tutto per gli Europei spostati di un anno. Semmai, si può pensare in futuro di sfalsare il calendario. Ma per ora pare complicato anche se nel 2022 bisognerà fermarsi per un paio di mesi, visto che i Mondiali del Qatar si giocano in pieno inverno (21 novembre-18 dicembre). In serie A intanto continuerà il lavoro dei club con i loro calciatori per convincerli al taglio degli ingaggi: la Juve ha ipotizzato un 30 per cento in meno (dipende se si torna o no in campo), altre società puntano ad una percentuale superiore. De Siervo comunque non ha interrotto le trattative con Damiano Tommasi sullo sospensione degli stipendi (4 mesi per la Lega, 1 per il sindacato) per una questione di liquidità dei club anche se le parti sono ancora lontane.

"Come Aic abbiamo cercato un'intesa, che non escludo arrivi nei prossimi giorni. Vogliamo capire qual è l'idea della Lega, che dice solo di sospendere gli stipendi", così il presidente del sindacato calciatori, Damiano Tommasi. "Sospensione e cancellazione sono due cose diverse e ci sarà tempo e modo per prendere un accordo a seconda di come va il campionato - ha aggiunto Tommasi ai microfoni di Radio Punto Nuovo -. Il grande tema è proprio quello ma da parte nostra non c'è nessuna chiusura. Sarà il comitato scientifico a dire se si può continuare e se sì potrà poi in consiglio Figc capiremo come fare". "Non so chi mette voci in giro sulla nostra indisponibilità, il nostra questione di liquidità dei club, anche se le parti adesso sono loo lavoro è far sì che vengano rispettate le regole - ha aggiunto Tommasi - Stiamo parlando con la Lega Pro per tutelare i contratti minimi, per far sì che questa crisi non si ripercuota troppo sui club. La nostra preoccupazione è anche la sopravvivenza delle società. Un giocatore in scadenza di contratto avrà posizioni diverse rispetto a chi ha altri anni di contratto".

In serie B lunedì è prevista una assemblea: chissà che linea terrà il presidente Mauro Balata dopo aver litigato con Gravina col piano Marshall. In serie C ieri assemblea a Firenze: davanti al presidente Francesco Ghirelli, fra i più solleciti nel fermare la stagione, un buon numero di presidenti sconvolti. Il n.1 della Pergolettese, società di Crema, ha perso un nipote e il medico sociale. Pasini (Feralpi Salò, Brescia) e Bonacini (Carpi) non hanno idea di quando potranno tornare a giocare. Iachini (Teramo) ha detto che bisogna “fermare qui il campionato”. L'avvocato Baroni ha spiegato che rischi ci sono in caso di sospensione. La C aspetta che il governo dia presto il via libera alla cig, cassa integrazione guadagni in deroga, che potrebbe interessare circa 2.000 giocatori (massimo 50.000 euro). Ghirelli si attiene alle direttive del premier Conte, e aspetta. Non può dichiarare adesso chiusa questa stagione infernale. Lo stesso fa Cosimo Sibilia, presidente della Lega Nazionale Dilettanti, anche se dal Nord molti presidenti fanno pressioni per non tornare più in campo: basta pensare che quasi un terzo dei tesserati è in Lombardia che avrebbero difficoltà enormi nel riaprire i loro stadi. E poi molti dirigenti di fronte alla scelta fra salvare il posto di lavoro dei loro operai oppure iscrivere la squadra al campionato non hanno dubbi: per questo, Sibilia teme che la prossima stagione circa il 30 per cento di club non ce la faccia più. Probabile crisi anche in campo femminile: le ragazze aspettavano un riconoscimento importante, e doveroso, il professionismo.  Adesso che succederà? Tolte quelle legate a club importanti, le altre società potrebbero avere enormi problemi il prossimo anno. Ma per ora il calcio italiano resiste e guarda i dati della Protezione civile, sperando di tornare ad inseguire un pallone . Ma a decidere quando,  e se, si potrà davvero giocare a calcio non sarà certo Spadafora, che ha cambiato idea più volte, ma Brusaferro e Locatelli.


Fonseca: "Il campionato italiano è molto difficile. Ho scelto la Roma perchè mi ha intrigato subito"

Paulo Fonseca, tecnico della Roma, è stato intervistato dal quotidiano portoghese A Bola. Queste le sue dichiarazioni:

Come vanno le cose in Italia? Luis Castro ha detto che era più difficile andare al supermercato che giocare con l’Atalanta…
“Direi che l’Atalanta è più difficile! La situazione a Roma è più o meno sotto controllo. Nel nord del paese è tutto più complicato. In questo momento Roma è una città completamente deserta. Quando vado al supermercato non ho alcuna difficoltà. Nessuno si vede per strada, le persone stanno facendo quello che gli è stato chiesto di fare. Nel nord Italia la situazione drammatica è in Lombardia”.

È stato uno dei primi allenatori a ribellarsi contro i rinvii parziali del gioco: ritiene che ci sarebbe potuta essere un’altra gestione da parte della federazione italiana?
“Sinceramente, ho pensato che si sarebbe dovuto fermare per tutti, era quello che sostenevo. Non era giusto che alcune squadre giocassero e altre no. Ci saremmo dovuti fermare tutti nello stesso momento. Il calcio coinvolge molte persone, i viaggi allo stadio lo rendono un mezzo di propagazione quasi incontrollabile. Sarebbe dovuto succedere a tutti allo stesso momento. Comprendo tuttavia che si tratta di una situazione nuova”.

Ha mai sognato di ritrovarsi dove sta adesso?
“Onestamente sì. Ho sempre sognato di arrivare in uno dei più grandi campionati europei e in un grande club come la Roma. Sono innamorato di questo club. Sto vivendo momenti che non cambierei con niente altro”.

Difficoltà per ricominciare la stagione dopo questo stop?
“I calciatori stanno facendo attività fisica. Non si allenano a calcio, ma si allenano molto al livello fisico. Credo che arriveranno in una condizione migliore che prima del ritiro estivo, anche se è una situazione nuova per tutti. Dovremmo accelerare i processi più velocemente per essere pronti in poche settimane”.

La scelta Roma?
“Ho sempre avuto l'ambizione di allenare nei migliori campionati europei. L'Italia è uno dei campionati più difficili, forse proprio il più difficile a livello tattico. Quando il mio procuratore, Marco Abreu, mi ha parlato delle diverse possibilità che avevamo davanti, una di queste era proprio la Roma e io mi sono interessato subito. Avevo giocato all'Olimpico con lo Shakhtar l'anno prima e avevo visto l'atmosfera incredibile di questi tifosi innamorati e del modo in cui loro vivono il club. La città mi intrigava. Non è stata una questione economica, perché avevo proposte più importanti sotto questo punto di vista, però volevo misurarmi in una campionato come questo italiano, che è tatticamente diverso dagli altri e volevo Roma”.

Sul campionato italiano?
“In Italia ogni partita fa storia a sé. Qui ci sono squadre che fanno copertura a uomo, quelle che difendono basso, altre che pressano alto. Tante squadre che riescono a cambiare strategia durante il gioco e cambiano il modulo da partita a partita. La strategia è determinante per vincere. Senza dimenticare i miei principi di gioco, mi piace giocare con difesa alta e squadra molto corta, ma qui ho dovuto adattarmi per controllare la profondità. In Italia c'è una ossessione al dominio della profondità. Sto crescendo molto dal punto di vista strategico. In questo momento, la Roma è pronta ad adattarsi a diversi sistemi di gioco e cambiare strategia a partita in corso”.

Gattuso, tecnico del Napoli, mette paura anche dalla panchina?
“No (ride). È una persona molto espansiva, ma non ho ancora giocato contro di lui. Ho giocato contro Ancelotti, grande signore del calcio. Ho un enorme rispetto e ammirazione per lui, è stato un onore conoscerlo”.

Qual è stato il giocatore avversario che le ha dato maggiori problemi in questa stagione?
“Diversi. Papu Gomez, Ilicic, Immobile, Cristiano Ronaldo, Dybala. Lo stesso Lukaku. In Serie A c’è un gruppo di giocatori de grande qualità che riescono da soli a risolvere le partite”.

Gli infortuni? Zaniolo?
“Questa stagione ho vissuto qualcosa di nuovo con tanti infortuni traumatici. Non mi era mai successo prima in carriera, ma sono infortuni che non riusciamo a controllare. Non è solo Zaniolo, ma lui era in un grande momento e ci è mancato tanto. L'assenza di Diawara è stata pesante. Mkhitaryan è stato fuori due, tre mesi. Poi abbiamo perso anche Pellegrini, Cristante, Zappacosta, Dzeko, Perotti, Pastore, Kluivert, Under. Non ho mai avuto tutti questi calciatori disponibili allo stesso tempo. È difficile trovare stabilità in una squadra con tanti infortuni. Ci sono stati momenti molto complicati quando non avevamo giocatori per determinate posizioni, ma in quei momenti la squadra ha tirato fuori un forte carattere, si è unita, ha lottato contro le difficoltà. Ho un gruppo di lavoro molto solidale ed è stato molto importante nei momenti di difficoltà”.

L'importanza dei trofei o di lasciare un segno?
“I trofei rimangono nella storia e nei libri. Sono importanti, ma per me più importante è riuscire a segnare le persone che lavorano con me e aiutarle ad essere migliori. Questo mi dà più piacere che essere ricordato solo per i trofei. Fare crescere i miei giocatori, vedere come cambiano e migliorano in campo e conseguentemente anche nella loro vita privata, è una grande soddisfazione. Voglio i titoli, come tutti, e ricordo quelli che ho vinto con grande soddisfazione, però ricordo con più gioia quello che ho vissuto con i miei giocatori”.

Sui tifosi?
“Ho sempre sentito una passione enorme da parte dei tifosi. A gennaio quando abbiamo vissuto il periodo più complicato non abbiamo mai sentito animosità da parte loro. Sono unici, fantastici nel modo in cui vivono il club. La loro passione è impressionante; sento anche grande comprensione da parte dei tifosi”.

Qual è il miglior derby? Roma-Lazio, Braga-Guimaraes o Paços de Ferreira-Fremunde?
“Non credo di avere mai giocato Paços de Ferreira-Fremunde, è l’unico che mi manca. Braga-Guimaraes è un derby molto intenso, ma non ho mai vissuto una gara come Roma-Lazio. È una partita unica”.

Mkhitaryan ha elogiato lo stile offensivo della Roma. È stato facile trasmettere l’idea del gioco ai giocatori?
“Lo è stato, sì. Fin dall’inizio i giocatori hanno accettato la nostra idea di gioco. In questi club tutti i giocatori amano avere la palla e odiano correrle dietro. La nostra idea di gioco esalta le migliori caratteristiche dei giocatori. A loro piace un atteggiamento coraggioso, c’è stata subito accettazione da parte loro”.

Come gestisce la pressione?
“La più grande pressione è quella che metto su me stesso, ma la gestisco bene. È enorme qui a Roma. Ma se non l’avessi cercata non potrei aspirare ad allenare un grande club come questo. Durante la mia carriera ho avuto momenti di grande stress che mi hanno permesso di vivere questa situazione in modo diverso”.

Su Smalling?
“Mi ha sorpreso. È un difensore che non era mai uscito dall’Inghilterra ed è arrivato in un campionato molto esigente dal punto di vista tattico, dove un dettaglio fa la differenza. Chris si è ambientato rapidamente. È un ragazzo straordinario, molto intelligente. Ha caratteristiche che apprezzo molto nei centrali. È veloce, quasi imbattibile nell’uno contro uno. Ha grandi capacità di lettura di gioco e di anticipo. È stato molto importante per la nostra squadra. Se è possibile io vorrei che restasse. Grande professionista e grande persona è un piacere averlo qui con noi”.

Zaniolo, Kluivert e Ünder sono molto giovani, ma la squadra ha anche giocatori come Kolarov e Dzeko. Qual è il prototipo del giocatore che la Roma cerca?
“La Roma sta seguendo una strada per il futuro. Siamo la squadra più giovane del campionato. Abbiamo Mancini, Pellegrini, Diawara, Kluivert, Under… Villar lo abbiamo pescato dalla seconda divisione spagnola, Perez è arrivato dal Barcellona. In questo momento, la Roma per vincere deve avere giocatori decisivi che abbiano anche grande esperienza. Ma non pensare solo al futuro, occorre tornare alla vittoria. Questa combinazione di gioventù, la base della squadra, con l'esperienza, è fondamentale per il futuro della Roma”.

Qual è stata la miglior partita che hai visto in questa stagione?
“Può essere della Roma o di qualsiasi altra squadra Il miglior incontro? Forse proprio uno nostro... mi sono davvero piaciute le nostre gare con Fiorentina, Milan e Napoli, in un momento in cui la nostra squadra stava avendo grandi difficoltà. Abbiamo disputato dei bellissimi match”.

Qualche giocatore che le interessa del campionato portoghese?
“Per la stampa tanti, l'ultimo è Tiquinho Soares (FC Porto). In questo momento no, non penso a nessun calciatore del campionato portoghese”.

Ruben Amorim, ex Braga, è ora il nuovo tecnico dello Sporting Club de Portugal, pagato 10 milioni di €. Ritiene che sarà sempre più comune per un allenatore costare quasi come un calciatore?
"Perché no? I giocatori possono trasferirsi, perché un allenatore no? Se un club vuol scommettere su un allenatore, perché non può acquistarlo? Se Amorim dovesse ottenere dei risultati importanti con lo Sporting Clube de Portugal, allora la cifra spesa diventerà irrisoria. Se un club prende un tecnico a 10 milioni di €, poi vende i giocatori a 100 milioni di €, ha fatto un ottimo affare".

Si ricorda le sfide con Bruno Lage?
"Quando Bruno ricevette un premio in Portogallo (Quinas de Ouro, ndr) ne parlò. Penso di averlo battuto nel 2006/2007. Ho una grande ammirazione per lui, lo stimo molto".

L'esperienza con il Porto?
"Quello che ho vissuto con il Porto è stato estremamente importante. È stata un'ottima esperienza che oggi mi aiuta a gestire la pressione in maniera diversa. Ho sviluppato metodi per gestire la pressione, chiunque non possa gestirla è condannato al fallimento. Ad esempio, posso dire che le critiche non mi disturbano. Forse all'inizio mi davano fastidio ma non oggi. L'esperienza ti aiuta ad affrontare queste situazioni".

Quando pensa possa riprendere il calcio?
"Penso che potremmo riprendere a giugno ma è una visione molto ottimistica".


Domani l'assemblea di Lega: in ballo i diritti tv. Giovedì incontro FIGC-Leghe per capire se e quando riprendere

Domani si verificherà un'altra assemblea della Lega di Serie A, in ballo la questione diritti TV da incassare entro 1 maggio. Giovedì invece la FIGC si confronterà con tutte le leghe per capire se e quando riprendere. Venerdì, infine, summit Gravina-Spadafora.


De Rossi: "L'esperienza in Argentina è stata incredibile"

Daniele De Rossi, ex giocatore della Roma, è stato intervistato da Sky Sport sulla sua avventura al Boca Juniors. Queste le sue parole:

Quale storia di Federico Buffa ti ha toccato di più?
“Una della ultime, quella su Gigi Riva. Ha raccontato un uomo e un legame con un terra non sua. Gigi meriterebbe un omaggio del genere al giorno”

Com'è stato giocare in Argentina?
“Ho bisogno di una quarantena intera per spiegare sei mesi di emozioni. L’Argentina è simile all’Italia, vive di passioni, dal cibo alla musica fino al calcio. I calciatori non tirano mai indietro la gamba, il calore dei tifosi è puro, come quello di una volta. La cosa più bella è quella che vedi sugli spalti, è una cosa che in Italia non si vede quasi più. La Bombonera è lo stadio più clamoroso del mondo, è un posto unico. Auguro a tutti gli appassionati di visitarlo almeno una volta. Quando ti ritrovi a fare riscaldamento in 5 metri quadrati, o fai lo schizzinoso e dici io qui non gioco o ti lasci trasportare dall'ubriacatura degli argentini per questo gioco".

La prossima settimana torni qui da noi?
“Assolutamente, vi racconto la mia esperienza a Rosario, che è stata l’ultima partita che ho giocato in carriera. Una partita che ha rispecchiato la mia carriera, un tifo con un euforia pazzesca. Abbiamo perso, abbiamo fatto fatica, ma per come è andata la mia carriera è stato meraviglioso chiudere e conoscere una pagina come quella argentina”.


UEFA, Ceferin smentisce la deadline del 3 agosto per le competizioni europee

La UEFA ha pubblicato una nota ufficiale per smentire la notizia circolata nella giornata di ieri riguardo le parole del presidente Ceferin:

“È stato riferito che il presidente UEFA, Aleksander Ceferin, ha dichiarato alla tedescs ZDF che la Champions League dovrà terminare entro il 3 agosto. Questo non è vero. Il presidente è stato molto chiaro nel non fissare date precise per la fine della stagione. La UEFA sta attualmente analizzando tutte le opzioni per completare le stagioni nazionali ed europee con l’ECA e l’European Leagues nel gruppo di lavoro istituito il 17 marzo. La priorità principale di tutti i membri del gruppo di lavoro è preservare la salute pubblica. A seguito di ciò, l’obiettivo è quello di trovare soluzioni sul calendario per completare tutte le competizioni. Attualmente, sono al vaglio opzioni per giocare partite a luglio e ad agosto, se necessario, a seconda delle date di ripresa e dell’autorizzazione delle autorità nazionali”,


Roma Femminile, Bartoli: "Essere capitano della Roma è un sogno"

Elisa Bartoli, capitano della Roma Femminile, ha parlato alla rubrica Questa sono io, promossa dalla società giallorossa. Queste le sue parole:

Chi era Elisa da bambina?
“Ero una persona chiusa, timida, facevo molta fatica a relazionarmi con gli altri. Ero silenziosa, non riuscivo a parlare neanche con i miei genitori e mi tenevo tutto dentro. Diciamo che ancora oggi mi tengo tutto dentro, un po’ meno di prima ma più o meno è quella la linea”.

Hai sorelle o fratelli?
“Sì, ho una sorella più grande di otto anni, quindi aveva la sua vita e io la mia anche se in casa c’erano delle belle litigate. Vista la differenza di età ero più legata a mio cugino Simone che ha un anno più di me, lui è nato l’8 maggio, io il 7 maggio quindi festeggiavamo il compleanno insieme da mia nonna. Diciamo che ho vissuto la mia infanzia più con lui che con mia sorella”.

In che zona di Roma siete cresciuti?
“A Ponte Milvio, sono cresciuta praticamente nel cortile di mia nonna che si chiamava ‘il primo lotto’. Adoravo i pranzi della domenica da lei. Ogni volta che finivamo scuola andavamo lì a giocare a calcio dalle cinque fino alle sette e mezza, finché mia mamma non scendeva per prendermi per un orecchio per riportarmi a casa perché altrimenti sarei rimasta lì a giocare fino a tardi”.

Giocavi a calcio anche a scuola?
“Sì, sin dalle elementari mi mettevo in mezzo ai maschietti a giocare a calcio, è stata sempre una mia passione, però il nucleo di tutto è stato il cortile nel primo lotto di mia nonna. Giocavamo lì anche con i ragazzi più grandi, io ero la più piccola e inizialmente mi mettevano in porta quindi puoi immaginare quante pallonate ho preso”.

Quindi è insieme a tuo cugino che hai cominciato a giocare a pallone?
“Sì, è anche grazie a lui che sono approdata nel calcio perché lui nella Nuova Milvia e io andavo sempre a vederlo negli allenamenti e alle partite. Un giorno in un allenamento mancava un giocatore e mio cugino mi ha proposto all’allenatore. Giocai difensore centrale, avevo otto o nove anni e da lì mi hanno chiesto di andare a giocare con loro”.

Come ti accoglievano gli altri bambini quando ti proponevi per giocare con loro?
“All’inizio era un po’ difficile perché ero una bambina. Poi quando vedevano come giocavo e che non mollavo si convincevano che potevo starci. La cosa più bella era quando noi del primo lotto andavamo a sfidare i ragazzi della chiesa con in palio la classica Coca Cola. All’inizio scherzavamo sul fatto che avendo una femmina in squadra eravamo sfavoriti, ma quando poi vincevamo ci divertivamo troppo. Mi apprezzavano, non mi hanno mai mancato di rispetto. Solo chi non mi conosceva a volte faceva le classiche battute del tipo ‘maschiaccio’ o cose così. Nella Nuova Milvia non ho mai avuto problemi, anzi ero anche il capitano, mi volevano bene ed ero veramente felice. Erano le squadre che incontravamo o i genitori degli avversari che ogni tanto creavano qualche situazione antipatica. Contro l’ignoranza si può fare poco purtroppo. Il bambino in fin dei conti è puro, non vede la differenza. È più quello che si ascolta dai genitori che crea dei pregiudizi e condiziona i comportamenti”.

Fino a che età hai giocato con la Nuova Milvia?
“Fino a 14 anni. Nell'ultima partita il Mister mi sostituì e i genitori dei compagni di squadra tirarono fuori uno striscione per me che diceva ‘In bocca al lupo indomabile capitano’. Mi scrissero anche una lettera bellissima che ancora conservo”.

Quando sei entrata per la prima volta in una squadra femminile?
“Sono entrata grazie a Giampiero Serafini nella Roma CF che a quell’epoca giocava in Serie B. La mia partita è stata il derby contro la Lazio in Coppa Italia. Mi fece esordire come centrocampista centrale. Il passaggio al calcio femminile è stato strano all’inizio perché ero abituata a giocare forte, i contrasti con i maschi o li facevi a mille o rischiavi di farti male, dopo ogni partita mi faceva male tutto. Nelle prime tre partite ho preso tre ammonizioni. Ma anche lì ho trovato un gran gruppo, nell’arco di tre anni siamo salite in serie A. In squadra con noi c’era Gioia Masia che per me è stata un modello, il mio idolo. L’ho seguita sempre in ogni insegnamento che mi ha dato. In carriera ha vinto tanto ed era una giocatrice di un’eleganza fuori dal comune”.

Nel calcio maschile invece chi era il tuo modello?
“Cafu. Dopo quei tre sombreri a Nedved come fai a non amarlo? Un altro giocatore che ammiravo tanto era Alessandro Nesta con le sue magnifiche scivolate, nonostante fosse della Lazio”.

E la Roma come la seguivi?
“Mio padre molte volte mi portava allo stadio, ma la cosa più bella era quando ci radunavamo tutti insieme con gli zii e i cugini a vedere le partite a casa, anche in dodici persone a fare un macello allucinante. Erano le giornate più belle per me. Quando si perdeva un silenzio di tomba e quando si segnava si spaccava casa. Bellissimo”.

Qual è prima partita che hai visto all’Olimpico?
“Ero piccola, mi sembra che fosse un Roma-Parma ma non ricordo il risultato. Ricordo solo di aver visto tutto lo stadio giallorosso, l’inno, le bandiere, tutti che si alzavano e cantavano. Questo mi è rimasto impresso, il tifo romano, il calore, i colori, era una festa”.

Tornando alla tua carriera, a 21 anni hai lasciato Roma per approdare alla Sassari Torres.
“Sì, sono andata in quella che è tuttora la squadra più titolata d’Italia. Ho dovuto lasciare casa perché la Roma CF era fallita, quindi o rimanevo in Serie C o me ne andavo. Non è stato facile andare via da Roma. Sono andata a Sassari senza conoscere nessuno, senza un punto di riferimento. Dall’altra parte del mare, con un aereo o una nave da prendere per raggiungere casa. Nella mia prima notte lì ho pianto. Poi però la passione per il calcio mi ha fatto andare avanti pensando ‘Daje Eli’ fatti forza, fai quest’anno e poi si vedrà’. E invece mi sono innamorata della Sardegna, che con il suo mare mi ha cambiato la vita. In più con gli allenamenti di primo pomeriggio con il sole era un’altra vita, con la Roma CF ci si allenava sempre di sera. C’è stato un assaggio di vita professionistica da questo punto di vista. C’erano però altre lacune come ad esempio nel pagamento degli stipendi, ma per fortuna la mia famiglia mi ha sempre sostenuto”.

Come erano le trasferte dalla Sardegna?
“Erano… interessanti. Tranne per le partite più importanti come quelle in casa del Brescia o del, Tavagnacco, per le altre la sveglia era alle 4:00 di mattina. Si prendeva l’aereo delle sei e mezza da Alghero. All’arrivo ci scappava un giro al centro commerciale dell’aeroporto poi si andava belle fresche al campo, partita e ritorno in serata. E nonostante questi ritmi siamo riuscite a vincere uno Scudetto e una Supercoppa nel 2013. Ed è arrivata anche la mia prima convocazione in Nazionale”.

A quel punto ti sei resa conto di essere davvero diventata una calciatrice di alto livello.
“Sì, con la Torres ho fatto un grande passo anche a livello di mentalità di fame di vittoria. Mi allenava Manuela Tesse, anche lei è stata una grande giocatrice. Tra noi c’era un rapporto di odio e amore perché mi da una parte mi massacrava dall’altra mi apprezzava tanto. Era un difensore e infatti mi ha insegnato tanto. Poi avevo accanto persone come Betta Tona, Patrizia Panico, Daniela Stracchi, Silvia Fuselli, Giorgia Motta. Senza dimenticare tutte le altre compagne”.

Dopo la Torres, hai giocato un anno al Mozzanica. Com’è andata lì?
“Non è andata bene. La società mi trattato benissimo, ma ho fatto veramente fatica a livello di clima. Passare dal mare della Sardegna al freddo del nord è stato duro. Dopo invece è arrivata un’altra bella tappa della mia vita alla Fiorentina. Anche Firenze mi ha conquistata. Sono cresciuta e anche lì ho vinto uno Scudetto e il fatto che per il club fosse il primo ha reso il tutto ancora più straordinario. La Fiorentina è stata la prima squadra professionistica a entrare nel mondo del calcio femminile e lì ho scoperto tante compagne con le quali ho ancora un bellissimo rapporto come Alia Guagni, mia compagna di stanza in Nazionale. Lasciare Firenze è stata decisione difficile, ma visto che l’alternativa era la Roma, ha vinto il cuore. Il ritorno a casa dopo sette anni”.

Quando hai capito che la possibilità di venire alla Roma era concreta?
“La voce girava da febbraio ma ho preferito evitare di pensarci per rispetto della squadra in cui ero e per non crearmi illusioni. A fine campionato sono stata contattata e non ci è voluto molto per convincermi. L’unica incertezza era dovuta al fatto che in estate sarebbe arrivato il Mondiale. Ma non mi piace salire su un treno in corsa. Ho scelto di prenderlo sin dall’inizio. Roma è casa mia e vincere alla Roma sarebbe come vincere dieci scudetti altrove. In più c’era e c’è un progetto importante, sul quale la Società sta lavorando seriamente”.

Come vivi il ruolo di capitano?
“Quando me l’hanno proposto ho fatto fatica ad abituarmi all’idea. Per via di come sono fatta, introversa, di poche parole, una persona che fa fatica a relazionarsi. Mi sono fatta tante domande, se fossi all’altezza o meno ma alla fine mi sono convinta. Esperienza, cuore, passione e grinta non mi mancavano e avrei potuto provare a trasmetterle alle mie compagne. Quindi ho accettato, anche come passo di crescita personale. E poi c’era il sogno: essere capitano della Roma, della mia squadra, della squadra della mia città”.

Come ti senti a far parte di una generazione che sta attraversando un momento di svolta per il calcio femminile?
“Il motore che ha portato avanti il nostro movimento è la passione. Finire gli allenamenti alle 10 di sera, tornare a casa alle undici, rialzarsi alle sei di mattina per andare a scuola oppure far convivere un lavoro con tutto questo. Senza una grande passione non avrei lasciato la mia città e la mia famiglia, non avrei accettato di essere pagata per 10 mesi in tre anni. Che cosa mi spingeva a proseguire? L’abbraccio con le compagne, gli occhi lucidi di mio padre che prende il traghetto per venire a Sassari a vedere la vittoria di uno Scudetto. Tutti i sacrifici, tutte le gioie io me le porto ancora dentro. Per le ragazze di oggi fortunatamente tutto è più alla portata, ci sono strutture migliori, organizzazioni e società più solide. Prima c’era tanta volontà ma le possibilità erano poche. Ora il calcio femminile si sta avvicinando un po’ a quello maschile ma valori come spirito di sacrificio, umiltà, e determinazione non devono mai essere persi”.

Come vivi il fatto di poter rappresentare un modello per le ragazze che si avvicinano al calcio?
“Ricevo tanti messaggi di bambine che mi prendono come esempio e questa è una cosa veramente bella e anche una grande responsabilità. Mi arrivano lettere con parole bellissime, che mi fanno venire i brividi. È un premio per i sacrifici fatti”.

E come vedi le nuove generazioni di calciatrici?
“Mi baso su quanto vedo nelle ragazze nostre della scuola calcio e della Primavera che hanno veramente un gran bel livello tecnico e tattico, sono molto più preparate di quanto lo fossimo noi alla loro età. Quello che spero veramente che non si perda quella fantasia che ancora vediamo in campo e che magari rischia di essere sacrificata per la preparazione atletica e tattica. Un po’ come nel calcio maschile, l’estro di giocatori come Roberto Baggio, Francesco Totti, Ronaldinho, Ronaldo è più raro da trovare in un calcio sempre più fisico”.

Com’è il tuo rapporto con Betty Bavagnoli?
“È un bellissimo rapporto, di stima, di rispetto, anche di amicizia. Non ho mai avuto a che fare con una persona così pacifica. Anche quando si arrabbia è elegante. Io invece sono molto impulsiva ma mi basta che lei dica ‘Elisa calma’ per frenare gli istinti. Abbiamo un bel dialogo, un elemento importantissimo all’interno di una squadra. Sono davvero felice di aver trovato un’allenatrice come lei e spero che mi accompagni ancora per tanto tempo”.

Parlando del Mondiale dello scorso anno, quali sono i ricordi più belli che hai?
“Sono tanti. Il primo è quando sono stata sostituita in Italia-Brasile e ho fatto il giro dello stadio per arrivare alla panchina. Tutti si sono alzati ad applaudirmi ed è stato uno dei momenti più belli della mia vita. Non me lo aspettavo e non lo dimenticherò mai. Anche la fine è stata bella. Abbiamo perso con l’Olanda ma è in quel momento che abbiamo realizzato quello che avevamo fatto. Eravamo tra le prime 8 del mondo ed eravamo l’unica squadra di atlete dilettanti. È stato bellissimo anche ricevere la chiamata di mio cognato e dei miei genitori che mi descrivevano l’attesa che c’era in Italia per le nostre partite che mi ha fatto ripensare a quella che vivevo io da tifosa durante i Mondiali maschili. E un’altra cosa che mi ricorderò per sempre sono tutte le persone che mi hanno scritto, dalla bambina all’uomo adulto, alla signora. L’idea di avere unito tutto il Paese mi dà una grande emozione”.

E l’emozione dell’esordio?
“Anche quella non la dimenticherò mai. Il primo Mondiale, a 28 anni. Al momento dell’ingresso in campo contro l’Australia eravamo sotto 1-0. Avevo il cuore a mille e pensavo: ‘Mo’ entro e spacco tutto!’. Vincere al 90’ poi è stata un’esplosione indescrivibile. Quella notte non ho dormito, ripensavo solo alla partita, ai messaggi ricevuti, agli abbracci, ai sorrisi, ai cori sul pullman al ritorno. Spettacolare”.

Venendo all’attualità e a questo prolungato periodo di isolamento, cosa ti manca di più della vita normale?
“Tutto. Mi manca anche andare a prendere un caffè al bar. Mi mancano la mia famiglia, il mio cane, le mie amicizie. Mi manca il pallone, ridere, scherzare e sudare con le compagne. Mi mancano i sorrisi, gli sguardi di intesa. Mi manca la libertà”.

La giornata come ti si svolge? Hai un programma di allenamenti personalizzato?
“Sì, la Roma ci manda i programmi. In questa settimana abbiamo svolto sessioni doppie tranne la domenica in cui ne facciamo una singola. Riceviamo anche video per lo svolgimento corretto degli esercizi fisici e di tecnica e anche filmati di partite da studiare ed analizzare. Sto sfruttando ogni angolo di casa per allenarmi, per restare in forma”.

Approfittando del momento di interruzione che bilancio fai del percorso svolto della Roma in questo anno e mezzo.
“Sicuramente veniamo da un anno di crescita con l’interruzione che è arrivata forse nel nostro momento migliore a livello di organizzazione, di sistema di gioco, di intesa. Spero che questo percorso riprenda da dove si è fermato e spero che questo avvenga il prima possibile, in condizioni di sicurezza ovviamente. Siamo ancora in lotta per il secondo posto, per la Coppa Italia e siamo una squadra in cui quasi tutte le giocatrici segnano: questo dà l’idea della bontà del nostro gioco. In più siamo un bel gruppo, in cui tutte si sacrificano per le compagne. Dobbiamo continuare su questa strada e crescere sempre di più”.

 


FIGC, Gravina: "Possibile ripartire il 17 maggio, ma è solo un'ipotesi"

Gabriele Gravina, presidente della FIGC, è stato intervistato dalla Rai per il programma La Domenica Sportiva per spiegare il futuro della stagione calcistica. Questo un estratto delle sue parole:

"Finire i campionati a settembre od ottobre? Si tratta di un'ipotesi. Al momento una possibile data per ripartire potrebbe essere quella del 17 maggio, ma ci tengo a precisare che è solo un’ipotesi. Chiudere la stagione sarebbe il modo migliore non solo per non compromettere la stagione 2019/2020, ma anche per evitare di compromettere in ogni modo la stagione 2020/2021".