De Rossi al CorSera: "Mi piacerebbe tornare alla Roma un giorno. Ora cerco un progetto stimolante"
Daniele De Rossi ha rilasciato un’intervista al Corriere della Sera in cui ha raccontato anche la sua esperienza a Roma da allenatore.
De Rossi, togliamoci subito il dente: ma che era successo?
“Non deve chiederlo a me. Avevamo impostato un progetto di lungo periodo. Nella mia testa c’era l’idea di crescere insieme a una squadra giovane e alcuni giocatori più esperti con l’obiettivo di lottare per lo scudetto nel 2027, l’anno del centenario. E invece…”.
E invece la sua stagione è durata appena quattro partite e tre punti.
“So che nel calcio senza i risultati il tempo non te lo dà nessuno, ma tutto è stato accantonato davvero troppo presto. Le stagioni ormai cominciano a metà agosto, noi abbiamo fatto il ritiro con 16 ragazzi della Primavera, il mercato aperto e la squadra ancora tutta da costruire. Gli ultimi 4-5 acquisti li ho allenati solo per pochi giorni”.
Per diversi mesi la Roma non ha voluto più vederla neanche in tv.
“In quel momento per me era fonte di sofferenza. Se una donna che ami alla follia ti lascia, non riesci a guardarla camminare felice, mano nella mano, con un altro uomo. Ma ormai è passato: sono tornato a vedere la Roma e ad essere contento delle sue vittorie”.
Ha mai pensato: i risultati di Ranieri li avrei raggiunti anche io?
“No, perché nessun tecnico è uguale a un altro. Certamente l’intelligenza, l’esperienza e il pragmatismo di Ranieri sono stati fondamentali in quel momento. Posso solo dire che le mie emozioni vedendo l’Olimpico pieno di bandiere contro il Bilbao in Europa League, non sono state inferiori alle sue. Avrei voluto essere lì in mezzo a quel mare giallorosso: è stata una delle manifestazioni più belle, nella sua semplicità, che una tifoseria abbia mai messo in scena. Nessuna coreografia artificiale: ognuno con una bandiera mezza giallo e mezza rossa, come quando si era bambini”.
Lei ha ancora un contratto per due anni.
“Sì, ma spero di farne presto uno con un altro club. Il contratto non è un vincolo per me”.
Come considera la regola che impedisce a un tecnico esonerato dopo poche partite di poter allenare un’altra squadra in A?
“Sbagliatissima: tutto il mondo ha regole diverse. La mala-burocrazia che spesso ferma il Paese esiste anche nel calcio. Prendere un patentino di allenatore è come scalare l’Everest e una persona “normale” non può farlo se non ha una carriera nel calcio alle spalle: perché? E perché un proprietario non può far guidare la propria squadra a chi vuole lui? Per non parlare degli stadi che non si riescono a costruire”.
Parliamone invece…
“A Roma c’è chi vorrebbe bloccare il progetto dei Friedkin da un miliardo per difendere una mini area abbandonata dove sono cresciuti alcuni alberi. Lo stadio a Tor di Valle saltò anche per salvaguardare una sconosciuta tribunetta storica semi distrutta dove bivaccavano i topi nella sporcizia. Questa per me è follia. Anche il progetto di Lotito sul Flaminio, inutilizzato da anni, incontra difficoltà. Paesi meno ricchi e sviluppati del nostro hanno impianti migliori. Tutto per colpa della burocrazia”.
Cosa ha lasciato lei alla Roma?
“Un gruppo sano, una dedizione al lavoro. E alcune giuste intuizioni”.
Ha lanciato Svilar, fatto prendere Angelino, Soulé, Koné. C’è qualche altra intuizione che le è stata negata?
“Sì, ma capita a tutti i tecnici. Non bisogna ricordare solo quello che ci fa comodo: io avrei puntato sul rilancio di Moise Kean, ma ho anche detto no a Retegui, poi capocannoniere”.
Cosa cerca adesso?
“Un progetto stimolante, una piazza passionale che viva per il calcio e dei dirigenti che abbiano una grande voglia di lavorare con me”.
Riassuma il suo calcio in tre concetti.
“Capacità di fare gli uno contro uno in ogni zona del campo, coraggio e un’organizzazione che consenta di dominare il gioco”.
I tecnici che l’hanno influenzata di più?
“Spalletti, Luis Enrique e Conte, ossessionato dalla vittoria”.
Il rimpianto?
“Non aver vinto uno scudetto con la Roma ed essere arrivato al Boca Juniors troppo tardi”.
Il sogno?
“Trovarmi a 70 anni felice della carriera da tecnico come oggi lo sono di quella da calciatore”.
L’incubo?
“Che il mio sogno possa allontanarmi troppo dalla mia famiglia”.
Ci saranno mai altri due come Totti e De Rossi nella Roma?
“Magari ce ne saranno due meno innamorati della Roma, ma che vinceranno più di noi. Più forti di me ci saranno, di Francesco la vedo dura”.
E’ un peccato non vedere Totti nella Roma…
“Mi spiace, ma capisco la ritrosia dei presidenti quando si avvicinano alle bandiere dei club. Non è facile gestire figure così ingombranti: ti danno lustro ma se vanno via lo stadio ti si rivolta contro”.
In programma la terza offerta per Svilar e i tifosi inondano i social: "Rinnovatelo"
La richiesta del portiere è di 3.5 milioni più bonus, rifiutate le prime due proposte della Roma. Svilar e la Roma però vogliono continuare insieme.
Fonte - ilromanista
Gasp-Roma ci siamo, oggi via dalla Dea
L’incontro a Firenze ha portato alla fumata bianca: Gian Piero Gasperini sarà il prossimo allenatore della Roma. Inutili il tentativo della Juventus, respinto sul nascere, e la mozione degli affetti dei tifosi atalantini. Pronto un triennale. Contratto da 5 milioni più bonus a stagione, Ranieri ha scelto il suo erede al trono. A Bergamo gli hanno chiesto di restare ma nelle prossime ore ci sarà l'addio.
Fonte - ilromanista
Ha scelto la Roma
Gasperini ha accettato l'offerta: contratto di tre anni.
Gian Piero si è sentito centrale nel piano di rilancio che i Friedkin e Ranieri gli hanno esposto durante l'incontro di giovedì a Firenze: ora attende l'ok dell'Atalanta. Inutile il tentativo di Chiellini di portarlo alla Juve.
Fonte - corsport
Dai prestiti alle delusioni: ecco una Roma in uscita
Alcuni giocatori hanno lasciato Trigoria e altri rischiano il taglio estivo.
Hummels smette, Nelsson rientra dal prestito, Baldanzi, Cristante e Dovbyk possono partire.
Fonte - corsport
Roma, c'è Abraham. E se servisse ancora?
Saelemaekers per ora è stato bloccato da Tare al Milan.
Lo scambio pattuito ad agosto non si concretizzerà, il centravanti inglese piaceva anche a Gasperini. Tammy Abraham però dovrebbe riconquistare i tifosi che lo hanno fischiato in questa stagione a Milano in Coppa Italia.
Fonte - corsport
Si attende l'ok definitivo di Gasperini. La Juventus per ora è solo una suggestione
Dopo l'incontro (positivo) avvenuto a Firenze tra Gasperini, il ds Roma Ghisolfi, Claudio Ranieri e Dan Friedkin, adesso si aspetta la risposta definitiva dell'allenatore, che ha ascoltato i programmi e le potenzialità sul mercato dei giallorossi. Gasp parlerà con l'Atalanta e si prenderà qualche giorno per riflettere. Possibilità Juventus? Per adesso solo una suggestione.
Fonte - SkySport
Il punto G
Gasperini incontra a Firenze la società al completo: Friedkin, Ghisolfi e Ranieri. Il meeting è servito a definire strategie e ambizioni. Ancora fumata grigia, però. Il tecnico ha chiesto 48 ore prima della firma. Proposta triennale da 5 milioni netti a stagione. Sullo sfondo c’è la Juve, ma la Roma è avanti. C’è un futuro da costruire, all’altezza dei sogni dei romanisti.
Fonte - ilromanista
Roma, manca ancora l'ok definitivo di Gasperini
L’incontro di oggi – 29 maggio – tra Ranieri, Ghisolfi, Friedkin e Gasperini è stato positivo, ma ancora non totalmente decisivo. Gian Piero #Gasperini, si è preso 2/3 giorni per dare l’ok definitivo.
Fonte - Gianluca Di Marzio
Indiscrezione de Il Tempo: El Shaarawy ha rinnovato il contratto con la Roma
Il Tempo in edicola oggi: Stephan El Shaarawy ha rinnovato il contratto con la Roma per un altro anno. Sono scattate le condizioni per il rinnovo automatico del contratto in scadenza a giugno, tra poche settimane, grazie al raggiungimento della percentuale di presenze prevista come clausola nel contratto.
Quinti per la quattordicesima volta
Il piazzamento di questa stagione è il secondo più frequente della nostra storia. Dal 1927, più su soltanto in 25 occasioni. Eguagliati classifica e punti del primo Spalletti.
Sono 15 i campionati terminato al sesto posto, tredici quelli chiusi al secondo. il 24.7% delle annate siamo arrivati sul podio.
Fonte - ilromanista
Tommaso Baldanzi a Cronache di Spogliatoio: "Gol e assist punto debole quest’anno"
Tommaso Baldanzi ha rilasciato un’intervista a Cronache di Spogliatoio in cui ha raccontato la sua stagione alla Roma e tanto altro.
Di seguito le dichiarazioni del trequartista giallorosso.
”Non so che pillola abbia usato per noi, ma ha toccato i tasti giusti. Ha riportato serenità e gioco: è stata una figura importantissima per noi, per dove eravamo e per come stavamo. Non credo ci sia stata proprio una chiave e forse proprio quella è la cosa bella. Sapevamo di doverci svegliare. Ci dicevamo: ‘Dobbiamo vincere più partite possibili per salvare la stagione’, non avevamo un obiettivo in particolare. E poi siamo arrivati a giocarci la Champions. Prima c’era tanta tristezza e rabbia. In questo spogliatoio ci sono calciatori veramente forti. Se non arrivano i risultati, già inconsciamente sei arrabbiato, figurati quando sei consapevole della tua forza. Ci siamo parlati più volte, era giusto farlo. Dovevamo dare una svolta. Ci siamo riusciti, non so se più per merito del mister, degli allenamenti o del duro lavoro. La cosa più bella è che abbiamo sempre provato ad uscirne da gruppo. Ranieri mi ha dato tante opportunità, ho sempre sentito la sua fiducia: anche non partendo titolare, ho giocato grandi spezzoni di gara, utili per la squadra e per mostrare le mie qualità”.
Sul rapporto con De Rossi: ‘‘Mi è dispiaciuto molto per l’esonero di De Rossi. È stato lui a portarmi qui, mi ha fatto capire subito quanto mi volesse. Ha dato l’opportunità a un ragazzo di passare da Empoli a una grande squadra come la Roma. Lavoravamo tanto insieme, sentivo quanto credesse in me. Si era speso molto per portarmi alla Roma. E poi era stata la prima persona che avevo conosciuto qui. Venendo da un posto piccolo come Empoli, il primo giorno in cui sono entrato a Trigoria, ho detto: ‘Oddio, 400 persone. Lavorano tutte qua?’. Mi è servito un attimo, mi sono sentito spaesato. E lui c’è stato per me”.
Sul rapporto con Paulo Dybala: ”È una persona d’oro, davvero, oltre che il più forte con cui abbia giocato. Vorrei anche vedere…! In passato avevo detto che, paragonato a Dybala, in una scala da 1 a 10 io non c’ero proprio: ora forse qualche passo avanti l’ho fatto, siamo a due forse! Fare l’esordio entrando al suo posto è stato magico: avevo già giocato all’Olimpico contro la Roma, ma quando quella gente è dalla tua parte fa ancora più impressione. A settembre ho segnato il mio primo gol in giallorosso contro l’Udinese: volevo esplodere tutta la mia gioia sotto la curva, ma il momento era un po’ particolare. Ho pensato: ‘Forse è meglio di no’. Però gol e assist sono stati il mio punto debole quest’anno: ho fatto belle prestazioni, ma a livello personale avrei voluto fare di più”.
Sul vivaio dell’Empoli: ”Noi ci scherziamo, ma il vivaio di Empoli è come un forno: ogni anno escono ragazzi fortissimi. Anche lì, non so quale sia la pillola giusta, ma il lavoro che fanno con il settore giovanile è incredibile. Ci sono persone, anche anziane, che curano tutto in maniera maniacale e il presidente Corsi è fantastico per questi aspetti. Empoli è una piazza perfetta per un giovane: ti danno la possibilità di crescere, di sbagliare. Altrove sarebbe molto più difficile emergere e alla lunga potrebbe penalizzarti. È stato un onore crescere in quel vivaio: mi hanno insegnato a stare al mondo. Sono stati 13 anni di pura gioia. Alcuni sono stati come dei secondi padri per me, li ringrazierò per sempre”.
E ancora il soprannome che gli aveva dato Buscé, ‘il piccolo Buddah’, fino alle vittorie e ad Asllani: ”A Empoli mi chiamavano ‘il Piccolo Buddha’. Era un soprannome che mi aveva dato mister Buscé in Primavera. Non sono mai riuscito a darmi una spiegazione. Me lo continuo a chiedere anch’io. In realtà, un motivo c’è, ma non l’ho mai capito. Con il mister ho avuto sempre un rapporto bellissimo, ci sentiamo ancora molto spesso. Insieme abbiamo vinto due Scudetti: il primo con l’U16. Ricordo ancora un suo discorso: ‘Tommy, devi credere di più in te e nei tuoi mezzi perché sei veramente forte’. Da lì, sono esploso, quelle parole mi hanno aiutato molto. E poi anche con la Primavera dove ho fatto in finale una doppietta all’Atalanta: si è chiuso un ciclo. Era un gruppo bellissimo, molto unito. Ci divertivamo davvero tanto. Nessuno avrebbe mai scommesso un euro su di noi, è stata una cavalcata stupenda. È stato bello finire in quel modo, prima che ognuno prendesse la sua strada. A Empoli condividevo la stanza con Asllani: abbiamo un bellissimo rapporto, ci sentiamo spesso, ma ancora non gli ho scritto per la finale di Champions. Non volevo rompergli. Gli voglio davvero bene, ma aveva un grande difetto: non sentiva le sveglie. Le fissava un’ora e mezza prima, così un giorno non ce l’ho fatta più e gli ho detto: ‘Fermati, fermati! Le metto io e ti chiamo’. Me lo ricordo ancora”.
Il gol a San Siro contro l’Inter e la scelta del 35 come numero di maglia: ”Quando ho segnato a San Siro contro l’Inter non ci ho capito davvero più niente. Fare gol in uno stadio del genere è il sogno di ogni ragazzino. E poi non ha prezzo: quel gol ci ha fatto vincere la partita avvicinandoci al nostro obiettivo. La maglia numero 35? Ci sono molto legato adesso, ma all’inizio non c’era un vero e proprio motivo. Ero con i magazzinieri dell’Empoli, dovevamo sbrigarci e scegliere velocemente il numero perché dovevo andare in panchina. C’erano il 32, il 33 e il 35. Ero indeciso: ‘Non lo so, boh’. E uno di loro: ‘Dai, metto il 35’. L’anno dopo, quando ero in pianta stabile in prima squadra, gli ho detto: ‘Eh ormai avete deciso, mettete il 35’. C’era libero anche il 10, il mio numero preferito da bambino, ma ero sicuro: ‘No, abbiamo deciso il 35. Andiamo avanti con quello’. E quindi a Roma è venuto da sé prenderlo”.
Dall’infanzia al tatuaggio per il nonno: ”Sul braccio sinistro ho tatuato mio nonno e la scritta ‘You’ll never walk alone’. Non c’entra nulla il Liverpool, ma è una dedica a lui. Era l’unico un po’ appassionato di calcio. Mio padre ha giocato a basket, mia mamma non ci ha mai capito nulla. Ogni giorno mi portava a giocare, poi purtroppo se n’è andato. Ho dei ricordi incredibili con lui, per questo ho deciso di tatuarmelo. Ero un bambino difficile da gestire, un po’ agitato. Non mi piaceva la scuola. Ma non avevo neanche un idolo, un modello da emulare: sognavo semplicemente di riuscire a giocare a calcio. Non avrei mai immaginato di arrivare in una squadra del genere. Al massimo speravo di fare qualche presenza in Serie A. So di aver raggiunto un obiettivo molto difficile, che in tanti sognano. Ma non ‘ce l’ho fatta’ ancora”.
Il rapporto con Edoardo Bove: ”Io ed Edoardo siamo amici anche fuori dal campo. Mi ha aiutato tantissimo dal primo istante in cui ho messo piede a Roma. Ha pensato a tutto lui. Mi diceva: ‘Ti serve uno per trovare casa? Chiama qui. Oppure vuoi un ristorante? Vai qui, fidati’. Io venivo da un paesino piccolo, con due ristoranti. Figuriamoci”.
Sulla Nazionale e sugli Europei in arrivo: ”EURO2025 Sarà un torneo difficile, dopo un’annata pesante e contro squadre molto preparate. Anche qui, siamo a fine ciclo: dal prossimo anno non ci saremo più. A patto che ovviamente non ci chiami la Nazionale maggiore: sono stato convocato dal CT Mancini per lo stage, è stato molto bello ed emozionante. Ci teniamo a far bene: abbiamo sempre disputato delle grandi amichevoli o ottime partite nella fase di qualificazione. Ora vogliamo arrivare il più lontano possibile, non dico altro. Con l’U20 siamo arrivati in finale nel Mondiale del 2023 contro l’Uruguay: vorrei cancellare quella partita dalla mia testa. È stato un peccato, perché eravamo un gruppo in cui nessuno credeva: con il campionato ancora in corso, molti non erano potuti venire. Eppure abbiamo fatto benissimo, ci divertivamo, eravamo molto uniti perché siamo cresciuti insieme. È mancata davvero solo la finale”.