Cicinho: "La Roma non sapevo del mio problema, non ne parlavo con nessuno"
Cicinho, ex giocatore della Roma dal 2007 al 2012 con due parentesi in prestito al San Paolo ed al Villareal, ha parlato del suo trascorso giallorosso ai microfoni di gianlucadimarzio.com:
La carriera?
“Ho avuto la fortuna di vincere con il Real Madrid, la Roma e il Brasile, ma il momento migliore resta la vittoria a Tokyo per 1-0 contro il Liverpool. Conservo quell’immagine nel cuore”.
I trofei con la Roma?
“La gioia dei tifosi non posso dimenticarla. Mi sorprende sia l’ultimo trofeo vinto (Coppa Italia 2007/2008, ndr) perché hanno sempre avuto grandi squadre con Totti, De Rossi e molti altri. Mi sento privilegiato, ho inciso il mio nome nella storia della Roma”.
I problemi con l'alcool?
“Giocare in Italia era un sogno, il mio amico Doni mi chiamò insieme a Totti. La Roma non mi ha aiutato, ma perché non sapeva nulla del mio problema. Non ne parlavo con nessuno. Tornavo a casa da Trigoria e mi mettevo a bere birra e fumare. Mi allenavo sempre, però non avevo voglia di giocare. Guardavo la convocazione: se c’era il mio nome bene, altrimenti andava bene comunque”.
Capello: "Alla Roma ho dovuto fare una rivoluzione, cancellare quello che era consuetudine"
VIRGINIA RIFILATO - Fabio Capello, ex allenatore della Roma vincitrice dello scudetto 2001, ha parlato del suo passato in giallorosso ai microfoni di Sky Sport:
Dzeko?
"Il carattere di van Basten l'ho trovato in Ibrahimovic, Dzeko ha qualità, tecnicamente però Van Basten aveva qualcosa di più, però Dzeko è uno di quei giocatori, in questo momento, a livello di attaccante, che ha qualche cosa di simile".
Il segreto del tuo successo con la Roma è stato quello di aver messo in discussione tanti principi che valevano prima di te in una città come Roma?
"Sono d'accordo. Ho dovuto fare una rivoluzione, tutto quello che era consuetudine l'ho cancellato. Ho dovuto fare tutto completamente nuovo. Erano abituati a lavorare in una certa maniera, c'era pigrizia nello spogliatoio, tanto per raccontare un fatto per capire come fossero abituati i giocatori: Sensi mi porta a Trigoria a vedere gli impianti, mi fa vedere le camere e non erano il massimo della vita, poi mi fa vedere quelle del settore giovanile. Dissi al presidente che la prima squadra avrebbe dormito nelle camere del settore giovanile e viceversa. Ci ritroviamo dopo la preparazione e i giocatori mi chiedono del perché non fossero più nelle vecchie camere, in quanto comode per scendere direttamente negli spogliatoi. Ho risposto che fosse meglio andare nelle stanze nuove con l'aria condizionata. Ecco c'era la pigrizia di fare 50 metri per andare negli spogliatoi, tanto per capire com'era la mentalità della squadra. Ho dovuto lavorare con questo e su quello che era stata la forza e il problema di Roma: le radio. Nella prima conferenza stampa dissi che avrei parlato solo con le radio nazionali, non quelle del GRA".
È vero che non hai avuto un buon rapporto con Totti?
"È una leggenda metropolitana. Con Totti non ho mai avuto nessun problema, l'ho sostituito una volta contro la Juventus. Forse gli chiedevo di più, di essere meno romano, nel senso di essere meno pigro, lui poteva fare tutto e di più. Mai messo in discussione né la forza né la qualità del calciatore, anche il rapporto umano, anzi se devo dire una cosa, oggi la racconto, consigliai a Totti questo: non regalare i soldi al procuratore. Gli dissi che uno come lui, con un commercialista, un avvocato per fare i contratti ed era ok. Un giocatore del genere non ha bisogno del procuratore secondo me".
Senza soci Friedkin si ferma
IL TEMPO - AUSTINI, BIAFORA - Si raffredda l’asse tra Boston e Houston. Con la pubblicazione della semestrale la Roma ha ufficialmente confermato che la trattativa tra Friedkin e Pallotta non è ancora tramontata definitivamente ed è rallentata per effetto della diffusione del Covid-19, ma l'affare ha imboccato una strada in salita e sono giorni di profonde riflessioni. L'imprenditore texano ha per il momento ridotto al minimo i contatti con la controparte - qualche telefonata è andata in scena la scorsa settimana - dopo essere stato vicino a diventare il secondo proprietario statunitense della storia della società capitolina. Emerge ora un retroscena inedito sulla trattativa: alcuni fondi d'investimento europei avevano deciso di affiancare l'imprenditore texano nell'operazione. Si era arrivati a un passo dalle firme, poi lo stop dovuto alla pandemia. E i danni conseguenti per la Roma e l'economia mondiale. A complicare ulteriormente l'esito del deal va registrata la difficoltà di Friedkin di confermare la presenza al suo fianco di soci di minoranza. L’attuale situazione di incertezza sul futuro del campionato e sui conti della Roma non scalda gli animi di possibili investitori, in generale poco propensi ad accettare di completare una trattativa sulle cifre ventilate da Pallotta anche negli ultimi tempi: il presidente giallorosso ha fatto sapere ai soci di minoranza all’interno di AS Roma Spv Llc (la controllante), che hanno intentato una class action contro il patron giallorosso, che un punto di svolta per il ritorno sul loro investimento è rappresentato da un prezzo di cessione superiore ai 640 milioni. L'intenzione del gruppo Friedkin è invece di rivedere notevolmente le cifre precedentemente stabilite (c’è da riorganizzare anche la struttura dell'eventuale acquisto): la nuova valutazione fatta in Texas del pacchetto Roma si aggirerebbe intorno ai 450 milioni, ma bisogna capire fino a che punto sarà disposto a scendere sul prezzo Pallotta. Nel frattempo si è iniziato a muovere il mondo della finanza, alla ricerca di una possibile alternativa al gruppo texano. Lo scorso ottobre era stato dato mandato a Goldman Sachs di trovare una soluzione per permettere a tutti gli investitori di uscire dall’affare Roma e ora la banca d'affari sta sondando il terreno nei mercati internazionali: l’esplorazione, effettuata anche sugli imprenditori italiani, non ha fino adora dato i frutti sperati. Intanto questa mattina a Trigoria riprenderanno gli allenamenti individuali dopo i tre giorni di visite mediche, svolte direttamente all’interno del centro sportivo. «Abbiamo diviso la squadra in gruppi, che si alterneranno in tre turni nel corso della mattinata. Su ogni campo ci saranno solo quattro calciatori e un membro dello staff tecnico, con un medico e un fisioterapista, oltre a un portiere che farà un lavoro specifico. Dopo l'allenamento i calciatori andranno subito a casa» le parole di Zubiria. Intanto il club dovrà vedersela in tribunale con il Newell's Old Boys: gli argentini hanno presentato una denuncia presso la Camera di Risoluzione delle Controversie della Fifa in merito al trasferimento di Ponce e Romagnoli allo Spartak Mosca. L'accusa è di aver aggirato la clausola sulla futura rivendita fissata sul centravanti inserendo nell’operazione il portiere, ceduto ai russi per 3 milioni di euro.
Stadio della Roma, rinviata la vendita dei terreni di Tor di Valle a Vitek
Brutte notizie per quanto riguarda la realizzazione del futuro Stadio della Roma. E' infatti saltata la vendita dei terremi di Tor di Valle a favore del gruppo guidato da Vitek.
La conferma arriva da Martin Nemecek, CEO del CPI Property Group, ai microfoni del giornale E15:
"L’operazione è rinviata. Abbiamo discusso, ma non abbiamo assunto alcun impegno. Alle condizioni finanziarie di cui avevamo parlato, non è possibile concludere l’accordo".
AIC, Tommasi: "La soluzione ora non c'è. Da chiarire la scadenza dei contratti"
Damiano Tommasi, presidente dell'AIC, ha parlato della ripresa degli allenamenti ai microfoni di Radio Kiss Kiss Napoli:
"Con l'inizio della Fase 2 si prova a vedere un po' di luce. I nostri comportamenti avranno conseguenze tra 15 giorni, per cui attenendoci alle indicazioni del Comitato Tecnico Scientifico, la speranza è che la luce sia ancora più chiara in futuro. La soluzione ora non c'è. La nostra attenzione è rivolta alle fasce di reddito più basse e alla salute degli atleti. Al di là dell'aspetto della sostenibilità e tutti i conti che si stanno facendo, sicuramente ci sono da tener presente le categoria non professioniste che hanno atleti che però svolgono come professione il calcio. Siamo in contatto con gli altri sindacati europei e di tutto il mondo per la salute, uno dei temi che più ci sta a cuore. La FIFA ha sciolto i dubbi. Se le Federazioni allungano la stagione i calciatori potranno andare anche oltre la scadenza dei contratti. Ma da un punto di vista contrattuale, è complicato intervenire. È uno dei temi che non è stato ancora ben chiarito. Ci sono anche calciatori di Serie B e Lega Pro che hanno contratti in scadenza, per cui è bene che venga data una soluzione uguale per tutti, senza disparità di trattamento. La FIFA ha dato quest'apertura per allungare le stagioni, quindi dal punto di vista sportivo questo tema è superato. Ma c'è da capire dal punto di vista contrattuale".
Cervone: "Se si può si deve chiudere la stagione sul campo. Spero arrivi Friedkin"
Giovanni Cervone, ex portiere della Roma dal 1989 al 1997, ha parlato della sua ex squadra e della possibile ripresa del campionato ai microfoni di TMW Radio:
La preoccupa il futuro della Roma?
"Sicuramente non è una situazione semplice. Tutti erano sicuri, prima che esplodesse la pandemia, che Pallotta vendesse. Si parla di un tetto d'ingaggio e cessioni importanti, compresa quella di Dzeko, non ti fanno pensare ad un futuro positivo. Tutto però può cambiare da un momento all'altro. Tutti erano pronti a ripartire con un'altra proprietà. Se dovesse rimanere Pallotta, non deve smantellare quel poco di buono che si è creato. Friedkin? Spero arrivi".
Teme possa perdere Zaniolo e Pellegrini?
"Da quello che si legge, Zaniolo mi sembra che la Juve sia in pressing. Se dovessero servire i soldi, sicuramente sarà un affare che faranno, come è successo con Luca Pellegrini lo scorso anno. Al di là della volontà del ragazzo, che ha detto che vorrebbe rimanere, se la Juve si presenta con una buona offerta, può andare via. Bernardeschi più soldi? Non so come sta, a Roma serve uno con entusiasmo e voglia. Uno che esce dalla Juve difficilmente accetta volentieri una squadra come la Roma. Ambisce ad andare ad una squadra superiore".
Lei ripartirebbe con la stagione?
"Già ora, se si dovesse ripartire, si deve riprendere in sicurezza. Se si può, si deve chiudere la stagione sul campo".
Si riprenderà a giocare?
"La Germania riparte ma la Francia ha chiuso. In Olanda e Belgio si sono fermati. La UEFA non ha questa forza che tutti pensano. Ha dato un indirizzo ma non tutti lo hanno seguito. E questo mi sembra strano. Se dà una linea, tutti dovrebbero seguirla".
Spadafora, Ministro dello Sport: "Attendiamo il protocollo della FIGC. Non potremmo attuarlo anche ad associazioni minori"
Vincenzo Spadafora, Ministro dello Sport, ha parlato alla Camera circa la possibile ripresa del campionato:
"Calcio? Sta iniziando il vertice tra FIGC e Cts sul protocollo della Federcalcio. Attendiamo i risultati di questa valutazione. Non sarà possibile applicare lo stesso protocollo di Serie A e Serie B ad associazioni minori e dilettantistiche per cui il protocollo sarà diverso. Nel prossimo decreto ci sarà un fondo a disposizione delle società dilettantistiche. Nel Dpcm in vigore dal 18 maggio il mio auspicio è che in quel decreto possa esserci la data certa per la riapertura dei centri sportivi ancora chiusi. Stiamo lavorando in questo senso".
Allenamento Roma; lavoro di corsa, forza e resistenza per riprendere l'attività
Dopo un lungo stop dovuto all'emergenza Coronavirus, la Roma è tornata ad allenarsi a Trigoria e riprendere l'attività agonistica in attesa di scoprire se riprenderà anche il campionato.
I giallorossi si sono ritrovati in mattinata a Trigoria dovo sono stati sottoposti alla misurazione della temperatura (dai 37.5 in su il giocatore sarebbe stato rimandato a casa) ed all'esame dell'ossimetria che calcola la percentuale di saturazione dell'ossigeno nel sangue.
Superati i controlli i giocatori sono stati divisi in tre gruppi che si sono allenati a turno su due campi diversi rispettando le distanze e seguiti dallo staff munito di mascherina e sempre a distanza di sicurezza. L'allenamento si è incentrato sulla corsa, la resistenza e la forza.
Questi i gruppi ed i turni:
Gruppo 1: Ibanez, Fuzato, Juan Jesus, Kolarov, Pau Lopez, Mancini, Santon, Smalling, Veretout e Zappacosta.
Gruppo2: Cristante, Cardinali, Dzeko, Kalinic, Kluivert, Mirante, Mkhitaryan, Pellegrini, Perotti ed Under.
Gruppo 3: Bruno Peres, Perez, Cetin, Diawara, Fazio, Pastore e Spinazzola.
Zaniolo prosegue il lavoro di recupero, sempre all'aperto.
Il primo gruppo è sceso in campo alle 09:30, il secondo alle 10:45 ed il terzo alle 12:00. Tra un gruppo e l'altro sia i palloni che gli elementi usati in allenamento dal gruppo precedenti sono stati igienizzati.
Calvo: “Questa settimana abbiamo distribuito 32 mila mascherine in tutta la città per aiutare a tutelare la salute”
Il COO giallorosso Francesco Calvo ha ringraziato personalmente tutti coloro che hanno aiutato la Roma con donazioni alle iniziative benefiche. Ecco le sue parole riportate da un comunicato del club capitolino:
Concluso l'incontro Figc-Cts: nessun verdetto, nodi tamponi e positività
GAZZETTA.IT - Si è concluso l'incontro Figc e Comitato Tecnico Scientifico per la ripresa. La riunione è durata un’ora e mezza e non c’è stato un verdetto. Sono due i nodi: mancanza di disponibilità di tamponi in alcune zone d’Italia (particolarmente in Lombardia) e soprattutto modalità con cui affrontare il caso di una "positività in corsa" con l’obbligo di quarantena. Ora, la "valutazione" tecnica dovrà intrecciarsi con quella politica. È molto probabile che si debba aspettare ancora qualche giorno per definire il quadro e capire se il campionato potrà davvero riprendere.
Perotti: "Durante la quarantena ce l'abbiamo messa tutta. Voglio tornare a giocare"
Diego Perotti ha rilasciato un'intervista ai canali ufficiali della società giallorossa. Ecco le sue parole:
Chi era Diego da bambino?
“Da bambino ero molto attivo, già da piccolo mi piaceva giocare sempre con la palla. Ho fatto molti sport, mia mamma è insegnante di nuoto quindi ho iniziato con il nuoto e già a quattro anni giocavo a calcio, non riuscivo mai a stare fermo, neanche per guardare la tv, preferivo sempre fare qualcosa in movimento. Ho praticato anche basket e pattinaggio”.
Dove sei cresciuto?
“Sono cresciuto a Moreno, una periferia a Est di Buenos Aires. Vent’anni fa era un posto tranquillo, oggi la mia famiglia e i miei amici abitano ancora lì e ogni anno vado a trovarli. Oggi è diventata una zona abbastanza pericolosa. È peggiorata rispetto a quando ero bambino, come tutta l’Argentina”.
Gli sport che hai praticato li facevi con i tuoi amici o a scuola?
“Basket l’ho praticato per otto anni, dai 4 ai 12. Facevo martedì e giovedì basket, lunedì mercoledì e venerdì calcio. Sabato giocavo la partita di calcio e domenica quella di basket: avevo tutta la settimana occupata. In più c’era il nuoto sin da piccolo. Mia mamma mi ha messo in piscina quando avevo 15 o 20 giorni e già quando avevo due anni riuscivo a nuotare da solo, poi quando a quattro anni ho iniziato calcio e basket ho smesso di fare nuoto, però ho fatto tanti diversi sport nella mia vita”.
A scuola come andavi?
“A scuola andavo bene perché potevo fare quello che volevo dopo scuola solo se andavo bene. Dovevo almeno far vedere a mia mamma che studiavo, altrimenti mi avrebbe tolto lo sport che per me era fondamentale. Su questo aspetto lei era molto dura”.
Che sport seguivi da piccolo?
“Seguivo il calcio. Il basket mi piaceva moltissimo da giocare ma non sono mai riuscito a vederlo in tv, non mi divertiva. Invece il calcio lo guardavo già da piccolo, soprattutto le partite del Boca e quelle importanti dell’Europa. Conoscevo quasi tutti i giocatori, il calcio mi è sempre piaciuto. Poi seguivo la Nazionale. I Mondiali che ho vissuto si giocavano in Europa quindi mi svegliavo presto o rimanevo sveglio per vedere la partita e a scuola mi portavo la radio per sentirle. Il primo Mondiale che ricordo è quello in Francia del ‘98, avevo dieci anni. Quello che mi è piaciuto di più, anche se l’Argentina è andata malissimo, è quello del 2002 in Corea e Giappone. Il fuso orario era sfavorevole, però è stato bello anche per quello, facevamo serata con gli amici o magari ci svegliavamo presto per una partita. L’Argentina è uscita ai gironi ma è stato bello”.
Chi era il tuo idolo?
“Román Riquelme. Quando sono entrato nel Boca avevo dodici tredici anni e lui stava cominciando a giocare in prima squadra, mi sono innamorato subito. Ho provato sempre a fare le sue giocate, anche adesso ogni tanto quando non riesco a dormire e mi metto a guardare i video su YouTube finisco sempre su qualche sua partita o giocata. Al di là dei fenomeni che ci sono oggi, tra quelli ‘normali’ per me è stato il migliore di tutti”.
Qual è stato il passaggio dal praticare tanti sport al concentrarti sul calcio?
“Ho sempre saputo che il calcio era il mio preferito. A basket ero bravo ma lo sport più importante, che mi divertiva di più, che mi faceva emozionare era il calcio. Volevo diventare un calciatore a tutti i costi, ci sono riuscito perché non ho mollato. Quando ero al Boca quasi non giocavo, dopo due anni mi hanno mandato via. Sono andato in diverse squadre a fare la prova e non sono rimasto, non ho avuto un percorso facile. Poi sono arrivato al Deportivo Morón, una squadra di Serie C, e ho iniziato la mia carriera. Sono arrivato lì pensando che almeno avrei giocato e poi ringrazio per tutto quello che è avvenuto. All’epoca pensavo di accontentarmi di entrare in campo in Prima Squadra, che fosse Serie A, B o C volevo sentire quell’emozione e non ho mai mollato”.
Anche tuo padre era calciatore...
“Sì, e finché sono stato al Boca l’ho vissuta come una pressione perché sembrava che stessi lì solo per il fatto che lui fosse al Boca. Quando giocavo con i miei amici e pensavo di essere un fenomeno, poi quando sono andato al Boca a fare il provino mi sono reso conto che mi confrontavo con amici che non sapevano stoppare la palla. Al Boca le cose si sono equilibrate, tanti erano più forti di me, soprattutto nel fisico, io ero molto piccolo. Qualcuno diceva che ero entrato al Boca solo grazie a mio padre. Per due anni ho sentito dire queste cose e alla fine, dato che non giocavo molto, ci ho anche un po’ creduto. Quei due anni sono stati duri ma per me è sempre stato un piacere quando riconoscevano mio padre per strada o quando dicevo come mi chiamavo e si ricordavano di lui”.
Quando hai capito che, dalla Serie C, saresti potuto salire di livello?
“Quando ho iniziato a giocare al Deportivo Morón l’allenatore della prima squadra mi ha fatto fare il ritiro con loro, mi hanno fatto il contratto da professionista. Non ho mai pensato di poter giocare all’estero, non pensavo che avrei mai giocato in Serie A. Poi nel 2007 sono andato al Siviglia B e lì ho iniziato a giocare contro diversi giocatori forti. Non credevo di essere pronto per quei livelli e invece dopo un anno, a 21 anni, sono entrato in pianta stabile in prima squadra e ho giocato quasi tutto il finale di stagione. A me sembrava un sogno, le cose mi riuscivano da sole, giocavo tranquillo, a volte l’ingenuità, il non pensare troppo, aiutava. Ora sono più grande, più esperto, ma i pensieri, la pressione che mi metto addosso prima non ce li avevo. Lo soffro più ora è rispetto a 10 o 12 anni fa quando ho iniziato. L’unica cosa che volevo era diventare calciatore, poi tutto quello che è venuto è stato inaspettato”.
Il passaggio dall’Argentina all’Europa come l’hai vissuto?
“Molto positivamente, tutto andava migliorando sia a livello calcistico, sia a livello economico, ho sempre avuto la fortuna di stare in città molto belle. Siviglia per me è una delle città più belle al mondo, le manca soltanto il mare per essere la più bella. Poi sono andato a Genova e a Roma, ho avuto questa fortuna di non soffrire il freddo della Russia o i giorni grigi di Londra. Per me è stato un passaggio molto semplice, a Siviglia la lingua era la stessa. Anche se ero giovane, avevo 18 anni, sono andato a vivere da solo, questo mi ha aiutato tanto a crescere. In Europa ho iniziato a guidare la macchina, a cucinare, sono maturato, mi è servito tutto. Per me è stata una gioia, anche se ero lontano dalla mia famiglia”.
L’Argentina ti manca?
“Molto, non sono mai riuscito ad abituarmi completamente alla lontananza. Quando la mia famiglia viene a trovarmi il sapere che ripartiranno mi dispiace, per tante cose: perché mia mamma non vede i miei figli o li vedono troppo poco, poi gli anni passano tutti invecchiamo. Sono già 12 anni che sono fuori e ho una mia famiglia ma ancora non riesco ad abituarmi a questa lontananza e penso che non mi abituerò mai, quindi ogni volta che posso torno lì”.
Quando smetterai di giocare tornerai in Argentina?
“Ho sempre pensato di sì, però la verità è che l’Argentina sta diventando così poco sicura che per i miei figli forse non sarebbe un bene. In fondo io ho già vissuto, mi sono divertito quindi non è una preoccupazione per me. Ma se posso dare ai miei figli una vita più tranquilla, dove possono andare in biciletta o andare a giocare a calcio senza avere il pensiero che qualcosa di male può accadere, mi sentirei egoista a tornare in Argentina solo perché ho gli amici lì. Loro sono piccoli, sono cresciuti qui. Non ho ancora deciso ma penso che alla fine rimarremo qui”.
A proposito dei tuoi figli, ti piacerebbe se continuassero la tradizione da calciatori?
“Sì, mi piace già. Il più grande è pazzo del calcio, gli piace tantissimo, gioca tutti i giorni, ha sempre la maglia della Roma, canta l’inno. Quando viene a vedere le partite sta seduto due ore, anche in tv. Ha una passione veramente simile a quella che avevo io, poi ovviamente tra 15 anni chissà cosa vorrà fare, ma mi piace il fatto di condividere quell’emozione, queste cose qui mi rendono troppo felice. Poi farà quello che vuole, ma condividere questa passione mi rende orgoglioso”.
Che consiglio daresti ad un giovane che si avvicina al calcio?
“Per quello che ho vissuto io la cosa più importante è non arrendersi mai, neanche nei momenti più difficili. Ho vissuto veramente momenti molto duri, in cui pensavo di non poter arrivare al mio sogno, gli anni passavano, altri compagni andavano meglio di me e io ero abbastanza indietro, però la voglia di seguire quella passione mi ha fatto continuare, mi ha aiutato a non smettere nei momenti bui. Bisogna sognare ma anche lavorare, pensare positivo. Ci saranno giocatori che saranno più forti già da piccoli e avranno un percorso più semplice ma la cosa più importante è non mollare, dare sempre il 100%, alla fine facendo le cose giuste il risultato arriva”.
C’è qualcuno che ti ha aiutato particolarmente per arrivare a questo livello?
“La mia famiglia mi è sempre stata vicina. Mia madre mi accompagnava in tutti campi della periferia di Buenos Aires, e non era molto sicuro per una donna, andavamo noi due da soli. Lei è sempre stata molto chiara con me: se volevo fare il calciatore dovevo continuare, ma se sentivo che mi faceva stare male non era un fallimento. Ma era quello che volevo fare, dovevo andare avanti”.
Venendo all’attualità, com’è lavorare con Paulo Fonseca?
“È bello. Ora che tre quarti della mia carriera sono passati inizio a vedere il calcio in un’altra maniera, più vicina a quella di un allenatore. Ci sono tanti concetti che se un giorno diventassi allenatore vorrei trasmettere e li sto vivendo adesso con lui e su questo punto sono molto contento. È molto diretto, riesce a fare arrivare il suo messaggio in maniera chiara. Punta molto sul possesso palla, più tempo la teniamo noi meno l’avversario può farti male. Agli esterni chiede un gran lavoro per un’idea di calcio offensivo e concreto che a noi giocatori piace molto. È molto onesto, chi sta meglio gioca, chi non sta bene deve conquistarsi il posto”.
Come si è evoluto il rapporto con lui nel periodo di stop?
“Ci ho parlato molto al telefono. Pochi giorni prima della quarantena ero pronto per rientrare dall’infortunio e lui ha seguito il mio lavoro. Si interessa sempre di come stanno i bambini e la mia famiglia, ha un rapporto molto diretto con noi. Questo buon rapporto che instaura con i giocatori però non significa che poi non pretenda tanto in allenamento. Non avere un contatto quotidiano con la squadra non è semplice, né per noi né per lui ma ce l’abbiamo messa tutta. Ora per fortuna c’è la possibilità di uscire di casa e di proseguire con l’allenamento individuale a Trigoria e questa è una cosa molto positiva”.
Tu come ti sei trovato ad allenarti da solo?
“Io fortunatamente abito in una villa e quindi ho avuto lo spazio e tutto l’occorrente per potermi allenare bene. Ho anche una piccola palestra che ho sfruttato molto in questo periodo. Non è stato semplice e non è lo stesso senza la palla ma penso di aver migliorato la mia condizione fisica”.
A livello psicologico è stato faticoso?
“Non posso assolutamente lamentarmi. In questo periodo ci sono tante persone che hanno sofferto di più, magari per la perdita del lavoro in conseguenza dello stop delle attività. Io non mi posso lamentare, ho fatto il massimo possibile per lavorare sulla mia condizione e sarei ipocrita a dire che l’ho vissuta male”.
Anche passare tanto tempo con la famiglia ha aiutato?
“Sicuramente abbiamo fatto cose diverse rispetto al solito ma sono sempre consapevole che noi calciatori abbiamo anche normalmente degli orari che ci permettono di passare tanto tempo con la famiglia. In questi mesi però ho avuto modo di vivere in maniera diversa i miei figli, soprattutto quello più piccolo. Come papà ho approfittato di questa vicinanza più continua”.
Quanto ti manca il calcio?
“Tantissimo. È quello a cui siamo abituati da sempre. Gioco a calcio da quando sono piccolo, è tutta la mia vita, neanche in vacanza siamo stati lontani per così tanto tempo dai compagni e dal pallone. A parte qualche partita in giardino con mio figlio, la palla non l’ho mai vista e mi manca. Già poter rientrare a Trigoria, correre in un campo, in uno spazio aperto è un’altra storia”.
Come ti avvicini alla possibile ripresa della stagione?
“Come calciatore voglio tornare a giocare e continuare questa stagione. È giusto cercare tutte le condizioni per poter giocare a calcio in sicurezza e spero che venga trovato un accordo. Lo dico senza dimenticare tutte le vittime di questo coronavirus e tutte le famiglie messe a dura prova in tutto il mondo da questa pandemia anche dal punto di vista della mancanza del lavoro”.
La Serie A riparte da Conte
IL MESSAGGERO - BERNARDINI - Il calcio ora è in posizione d’attesa ma guarda alla ripresa con maggiore fiducia. Il governo valuta. I toni, dopo aver raggiunto il picco nel fine settimana, sicuramente si sono pacati. Anche Vincenzo Spadafora è più cauto.
Una spinta in più per favorire la ripartenza del campionato di serie A potrebbe arrivare oggi dalla Germania. La cancelliera Angela Merkel, in teleconferenza con i Länder, è chiamata a decidere se far giocare o meno la Bundesliga. Si parla del 15 maggio come possibile data.
Per l’Italia la data resta quella del 18 maggio per la ripresa degli allenamenti di gruppo. Il via libera, grazie alle regioni, ha aperto una breccia importante.
La palla ora è nelle mani del premier Giuseppe Conte che nei giorni scorsi ha voluto essere relazionato su una questione che stava diventando un problema di governo. La grande opera di moral suasion fatta dal calcio sul presidente del Consiglio sembra stia dando i suoi frutti.
Intanto il presidente della Figc, Gabriele Gravina ha deciso di rinviare alla prossima settimana il consiglio federale convocato per venerdì. Non ci sono gli argomenti di discussione: protocollo e Decreto maggio. L’incontro con il Comitato Tecnico Scientifico è stato calendarizzato solo ieri sera per domani (ore 15) e i provvedimenti di PalazzoChigi,che dovevano arrivare oggi, sono stati posticipati alla prossima settimana.