De Rossi: "L'esperienza in Argentina è stata incredibile"

Daniele De Rossi, ex giocatore della Roma, è stato intervistato da Sky Sport sulla sua avventura al Boca Juniors. Queste le sue parole:

Quale storia di Federico Buffa ti ha toccato di più?
“Una della ultime, quella su Gigi Riva. Ha raccontato un uomo e un legame con un terra non sua. Gigi meriterebbe un omaggio del genere al giorno”

Com'è stato giocare in Argentina?
“Ho bisogno di una quarantena intera per spiegare sei mesi di emozioni. L’Argentina è simile all’Italia, vive di passioni, dal cibo alla musica fino al calcio. I calciatori non tirano mai indietro la gamba, il calore dei tifosi è puro, come quello di una volta. La cosa più bella è quella che vedi sugli spalti, è una cosa che in Italia non si vede quasi più. La Bombonera è lo stadio più clamoroso del mondo, è un posto unico. Auguro a tutti gli appassionati di visitarlo almeno una volta. Quando ti ritrovi a fare riscaldamento in 5 metri quadrati, o fai lo schizzinoso e dici io qui non gioco o ti lasci trasportare dall'ubriacatura degli argentini per questo gioco".

La prossima settimana torni qui da noi?
“Assolutamente, vi racconto la mia esperienza a Rosario, che è stata l’ultima partita che ho giocato in carriera. Una partita che ha rispecchiato la mia carriera, un tifo con un euforia pazzesca. Abbiamo perso, abbiamo fatto fatica, ma per come è andata la mia carriera è stato meraviglioso chiudere e conoscere una pagina come quella argentina”.


UEFA, Ceferin smentisce la deadline del 3 agosto per le competizioni europee

La UEFA ha pubblicato una nota ufficiale per smentire la notizia circolata nella giornata di ieri riguardo le parole del presidente Ceferin:

“È stato riferito che il presidente UEFA, Aleksander Ceferin, ha dichiarato alla tedescs ZDF che la Champions League dovrà terminare entro il 3 agosto. Questo non è vero. Il presidente è stato molto chiaro nel non fissare date precise per la fine della stagione. La UEFA sta attualmente analizzando tutte le opzioni per completare le stagioni nazionali ed europee con l’ECA e l’European Leagues nel gruppo di lavoro istituito il 17 marzo. La priorità principale di tutti i membri del gruppo di lavoro è preservare la salute pubblica. A seguito di ciò, l’obiettivo è quello di trovare soluzioni sul calendario per completare tutte le competizioni. Attualmente, sono al vaglio opzioni per giocare partite a luglio e ad agosto, se necessario, a seconda delle date di ripresa e dell’autorizzazione delle autorità nazionali”,


Roma Femminile, Bartoli: "Essere capitano della Roma è un sogno"

Elisa Bartoli, capitano della Roma Femminile, ha parlato alla rubrica Questa sono io, promossa dalla società giallorossa. Queste le sue parole:

Chi era Elisa da bambina?
“Ero una persona chiusa, timida, facevo molta fatica a relazionarmi con gli altri. Ero silenziosa, non riuscivo a parlare neanche con i miei genitori e mi tenevo tutto dentro. Diciamo che ancora oggi mi tengo tutto dentro, un po’ meno di prima ma più o meno è quella la linea”.

Hai sorelle o fratelli?
“Sì, ho una sorella più grande di otto anni, quindi aveva la sua vita e io la mia anche se in casa c’erano delle belle litigate. Vista la differenza di età ero più legata a mio cugino Simone che ha un anno più di me, lui è nato l’8 maggio, io il 7 maggio quindi festeggiavamo il compleanno insieme da mia nonna. Diciamo che ho vissuto la mia infanzia più con lui che con mia sorella”.

In che zona di Roma siete cresciuti?
“A Ponte Milvio, sono cresciuta praticamente nel cortile di mia nonna che si chiamava ‘il primo lotto’. Adoravo i pranzi della domenica da lei. Ogni volta che finivamo scuola andavamo lì a giocare a calcio dalle cinque fino alle sette e mezza, finché mia mamma non scendeva per prendermi per un orecchio per riportarmi a casa perché altrimenti sarei rimasta lì a giocare fino a tardi”.

Giocavi a calcio anche a scuola?
“Sì, sin dalle elementari mi mettevo in mezzo ai maschietti a giocare a calcio, è stata sempre una mia passione, però il nucleo di tutto è stato il cortile nel primo lotto di mia nonna. Giocavamo lì anche con i ragazzi più grandi, io ero la più piccola e inizialmente mi mettevano in porta quindi puoi immaginare quante pallonate ho preso”.

Quindi è insieme a tuo cugino che hai cominciato a giocare a pallone?
“Sì, è anche grazie a lui che sono approdata nel calcio perché lui nella Nuova Milvia e io andavo sempre a vederlo negli allenamenti e alle partite. Un giorno in un allenamento mancava un giocatore e mio cugino mi ha proposto all’allenatore. Giocai difensore centrale, avevo otto o nove anni e da lì mi hanno chiesto di andare a giocare con loro”.

Come ti accoglievano gli altri bambini quando ti proponevi per giocare con loro?
“All’inizio era un po’ difficile perché ero una bambina. Poi quando vedevano come giocavo e che non mollavo si convincevano che potevo starci. La cosa più bella era quando noi del primo lotto andavamo a sfidare i ragazzi della chiesa con in palio la classica Coca Cola. All’inizio scherzavamo sul fatto che avendo una femmina in squadra eravamo sfavoriti, ma quando poi vincevamo ci divertivamo troppo. Mi apprezzavano, non mi hanno mai mancato di rispetto. Solo chi non mi conosceva a volte faceva le classiche battute del tipo ‘maschiaccio’ o cose così. Nella Nuova Milvia non ho mai avuto problemi, anzi ero anche il capitano, mi volevano bene ed ero veramente felice. Erano le squadre che incontravamo o i genitori degli avversari che ogni tanto creavano qualche situazione antipatica. Contro l’ignoranza si può fare poco purtroppo. Il bambino in fin dei conti è puro, non vede la differenza. È più quello che si ascolta dai genitori che crea dei pregiudizi e condiziona i comportamenti”.

Fino a che età hai giocato con la Nuova Milvia?
“Fino a 14 anni. Nell'ultima partita il Mister mi sostituì e i genitori dei compagni di squadra tirarono fuori uno striscione per me che diceva ‘In bocca al lupo indomabile capitano’. Mi scrissero anche una lettera bellissima che ancora conservo”.

Quando sei entrata per la prima volta in una squadra femminile?
“Sono entrata grazie a Giampiero Serafini nella Roma CF che a quell’epoca giocava in Serie B. La mia partita è stata il derby contro la Lazio in Coppa Italia. Mi fece esordire come centrocampista centrale. Il passaggio al calcio femminile è stato strano all’inizio perché ero abituata a giocare forte, i contrasti con i maschi o li facevi a mille o rischiavi di farti male, dopo ogni partita mi faceva male tutto. Nelle prime tre partite ho preso tre ammonizioni. Ma anche lì ho trovato un gran gruppo, nell’arco di tre anni siamo salite in serie A. In squadra con noi c’era Gioia Masia che per me è stata un modello, il mio idolo. L’ho seguita sempre in ogni insegnamento che mi ha dato. In carriera ha vinto tanto ed era una giocatrice di un’eleganza fuori dal comune”.

Nel calcio maschile invece chi era il tuo modello?
“Cafu. Dopo quei tre sombreri a Nedved come fai a non amarlo? Un altro giocatore che ammiravo tanto era Alessandro Nesta con le sue magnifiche scivolate, nonostante fosse della Lazio”.

E la Roma come la seguivi?
“Mio padre molte volte mi portava allo stadio, ma la cosa più bella era quando ci radunavamo tutti insieme con gli zii e i cugini a vedere le partite a casa, anche in dodici persone a fare un macello allucinante. Erano le giornate più belle per me. Quando si perdeva un silenzio di tomba e quando si segnava si spaccava casa. Bellissimo”.

Qual è prima partita che hai visto all’Olimpico?
“Ero piccola, mi sembra che fosse un Roma-Parma ma non ricordo il risultato. Ricordo solo di aver visto tutto lo stadio giallorosso, l’inno, le bandiere, tutti che si alzavano e cantavano. Questo mi è rimasto impresso, il tifo romano, il calore, i colori, era una festa”.

Tornando alla tua carriera, a 21 anni hai lasciato Roma per approdare alla Sassari Torres.
“Sì, sono andata in quella che è tuttora la squadra più titolata d’Italia. Ho dovuto lasciare casa perché la Roma CF era fallita, quindi o rimanevo in Serie C o me ne andavo. Non è stato facile andare via da Roma. Sono andata a Sassari senza conoscere nessuno, senza un punto di riferimento. Dall’altra parte del mare, con un aereo o una nave da prendere per raggiungere casa. Nella mia prima notte lì ho pianto. Poi però la passione per il calcio mi ha fatto andare avanti pensando ‘Daje Eli’ fatti forza, fai quest’anno e poi si vedrà’. E invece mi sono innamorata della Sardegna, che con il suo mare mi ha cambiato la vita. In più con gli allenamenti di primo pomeriggio con il sole era un’altra vita, con la Roma CF ci si allenava sempre di sera. C’è stato un assaggio di vita professionistica da questo punto di vista. C’erano però altre lacune come ad esempio nel pagamento degli stipendi, ma per fortuna la mia famiglia mi ha sempre sostenuto”.

Come erano le trasferte dalla Sardegna?
“Erano… interessanti. Tranne per le partite più importanti come quelle in casa del Brescia o del, Tavagnacco, per le altre la sveglia era alle 4:00 di mattina. Si prendeva l’aereo delle sei e mezza da Alghero. All’arrivo ci scappava un giro al centro commerciale dell’aeroporto poi si andava belle fresche al campo, partita e ritorno in serata. E nonostante questi ritmi siamo riuscite a vincere uno Scudetto e una Supercoppa nel 2013. Ed è arrivata anche la mia prima convocazione in Nazionale”.

A quel punto ti sei resa conto di essere davvero diventata una calciatrice di alto livello.
“Sì, con la Torres ho fatto un grande passo anche a livello di mentalità di fame di vittoria. Mi allenava Manuela Tesse, anche lei è stata una grande giocatrice. Tra noi c’era un rapporto di odio e amore perché mi da una parte mi massacrava dall’altra mi apprezzava tanto. Era un difensore e infatti mi ha insegnato tanto. Poi avevo accanto persone come Betta Tona, Patrizia Panico, Daniela Stracchi, Silvia Fuselli, Giorgia Motta. Senza dimenticare tutte le altre compagne”.

Dopo la Torres, hai giocato un anno al Mozzanica. Com’è andata lì?
“Non è andata bene. La società mi trattato benissimo, ma ho fatto veramente fatica a livello di clima. Passare dal mare della Sardegna al freddo del nord è stato duro. Dopo invece è arrivata un’altra bella tappa della mia vita alla Fiorentina. Anche Firenze mi ha conquistata. Sono cresciuta e anche lì ho vinto uno Scudetto e il fatto che per il club fosse il primo ha reso il tutto ancora più straordinario. La Fiorentina è stata la prima squadra professionistica a entrare nel mondo del calcio femminile e lì ho scoperto tante compagne con le quali ho ancora un bellissimo rapporto come Alia Guagni, mia compagna di stanza in Nazionale. Lasciare Firenze è stata decisione difficile, ma visto che l’alternativa era la Roma, ha vinto il cuore. Il ritorno a casa dopo sette anni”.

Quando hai capito che la possibilità di venire alla Roma era concreta?
“La voce girava da febbraio ma ho preferito evitare di pensarci per rispetto della squadra in cui ero e per non crearmi illusioni. A fine campionato sono stata contattata e non ci è voluto molto per convincermi. L’unica incertezza era dovuta al fatto che in estate sarebbe arrivato il Mondiale. Ma non mi piace salire su un treno in corsa. Ho scelto di prenderlo sin dall’inizio. Roma è casa mia e vincere alla Roma sarebbe come vincere dieci scudetti altrove. In più c’era e c’è un progetto importante, sul quale la Società sta lavorando seriamente”.

Come vivi il ruolo di capitano?
“Quando me l’hanno proposto ho fatto fatica ad abituarmi all’idea. Per via di come sono fatta, introversa, di poche parole, una persona che fa fatica a relazionarsi. Mi sono fatta tante domande, se fossi all’altezza o meno ma alla fine mi sono convinta. Esperienza, cuore, passione e grinta non mi mancavano e avrei potuto provare a trasmetterle alle mie compagne. Quindi ho accettato, anche come passo di crescita personale. E poi c’era il sogno: essere capitano della Roma, della mia squadra, della squadra della mia città”.

Come ti senti a far parte di una generazione che sta attraversando un momento di svolta per il calcio femminile?
“Il motore che ha portato avanti il nostro movimento è la passione. Finire gli allenamenti alle 10 di sera, tornare a casa alle undici, rialzarsi alle sei di mattina per andare a scuola oppure far convivere un lavoro con tutto questo. Senza una grande passione non avrei lasciato la mia città e la mia famiglia, non avrei accettato di essere pagata per 10 mesi in tre anni. Che cosa mi spingeva a proseguire? L’abbraccio con le compagne, gli occhi lucidi di mio padre che prende il traghetto per venire a Sassari a vedere la vittoria di uno Scudetto. Tutti i sacrifici, tutte le gioie io me le porto ancora dentro. Per le ragazze di oggi fortunatamente tutto è più alla portata, ci sono strutture migliori, organizzazioni e società più solide. Prima c’era tanta volontà ma le possibilità erano poche. Ora il calcio femminile si sta avvicinando un po’ a quello maschile ma valori come spirito di sacrificio, umiltà, e determinazione non devono mai essere persi”.

Come vivi il fatto di poter rappresentare un modello per le ragazze che si avvicinano al calcio?
“Ricevo tanti messaggi di bambine che mi prendono come esempio e questa è una cosa veramente bella e anche una grande responsabilità. Mi arrivano lettere con parole bellissime, che mi fanno venire i brividi. È un premio per i sacrifici fatti”.

E come vedi le nuove generazioni di calciatrici?
“Mi baso su quanto vedo nelle ragazze nostre della scuola calcio e della Primavera che hanno veramente un gran bel livello tecnico e tattico, sono molto più preparate di quanto lo fossimo noi alla loro età. Quello che spero veramente che non si perda quella fantasia che ancora vediamo in campo e che magari rischia di essere sacrificata per la preparazione atletica e tattica. Un po’ come nel calcio maschile, l’estro di giocatori come Roberto Baggio, Francesco Totti, Ronaldinho, Ronaldo è più raro da trovare in un calcio sempre più fisico”.

Com’è il tuo rapporto con Betty Bavagnoli?
“È un bellissimo rapporto, di stima, di rispetto, anche di amicizia. Non ho mai avuto a che fare con una persona così pacifica. Anche quando si arrabbia è elegante. Io invece sono molto impulsiva ma mi basta che lei dica ‘Elisa calma’ per frenare gli istinti. Abbiamo un bel dialogo, un elemento importantissimo all’interno di una squadra. Sono davvero felice di aver trovato un’allenatrice come lei e spero che mi accompagni ancora per tanto tempo”.

Parlando del Mondiale dello scorso anno, quali sono i ricordi più belli che hai?
“Sono tanti. Il primo è quando sono stata sostituita in Italia-Brasile e ho fatto il giro dello stadio per arrivare alla panchina. Tutti si sono alzati ad applaudirmi ed è stato uno dei momenti più belli della mia vita. Non me lo aspettavo e non lo dimenticherò mai. Anche la fine è stata bella. Abbiamo perso con l’Olanda ma è in quel momento che abbiamo realizzato quello che avevamo fatto. Eravamo tra le prime 8 del mondo ed eravamo l’unica squadra di atlete dilettanti. È stato bellissimo anche ricevere la chiamata di mio cognato e dei miei genitori che mi descrivevano l’attesa che c’era in Italia per le nostre partite che mi ha fatto ripensare a quella che vivevo io da tifosa durante i Mondiali maschili. E un’altra cosa che mi ricorderò per sempre sono tutte le persone che mi hanno scritto, dalla bambina all’uomo adulto, alla signora. L’idea di avere unito tutto il Paese mi dà una grande emozione”.

E l’emozione dell’esordio?
“Anche quella non la dimenticherò mai. Il primo Mondiale, a 28 anni. Al momento dell’ingresso in campo contro l’Australia eravamo sotto 1-0. Avevo il cuore a mille e pensavo: ‘Mo’ entro e spacco tutto!’. Vincere al 90’ poi è stata un’esplosione indescrivibile. Quella notte non ho dormito, ripensavo solo alla partita, ai messaggi ricevuti, agli abbracci, ai sorrisi, ai cori sul pullman al ritorno. Spettacolare”.

Venendo all’attualità e a questo prolungato periodo di isolamento, cosa ti manca di più della vita normale?
“Tutto. Mi manca anche andare a prendere un caffè al bar. Mi mancano la mia famiglia, il mio cane, le mie amicizie. Mi manca il pallone, ridere, scherzare e sudare con le compagne. Mi mancano i sorrisi, gli sguardi di intesa. Mi manca la libertà”.

La giornata come ti si svolge? Hai un programma di allenamenti personalizzato?
“Sì, la Roma ci manda i programmi. In questa settimana abbiamo svolto sessioni doppie tranne la domenica in cui ne facciamo una singola. Riceviamo anche video per lo svolgimento corretto degli esercizi fisici e di tecnica e anche filmati di partite da studiare ed analizzare. Sto sfruttando ogni angolo di casa per allenarmi, per restare in forma”.

Approfittando del momento di interruzione che bilancio fai del percorso svolto della Roma in questo anno e mezzo.
“Sicuramente veniamo da un anno di crescita con l’interruzione che è arrivata forse nel nostro momento migliore a livello di organizzazione, di sistema di gioco, di intesa. Spero che questo percorso riprenda da dove si è fermato e spero che questo avvenga il prima possibile, in condizioni di sicurezza ovviamente. Siamo ancora in lotta per il secondo posto, per la Coppa Italia e siamo una squadra in cui quasi tutte le giocatrici segnano: questo dà l’idea della bontà del nostro gioco. In più siamo un bel gruppo, in cui tutte si sacrificano per le compagne. Dobbiamo continuare su questa strada e crescere sempre di più”.

 


FIGC, Gravina: "Possibile ripartire il 17 maggio, ma è solo un'ipotesi"

Gabriele Gravina, presidente della FIGC, è stato intervistato dalla Rai per il programma La Domenica Sportiva per spiegare il futuro della stagione calcistica. Questo un estratto delle sue parole:

"Finire i campionati a settembre od ottobre? Si tratta di un'ipotesi. Al momento una possibile data per ripartire potrebbe essere quella del 17 maggio, ma ci tengo a precisare che è solo un’ipotesi. Chiudere la stagione sarebbe il modo migliore non solo per non compromettere la stagione 2019/2020, ma anche per evitare di compromettere in ogni modo la stagione 2020/2021".


Stephan, allenatore Rennes: "Nzonzi è un valore aggiunto, è qualcosa che non avevamo"

Dopo una prima parte di stagione poco fortunata al Galatasaray, Steven Nzonzi ha lasciato la Turchia ed il Galatasaray per tornare in patria e vestire la maglia del Rennes; sempre in prestito dalla Roma. Una scelta azzeccata che ha reso felice sia il giocatore che il suo allenatore. E infatti quest'ultimo, Julien Stephan, ne elogia le qualità come riferito dal portale Footmercato:

"È un valore aggiunto, come abbiamo detto in sede di presentazione. Ha esperienza, maturità, una grande conoscenza del suo ruolo, qualcosa che non avevamo. È dominante nei duelli aerei e ci dà sollievo nei calci piazzati. Tramite la sua padronanza tecnica riesce a collegar difesa e attacco. È spesso il primo a far ripartire l'azioni con la qualità dei suoi passaggi. È anche complementare col suo compagno di reparto, Camavinga, che con lui è più libero in zona offensiva".


Ettore Viola: "Faccio fatica a pensare una data per ripartire. L'affare con Friedkin? Vediamo se si farà"

Ettore Viola, figlio dell'ex presidente giallorosso Dino, ha parlato ai microfoni di Centro Suono Sport del momento che sta vivendo il calcio italiano durante lìepidemia di Coronavirus e della compagine giallorossa:

Sensazioni sul momento con il Coronavirus?
C’è una grande aspettativa, c’è un grande disagio, è un momento tragico e speriamo di uscirne fuori il prima possibile, è un’esperienza terribile che i giovani spero possano dimenticare”.

Un commento sulle parole di Gravina? Il calcio vuole ripartire...
Ognuno fa le proprie considerazioni, ma se il contagio è ancora nell’aria, se ci si contagia dandosi la mano… Bisogna predisporre tutto per ripartire, mai come adesso siamo nelle mani di Dio e faccio fatica a pensare che ci possa essere una data. È chiaro che la FIGC spinga per chiudere il campionato e la UEFA le coppe, un po’ per entrate economiche indubbiamente, la UEFA penso faccia fatica se non incassa soldi. C’è chi vuole continuare come Lazio e Napoli, c’è chi vorrebbe farlo finire subito come la SPAL e il Brescia, c’è confusione. Chi decide, purtroppo, è il virus che ci sta condizionando in maniera esagerata”.

Il calcio dovrebbe essere la conseguenza di una ripartenza…
Dovrebbe essere così infatti, uno può immaginare una data per chiudere i campionati, però non si sa quando iniziare a giocare. Nessuno sa quando i giocatori potranno tornare ad allenarsi, i giocatori di A e B possono sopravvivere decurtandosi lo stipendio, le altre leghe non lo so. Ci sono tanti soldi in mezzo, ma sfido chiunque a ipotizzare una data. In Cina pensavano fosse tutto sparito e invece è tornato, bisogna vivere alla giornata”.

È complesso anche far ripartire gli allenamenti…
Sì, tutti devono sottoporsi a tamponi ed è difficile. Bisogna essere in grado di ripartire ma senza ipotizzare una data, bisogna seguire passo passo l’evoluzione di questo malefico virus, quelle che si dicono sono supposizioni”.

È scomparso Piero Gratton, l’ideatore del “lupetto” stilizzato nelle maglie della Roma dal 1979/1980. Ci può raccontare la genesi e come la famiglia Viola lo ha accolto?
Era l’ultimo anno del presidente Anzalone che diede a Gratton l’incarico di creare un marchio che reclamizzasse meglio il prodotto Roma. Nacque questo lupetto e debuttò in una sfida contro la Juventus vinta 1-0 dai giallorossi con gol di Di Bartolomei. Obiettivamente, a mio padre Dino questo lupetto creava perplessità, poi però il primo anno vinse la Coppa Italia e fu adottato a distanza da papà”.

L’affare Pallotta-Friedkin si farà lo stesso?
Penso che qualsiasi imprenditore in questo momento abbia avuto delle distrazioni. Friedkin lavora in settori che hanno avuto problemi a causa del Coronavirus, trovarsi in questa situazione in Italia è chiaro che ha raffreddato gli entusiasmi, ora è normale che possa pensare di cambiare le cifre con questa situazione. Pallotta mi sembra uno che voglia vendere anche se c’è meno entusiasmo di prima, vediamo se si farà magari a cifre diverse”.


Roma e i sei centrali: Mancini è il futuro, Smalling il dubbio

GAZZETTA DELLO SPORT - La Roma del futuro dovrà  fare delle scelte di mercato, perché sei difensori centrali sono troppi in rosa, a maggior ragione alla luce dei conti che il club deve far anche con i bilanci.  Molto dipenderà da quello che finirà per fare Smalling, le cui possibilità di restare in giallorosso sono sempre meno. Chi invece sarà di sicuro al centro del progetto romanista è Mancini.
Sembrano oramai giunte al capolinea invece le storie in giallorosso di Fazio e Juan Jesus. Resterà invece sicuramente Ibañez, anche per la configurazione del suo contratto. E potrebbe restare anche Cetin, che nell’ottica di Fonseca può diventare un ottimo centrale per il futuro. Intanto dall'Inghilterra circolano i primi nomi del possibile sostituto di Smalling: si tratta di Lovren e Vertonghen.


«Resterò sempre giallorosso. Troverò il nuovo Totti»

GAZZETTA DELLO SPORT - A dieci mesi dall’addio ai colori di una vita, Francesco Totti parla a cuore aperto del suo amore per la Roma senza risparmiare però qualche frecciatina mentre rivede le immagini della sua ultima partita: «In quella passerella c’era gente che non avrei neppure salutato». L'ex capitano si emoziona invece quando parla del suo addio al calcio e alla Roma: «Con tutto il rispetto per la scelta di De Rossi, anche io avrei voluto continuare a giocare, ma un anno o due lontano dalla Roma avrebbero cambiato tutta la mia storia. La Sampdoria poteva essere la mia squadra a vent’anni e a quaranta, Ferrero mi voleva a tutti i costi. Credo che si debba ripartire dalle origini, dai vivai, per quello voglio crescere i ragazzi della mia agenzia proprio come hanno cresciuto me».
Massima serietà invece quando si parla del suo nuovo lavoro: «Quando parto, parto. Voglio lavorare con i giovani per trovare il nuovo Totti e ci riuscirò». Nessun dubbio invece per l'amore verso i colori di una vita: «Io resterò sempre della Roma. Anche se sono fuori Trigoria, il mio cuore sarà sempre lì dentro».


Totti, il cuore oltre l'isolamento

IL MESSAGGERO - Totti si racconta, e lo fa partendo dalle sue giornata in quarantena causa Coronavisrus: «Chiusi in casa è lunga ma ho una famiglia che mi sostiene e dei bambini che hanno bisogno di attenzione. La beneficienza? Abbiamo acquistato dei macchinari per lo Spallanzani e raccolto circa 350 mila euro. Più un'iniziativa a favore della Croce Rossa». L'ex capitano si emoziona quando parla del suo passato romanista dopo aver visto un videomessaggio di Giueppe Giannini: «A 16 anni, con il papà, mi ha dato tanti consigli». Un po' come lui con De Rossi: «Rispetto la sua scelta di chiudere al Boca, anche io a fine carriera ho avuto delle opportunità tra America, Emirati Arabi e Italia. Volevo continuare, poi mi sono detto che un anno o due in più in campo non mi avrebbero cambiato niente. Ferrero avrebbe fatto qualsiasi cosa per portarmi alla Sampdoria». Proprio in quella Samp dove aveva rischiato di finire nel 1997, prima di oscurare l'oggetto del desiderio Litmanen al Torneo Città di Roma e imporre lo stop al compianto Sensi.


Pellegrini: «Siamo pronti a ricominciare»

IL TEMPO - AUSTINI -  La Roma vuole tornare in campo. Quando e se sarà possibile, ovviamente, ma c'è ancora un posto in Champions da inseguire e un'Europa League tutta da giocare. Lorenzo Pellegrini dalla quarantena spiega in esclusiva a Il Tempo i pensieri dello spogliatoio giallorosso, compresa la questione del taglio stipendi su cui il club prenderà una decisione insieme alla squadra.

Partiamo dalle iniziative di Roma Cares: è più bello essere romanisti in questi giorni, vedendo i tanti gesti di solidarietà del club?
«Da romano sono molto orgoglioso di quello che sta facendo la società perché sta cercando veramente di dare una grossa mano a tutti quanti. Ad esempio sta aiutando i nostri tifosi più anziani, mi viene in mente quando hanno consegnato loro quei pacchi con beni primarie delle mascherine, oppure il call center che hanno appena attivato per consentire alle persone più a rischio di farsi portare a casa la spesa o dei farmaci, così evitano di uscire».

Il campionato deve ripartire?
«Penso che ovviamente la salute e la sicurezza siano le cose più importanti da valutare in questo momento. È stato giusto fermare, allo stesso tempo ritengo che noi giocatori dobbiamo essere disposti a ricominciare quando le cose saranno rimesse in sicurezza, in modo da non rischiare né noi, né te nostre famiglie e nessun altro. Dobbiamo dare la nostra autorizzazione a far ripartire il campionato: è questa l'intenzione che ho avuto modo di capire dai nostri compagni e dagli altri colleghi. Abbiamo voglia di giocare e credo che se tornassero le partite potremmo tenere un po' di compagnia alle persone che devono rimanere a casa in questo momento così difficile. Sarebbe una piccola buona notizia da dare alle famiglie è a tutti gli appassionati di calcio»,

I calciatori della Juve si sono tagliati gli stipendi, voi che farete?
«Siamo in costante contatto con la società che ci tiene aggiornati su tutte le riunioni e decisioni che si stanno prendendo. internamente alla squadra ci siamo messi a parlare e confrontarci fra di noi per trovare la soluzione migliore. Questo però è ancora un argomento che preferisco mantenere riservato perché né noi né la società abbiamo ancora comunicato nulla sulla nostra decisione. Quando sarà il momento, lo spiegherà la Roma».

Alcuni calciatori, vedi Higuain, non hanno rispettato la quarantena e sono partiti per i loro Paesi, Voi restate tutti qui?
«Sono rimasto piuttosto stupito di quello che è successo in altre squadre. Per quanto riguarda noi, ne abbiamo parlato con i compagni tramite una video-chiamata di gruppo e tutti si sono messi a disposizione per fare quello che la società ci ha chiesto, cioè di rimanere a casa senza fare grossi spostamenti. Sono contento perché lo trovo rispettoso non solo nei confronti del club, ma pure di tutti gli italiani rinchiusi dentro le loro abitazioni».

Domanda al tifoso Lorenzo:  se il campionato ripartisse, otre al quarto posto, c'è in ballo uno scudetto che preoccupa i romanisti... Meglio fermarsi qui?
«Ovviamente spero di poter ricominciare presto il campionato, è quello che si augura chiunque segua il calcio. Noi dobbiamo rimanere concentrati sui nostri obiettivi, senza pensare agli altri: credo fortemente che sia questo l'unico modo per migliorare e crescere».

Ti hanno fatto male quei fischi dei tifosi?
«I fischi per me non sono stati assolutamente un problema. Ho sempre detto che le critiche siano una cosa di cui bisogna essere parzialmente contenti:se qualcuno ti fischia vuol dire che crede in te e puoi fare qualcosa in più. Sono sempre rimasto positivo quando mi sono trovato in situazioni del genere, Semmai mi hanno dato fastidio tutte le chiacchiere che si sono create attorno a questo. Ai tifosi della Roma non ho davvero nulla da dire, per me sono come una famiglia Anche in questi momenti o in passato quando posso aver avuto qualche difficoltà mi sono sempre rimasti vicini. Quindi ripto:nessun problema. Lo è stato molto di più l'infortunio al piede e l'operazione che ho dovuto fare. Ma anche quella è passata e adesso ho tanta voglia di ripartire e fare bene».

Sul tuo contratto c'è sempre una clausola rescissoria. Che faresti ora se un'altra squadra ti chiamasse a luglio?
«Visto il periodo difficile mi sembra un po' assurdo parlare di mercato, lo dico in generale e non solo riferito alla mia situazione, Come ho dichiarato tante volte vedo nella Roma una crescita costante, soprattutto a livello di valori e umanità. Mi auguro che il mio percorso di crescita possa essere parallelo a quello della società, per questo credo che io e la Roma possiamo continuare a crescere insieme per toglierci delle soddisfazioni».


Totti «gufa» l'amico Inzaghi

IL TEMPO - BIAFORA - «Fonseca è un grandissimo allenatore, me ne parlano tutti bene». L'allenatore portoghese ha convinto chiunque a Roma, compreso Francesco Totti, intervistato da Sky per una speciale a lui dedicato: «Con l'unione e con alcuni innesti precisi possiamo fare un grandissimo campionato. Uso il plurale perché rimarrò sempre della Roma. Anche se sono fuori da Trigoria, Il mio cuore sarà sempre lì dentro». La leggenda giallorossa ha poi parlato di diversi altri argomenti: «Spalletti? II primo è stato come un padre. Il secondo ha voluto mettermi i bastoni tra le ruote. La Lazio? Gli dice tutto bene, spero si possano fermare il prima possibile, anche se con Inzaghi ho sempre avuto un bellissimo rapporto. L'addio? Quando l'ho fatto in passerella non avrei salutato alcune persone, ma ho dovuto mettere da parte tutto».


Totti il manager cerca tra i talenti il suo erede

LA REPUBBLICA - «Sto lavorando per cercare il nuovo Totti, che sia in Italia, in Europa o nel mondo. E sono certo che ci riuscirò». Francesco Totti  ripercorre su Sky alcuni momenti della sua carriera. «Trovare un altro numero dieci che ti faccia divertire cambiando le partite, è difficile. Bisogna tornare alle origini, puntare tanto sui nostri settori giovanili e non cercare all’estero quei nomi che tanto i campionati non te li cambiano. Ho lanciato questa mia agenzia di scouting – spiega Francesco – poi questa emergenza sanitaria ci ha fermati, ma troverò un altro Totti e lo crescerò come hanno cresciuto me». Parole da romanista anche quando si parla della possibile conclusione del campionato: «Da romanista spero che la Lazio abbia un blackout il prima possibile per quanto riguarda la Roma, purtroppo vive di alti e bassi, siamo abituati a questo andamento. Fonseca è un grandissimo allenatore, che sta capendo la capitale e il calcio italiano. Con alcuni innesti il prossimo anno possiamo fare un grande campionato» . Quel "possiamo" non passa inosservato e Totti ribadisce: «Si, possiamo, perché io resterò sempre della Roma. Anche se sono fuori Trigoria, il mio cuore sarà sempre lì dentro».