De Rossi: "Saremo attenti ad altre occasioni di mercato, prima però dobbiamo cedere"
Daniele De Rossi ha concesso un'intervista a Il Messaggero dove ha parlato del ritiro estivo, della tattica e del mercato. Queste le sue parole:
RITIRO
«Abbiamo lavorato bene. I nuovi arrivati servono per completare questa squadra che è già un gruppo forte, reduce lo scorso anno da una buona seconda parte di stagione, almeno per come l'ho potuto valutare. Andava rinfoltita, anzi va rinfoltita la rosa perché abbiamo bisogno di calciatori della stessa qualità dei titolari. Questo sta accadendo. Sono felice, sono contento dei nuovi ma di tutti perché abbiamo lavorato forte sia a Trigoria sia in Inghilterra».
CALCIOMERCATO - "Vediamo, di certo c'è che oggi ci sono troppi giocatori, al St. George's Park ne avevo 31. Ci sono calciatori che ci lasceranno e andranno a giocare altrove, situazioni da valutare, come nelle altre squadre di Serie A. Con 31 giocatori non si lavora bene, vediamo se qualcuno uscirà e poi rimetteremo l'attenzione su chi invece dovrà entrare. I giocatori ci sono, vedremo le occasioni che il mercato ci presenterà. Se qualcuno andrà via o vorrà andare via e se noi decideremo che sarà meglio inserire qualcun altro lo faremo, come successo finora. Dire però che manca qualcuno non è rispettoso verso chi c'è. È ovvio che qualcuno già sa che andrà via o in prestito. Ci sono delle situazioni che ci portiamo dietro da anni, gente andrà a giocare altrove perché merita quello spazio che io non gli posso dare. Vediamo cosa succederà in queste due settimane. Ma se andrà via qualcuno inseriremo giocatori forti, ne sono certo".
DOVBYK - "E' andato bene. Lui ci dà profondità, che è quello che ci serve e che chiedo sempre, perché se non c'è qualcuno che allunga la squadra avversaria, il possesso palla e la costruzione dal basso che facciamo diventa un punto di riferimento leggibile. Dobbiamo essere pronti a giocare sempre, ma anche ad andare in profondità e a sorprendere l’avversario".
DYBALA - "Io non faccio la formazione in base alle voci, quelle le lascio ad altri. Non c’è niente che ha influenzato le mie scelte. Contro l'Everton ho messo la squadra che volevo vedere in campo: iniziamo ad avvicinarci al campionato e dobbiamo essere sempre più simili a ciò che dovremo essere. Ho fatto degli esperimenti, come in altre partite. Quelli che erano in Inghilterra sono tutti giocatori della Roma, poi vedremo che cosa succederà. Non solo per Dybala, ma per tutti. Quando mi è stato chiesto se c'era qualcuno da tenere legato qui mani e piedi ho risposto di no, che non c'era. Chiunque vuole andare via è libero di farlo".
SOULE' - "Può giocare insieme a Dybala nel 4-2-3-1, con Paulo falso nove, ma anche con i due sottopunta, nel 4-3-2-1. Possono giocare insieme in mille modi, come anche gli altri. E possono stare in panchina tutti quanti. L'importante è che quando entrano lo facciano bene e diano una mano, dando un valore aggiunto alla squadra".
BALDANZI MEZZALA - "Ci credo ciecamente. Tommaso è un giocatore che mi piace tanto, ha qualità, ritmo e intensità. Quando gioca sulla fascia a volte gli manca un po' di gamba per attaccare come piace a me. Invece lì in mezzo è imprevedibile, attivo, sempre pericoloso. Secondo me sta crescendo tantissimo e presto diventerà anche decisivo negli ultimi 16 metri che è forse l’ultima cosa che gli manca per diventare un giocatore fortissimo. Centrocampista, esterno, trequartista: è troppo intelligente, ha qualità, sempre frizzante e vivo. A me piace tanto".
Darboe al Frosinone. Operazione in prestito secco
Ebrima #Darboe va al #Frosinone in prestito secco e ingaggio pagato, con un bonus che spetterà alla #Roma in caso di promozione in Serie A. Oggi è prevista la firma sul contratto."
Roma, nuova offerta per Assignon. Si lavora all'intesa definitiva
Filippo Biafora su X: "La #Roma ha presentato la sua seconda offerta per #Assignon, cambiando le condizioni iniziali e proponendo un prestito con obbligo di riscatto. Non c'è ancora l'intesa sulle cifre con il Rennes, ma le parti si stanno avvicinando."
Darboe al Frosinone. Si lavora agli ultimi dettagli
Il giornalista Filippo Biafora: "La #Roma e il Frosinone hanno trovato un’intesa per il prestito secco di #Darboe, previsto anche un bonus in caso di promozione in Serie A. Da risolvere ancora dei piccoli dettagli sulla questione dello stipendio, manca l’ultimo via libera prima della fumata bianca."
Cantiere aperto
La pre-season giallorossa si chiude a Liverpool: apre Pellegrini (assist al bacio di Soulé), risponde Calvert-Lewin poi ci salva Svilar nel finale. Sette giorni a Cagliari, dal mercato serve altro.
Fonte - ilromanista
La Roma si avvicina ad Assignon del Rennes
La Roma ha scelto Assignon per la fascia destra.
Come riporta Gianluca Di Marzio, la società giallorossa dopo una prima offerta di prestito respinta dal Rennes ha ricevuto dal club francese una controproposta: prestito con obbligo di riscatto.I due club stanno dialogando su questa formula per trovare un’intesa definitiva. Si tratterebbe di un obbligo di riscatto legato ad un numero minimo di presenze.
Startem
Al Goodison Park di Liverpool con oltre 500 tifosi al seguito si conclude il ritiro inglese: curiosità per la prima vera di Dovbyk, che con Dybala, Soulé e i leader di qualità fa sognare. Prende corpo la squadra di DDR. E tra una settimana il campionato.
Fonte - ilromanista
Giacomazzi: "Stiamo lavorando tanto e bene. De Rossi? D'accordo su tante cose"
“Con Daniele ci siamo conosciuti negli ambienti del calcio e abbiamo condiviso da subito diverse visioni da allenatori”. Quando erano entrambi calciatori – centrocampisti con caratteristiche diverse – si erano incrociati solo sui campi da gioco, ma senza andare oltre.
Giacomazzi – classe 1977 – porta con sé un’esperienza enorme nel curriculum vitae, con oltre 200 partite di Serie A soprattutto con il Lecce, presenze nella nazionale uruguayana e anche un biennio al Penarol. “Il Penarol è una squadra importante del mio paese, l’amore della sua gente è molto simile a quello dei romanisti”.
A Roma ha trovato un ambiente simile perché questa città non può non coinvolgere: “Ogni volta che giro per le strade avverto quanto la gente viva per il calcio. Non mi capita molto di visitare Roma perché la maggior parte del tempo lo possiamo a Trigoria, a preparare e a pianificare il nostro lavoro”.
Ecco, partiamo da questo punto: quanto tempo state insieme tra voi dello staff, allenamento sul campo a parte?
“Tanto, davvero. Curiamo diversi aspetti, rivediamo video, parliamo di quello che va bene e su cosa si deve migliorare. Stiamo almeno fino alle 20 di sera riuniti, dalla mattina, cercando di curare ogni dettaglio. Riunioni lunghe, anche di tre ore, ma lo facciamo con piacere. C’è il calcio di mezzo, si sta bene insieme, è la nostra passione”.
Stare poi in una struttura attrezzata a e all’avanguardia come quella del “Fulvio Bernardini” può aiutare di più?
“Senza dubbio. Abbiamo tutto, la Proprietà ha messo a disposizione dello staff e degli atleti un centro sportivo davvero completo. Personalmente, ho conosciuto da dentro pochi club per fare dei paragoni, ma parlando con chi ha avuto diverse esperienze fuori, mi confermano questo pensiero. Lo stesso Dani (lo chiama spesso così, ndr), che è stato in Nazionale, ha girato tanto, ha fatto Mondiali, Europei, coppe, è andato a giocare anche in Argentina. Lo ha fatto da calciatore, non da allenatore, ma non cambia. A Trigoria stiamo veramente bene”.
E proprio a Trigoria è partito il lavoro di questa stagione. Quali sono le prime impressioni?
“Intanto, per la prima volta abbiamo potuto lavorare dall’inizio sulla squadra, a differenza della scorsa stagione che siamo subentrati a gennaio. Finora s’è lavorato tanto. Si è spinto parecchio dal punto di vista atletico.
Dal punto di vista tattico in modo graduale, considerando che non avevamo tutto il gruppo a disposizione. Ma siamo contenti, ora nel ritiro in Inghilterra stiamo curando aspetti didattici con quella larga fetta dei giocatori tornati nel gruppo”.
Entrando nel dettaglio, quali sono le sue precise consegne all’interno dello staff del mister?
“Il nostro metodo di lavoro – almeno in questa fase – prevede che tutti noi tecnici prepariamo e lavoriamo sulle stesse cose, alla pari. Poi, magari, ognuno ha una caratteristica diversa, ma non ci sono gerarchie. Daniele coinvolge tutti, ascolta con attenzione e poi fare le sue valutazioni su come agire”.
Oltre alle esercitazioni sul campo di cui abbiamo già accennato, quanto tempo dedicate al fattore psicologico dell’atleta? E quanto conta?
“Credo che sia fondamentale, soprattutto guadagnarsi la fiducia dei ragazzi. Io sono stato calciatore, tutti noi dello staff abbiamo fatto parte di questo mondo, anche se in categorie diverse, a livelli differenti. Però non cambia, il calcio ha gli stessi principi ovunque. Sappiamo quanto è importante coinvolgere, parlare, con chi gioca meno. Oppure, quando si perde una gara, stare vicino ai giocatori.
Daniele è molto bravo sotto questo aspetto. Ha polso, ha capacità non solo tattica, ma anche dal punto di vista comunicativo. Noi, come collaboratori, dobbiamo essere bravi ed avere la giusta sensibilità per capire determinate situazioni, dire la parolina se serve, alzare la voce quando bisogna farlo, per far sì che il gruppo sia coeso, è importante che vadano tutti nella stessa direzione”.
A questo proposito, i nuovi acquisti come si stanno inserendo?
“Molto bene. Al di là delle qualità tecniche indiscutibili che hanno, sono tutti ragazzi bravissimi dal punto di vista umano. È una cosa fondamentale. Sono super disponibili, umili, dal primo giorno si sono messi a lavorare nel modo giusto. Hanno qualità, voglia di fare e di imparare”.
C’è un allenatore che nel suo trascorso di calciatore le ha lasciato qualcosa in più degli altri?
“È facile dare la risposta più scontata. Ovvero, ho appreso un po’ da tutti. In parte è anche vero, però poi è inevitabile che nel corso di una lunga carriera si possano incontrare personaggi che ti segnano più di altri”.
Quindi, il suo quale è stato?
“Daniel Passarella, quando era CT dell’Uruguay. Si portava dietro il suo passato da fuoriclasse della nazionale argentina, il suo carisma. Riusciva a tenere in mano un gruppo tosto, con tante personalità complesse. In più, era anche molto bravo in campo, avvalendosi della collaborazione del suo vice Sabella. Una grande figura. Sì, può ricordare il De Rossi di oggi”.
Fonte - asroma.com
SPQR
Domani contro l’Everton l’ultimo test estivo prima di Cagliari. Doppie sedute, spirito di gruppo, velocità, cura dei particolari e ambizione: così Daniele De Rossi, giorno dopo giorno, sta forgiando la sua Roma.
Fonte - ilromanista
Matias Soulè al CorSport: "Ho pianto per la Roma. Ho preferito questo club anche alla Premier"
Matìas Soulé racconta le sue sensazioni dall’arrivo a Roma in un’intervista al Corriere dello Sport. "Ho pianto per la Roma. Ho preferito questo club anche alla Premier League. Stravedo per De Rossi."
Sull’arrivo alla Roma:
“Essere qui è meraviglioso. La trattativa è stata lunga, avevo l’ansia di non poter arrivare ma tutto è andato per il meglio. I Friedkin mi hanno voluto fortemente, ho subito capito la loro ambizione per questo club e dove vogliono portarlo. E ora sono qui, in ritiro con la mia nuova squadra e non potevo chiedere di meglio. Stiamo lavorando sodo e con grande intensità: saremo pronti per la prima di campionato contro il Cagliari”.
Su De Rossi:
“Spinge tanto, è un grande lavoratore e un ottimo tecnico. Ho parlato più volte con lui durante la trattativa e devo dire che non parla solo spagnolo, ha anche un ottimo accento argentino. Mi ha raccontato la Roma, di come si vive il calcio qui e durante questo ritiro è stato eccezionale. Sta istillando una mentalità vincente alla squadra e ci sta fornendo una preparazione fisica e tattica che sarà cruciale per la stagione”.
Sulla Juventus:
“Un tasto un po’ dolente, soprattutto per i primi mesi del 2024. Perché non pensavo di lasciare la Juve, anzi, ero concentrato a giocare bene con il Frosinone per meritarmi una maglia. Invece poi a gennaio vengo a sapere che mi stavano cedendo a un club arabo, ma io non avevo alcuna intenzione di andarci anche se ormai mi era chiaro quale sarebbe stato il mio futuro. Ne sono rimasto deluso perché pensavo di poter giocare per la Juve, ma poi me ne sono fatto una ragione”.
Sulle caratteristiche:
“De Rossi mi chiede di essere Soulé. Un giocatore imprevedibile in avanti, libero di muoversi e inventare negli ultimi venti metri. Devo fare la giocata, dare fantasia insieme agli altri attaccanti e buttarla dentro. Certo, anche con i compiti difensivi a cui ora sono abituato grazie al lavoro di Di Francesco nel Frosinone. Io a destra e Dybala nel 4-2-3-1 alle spalle del centravanti? Sì, è una possibilità che abbiamo studiato. Ho parlato tanto con Paulo per trovare la giusta intesa in queste posizioni. Se lui si allarga io invece mi inserisco, e viceversa. Ci cercheremo tanto in campo anche per muoverci in sinergia e per garantire anche una buona copertura difensiva”.
Dovbyk alla GdS: "I Friedkin mi hanno fatto sentire importante. Il club crede in me"
Artem Dovbyk si racconta in un intervista alla Gazzetta dello Sport.
Sul perché ha scelto la Roma e le ambizioni del club:
“E’ stato fondamentale un colloquio con Dan Friedkin, mi ha fatto sentire importante. Ho parlato anche con De Rossi e Ghisolfi, sono stati cruciali anche loro. C’è stima e fiducia reciproca, il club crede in me e io credo in loro. La Roma sta investendo tanto e il futuro sarà luminoso”.
Sul soprannome “The Machine”:
“Proviene dai miei compagni, che mi hanno visto spesso lavorare in palestra e da lì hanno deciso di chiamarmi così”.
Il paragone con Lukaku e la sua eredità:
“Romelu è uno dei centravanti più forti d’Europa, ma io voglio essere Artem Dovbyk. Voglio che la gente mi apprezzi per quello che so fare”.
Il calcio è pressione?
“Non esiste il pallone senza la pressione. Ci sono momenti in cui riesce tutto e altri in cui arrivano le critiche della gente. Bisogna saper gestire i momenti”.
Sul no all’Atletico:
“Non era il progetto giusto, il rapporto coi colchoneros non era dei migliori. C’era qualcuno che mi voleva, altri no, non ho avvertito fiducia al contrario della Roma”.
Cosa rappresenta Roma e la Roma:
“Ha ambizione e fame, c’è uno stadio meraviglioso e un pubblico bellissimo. A Roma ero stato solo con la nazionale in pieno periodo del Covid, quindi non avevo visto molto. Mi rifarò…”
Sul premio di Pichichi e lo scomodo confronto con Shevchenko:
“Vincere il trofeo di capocannoniere mi ha dato ancora più certezze. Nessuno avrebbe detto ad inizio stagione che ci sarei riuscito, ho dimostrato che nel calcio tutto è possibile. Ho fatto tesoro dei consigli di Sheva, che mi diceva spesso che dovevo migliorare nei movimenti se avessi voluto giocare in uno dei primi cinque campionati europei”.
Sul confronto a distanza e il derby con Castellanos:
“Tutti sanno quanto sia importante il derby. Posso solo dire che darò tutto me stesso per vincere quella partita”.
La sfida aperta contro gli altri bomber della Serie A:
“Mi piace Lautaro per il suo stile e la costanza con cui segna, ma ci sono tanti bomber fortissimi nel campionato. Per me la squadra viene comunque prima di tutto, e se mi chiedete se sogno di più il titolo di capocannoniere o lo scudetto non ho dubbi: scelgo lo scudetto”.
Sul numero di gol per portare la Roma in Champions:
"Un numero ce l’ho in testa, ma non lo dico. Dobbiamo tornare in Champions League, è un obiettivo da centrare a tutti i costi perché manca da tempo”.
Le prime impressioni su De Rossi e cosa cambia rispetto a Michel:
“Non molto, forse qualcosina nelle pressioni alte. E’ più facile adattarsi ai nuovi allenatori per gli attaccanti, perché le cose che gli richiedono le puoi fare sia a Girona che a Roma. De Rossi mi piace per la sua mentalità, cerca sempre di farti migliorare allenando intensamente. Sono sicuro che mi farà crescere ancora”.
Sul record come primo Ucraino a Roma:
“Prima di me in Italia ci sono stati Schevchenko, Malinovskyi e Kovalenko, ora tocca a me farmi valere. Sul fatto di essere il primo Ucraino a Roma è un aspetto che mi inorgoglisce, per me e per il mio paese che sta vivendo una tragedia inimmaginabile”.
Pellegrini a Il Messaggero: "Tornare in Champions è il nostro obiettivo"
Lorenzo Pellegrini, in un’intervista a Il Messaggero, chiude il capitolo Mourinho e lancia lo sguardo verso quel sogno proibito: la Champions League.
Ha sentito Mourinho ultimamente?:
“No, non c’è stata occasione. Tra me e lui comunque non ci sono problemi. ci siamo chiariti. Quello che dovevamo dirci ce lo siamo detto”.
La versione di Pellegrini dell’accaduto con Mourinho:
“Non l’ho fatto perché le cose all’interno dello spogliatoio devono rimanere tali. Poi visto che sono purtroppo uscite, voglio soltanto dire che con José ho sempre avuto un rapporto meraviglioso. A lui erano state dette delle cose sul mio conto che non erano assolutamente vere. E per come l’ho letta io, in un momento di profonda amarezza dettata dall’esonero, ha creduto a queste voci”.
E a quel punto cosa è accaduto?
“E inutile negarlo, quando ho visto la sua reazione, ci sono rimasto male. Dopo tutte le emozioni che avevamo vissuto insieme, avrei preferito che fosse venuto a parlarmi di persona. Allora, ho fatto l’unica cosa che potevo fare in quel momento visto che aveva lasciato Trigoria: prendere il cellulare e chiamarlo. Abbiamo chiacchierato a lungo e ho capito quello che stava vivendo. Non mi va di entrare nello specifico di quello che ci siamo detti ma ci siamo chiariti, questa è la cosa che conta. E per me Mourinho rimarrà un tecnico che ringrazierò sempre”.
Vedendola allenarsi in ritiro, sembra più tranquillo rispetto al recente passato.
“È vero, l’ultimo anno non è stato semplice. L’unica cosa di cui non posso rammaricarmi è il fatto di non aver dato tutto. Mi dispiace che questo mio modo di essere, che non cambierà mai per niente e per nessuno, venga scambiato per poca personalità. Non penso che la personalità si dimostri platealmente o fingendo di esser quello che non sei. Io sono me stesso e vi assicuro che quando mi metto in testa una cosa la raggiungo. Fidatevi di me, sono uno che le cose le porta sempre a termine”.
La fascia condiziona quindi i giudizi?
“No, probabilmente no. Non è questione di essere o meno il capitano, di numero di maglia, ma di quello che sei. Dovrei forse aprirmi di più ma non posso snaturarmi”.
Lo sa che è una delle critiche le vengono mosse sui social è che non ride mai?
“(Sorride) Chi mi conosce sa che è una stupidaggine. In campo è più difficile, certamente non mi aiuta il fatto di essere un ragazzo riservato. Sono una persona semplice, che viene da una famiglia altrettanto semplice. Però, glielo assicuro, sono soltanto me stesso. A me non serve baciare la maglietta per dimostrare che amo la Roma perché quel gesto può farlo anche uno che è arrivato da cinque minuti. L’amore per questa squadra l’ho dimostrato tante volte. Come quando ho voluto a tutti i costi giocare un derby che poi mi è costato, per non essermi fermato per un problema al flessore, gli Europei vinti a Wembley. Ma avevo dato la mia parola al tecnico d’allora (Fonseca, ndr) e non potevo tirarmi indietro”.
A proposito di infortuni, perché nell’ultimo anno e mezzo ha faticato a trovare continuità?
“A livello di condizione, la passata stagione è stata la più complicata della mia carriera. Mi sono fermato subito dopo la seconda partita, quando stavo in nazionale. Un infortunio banale, roba di 2-3 settimane. Appena rientro, segno con il Frosinone e con il Servette e mi devo rifermare subito. Così è stato come prepararsi, fermarsi e riprepararsi nuovamente. Il problema però è che quello che hai fatto prima lo perdi e devi ricominciare da capo. Ci vuole tempo a quel punto. Da agosto a dicembre sono stato sempre male, mi sono ripreso per un paio di mesi e a giugno inevitabilmente mi sono spento di nuovo”.
E Dovbyk?
“Tecnicamente più di Lukaku mi ricorda Vieri. Il lavoro che faceva Romelu lo può anche fare ma lui vive proprio per il gol. È uno che vuole stare negli ultimi 16 metri o almeno avvicinarsi ad una zona dove sa che può segnare. Ama giocare in profondità. E poi è una bestia. Oggi abbiamo fatto la panca inclinata, ha fatto i pettorali con 35 chili…”.
Per venire incontro a chi mastica poco di tattica: trequartista, alto a sinistra?
“Sì qualcosa di simile l’ho fatto anche in Nazionale e ha creato qualche vocina… È normale che io non posso fare l’esterno, sono un centrocampista. Ma anche con Spalletti l’idea è che avrei ricoperto quella posizione nella fase difensiva e poi quando avevamo la palla dovevo entrare dentro al campo e lasciare spazio al terzino che saliva. E quindi mi trasformavo in quello che sono, un centrocampista offensivo”.
Le vocine allora erano vere?
“Ma no, c’è dispiaciuto soltanto non esprimerci come avremmo potuto. Per me Spalletti è un allenatore eccezionale, ti migliora”.
Da Spalletti a De Rossi, tre aggettivi per definirlo?
“Ci devo pensare bene, altrimenti poi si arrabbia e chi lo sente. Allora… Il primo è veritiero. Le racconto un aneddoto. Io e Daniele ci conosciamo da quando lui giocava. Il primo giorno che arriva mi chiama e mi chiede alcune cose. Alla fine, alla presenza di altri compagni, mi fa: “Ricordatevi che vi voglio bene, ma voglio più bene a me e a mio figlio. Quindi sappiate che se non vi allenate e giocate come si deve, andate fuori”. Parole che ho apprezzato tantissimo”.
Ok, sembra però la letterina di Natale. De Rossi lo avrà pure qualche difetto o no?
“Lei mi vuole mettere nei guai (ride). Boh… permaloso? Sì permaloso da morire. No, ora che ci penso forse più lunatico di permaloso. Il problema è che non si tratta di una transizione normale, del tipo un giorno sei felice e l’altro metti il broncio. Lui si sveglia la mattina ed è felice. Dopo mezz’ora è arrabbiato, poi torna a sorridere e dopo un’altra ora gli ‘rode’ di nuovo. Vabbè, devo cercarmi un’altra squadra…”.
Il suo rapporto con Dan e Ryan?:“
A me non piace fare il furbetto, non lo sono mai stato. Ricordo però una delle prime volte che li incontrai. Mi sembrava di interloquire con gente di Testaccio: c’era solo la Roma nei loro pensieri”.
L’obiettivo stagionale?:
“La Champions, è ora di tornarci. È il nostro obiettivo. La società ha investito tanto“.