Totti a Sky Sport: "Nessuno nella Roma mi ha mai cercato. Sento spesso De Rossi per dei consigli"

“Un po’ mi manca lavorare nel calcio, ma allo stesso tempo sto bene ugualmente perché ho altre cose da fare. A Roma si parla sempre tanto del mio ritorno, ma poi in realtà non c’è nulla di vero. Nessuno mi ha mai chiamato o cercato, e sinceramente non me lo aspettavo. Nonostante questo siamo tutti felici, anche se i tifosi un po’ meno”. Così Francesco Totti ai microfoni di Sky Sport

“Quest’anno si sono rinforzate parecchie squadre, soprattutto quelle più blasonate. La Juventus è la squadra che ha cercato di fare il mercato più importante. Se mi piace il mercato della Roma? Nì, all’ultimo hanno iniziato a mischiare un po’ tutto. Bisogna vedere se hanno avuto ragione, speriamo di sì”.

Sulla Roma aggiunge:“Tocca a De Rossi mettere bene in campo i giocatori e trovare la loro migliore condizione. Nell’ultimo mese ci siamo sentiti molto spesso io e lui, gli ho dato consigli così come lui li ha dati a me. È contento di quello che sta facendo, ma ovviamente cerca di fare meglio perché non pensava di partire in questo modo. Ha però la testa per fare una grande annata”.


Dimmi Konè

Debutto-show da titolare con la Francia per il romanista, tra i migliori contro il Belgio: intensità, fisicità e geometrie. Proprio le qualità necessarie a De Rossi, che non vede l'ora di schierarlo a Genova.
fonte - ilromanista

Baldanzi esagerato. Tre gol e l'Italia va

Under 21 vittoriosa in Norvegia con un super Baldanzi autore di una tripletta. Adesso alla squadra di Nunziata, prima nel girone, basterà un pari con l'Irlanda.

Fonte - tuttosport


Francesco Checcucci: "Trovato un bell’ambiente, giocatori disponibili e i tifosi sono incredibili"

Francesco Checcucci è uno dei collaboratori tecnici di mister De Rossi.
Classe 1989, toscano di Bagno a Ripoli e, a vederlo di primo aspetto, sembra di incontrare Giorgio Chiellini. Una somiglianza che non lascia indifferenti e sulla quale lui ci scherza anche.

Proprio come l’ex bandiera della Juventus, Checcucci è stato un difensore centrale, calciatore professionista, “ma non sono mai andato oltre la Serie B. Ho fatto più C, diciamo”. Oggi si occupa di altro. Non ha più il pallone tra i piedi, “ho preferito smettere presto”. Il suo compito è principalmente sull’analisi degli attaccanti avversari e dello studio dei calci da fermo, di possibili contromisure da adottare in partita.

La sua età potrebbe essere ancora valida per un calciatore in attività, eppure lei ha già maturato diverse esperienze da collaboratore tecnico.

“Sì, ho smesso di giocare a 26 anni dopo una carriera di categoria. Mi sono sempre posto il limite di restare ad un buon livello, quando ho visto che non ci arrivavo più, ho preferito dire basta. Mi piace il mondo del calcio, intendevo restarci, non volevo andare troppo oltre e diventare un giocatore mediocre. Ho preferito ributtarmi nella mischia, imparando subito bene un altro mestiere”.

E questo passaggio, da un fronte all’altro, come è stato?

“Quasi naturale. Ho sempre giocato a Football Manager, sono sempre stato abbastanza malato di tattica, di attaccanti, di tecnica individuale. Mi è sempre piaciuto un monte… Ho iniziato con i ragazzi del Chievo, poi quell’anno ho fatto il corso da analista e ho avuto l’opportunità di andare subito in prima squadra ed è stato bello, indubbiamente. Stavo finendo l’università, avevo iniziato questo lavoro e mi ci dedicavo anche la notte, mi appassionava tanto”.

Al Chievo, dunque, un’esperienza di quattro anni. Poi, il passaggio alla Spal, dove ha incontrato proprio De Rossi da allenatore.

“Inizialmente ero andato a lavorare lì come scout e analista, poi ci siamo trovati, restando in contatto anche dopo, arrivando poi insieme alla Roma. Ringrazio Daniele e la Società per questa grande possibilità, in un top Club”.

L’approccio con il lavoro in un Club di Serie A da zona europea, come è stato per lei?

“Lavorare ai massimi livelli è spettacolare e, paradossalmente, anche più facile. Io spesso mi occupo di vedere i giocatori offensivi, attaccanti avversari e situazioni da palle inattive. Farlo in un mondo che è più conosciuto, in primo luogo ti facilita per il reperimento delle informazioni, inoltre è stimolante per andare a ricercare un dettaglio un po’ più nascosto, per non scoprire l’acqua calda, ecco…”.

Entrando più nel dettaglio dei suoi compiti?

“Beh, si cerca di lavorare con i difensori sui movimenti e gli orientamenti degli avversari. Come prepararsi in base alle caratteristiche dei giocatori che ti puntano, dare questo tipo di informazioni ai nostri difensori per affrontare le partite. Poi, c’è ovviamente lo studio della squadra avversaria che facciamo tutti insieme con lo staff. La decisione finale spetta sempre all’allenatore”.

Da ex difensore, che effetto ti fa rapportarti con interpreti del ruolo così forti? Ne sono arrivati due negli ultimi giorni di mercato con enorme esperienza internazionale come Hermoso e Hummels.

“Il confronto con atleti di un livello così alto, fa indubbiamente crescere ed è bello, stimolante. Si imparano senza dubbio molto meglio alcuni dettagli, alcune nozioni che è bene tenere a mente in ogni fase della partita”.

Ad esempio?

“Nel calcio ci sono due fasi. Con la palla o senza. Da giocatore, senza palla – da difensore – ho fatto esperienza e le squadre per cui giocavo venivano sempre messe abbastanza sotto pressione. In Serie B o C è così. La fase con la palla, invece, necessita di attenzioni diverse. Tipo la valutazione dei controlli, degli spazi, i ritmi: tutte queste cose me le ha facilitate Daniele, offrendomi una chiave di lettura diversa, decodificandole in un’altra maniera e potendo poi offrire ai ragazzi informazioni quanto più precise e dettagliate possibile”.

Un bilancio di questi mesi?

“Che dire? Ganzo… Tante cose sono andate bene per me e non era affatto scontato. Abbiamo trovato un bell’ambiente, tante brave persone, i giocatori molto disponibili, i sono tifosi incredibili…”.

E lavorare in una struttura come Trigoria quanto aiuta il lavoro? 

“Tantissimo. Gli investimenti della Proprietà sulle strutture tecniche del centro sportivo sono sotto gli occhi di tutti: è assolutamente in linea per il livello della squadra e del Club. Abbiamo ogni cosa a disposizione, nessun tipo di problema, viene tutto naturale. Non manca niente. Niente. Non ci sono alibi, anzi in centro del genere resti più volentieri se devi fare una terapia o approfondire alcuni aspetti”.

Una battuta finale: le hanno mai detto che somiglia particolarmente a Chiellini?

“Tutti… Non mi taglio quasi mai i capelli così corti come ce li ho adesso, altrimenti è una rovina. Poi, il ruolo in campo era simile, alti più o meno uguali, toscano come lui…”.

Anche la voce, la cadenza, lo ricorda molto.

“Già, non a caso Mancio (Gianluca Mancini, ndr) mi chiama Giorgione…”.

ASRoma.com


Pellegrini è in dubbio, Baldanzi l'idea

Pellegrini ha un problema muscolare ma vorrebbe esserci domenica a Genoa. Il Capitano è rimasto ieri con la nazionale ma non ha potuto più allenarsi. Nella testa di De Rossi cresce anche l'idea Baldanzi a centrocampo.

Anche Le Fèe sta bene e si candida a giocare. Sembrano sicuri del posto Konè e Cristante.

Fonte - corrieredellosport

 


El Shaarawy-Paredes: operazione recupero

Tutte e due in scadenza di contratto hanno deciso di restare alla Roma.

De Rossi li ha esclusi entrambi contro la Juventus ma dopo la sosta proveranno a riconquistarsi un posto da titolare,

Fonte - Corrieredellosport 


Certezza Svilar, c'è aria di rinnovo

Il portiere ha iniziato la stagione con grande sicurezza e parate importanti. E' il pupillo di De Rossi, una certezza per la Roma.

Il club è pronto ad iniziare i colloqui per adeguare lo stipendio. Svilar intanto pensa a lavorare: un atteggiamento apprezzato dai dirigenti. Già cinque parate importanti nelle tre gare di A giocate dal serbo.

Fonte - corrieredellosport  


Enrico Iodice: "Essere nella Roma è un piacere. De Rossi è molto esigente"

Enrico Iodice è un collaboratore tecnico nello staff di Daniele De Rossi, lavora sul campo e sulla parte di analisi.

Friulano di Maniago in provincia di Pordenone, classe 1984, laureato in educazione fisica, allenatore UEFA A, Iodice vanta un’esperienza decennale all’Udinese e anche una stagione all’Hellas Verona.

 “Dopo una vita passata al Nord-Est per me è un grande privilegio avere la possibilità di conoscere da vicino questa grande città e la sua storia. Per il momento l’ho vissuta poco, dato che la maggior parte del tempo siamo operativi nel centro sportivo di Trigoria. Ed è un piacere”.

Come nasce il suo percorso nel calcio?

“All’Udinese ho iniziato come allenatore di settore giovanile, arrivando dal Pordenone Calcio, dove sono stato subito coinvolto anche dalla prima squadra come collaboratore tecnico. Dal secondo anno, ho dovuto lasciare il settore giovanile per dedicarmi completamente alla prima squadra. Li è iniziato il mio percorso e quello appena cominciato è il 13° anno di Serie A”.

Il primo allenatore con cui ha collaborato all’Udinese?

“Guidolin. Poi, in ordine sparso, Delneri, Gotti, Tudor, Iachini, Cioffi, Nicola. Lavorando per la società per circa 10 anni, ho avuto la fortuna di imparare molto da ognuno accompagnandoli durante il loro percorso”.

C'è un tecnico che ha rivisto di recente, nell'ambito di questo nuovo percorso?

“Sì, a Milano venne Julio Velazquez a vedere la nostra partita di Europa League contro il Milan (allenò l'Udinese nel 2018, ndr). Ha continuato a seguire attentamente il nostro calcio. Ci siamo salutati, con lui ci sentiamo spesso. Mi ha lasciato tanto, soprattutto come approccio”.

Che intende per approccio?

“Intendo come approccio moderno alla professione. Grande studio delle partite, grande studio dell’avversario e, proprio come Daniele, una persona esigente soprattutto con se stesso. E questo è un aspetto da non trascurare”.

Perché?

“Perché se sei solo esigente con gli altri, è un conto. Se sei auto esigente, se chiedi sempre di più in primis a te stesso e sai anche metterti in discussione, i tuoi collaboratori alzano automaticamente il livello. Quando sei convincente come figura, in senso generale, le persone stanno con te”.

A proposito del mister De Rossi, la collaborazione con lui come nasce?

“Daniele mi ha contattato l’estate scorsa. Avevamo diverse conoscenze comuni nell'ambiente, ma non ci conoscevamo personalmente. Mi trovo così questa chiamata inattesa, dove mi ha parlato a lungo della sua idea, dei suoi progetti e chiesto se volevo intraprendere il percorso al suo fianco. Sono rimasto affascinato dal suo modo di vedere le cose, dalla sua energia e ho accettato immediatamente. A gennaio è arrivata la Roma e questi 9 mesi vissuti tutti d’un fiato, ringrazio Daniele e la Proprietà per questa opportunità”.

Cosa le chiede in particolare il tecnico nel lavoro quotidiano?

“Daniele ha un livello di auto esigenza molto alto , come dicevamo in precedenza, e noi siamo trascinati da questo tipo di cultura. Mentalità che ci impone di non cercare nessun alibi e mantenere il focus sulle cose che dipendono da noi. Con un atteggiamento del genere, ti trascini non solo lo staff, ma soprattutto lo spogliatoio più importante, quello dei giocatori. Inoltre, siamo un gruppo che lavora in grande sinergia, c’è confronto aperto su tutto…”.

Questo confronto diretto tra allenatore e staff, avendo lavorato lei con diversi tecnici in carriera, è un fatto comune o no?

“Dipende, ovviamente, dal carattere e dalla personalità di ogni tecnico. Daniele ci coinvolge moltissimo in tutte le scelte. Scelte di esercitazioni, tecniche, di gestione a 360°. Ascolta con grande attenzione le opinioni di tutti, poi l’ultima parola è ovviamente la sua”.

Per quanto riguarda il suo lavoro specifico?

“L’obiettivo primario dell’analisi è sviscerare quali sono gli aspetti migliorativi e quelli che stanno andando nella direzione prevista. Porre il focus su questi contenuti, per poi   strutturare esercitazioni di campo. Parallelamente a questo ci sono lo studio dell’avversario e la formulazione della strategia di gara. Al fine di trovare gli accorgimenti migliori per affrontare i diversi avversari, nelle 2 fasi, partendo da quelle che sono le caratteristiche fondamentali del nostro modello di gioco”.

È stata citata prima la partita di Europa League con il Milan. La scelta di schierare El Shaarawy a destra, sulla fascia forte del Milan, può essere un esempio del vostro lavoro?

“È un esempio calzante. Non era una mossa così scontata. È stata una bella intuizione di Daniele. Il Milan cercava di attirare molto l’avversario, con la grande proprietà di palleggio, dei suoi 5 costruttori, più il portiere Maignan che loro sfruttano molto in fase di costruzione bassa. Abbiamo deciso di innescare la linea di pressione qualche metro più bassi e rinforzare la nostra catena di destra, dove loro avevano Theo e Leao e per metterli a nostra volta in difficoltà da quella parte. Stephan, per caratteristiche, ritenevamo potesse farlo. Lui ci ha dato subito grande disponibilità, sono i giocatori a fare la differenza. E in campo ha fatto una partita importante, come tutti i suoi compagni. Lavorando di squadra, sempre, si ottengono i risultati”.

ASRoma.com


Simone Farelli: "Svilar arriverà ad altissimi livelli. Grato a De Rossi per la fiducia"

Simone Farelli è il preparatore dei portieri della Roma, ha iniziato a lavorare nello staff di mister De Rossi dal primo giorno.

Classe 1983 proprio come DDR, Farelli è stato professionista in diverse categorie, arrivando fino all’esordio in Serie A con il Siena. Nel 2020 diventa il terzo portiere giallorosso alle spalle di Pau Lopez e Mirante, in un’annata che vedrà la squadra di Fonseca qualificarsi alla semifinale di Europa League. Da qui parte il suo legame professionale con il Club.

Estate 2020: lei, 37enne, riceve una chiamata da Trigoria…

“Fu una chiamata inattesa, improvvisa. Volevano un portiere da mettere alle spalle dei primi due per permettere a Boer di giocare con continuità nel settore giovanile. Boer che poi è diventato il terzo portiere giallorosso nelle stagioni successive. Tra gli svincolati, scelsero me”.

Una bella cosa.

“Davvero grande. Rappresentò il coronamento di un lungo percorso, il sogno, il punto massimo dopo diverse stagioni di categoria. Era giusto finire la carriera con qualcosa di veramente bello. Proprio al termine di quella stagione lì, la società mi aveva comunicato che non avrebbe rinnovato il mio contratto da calciatore, ma che se avessi avuto in mente di allenare, per me ci sarebbe stato posto. E non ci ho pensato un attimo. Potevo anche continuare a giocare, il fisico me lo permetteva, ma la voglia di continuare a lavorare per questo Club è stata più forte di qualsiasi altra possibilità. Voglio ringraziare la Proprietà che mi ha permesso di iniziare questa professione e di poterla esercitare nella Roma. È il massimo”.

Smettere di giocare come è stato?

“Guardi, forse il fatto di aver giocato poco in alcuni momenti della mia carriera, facendo il secondo o il terzo, mi ha offerto dei punti di vista differenti. Non è stato traumatico, anzi. Una volta appesi gli scarpini al chiodo, ho subito messo la testa su questo lavoro. Mi sono ritrovato una serie di appunti che avevo messo da parte nel corso del tempo, che poi ho utilizzato per iniziare. Avevo sempre cullato l’ambizione di diventare preparatore dei portieri, prima o poi”.

Cosa era scritto su questi appunti?

“Mi ero segnato gli allenamenti che facevo. Le sedute più belle, gli esercizi a cui mi sottoponevo, anche le sensazioni fisiche che mi aveva lasciato. Tutte informazioni utili che poi mi sono ritrovato”.

Quale aspetto in particolare cerca di curare nella preparazione di un portiere?

“Sicuramente la tecnica di base. Con i maestri che ho avuto nel corso della carriera, ho potuto imparare proprio questo: l’aspetto tecnico del portiere permette all’atleta di mantenere costante la sua performance”.

E l’impatto fisico?

“Quello nel calcio di oggi è predominante, ma ad un certo punto conosce un’inevitabile parabola discendente. È la natura. La tecnica, invece, ti accompagna sempre nel percorso, dandoti certezze anche quando puoi incontrare problemi fisici o della sfera emotiva”.

A proposito di tecnica e fisicità, come nasce l’exploit di Svilar?

“Lui era un portiere che aveva atteso tanto la sua chance. Il più grande merito che ha è la perseveranza, la costanza. Non ha mai smesso un secondo di allenarsi al 100% e non ha mai smesso per un attimo di attendere con pazienza la sua chance, che poi ha avuto. Ancor più bello è il fatto che lui non abbia calato le sue aspettative per il futuro, tenendo alto il desiderio di allenarsi e migliorarsi costantemente”.

È ormai tra i portieri top della Serie A?

“Io sono di parte, preferisco non esprimermi, sarei scontato. Vedendolo in allenamento ogni giorno, gli auguro di diventare il numero uno in assoluto. Non solo del nostro campionato. Ha tutti i mezzi per arrivare a livelli altissimi”.

Con Ryan, invece, che rapporto c’è?

“Ryan può essere solo una fonte di arricchimento per me. Ha esperienza in diversi campionati europei, pur provenendo da un altro continente. Questo lo si vede in campo e nella sua esperienza. Con lui c’è un confronto quotidiano, ha una sete di sapere incredibile, ha tanta voglia di imparare e migliorarsi anche a 32 anni. La sua disponibilità al lavoro è pazzesca, nonostante abbia centinaia di partite giocate e tre Mondiali con l’Australia. Il fatto di aver giocato in Liga, in Premier, in Olanda, in Belgio, in Danimarca lo si vede da come agisce in campo e da come pensa. Ha grande capacità d’adattamento”.

Passando all’aspetto tecnico e di allenamento, su cosa vi confrontate quotidianamente con il mister?

“Ogni giorno parliamo e ci confrontiamo. Stiamo tanto tempo insieme tra noi dello staff, con grande piacere. Daniele vuole che il portiere sia sempre più integrato nel contesto squadra, partecipando alla costruzione e toccando tanti palloni ogni partita. E chiede attenzione sulla difesa dello spazio in area di rigore. Consegne che io cerco di trasferire ai ragazzi con il lavoro mio, specifico. Inoltre, fornisco anche informazioni sui portieri avversari o sulle palle inattive”.

Il suo ingresso nello staff di De Rossi come è nato?

“La società aveva proposto il mio nome, io lavoravo nel Club già da un po’. Lui, dopo aver preso le dovute informazioni, ha avallato la mia candidatura e si è comportato come fa sempre. Dandomi il cinque, dicendomi “sei dei nostri”, mettendomi subito a mio agio. Gli sarò per sempre grato per la fiducia che ha riposto nei miei confronti”.

ASRoma.com


Simone Beccaccioli: "Bellissimo tornare a lavorare insieme a Daniele De Rossi"

Simone Beccaccioli è un collaboratore tecnico dello staff di mister De Rossi. È tornato nella Roma dopo circa cinque anni tra Cagliari e Napoli.

E lui, nella Roma, ci era stato 9 stagioni, iniziando dal primo Ranieri nel 2010-11. “Poi, nel 2019 andai via. E mi dispiacque. Ma sapevo che prima o poi, almeno con Daniele, ci saremmo incrociati di nuovo…”.

E alla fine è tornato a Trigoria, proprio con il suo amico De Rossi in panchina.

“Da tanti anni parliamo con Daniele che avremmo lavorato insieme, una volta che lui sarebbe diventato allenatore. Me lo diceva già nel 2014, dieci anni fa. Lui aveva già le idee chiarissime su quello che voleva fare e come lo doveva fare”.

Inoltre, avete condiviso anche anni di settore giovanile nella Roma, entrambi da calciatori, entrambi del 1983. 

“Sì, ci conosciamo da poco meno di trent’anni. Con lui e anche con Lele Mancini. Siamo dello stesso anno. Ovviamente, da piccoli giocavamo a due sport diversi... Daniele ha fatto una carriera nel calcio, io un’altra. Ma, come già detto, l’obiettivo di entrambi era di ricongiungersi prima o poi. Ringrazio lui e la Proprietà del Club per questa opportunità. E la mia gratitudine va anche al resto dello staff, un gruppo di lavoro molto affiatato, che ha già vissuto delle esperienze intense insieme, ma mi ha accolto da subito come se fossi uno di loro da sempre. C’è stata fin da subito grande intesa tra di noi, per me è un onore far parte di questo gruppo, guidato da mister De Rossi”.

A questo proposito, come l’ha ritrovato in questa nuova veste di allenatore?

“Lo dico sinceramente, sembra che faccia questo mestiere da 20 anni. È un vulcano di idee, è in controllo di ogni cosa, anche su aspetti che esternamente potrebbero sembrare marginali. A volte si abusa del termine “manager all’inglese”, ma in questo caso può starci per far capire il senso, per come Daniele sia davvero attento a qualsiasi dettaglio. Ha un’apertura mentale su tutto quanto. Io pensavo fosse interessato quasi esclusivamente al gioco, alla tattica, in realtà ha la capacità mentale di stare su ogni cosa. E poi, con noi dello staff non ti dico…”.

Dica pure, invece.

“Ascolta tutti, ci coinvolge di continuo, tutti lavorano su ogni cosa, in un ambiente ideale, dove è un piacere starci e confrontarsi. Ma, cosa ancora più importante, fa lo stesso con i calciatori. Con l’autorità giusta. Lui si rapporta allo stesso modo con chiunque, senza vedere il nome o la storia del giocatore. Sono davvero contento di essere tornato, sto vivendo un sogno”.

Nonostante, lei, arrivi dal Napoli, dove due anni fa ha fatto parte dello staff tecnico campione d’Italia di Luciano Spalletti.

“Vero, a Napoli ho vissuto qualcosa di eccezionale, grazie a mister Spalletti che mi ha voluto lì. Uno scudetto vinto in quella maniera… Poi, però, quando si è aperta la possibilità di tornare a Trigoria per lavorare con Daniele, non ci ho pensato nemmeno un secondo ed è diventato il mio unico desiderio, a qualsiasi costo. Dopo tanti giri, tanti allenatori ed esperienze diverse, lavorare con lui è la chiusura del cerchio, il passo che reputo più importante per migliorare e possibilmente completarmi. Farlo nella Roma è la ciliegina, ma con lui sarei andato in qualsiasi serie, a qualsiasi latitudine”.

Sentirlo da uno che ha lavorato con tanti e diversi allenatori, fa effetto. Anche perché ha avuto a che fare con professionisti del calibro di Ranieri, Montella, Luis Enrique, Zeman, Andreazzoli, Garcia, Spalletti, Di Francesco, ancora Ranieri. 

“Questi menzionati tutti nella Roma e con altri ci ho lavorato ancora anche altrove. Penso a Di Francesco a Cagliari, Spalletti e Garcia a Napoli. Ma è nella Roma che ho costruito la mia carriera, anche se in precedenza avevo già lavorato in Nazionale per 4 anni, dove avevo condiviso con Daniele anche quel periodo, vivendo pure il meraviglioso Mondiale del 2006, da giovane assistente nello staff di mister Lippi. Qui in giallorosso conservo tanti ricordi…”.

Se dovesse citarne solo uno?

“Beh, dico Roma-Barcellona 3-0 senza dubbio. Lì, mister Di Francesco, che per me è un ottimo allenatore di campo, ebbe l’intuizione della difesa a tre”.

Rispetto a quegli anni, il suo ruolo nello staff è cambiato?

“Adesso lavoro più sul campo rispetto a prima in cui ero più un match analyst, ma i due ruoli ormai possono essere sovrapponibili, sono molto vicini. Il passaggio dal video al campo è una naturale conseguenza. La parte delle immagini è diventata fondamentale per dare ai calciatori tutti quegli strumenti per conoscere cosa devono fare in campo e come devono affrontare gli avversari. Lavori con l’allenatore, lo staff, il direttore sportivo. Per dire, benché lavorassi come match analyst, a Sabatini e allo scouting dedicavo il maggior numero ore di lavoro della mia giornata”.

Ora, invece, le sue ore di lavoro le dedicherà quasi solo a De Rossi.

“Mi ripeto: sto vivendo un momento molto bello da un punto di vista professionale. Abbiamo menzionato Spalletti, ci tengo a sottolineare un aspetto: la grandezza di Daniele – che ricorda molto il mister in questo – è quella di non avere dogmi calcistici. “Si fa ciò che serve”, ripete lui spesso senza legarsi a ideologie estreme.

Lavorare con un allenatore con un'apertura mentale a 360 gradi e che non esclude nulla a priori è il massimo per uno chi studia costantemente il calcio come me. Avere possibilità di proporre liberamente idee o possibili soluzioni è come per un bambino passare tutte le giornate al luna park, è davvero appagante. Anche in questo aspetto si capisce quanto sia meticoloso e geniale nel suo ruolo, perché Daniele qualsiasi cosa gli dici, te la ridà indietro sempre razionalizzata e perfezionata. Inoltre, vorrei sottolineare un altro concetto…”.

Prego.

“Ormai il calcio sta andando verso una dimensione “universale” in tutti i sensi… Per me, l’obiettivo di ogni squadra è trovare – a prescindere dalle ideologie – il proprio equilibrio, quello che l’allenatore ritiene opportuno, perfezionando sempre di più la fase “invisibile”, quella che divide la fase di non possesso e quella di possesso… e viceversa. È tutto talmente veloce che essere pronti a questo switch può diventare decisivo. Stiamo lavorando bene anche in questo senso”.

ASRoma.com


L'AS Roma è orgogliosa di annunciare una partnership strategica con ComAve

L'AS Roma è orgogliosa di annunciare una partnership strategica con ComAve, una piattaforma innovativa dedicata all'e-commerce e al fan engagement.

Questa partnership segna una nuova era per i tifosi giallorossi, che ora potranno beneficiare di un'esperienza senza precedenti che combina la passione per il calcio con premi esclusivi e un'esperienza di shopping online all'avanguardia.

Grazie a questo accordo, ComAve diventa l'e-commerce partner ufficiale dell'AS Roma per offrire ai sostenitori del Club che acquisteranno sul proprio sito l’accesso esclusivo a una vasta gamma di premi e vantaggi, tra cui esperienze uniche, alcuni prodotti ufficiali e molto altro ancora. Questa piattaforma rivoluzionaria non solo avvicinerà i tifosi alla loro squadra del cuore, ma gli permetterà di vincere premi entusiasmanti e di approfondire il legame con l'AS Roma attraverso campagne interattive e opportunità uniche.

“Siamo entusiasti di accogliere ComAve tra i nostri partner”, ha dichiarato la CEO dell'AS Roma, Lina Souloukou. “Questo accordo ci permette di espandere la nostra presenza nel mondo digitale per offrire ai nostri tifosi un'esperienza di e-commerce innovativa e vantaggiosa, volta ad aumentare la loro interazione con il Club e a ricevere vantaggi esclusivi”.

“Siamo entusiasti di collaborare con un club prestigioso come l'AS Roma”, ha aggiunto Jassim Sulaiti, Regional Managing Partner di ComAve. “La nostra missione è trasformare il rapporto tra i club e i loro tifosi e questa partnership è un passo fondamentale in questa direzione. Non vediamo l'ora di impiegare la nostra tecnologia per creare momenti memorabili per i tifosi dell'AS Roma e per affermare ComAve come piattaforma di riferimento per tutte le loro esigenze di shopping e di coinvolgimento dei tifosi”.


ASR World Tour

Nella rosa di DDR i giocatori arrivano da cinque continenti diversi, dall’Europa all’Australia, passando per Asia, Africa e America. Una sintesi del calcio moderno che unisce culture e Paesi tutti sotto un grande unico obiettivo: fare grande la nostra Roma.

Fonte - ilromanista