Montino: “Abbiamo aree in abbondanza e voglia di fare”

LA REPUBBLICA - CASALINI - Esterino Montino, sindaco di Fiumicino, ha rilasciato un'intervita al quotidiano per parlare della possibilità di costruire lo stadio della Roma nei terrerni limitrofi alla nuova Fiera di Roma anzichè a Tor di Valle. Queste le sue parole:

Sindaco Montino, lo vorrebbe il nuovo stadio della Roma nei terreni del suo Comune, Fiumicino?
«Certamente sì, sono io che ho detto ai dirigenti della Roma: ‘spero che la situazione col Campidoglio si sblocchi, ma sappiate che qui a Fiumicino ci può essere una alternativa’. Era un paio di mesi fa, in un momento particolarmente, diciamo così, incagliato, della questione nuovo stadio, e ci siamo incontrati nei miei uffici».

 Perchè ha offerto un piano B al progetto giallorosso? 
«Non ho indicato un’area in particolare, ho fatto un quadro più ampio. Loro hanno bisogno di circa 40, 50 ettari, e da noi ci sono circa 200, 300 ettari liberi sulla destra dell’autostrada andando verso l’aeroporto tutti edificabili: sono a blocchi di circa 30, 40 ettari di diversi proprietari mentre le aree libere di Leonardo Caltagirone credo siano troppo piccole. Sono già infrastrutturati, hanno strade, ferrovie e vastità di parcheggi. Appena a 7 km da Tor di Valle. E come amministratore ritengo che un grande impianto sportivo sia un intervento urbanistico più qualificante di una distesa di capannoni»

Ma entrerebbe in quei terreni il progetto concepito a Tor di Valle? 
«Va comunque ridimensionato, io parlo con l’As Roma per lo stadio, la foresteria, l’albergo e spazi commerciali legati allo sport. Non voglio palazzoni»

Ha mai parlato col Campidoglio? 
«No, ma ho sentito la sindaca Raggi che rispondeva così, elegante, a una radio privata. “See, je piacerebbe a Montino...»


Rinnovi, da Zaniolo a Pellegrini: i 4 giallorossi in attesa

GAZZETTA DELLO SPORT - Gianluca Petrachi dovrà aspettare ancora, almeno una settimana se non qualcosa in più, per capire e sapere quando e come potrà iniziare a sentirsi davvero il nuovo d.s. della Roma. Le cose da fare, del resto, sono tantissime, e tra queste ci sono anche i rinnovi. Il primo da dover affrontare, senza aspettare oltre, è quello di Stephan El Shaarawy. Stephan attualmente guadagna 3 milioni di euro (2,5 come parte fissa e circa 500mila euro di bonus facili) e punta ad arrivare a 3,8-4.
Poi bisognerà risolvere il prima possibile la situazione di Nicolò Zaniolo, che guadagna ancora appena 300mila euro: ora e di euro a salire. Ora, invece, il giocatore ne vuole almeno il doppio, con i dirigenti giallorossi che invece non vorrebbero andare oltre il milione e mezzo.
Un altro che aspetta da tempo l’adeguamento contrattuale è poi Cengiz Under: in questo momento porta a casa circa un milione, cifra che vorrebbe vedersi ritoccare verso l’alto. Under ha altri tre anni di contratto, esattamente come Lorenzo Pellegrini. Il futuro vicecapitano della Roma ha anche una clausola rescissoria (biennale) da 30 milioni di euro. Se la Roma volesse toglierla, inviterà il giocatore a parlarne, offrendogli nel contempo un adeguamento contrattuale.


Il club si affida a Totti: dovrà sondare Gattuso. E Di Biagio si propone

LA REPUBBLICA - FERRAZZA - La Roma serra le fila, riordinando le idee dopo il no di Gasperini. Il tecnico ha preferito restare a Bergamo, a Trigoria non l’hanno presa benissimo, costretti a fare i conti con un appeal da riconquistare sul mercato degli allenatori. E non solo. Petrachi ancora non si è liberato dal Torino, il mercato è quindi ancora in stand by, in attesa di focalizzare un mister che sia felice della chiamata dei giallorossi e che non debba prendere tempo. Piove sul bagnato, tra le critiche del mondo del calcio, molto duro nei confronti della gestione societaria, reduce dall’allontanamento come calciatore di De Rossi e da due rifiuti pesanti, come quelli di Conte e Gasperini. Per questo è stato aperto una sorta di comitato d’emergenza, con Totti convocato alla sede dell’Eur per concordare le strategie, insieme all’ad Fienga e al vice-presidente Baldissoni. Gattuso, appena liberatosi dal Milan, è un profilo che piace molto a Trigoria e per questo motivo è forse stato coinvolto Totti, molto amico di Ringhio. Ci sono poi i “soliti” De Zerbi e Giampaolo, con il pensiero lontano a Sarri, visto che stavolta nessuno vuole correre rischi, rischiando un altro no. «Non mi ha chiamato nessun club — spiega De Zerbi — e mi piacerebbe restare al Sassuolo, anche se devo parlare col presidente». Si propone, in pratica, Gigi Di Biagio, attualmente sulla panchina dell’Under 21. «L’ambizione di un tecnico è quella di allenare le squadre più forti, e, tra queste, c’è sicuramente la Roma. Ma adesso non voglio titoli su questo, non mi sembra il caso, né per il mio momento né per quello dei giallorossi. De Rossi allenatore? Daniele può fare qualunque cosa, allenare i giovani per maturare esperienza e poi fare il salto con i grandi». E l’ex numero sedici, fresco di addio ai giallorossi, è in questi giorni a Tokyo con la moglie Sarah, che ieri ha postato su Instagram una foto di loro due insieme, assicurando che “Il ragazzo sta bene”. È intanto stata rinviata a data da destinarsi la campagna abbonamenti (la cui partenza era prevista per martedì scorso), visto il clima di caos e malcontento. Probabilmente non verrà presentata, ma si comunicherà solamente il giorno in cui sarà possibile cominciare a rinnovare il proprio abbonamento.


Stadio sul binario morto. Voci di interesse dal Qatar

IL MESSAGGERO - MENICUCCI - Politica, calcio, affari. E, in mezzo, un vero e proprio rebus: ma il controverso e da molti contestato progetto sullo stadio della Roma va avanti o è fermo? E James Pallotta – dopo aver chiamato all’adunata i tifosi («se volete il nuovo impianto fatevi sentire», le sue parole) e averne ricevuto come risposta una sonora contestazione («noi lo stadio non lo vogliamo») – procede o indietreggia?

 

LO STALLO - Perché ogni giorno che passa, nubi sempre più nere (sarà la strana primavera che stiamo vivendo...) si addensano su Tor di Valle. E non solo per quanto riguarda il Campidoglio. Perché i fattori di criticità, dopo questo 26 maggio, sono ulteriormente aumentati. Sarà pure, come ha scritto Daniele De Rossi nella sua lettera di saluto ai supporter giallorossi, che «il 27 maggio il vento soffia ancora», ma sempre meno sembra spirare dalle parti dell’ex Ippodromo. In Campidoglio, al di là delle solite riunioni tecniche con Eurnova (una c’è stata ieri, l’altra la settimana prossima), sul fronte politico tutto tace: la variante urbanistica, che doveva essere portata in aula entro l’estate, non è ancora stata calendarizzata e dopo l’arresto di De Vito l’attività si è ulteriormente paralizzata. Altro indizio, la rimodulazione delle opere pubbliche nel piano di investimenti 2019-2021: il ponte dei Congressi slitterà ancora in avanti, visto che la giunta grillina, con soli due anni davanti (che, in realtà, tra campagna elettorale e ferie estive sono si e no 18 mesi di lavoro pieno), vuole puntare solo su ciò che pensa di realizzare entro la fine del mandato. Come se non bastasse, la batosta elettorale crea dei contraccolpi nel Movimento, nazionale e romano: brusca frenata sull’anima “governista”, ritorno di fiamma alle origini, quando M5S era un partito “di lotta”. E poi c’è la Roma di JP, in enormedifficoltà anche lui. La gestione dell’addio di De Rossi, le possibili cessioni di Dzeko e Manolas, la caccia (finora fallimentare) al nuovo tecnico. Il patron americano è sotto tiro, accusato – appunto – di «pensare solo allo stadio».

 

LE POSSIBILI TRATTATIVE - In questo clima, ieri è saltata fuori l’ultima voce. Che la Romaabbia chiesto al Qatar di intervenire per finanziare il nuovo impianto. Ricostruzione che, in questi termini, è stata smentita dal club giallorosso: «Non abbiamo chiesto nulla a nessuno. Con il Qatarabbiamo i soliti rapporti: sponsor e attività collaterali». Una risposta che si regge sulle sfumature. Magari la Roma non ha chiesto, ma questo non esclude che il Qatar possa essere interessato all’affare, anche perché il Paese arabo è già molto presente nel mondo del calcio europeo, dopo l’acquisto del Psg in Francia. E con la Roma i rapporti si sono via via intensificati. Prima la sponsorizzazione, poi le voci di una possibile cessione del club. Ipotesi smentita, anche questa, anche se erano già circolate delle cifre: 400-500 milioni di euro. Fantacalcio? Chissà. L’idea che Pallotta sia stanco, che abbia capito che il business stadio non è così semplice, circola ormai da un po’. Ed è naturale che, se il Qatar investisse nel nuovo impianto (o addirittura lo rilevasse), per il patron di Boston verrebbe meno il motivo fondamentale per cui si prese la Roma. Ipotesi, scenari. Ma qualcosa simuove. E la Raggi, questa è la sensazione secondo gli insider del Campidoglio, sta a guardare. Tanto a fine mandato mancano due anni, che poi sono anchemeno.


La Roma cerca un Drago per chiudere la porta

CORRIERE DELLA SERA - Le straordinarie prestazioni di Bartlomiej Dragowski negli ultimi mesi di campionato non sono bastate per salvare l’Empoli dalla retrocessione ma hanno messo il ventunenne polacco sotto gli occhi di tutti. Dragowski tornerà alla Fiorentina, proprietaria del suo cartellino, con contratto in scadenza nel giugno 2021. L’estate scorsa i viola hanno comprato dal Tolosa (a 8,5 milioni) Alban Lafont, che ha vissuto un campionato fatto di alti e bassi ma che è un investimento per il futuro: ha infatti solo 20 anni. È lampante che non si possono tenere in rosa due portieri emergenti e la Romasi è così inserita, approfittando delle trattative su Gerson, che quest’anno è stato in prestito proprio alla Fiorentina, giocando 36 partite e segnando 3 gol. Può essere la pedina di scambio per il portiereoppure la chiave per un incrocio di prestiti.
Il Cagliari ha sparato altissimo per Cragno.  La Juventus offre Mattia Perin, ma lo valuta 20 milioni e vorrebbe inserirlo nell’affare-Zaniolo, per abbassare l’offerta per il centrocampista. Un affare che non interessa la dirigenza giallorossa. Sotto osservazione anche due portieri greci: Odysseas Vlachodimos, 25 anni, del Benfica, e Vassileios Barkas, 24 anni, dell’Aek Atene, che l’ha offerto in cambio di Ezequiel Ponce, che ha segnato 16 gol in campionato. Kevin Trapp tornerà al PSG dal prestito all’Eintracht Francoforte edèun profilo che piace. Il problema è il contratto a cifre da «emiri» in scadenza nel giugno 2020: il PSG, dunque, non può prestarlo ma soltanto venderlo.


Di Biagio: «In futuro vorrei allenare i giallorossi»

CORRIERE DELLA SERA - Gigi Di Biagio, commissario tecnico della Nazionale Under 21, non può fare a meno di ammettere che, in un futuro più o meno prossimo, gli piacerebbe allenare la Roma: la squadra in cui ha giocato ormai 25 anni fa e che, soprattutto, gli è rimasta nel cuore. E chissà che il suo nome, nell’ambito di un progetto incentrato su giovani italiani e senso di appartenenza, non possa davvero essere preso in considerazione. «L’ambizione di un allenatore è quella di guidare una grande squadra, ma non parlo nello specifico della Roma, altrimenti tutti scriveranno che sono il nuovo tecnico giallorosso perché sono anche stato accostato a loro - spiega Di Biagio - . Quando farò l’allenatore di club, l’ambizione è allenare le squadre più forti. Tra queste c’è sicuramente la Roma».


Ufficiale l'esonero di Spalletti. Non è più il tecnico dell'Inter

La notizia era data per certe da diverse settimane ed ora è arrivata l'ufficialità: Luciano Spalletti non è più l'allenatore dell'Inter. Questo il comunicato emesso dal club nerazzurro ed apparso sul suo sito, inter.it

"FC Internazionale Milano comunica che Luciano Spalletti non ricopre più il ruolo di allenatore della Prima Squadra. Il Club ringrazia Spalletti per il lavoro svolto e per il percorso compiuto insieme".


Chi è la talpa del retroscena di De Rossi e i tre senatori che vogliono Totti fuori?

NEXTQUOTIDIANO.IT - NERI - Oggi Carlo Bonini e Marco Mensurati su Repubblica parlano di un carteggio tra Ed Lippie e James Pallotta, rispettivamente ex capo dei preparatori atletici e proprietario dell’A.S. Roma, che getterebbe, secondo le intenzioni, una luce inquietante sui rapporti interni alla società giallorossa. La notizia, secondo l’anticipazione pubblicata dal sito, è che “De Rossi e altri 3 senatori volevano Totti via dalla Roma”. Come vedremo, il racconto della storia invece ci dice molto altro. Tutto parte dal racconto di questa scena immortalata dalle telecamere il giorno dell’addio di De Rossi alla Roma. “Io non volevo”, dice uno dei due all’altro e le interpretazioni univoche: si parla del modo – incredibilmente negativo dal punto di vista dell’immagine – con cui la società ha gestito la (propria) decisione di non rinnovare il contratto al suo capitano. Secondo Bonini e Mensurati quella frase si spiega proprio leggendo il carteggio tra Lippie e Pallotta. Si parla di una lettera inviata il 16 dicembre in cui le “fonti” del preparatore sostengono:

I quattro “senatori”, che cita — De Rossi, Kolarov, Dzeko e Manolas — ritengono il gioco di Di Francesco dissennato, dispendioso sul piano della corsa ma misero su quello della tattica. Lamentano l’indebolimento della squadra. Il tecnico – dicono da Roma – è in preda alla nevrosi dovuta al rammarico di aver accettato da Monchi un mercato inadatto al suo 4-3-3. Circondato da uno staff non all’altezza, vittima della sua stessa presunzione di riuscire ad “adattare” calciatori non compatibili col suo gioco.

La prima cosa che viene in mente leggendo la frase è che le fonti non saranno facili da individuare, perché quello che rivelano è ciò che pensano tutti i tifosi della Roma. Il gioco di Di Francesco ha portato spesso la squadra a prendere rischi inutili e pagarne le conseguenze (l’ultima trasferta a Cagliari, quando gli avversari pareggiarono in nove grazie a un “buco” di Manolas e alla difesa alta), la squadra è stata oggettivamente indebolita negli ultimi due mercati (a casa Salah, Alisson – che si giocano la finale di CL tra poco – Nainggolan, Strootman venduto a mercato italiano chiuso; i rimpiazzi li avete visti tutti…). Se lo staff non è all’altezza, poi, la questione si fa ancora più drammatica per i dirigenti che hanno gestito l’A.S. Roma, perché è stato Di Francesco a volere i suoi preparatori e a far chiudere il rapporto con Lippie, l’autore della lettera. Poi si passa alle accuse a Monchi:

Già, Monchi. Lippie scrive che a Trigoria è visto come il fumo negli occhi. Lo vivono come un narcisista che ha riempito la squadra di giocatori per i quali vincere o perdere è la stessa cosa. Gli rimproverano doppiezza nei rapporti, insofferenza nei confronti dei giocatori di seconda fascia, capacità manipolatorie nelle informazioni in uscita da Trigoria e un mercato che non è passato attraverso una corretta due diligence.

E anche qui, che gli vuoi dire alle povere fonti, oltre che c’hanno ragione? Ma andiamo al dunque, cioè a Totti:

E tuttavia è l’ultima delle informazioni che Lippie scrive al presidente quella che prefigura la catastrofe. Se le fonti dell’ex preparatore dicono il vero la squadra soffre la presenza di Totti nel suo nuovo ruolo di dirigente. Le percezioni negative che trasmette allo spogliatoio. L’ottavo re di Roma, il suo figlio prediletto, è mal tollerato — così scrive Lippie — da coloro a cui ha consegnato il testimone e che pubblicamente non smettono di celebrarlo. Le fonti di Lippie chiedono che l’ex “Capitano” venga allontanato da Trigoria se necessario cacciando Di Francesco cui Totti è legatissimo. E sostituendolo con qualcuno che lo tenga lontano.

Ora, attenzione: rileggete il titolo di Repubblica che si trova in copertina e quello sul sito: si parla di una rivolta di De Rossi e di tre senatori. Nella frase che leggete qui si dice che la squadra non vuole Totti senza accusare precisamente nessuno. Non è strano? No che non lo è. Perché dopo vengono svelate le tre fonti:

Ed Lippie svela quindi l’identità delle sue fonti. Sono il medico sociale Riccardo Del Vescovo e il fisioterapista Damiano Stefanini. Indica in particolare Del Vescovo come il più convinto che la Roma debba essere “detottizzata”.

Oh, avete visto chi è il più convinto che la Roma debba essere detottizzata? Il fisioterapista. Ma perché allora nel titolo c’è De Rossi?

Nell’articolo si racconta di come, dopo questa lettera, Monchi abbia rassegnato le dimissioni che sono state respinte; poi Di Francesco viene mandato via in seguito al ko di CL e il direttore sportivo, che qui ha fatto molti più danni della grandine pur avendo una schiera di leccaculo che fino all’ultimo lo ha difeso con audacia e sprezzo del ridicolo, che finalmente prende cappello. Vengono cacciate anche le “fonti” di Lippie, ovvero quelli che da raffinati insider dicevano le stesse cose che dicevano tutti i tifosi della Roma dotati del dono della vista.

E questa vicenda dimostra anche qualcosa. Precisamente, dimostra che il pesce puzza dalla testa. E’ infatti evidente anche a un cieco che l’inquadramento della notizia serve alla società A.S. Roma di rispondere alle contestazioni che sono scoppiate in tutta la città dopo che un nutrito gruppo di incapaci è riuscito a portare in dodici mesi una squadra dalla semifinale di Champions League alle qualificazioni in Europa League.

Il nutrito gruppo di incapaci non sono i giocatori, ma i dirigenti. Perché se in campo ci vanno i giocatori, chi li sceglie strapagandoli è il responsabile della cazzata. In ogni azienda, come direbbe Fienga, sono i dirigenti i responsabili delle scelte. Invece questo articolo sposta l’attenzione (nel titolo) su De Rossi e cerca di indicare nei personaggi che hanno lasciato la società i responsabili della stagione della disfatta.

Facile pensare che se è colpa loro, non può essere colpa, ad esempio, del tizio che ha preso Pastore regalandogli uno stipendio monstre per fargli giocare 10 partite. E soprattutto, del tizio che ha detto che il dirigente era un genio. Se è colpa degli altri, non è colpa del dirigente che ha preso Karsdop nonostante fosse infortunato a una cifra incredibile per un terzino e poi ha scoperto che il calciatore non era in grado di giocare per un anno. Se è colpa degli altri, non è colpa del tizio che pensava di sostituire Salah con Schick. E soprattutto, non è colpa del presidente che ha scelto quel tizio (Monchi) e di qualche eventuale genio della dirigenza sportiva attualmente prestato al golf che gliel’ha suggerito (Baldini).

Ricapitolando: la proprietà (con i relativi consiglieri) è in cerca di capri espiatori che gli consentano di incolpare qualcun altro dell’oggettivo depauperamento della squadra. Oggi è uscito un articolo che nel titolo dice una cosa e nel testo ne dice un’altra. E la cosa divertente è che ci saranno migliaia di persone che oggi a Roma accuseranno l’Ambiente Romano per i risultati della squadra. Invece, come abbiamo visto, i risultati sono frutto degli incredibili errori dei dirigenti. E il resto sono chiacchiere da bar. C’è gente che viene pagata per dire che è colpa dei tifosi, e vabbeh, quando si viene pagati bisogna fare il proprio lavoro. Il brutto è che c’è pure gente che lo fa gratis.


La Roma contatta Trapp per il dopo-Olsen

La Roma cerca un nuovo portiere per sostituire Robin Olsen ed avrebbe avviato i contatti per Kevin Trapp, portiere del Paris Saint-Germain. Questo è quanto riferito dal sito tuttomercatoweb.com, che spiega come l'estremo difensore tedesco quest'anno ha giocato in prestito all'Eintracht Francoforte dopo l'arrivo di Buffon sotto la Torre Eiffel. La società giallorossa starebbe pressando il giocatore da giorni per convincerlo ad accettare l'offerta romanista.


La Roma resta in alto mare

IL TEMPO  - AUSTINI - Inalto mare è dire poco, la Roma deve ricominciare da zero. Il nuovo direttore sportivo, Gianluca Petrachi, è stato scelto ma è costretto a lavorare nell’ombra fino a quando non trova un accordo con Cairo per svincolarsi dal Torino. Dei tre allenatori selezionati come prime scelte, due - prima Conte poi Gasperini - hanno declinato la proposta dei giallorossi, l’altro, Sarri, è a un passo dalla Juventus dopo aver trionfato ieri sera in Europa League. E allora, sperando in una possibile apertura improvvisa del toscano (oggi il suo avvocato sarà a Londra per iniziare a trattare la rescissione con il Chelsea nonostante la coppa vinta), non resta che riprendere in mano la lista completa di allenatori prendibili. E scegliere il «meno peggio». La Roma ha ricominciato a riflettere sulle varie opzioni da martedì, quando ha saputo che Gasperini aveva deciso di restare all'Atalanta: ieri l'annuncio ufficiale dei bergamaschi. I dirigenti, come d'altronde fanno quasi tutti i giorni, si sono riuniti  negli uffici dell'Eur (segnalata la presenza anche di Totti) e hanno scandagliato i vari profili rimasti sul mercato o avvicinabili. Il tutto restando in continuo contatto con Baldini, l’uomo di Pallotta più attivo nelle trattative in questa fase di interregno tra Monchi e Petrachi, con Massara ormai dimissionario. Ora si pensa all'allenatore e a impostare le cessioni da fare entro il 30 giugno (servono 45-50 milioni di plusvalenze per il bilancio), il resto compresi i rinnovi di El Shaarawy e Zaniolo è stato rinviato a luglio, quando Petrachi si sarà insediato.

Si punta a rivoluzionare di nuovo la rosa, con l’addio di senatori come Dzeko (praticamente certo), Manolas (probabile) e Kolarov (possibile) dopo la scelta forte fatta su De Rossi. Si investirà più su giovani che su giocatori affermati, contemplando l'esigenza di abbassare i costi in vista di una stagione senza introiti Champions: previsto un calo di ricavi di circa 50 milioni. Adesso però servono gli uomini da mettere alla guida della nona edizione della Roma americana, La preferenza va ancora ad allenatori italiani e un nome sicuramente oggetto di valutazioni è quello di Roberto De Zerbi, che ha fatto sapere, sia in pubblico che privatamente, di non aver ricevuto ancora nessuna telefonata. Ma dietro il diplomatico «resterei volentieri al Sassuolo» c’è la speranza di potersi spostare in un club dalle ambizioni maggiori. Come per Di Francesco, però, andrebbe convinto il patron neroverde Squinzi a liberarlo dall’ultimo anno di contratto. Potrebbe invece firmare in qualsiasi momento Gattuso, nome che accende più fantasie tra i tifosi grazie alle sue prese di posizione al Milan, comprese le onorevoli dimissioni finali, ma l’intenzione di Ringhio è di spostarsi all'estero. Il potentissimo agente Jorge Mendes cura i suoi interessi e gli avrebbe già trovato una sistemazione: in Premier? Circa tre mesi fa la Roma ha avuto un approccio indiretto con Gattuso, Totti ha un ottimo rapporto con l’ex compagno di nazionale ai Mondiali 2006 e Rino potrebbe comunque ascoltare un'eventuale proposta: per ora non è arrivata. Giamapaolo era un nome scartato da settimane ma torna per forza tra i candidati, Mihajlovic pare inadatto per questioni ambientali, Allegri è poco più di un sogno. Nel caso di virata sugli stranieri, occhio allo svincolato Blanc, a Paulo Fonseca dello Shakhtar o a Bordalas del Getafe. Il balletto durerà almeno altri 10 giorni.


La rivolta di De Rossi e tre senatori contro Totti

LA REPUBBLICA - BONINI - MENSURATI -  Se si deve stare alle immagini di Francesco Totti che, livido, si congeda da Daniele De Rossi, allora si deve concludere che alle 22.30 di domenica 26 maggio una città ha definitivamente perso l’innocenza e divorziato dal suo oggetto d’amore, l’As Roma. Messa per intero in carico alla proprietà americana, la bancarotta sportiva di un annus horribilis, di cui quell’ultimo fotogramma sembra l’epitaffio, si porta via tutto. Tutto, tranne un dettaglio. Sotto il diluvio dell’Olimpico, nell’abbraccio tra i due si sente un misterioso “non volevo”, ma non si sa chi lo pronunci. Chi non voleva? Che cosa non voleva? Un’inchiesta di Repubblica - che ha avuto accesso a fonti dirette e carteggi interni, compresa una mail che getta una nuova luce sul rapporto tra i due capitani - può oggi documentare un grumo di ricatti e trame di spogliatoio che dice molto non solo della Roma e di Roma, ma anche del doppiofondo del calcio professionistico. Del peso politico dei club, degli appetiti che suscita, degli strumenti non ortodossi per conquistarlo. Del ruolo dei campioni e delle bandiere. È una storia che comincia a metà agosto del 2018.

“Vi faccio arrivare decimi”  - L’estate della Roma è gonfia di attese. I conti della società sono a posto. Il fatturato ha toccato i 250 milioni di euro, il patrimonio dei calciatori a libro supera i 200 milioni che di fatto si raddoppiano a valore di mercato. Sono stati rispettati i paletti del fair play finanziario, la squadra è dodicesima nel ranking Uefa, è reduce da una semifinale di Championse le statistiche la danno nona tra i club europei per investimenti in calciatori negli ultimi dieci anni. Sono state fatte cessioni dolorose, Alisson e Nainggolan, ma l’ultimo campione del mondo preso Nzonzi, è accolto come un gran colpo. Tiene mucho futbol, assicura il ds spagnolo Monchi. Non la pensa così DDR, Daniele De Rossi. Ritiene quell’acquisto un avviso di sfratto, considerando il francese un suo doppione. E - come raccontano tre diverse fonti - chiede, anche attraverso il suo agente, la rescissione del contratto. Affronta personalmente la dirigenza e in un momento di collera avvisa: «Se non risolviamo la cosa, vi faccio arrivare decimi». Non è un grande inizio. Lo strappo viene ricucito. Ma quello scricchiolio è il prologo di quanto accadrà nell’arco di soli quattro mesi.

Le idi di dicembre  - La prima parte della stagione è ricca di altri pessimi presagi. La Roma cade in casa del Bologna, subisce le rimonte inspiegabili del Chievo all’Olimpico e del Cagliari alla Sardegna Arena. La tengono a galla la vittoria nel derby e la qualificazione agli ottavi di Champions. Ma qualcosa si è rotto. Tra l’allenatore e la squadra, tra la squadra e la società. Rappresentato all’esterno come un «gruppo stupendo e coeso», lo spogliatoio è in realtà una polveriera. Di cui Monchi non sembra avere il sentore. La mattina del 16 dicembre Ed Lippie, preparatore atletico e uomo di massima fiducia di Jim Pallotta, che ha appena lasciato dopo tre anni la Roma per tornare a Boston, si sistema di fronte al suo pc. Ha delle cose importanti da scrivere, che il suo presidente deve sapere. Una fronda, e che fronda, chiede tre teste:l’allenatore, il direttore sportivo, e Francesco Totti. Quattro giorni prima la Roma ha perso con il Viktoria Plzen in Champions e si prepara alla partita in casa con il Genoa. Ed Lippie sente che non c’è più un minuto da perdere. In una lunga mail spalanca l’abisso in cui stanno sprofondando squadra e allenatore.

I senatori - Con prosa anglosassone, asciutta, spiega a Pallotta di avere ancora occhi e orecchie dentro Trigoria. Le sue fonti — scrive — lo informano regolarmente con messaggi e telefonate. E quello che raccontano è sorprendente. Spiega che i quattro “senatori”, che cita — De Rossi, Kolarov, Dzeko e Manolas — ritengono il gioco di Di Francesco dissennato, dispendioso sul piano della corsa ma misero su quello della tattica. Lamentano l’indebolimento della squadra. Il tecnico - dicono da Roma - è in preda alla nevrosi dovuta al rammarico di aver accettato da Monchi un mercato inadatto al suo 4-3-3. Circondato da uno staff non all’altezza, vittima della sua stessa presunzione di riuscire ad “adattare” calciatori non compatibili col suo gioco.

Il narcisista spagnolo -  Già, Monchi. Lippie scrive che a Trigoria è visto come il fumo negli occhi. Lo vivono come un narcisista che ha riempito la squadra di giocatori per i quali vincere o perdere è la stessa cosa. Gli rimproverano doppiezza nei rapporti, insofferenza nei confronti dei giocatori di seconda fascia, capacità manipolatorie nelle informazioni in uscita da Trigoria e un mercato che non è passato attraverso una corretta due diligence.

Scacco all’ottavo Re  - E tuttavia è l’ultima delle informazioni che Lippie scrive al presidente quella che prefigura la catastrofe. Se le fonti dell’ex preparatore dicono il vero la squadra soffre la presenza di Totti nel suo nuovo ruolo di dirigente. Le percezioni negative che trasmette allo spogliatoio. L’ottavo re di Roma, il suo figlio prediletto, è mal tollerato — così scrive Lippie — da coloro a cui ha consegnato il testimone e che pubblicamente non smettono di celebrarlo. Le fonti di Lippie chiedono che l’ex “Capitano” venga allontanato da Trigoria se necessario cacciando Di Francesco cui Totti è legatissimo. E sostituendolo con qualcuno che lo tenga lontano.

Gli uomini dei pizzini  - Ed Lippie svela quindi l’identità delle sue fonti. Sono il medico sociale Riccardo Del Vescovo e il fisioterapista Damiano Stefanini. Indica in particolare Del Vescovo come il più convinto che la Roma debba essere “detottizzata. Pallotta trasecola. E con lui, i suoi soci, facoltosi signori che non amano mettere i loro soldi in un circo senza domatori. Monchi, Totti e l’intera struttura societaria, a partire dall’allora dg Mauro Baldissoni e dal media strategist Guido Fienga, vengono informati della mail. Monchi rassegna le dimissioni (che vengono respinte). Per Totti quel racconto è una ferita profonda. Occorre mettere mano dentro lo spogliatoio - dice alla società - e bisogna cominciare proprio dal medico e dal fisioterapista; le cose non potranno che andare peggio. Ha ragione, Totti. In quel momento, però, la Roma si deve ancora giocare tutti i traguardi di stagione e Monchi e Di Francesco sconsigliano di aprire una crisi che terremoterebbe la squadra. Venire o meno a patti con i senatori: è l’antico dilemma del calcio, a maggior ragione a Roma dove lo spogliatoio ha un filo diretto con la curva. Si sceglie la via di sempre: metterci una pezza. E rimandare il redde rationem con senatori e whistleblowers. La società chiede a Monchi un piano b. La possibilità, se la situazione sportiva dovesse precipitare, di immaginare un nuovo allenatore. Monchi il piano b non lo ha. Anzi, rilancia: «Se va via Di Francesco vado via anch’io». Pallotta e i suoi soci fanno la sola cosa nella loro disponibilità. Ridistribuiscono le deleghe e nominano CEO Guido Fienga, un uomo con una lunga esperienza in finanza. A Baldissoni va la vice presidenza, per portare a casa il progetto vitale per la crescita del club: il nuovo stadio. La squadra intanto entra in un tunnel da cui non uscirà più. Subisce una rimonta con l’Atalanta, l’umiliazione dell’ennesimo 7-1, in Coppa Italia a Firenze, e perde male il derby. Di Francesco chiede alla società di essere mandato via se questo può risolvere quel conflitto sordo con lo spogliatoio che ormai è un segreto di Pulcinella. Ma gli ottavi di Champions sono vicini: la doppia sfida col Porto è l’ultima chiamata.

Redde rationem  - Dopo il ko di Champions vengono accompagnati alla porta, insieme a Di Francesco e Monchi anche Del Vescovo e Stefanini. Nessuno fuori da Trigoria si chiede il perché, ci si accontenta della versione ufficiale, quella che li vuole responsabili dei troppi infortuni. Lo spogliatoio il perché lo conosce. E prende le difese di Stefanini, cui De Rossi è legatissimo (è una delle tre persone che il capitano citerà nella sua lettera di addio). I senatori si convincono che la pulizia abbia un mandante, Francesco Totti.tra lui e De Rossi scende un gelo che durerà fino alla fine. Fino a quell’ultimo fotogramma di domenica 26, con Totti sotto l’ombrello, le mani in tasca e una faccia che è una maschera di amarezza per quella festa triste di cui conosce il non detto.

L’ultima curva - I modi e i tempi dell’infelice addio tra De Rossi e la Roma si comprendono ora meglio. E si comprende ora meglio anche per quale motivo ci siano versioni opposte su chi abbia mancato di rispetto a chi. De Rossi lamenta che la società non abbia nemmeno voluto discutere di un rinnovo “a gettone”; la società sostiene che sia stato Daniele ad aver cambiato idea all’ultima curva. Quel che conta, ed è più interessante, è come quell’addio turbolento diventi narrazione, senso comune, utile a chi vede in questo psicodramma l’occasione decisiva per sottrarre agli americani il giocattolo. Mentre il senatore Maurizio Gasparri monta una canea addirittura in Senato, come se i destini di una società per azioni fossero affar suo, la curva e le radio soffiano sulla piazza. Una città che non manifesta per le buche in cui sprofonda assedia la sede della Roma. Striscioni di vergogna affacciano nelle capitali del mondo e come in un capitolo di Suburra due figuri «con accento romano» terrorizzano per una rapina da quattro soldi (la seconda in poco tempo) la madre di Nicolò Zaniolo, l’ambito gioiello della rosa, il ragazzo su cui ricostruire o, nel caso di una cessione, abdicare. Per non dire di singolari striscioni “No Stadio” che improvvisamente appaiono in curva come a voler ulteriormente fare impazzire la maionese.

Er viperetta - A Roma, e intorno alla Roma, non succede mai nulla per caso. Gli americani, al netto di qualunque considerazione sportiva, hanno oggettivamente rotto l’immarcescibile sistema di relazioni che vuole il proprietario del club più importante di un primo ministro. Lo stadio, poi, ha mosso appetiti formidabili, e aperto scenari impensabili. Un certo generone romano, quello che fa gridare alla curva “la Roma ai romanisti” in realtà nella Roma vede solo una straordinaria opportunità. Era già così ai tempi della Rometta di Anzalone e Ciarrapico figurarsi oggi nel mondo dei balocchi di Nike, Qatar Airways, Hyundai. Non sorprende dunque che, in questa temperie, mentre l’AdnKronos di Pippo Marra (storicamente legato alla famiglia Sensi, della cui Roma sedeva nel Cda) accredita una fantomatica offerta dagli emiri del Qatar, torni ad affacciarsi un vecchio appassionato dell’oggetto: il presidente della Samp Massimo Ferrero. Er Viperetta fa recapitare, informalmente, l’ennesima offerta alla dirigenza della Roma dicendosi disposto ad acquistarla (per un piatto di lenticchie). Ferrero non è il primo e non sarà l’ultimo pretendente. Del resto già tre anni fa Aurelio De Laurentiis aveva confidato alla stessa dirigenza romanista di averci fatto un pensierino. Aveva un’offerta per vendere il Napoli, sarebbe stato pronto a prendersi la squadra della Capitale.

Rifondazioni - Acquistando il club, Pallotta disse che Roma non è stata costruita in un giorno. Nessuno gli aveva spiegato che avrebbe ciclicamente dovuto erigerla ripartendo ogni volta dalle sue stesse macerie. Da americano ha reagito con pragmatismo. Lo spogliatoio sarà purgato dai congiurati. Arriverà un nuovo allenatore, un nuovo ds, nuovi medici e nuovi fisioterapisti. La domanda è se la città riuscirà a liberarsi dei suoi pifferai e dal suo eterno istinto cannibale.


Di Lorenzo: "C'erano Inter, Roma e Atletico su di me ma il Napoli mi ha voluto fortemente"

Giovanni Di Lorenzo, ormai ex difensore dell'Empoli, sta svolgendo le visite mediche a Villa Stuart  e poi firmerà il nuovo contratto con il Napoli. Questo uno stralcio delle sue parole riporta da La Gazzetta dello Sport:

Inter, Roma e Atletico Madrid? 

"C’erano tutte queste richieste e per me è stato un motivo d’orgoglio essere apprezzato dai club più importanti. Il Napoli mi ha voluto fortemente".