Roma-Parma, arbitra Mazzoleni. Durante la sua direzione l'ultimo gol firmato da De Rossi

INSIDEROMA.COM - ILARIA PROIETTI - La Roma giocherà la sua ultima partita di questo campionato 2018/19 domenica 26 maggio, allo Stadio Olimpico contro il Parma. I giallorossi, chiamati a difendere un posto in Europa, vedranno indossare per l'ultima volta la maglia della Roma al capitano Daniele De Rossi, al quale la società ha deciso di non rinnovare il contratto. Tutto esaurito sugli spalti, dove si attende un clima di grande commozione per l'addio di DDR misto a contestazione verso i vertici del club, in particolare Pallotta e Baldini. La direzione di gara è stata affidata a Paolo Silvio Mazzoleni della sezione di Bergamo, al suo fianco gli assistenti Marrazzo e Posado e Pairetto IV uomo. In sala VAR pronti Maresca e Paganessi.

I PRECEDENTI - La Roma è al 30esimo incrocio con il fischietto lombardo, con cui vanta uno score complessivo positivo, pari a 16 vittorie, 10 pareggi e 4 sconfitte. I precedenti stagionali, però, sorridono poco ai giallorossi. C'era Mazzoleni alla direzione in occasione dei brucianti pareggi contro Chievo (il 2-2 del 16 settembre 2018) e Cagliari (sempre 2-2, l’8 dicembre scorso) e nella sconfitta nel derby di aprile con la Lazio per 0-3. Con l'arbitro bergamasco i giallorossi hanno trovato la vittoria sul campo dell'Empoli (0-2, 6 ottobre 2018) e a Marassi contro la Sampdoria, dove De Rossi ha segnato il suo ultimo gol lo scorso 6 aprile. L'ultimo incrocio con Mazzoleni è ancora a Marassi, il pareggio 1-1 con il Genoa che ha definitivamente affossato le speranze Champions della Roma. 

Precedenti positivi anche per il Parma, che con l'arbitro di Bergamo ha messo a segno 6 vittorie, 4 pareggi e 4 sconfitte. Nella stagione in corso, Mazzoleni ha diretto la squadra emiliana nella vittoriosa trasferta di Udine per 2-1.


De Rossi: in bocca al lupo

IL MESSAGGERO - CARINA - L'addio si avvicina. E con questo i saluti commossi (pre e post partita) oltre alle inevitabili riflessioni sul futuro. Che Daniele non pensava di dover fare. «Un distacco c'è perché io volevo continuare a giocare e loro non vogliono» è il tormentone che rimbalza ormai nell'etere radiofonico romano da una settimana, coinvolgendo tutti. Anche chi è un semplice appassionato e magari non un ultrà di provata fede. Sono le parole di un ragazzo amareggiato e sorpreso. Incredulo come chi gli è stato vicino negli ultimi tempi: «Un fulmine a ciel sereno - ha detto ieri Ranieri - Per me e per lui». E non solo. Un po' per tutti. A tal punto che la tifoseria, frastornata e lacerata dallo strappo, ha deciso di festeggiarlo due volte. Oggi, alle ore 12, si riunirà a piazzale Dino Viola. Poi il seguito avverrà domani allo stadio Olimpico (prevista una coreografia) in un mix di commozione e rabbia per una decisione non condivisa del presidente Pallotta, sempre più bersagliato in ogni angolo più o meno nascosto nel mondo, da striscioni di contestazione. A breve arriverà anche la risposta dell'imprenditore statunitense. Presumibilmente ad inizio della prossima settimana, ai microfoni di Roma Radio.

LA TENTAZIONE - Intanto Daniele, allontanando il presente, non può non pensare al domani che è ancora un grande punto interrogativo. De Rossi infatti, oltre ad essere il capitano della Roma e un calciatore, è anche (e forse soprattutto) un padre di famiglia. Che deve saper conciliare le proprie esigenze con quelle del nucleo familiare. E non è un mistero che l'idea di un'esperienza negli Stati Uniti, intrighi chi lo accompagna quotidianamente. In quest'ottica può già contare su un paio di offerte arrivate dai due club di Los Angeles. Il problema, però, è che prima del mese di marzo, il Capitano giallorosso non potrebbe accettare per una questione di salary cup vigente nel campionato a stelle e strisce. Da questo empasse, è nata l'idea del Boca Juniors, presentata dall'ex compagno di squadra Burdisso, ora ds.

PRIMO PASSO POI GLI USA - A De Rossi è stato proposto di trasferirsi a luglio al Boca Juniors (suo vecchio amore: «Avrei desiderato di giocare alla Bombonera, a 20, 30 o 35 anni», ha raccontato in passato) con il quale disputerebbe il campionato e la coppa Libertadores. A dicembre, una volta conclusa la maggiore manifestazione per club sudamericana, la società argentina lo lascerebbe libero permettendogli così di fare l'esperienza negli Usa. Una proposta che ha sorpreso Daniele a tal punto che ha chiesto a Burdisso del tempo per pensarci. Quel tempo che ormai alla Roma è scaduto.

FASCIA DEL CAPITANO - Domani scenderà in campo per la prima e ultima volta con la maglia della nuova stagione. In quest'ottica lodevole l'iniziativa di Rete Sport che ha rivolto un appello alla Lega Calcio per fargli indossare la fascia personalizzata e non quella anonima voluta dall'ente calcistico: «Piacerebbe anche a me. In caso la multa gliela pago io», la battuta di Ranieri.

 


La storia di un acronimo popolare: ecco come e quando nacque DDR

IL MESSAGGERO - FERRETTI - L'idea, subito trasformata in pratica, di usare l'acronimo DDR per scrivere sul giornale di Daniele De Rossi risale al dicembre del 2007. Quando il capitano della Roma era già un calciatore affermato, addirittura con la medaglia di campione del mondo appoggiata sul petto. La storia è semplice: come era già capitato per altri personaggi dal cognome un po' complicato da ficcare in un pezzo e, soprattutto, in un titolo (ricordate Dibba? Liddas? AC Zago?), cercammo - trovandola appunto del dicembre del 2007 - una soluzione che immediatamente rendesse l'idea. Ecco, DDR nacque così, e l'acronimo ebbe il suo battesimo sulle colonne de Il Messaggero il 12 dicembre del 2007. Poche ore prima di una partita di Champions League della Roma di Luciano Spalletti all'Olimpico contro il Manchester United di sir Alex Ferguson. Sfida di ritorno nella fase a gironi della Champions 2008, dopo la sconfitta di misura (1-0) maturata in Inghilterra, rete di Rooney. Il pezzo su De Rossi era legato al gol che Daniele aveva realizzato nell'aprile dello stesso anno all'Old Trafford la sera dell'umiliante sconfitta per 7-1. Scrivemmo che la partita che si sarebbe giocata quella sera rappresentava per lui l'occasione per segnarne uno vero, dopo quello tanto bello (anzi, bellissimo) quanto inutile di otto mesi prima (bersaglio non centrato, però: 1-1, reti di Piquè per i Red Devils e pareggio di Mancini). Non a caso, perciò, il titolo recitava Orgoglio DDR proprio per testimoniare la voglia del numero 16 giallorosso di vendicare quella prodezza che non era servita a nulla. E, allora, via libera all'acronimo diventato molto popolare e anche molto usato, talvolta anche abusato.

MAGLIA ONORATA - Ecco parte del testo di quel pezzo. «Daniele De Rossi, in arte DDR, al Manchester, quella irripetibile sera di aprile, ha segnato uno dei gol più belli della sua carriera. Sicuramente il gol meno coccolato del suo palmares. Una girata di destro su assist di Totti e palla alla spalle di van der Sar. Tutto molto bello; tutto assolutamente inutile. Roba utile solo per gli archivisti, non certo per chi ha voglia di sorridere pensando alla Magica. E resta da chiedersi che valore reale abbia quella rete nel cuore di DDR».
Domani sera, De Rossi giocherà la sua ultima partita con la maglia della Roma ma, potete esserne certi, DDR continuerà a campeggiare per anni e anni sui titoli dei giornali. Perché sarà impossibile, oltre che ingiusto, cancellare la storia della Roma. Chi l'ha scritta di suo pugno, onorando la maglia e donando tutto se stesso per la causa. Ecco perché, oggi, la gente piange il suo addio. Lacrime di rabbia, però.

 


Gasperini e Petrachi non si liberano

IL TEMPO - BIAFORA - Il futuro della Roma passa dalle mosse di Cairo e Percassi. Non si tratta di alcuna cessione delle quote in mano a Pallotta, bensì dei destini incrociati di Petrachi e Gasperini, i maggiori candidati per diventare direttore sportivo e allenatore della squadra giallorossa. A chiarire la vicenda ds ci ha pensato lo stesso dirigente pugliese: “La Roma non è stata la sola squadra a chiamarmi, non ho deciso totalmente quello che farò. Sono stato molto chiaro, dicendo al presidente che a fine campionato avrei fatto delle scelte. Chi afferma - le sue parole a Sky - che lavoro già per i capitolini non dice la verità, a fine campionato farò delle scelte, mi auguro che vengano condivise e accettate. Non ho avuto alcun incontro con i giallorossi”. Da Torino filtra la voce di un’impuntatura di Cairo, che per accettarne le dimissioni vorrebbe il giovane Pezzella come ‘risarcimento’. Nessuno a Trigoria ha però voglia di pagare penali per arrivare a Petrachi, che ha già comunicato ufficialmente alla Federcalcio l’intenzione di lasciare il Toro. Situazione simile per quanto riguarda Gasperini, che l’Atalanta non vorrebbe perdere, tenendolo anche per la prossima stagione. Decisivo l’appuntamento di lunedì con il presidente bergamasco Percassi. Nel frattempo è tornata la calma intorno a Zaniolo: il suo agente ha ribadito per l’ennesima volta l’intenzione del ragazzo di non andare via - “Nicolò vuole restare alla Roma” ha dichiarato Vigorelli - e la prossima settimana ci sarà il primo appuntamento per rinnovare il contratto, attualmente in scadenza nel 2023.


Ranieri: addio in stile libero

IL MESSAGGERO - ANGELONI - Il solito garbo, l'eleganza di sempre. Un briciolo di rancore, anche. Claudio Ranieri esce da Trigoria senza aver raggiunto l'obiettivo (pochissime le possibilità di andare in Champions) massimo e gettargli addosso grandi responsabilità sarebbe pure sbagliato. Ci ha messo passione, provando a capire perché questa squadra non era una squadra: e i motivi non sono (solo) tecnico-tattici. Alla fine va ringraziato, perché - oltre ad averlo intuito - lo ha anche detto apertamente, facendo capire che le responsabilità stanno in alto. Problemi di scelte e di gestione, meno di qualità dei calciatori. «La squadra ha subito l'assenza dei senatori che sono stati venduti la scorsa estate», disse. Ieri è tornato proprio su questo aspetto psicologico. «Una volta analizzata la squadra, ho capito che avevo il compito di lavorare sull'autostima. Credo abbiamo lavorato bene dal punto di vista difensivo, cercando di prendere meno gol e i giocatori mi hanno seguito».

LA DELUSIONE - E' arrivato per dare una mano, aveva a disposizione dodici partite, tre mesi. Ha creduto, a un certo punto, di potersi giocare la conferma sulla panchina della Roma, poi quando ha visto che la dirigenza aveva altri progetti, ha fatto capire il suo risentimento. Sempre con garbo, senza omettere la verità. Trigoria è diversa da quando era arrivato una decina di anni fa, quando ha portato la Roma a sfiorare lo scudetto. Questo è il periodo della Juve, è difficile competere, più facile ridimensionarsi anno dopo anno. «La Roma deve prima cedere e poi acquistare». Lo ha detto Ranieri, è il manifesto della realtà. Lui va via e quella realtà resta: «Difficilmente la Roma potrà competere il posto in Champions», e anche qui una parola di conforto. Insomma, Ranieri va via e presente il conto al successore. La magia di dieci anni fa non c'era più per lui. Ma la Roma è cresciuta come società: «Ho trovato una struttura più moderna: a mio avviso credo che a Trigoria ci sia troppa gente. Sono abituato con meno persone. Capisco che la Roma stia diventando una società internazionale, e il brand conta molto». Il brand crea l'atmosfera, ma non sempre porta i risultati. Poi, il grande rimpianto. «Non è una critica a nessuno, ma forse si potevano gestire meglio certe voci. Si è detto Dzeko va via, Zaniolo va via, Ranieri va via, viene questo o quell'altro. Senza tutto ciò, forse quei due punti in più l'avremmo strappati da qualche parte. La Roma non ripartirà da zero, perché qui ci sono buoni giocatori. Ripartirà da un nuovo allenatore, che dovrà essere bravo a far capire le proprie idee. Il mio futuro? Mi sento un tecnico europeo, dove vedo un bel progetto, vado. Ogni volta che guido questa squadra mi emoziono sempre, lascerò la Roma con il cuore aperto sperando di vederla sempre in alto». Ultimo colpetto sulla gestione del caso De Rossi, su cui si è espresso anche la scorsa settimana. «Un fulmine a ciel sereno». The end.


Ranieri ai saluti celebra De Rossi: “Gioca dall’inizio”

LA REPUBBLICA - FERRAZZA - «Mi aspetto una festa, per De Rossi, che giocherà dall’inizio, con la sua fascia al braccio: se ci sarà bisogno, pagherò io la multa». Ranieri annuncia che Daniele si presenterà contro il Parma con la sua fascia personalizzata, indossata fino a quando è diventata obbligatoria quella della Lega. “Sei tu la mia unica sposa, sei tu l’unico mio Amor”, la scritta fatta stampare dal giocatore sulla fascia, quella con la quale si presenterà all’Olimpico domani sera (ore 20.30, diretta Sky). «Mi auguro ci sia l’atmosfera che Daniele merita – continua Ranieri non mi avevano mai detto che stava terminando la sua carriera, anche per me, come per lui, è stato un fulmine a ciel sereno». La Roma dovrà provare a evitare i preliminari di Europa League, ma non dipenderà solamente da lei. Sicuramente dovrà battere il Parma, con l’attenzione dei tifosi tutta rivolta, però, all’addio forzato di De Rossi. Sarà l’ultima per il capitano giallorosso, sarà l’ultima per Ranieri. «Non ho alcun rammarico perché sono un pratico – spiega il tecnico – mi dispiace solo che nel momento più importante ci sono state troppe voci su chi andava via, ci sarebbe voluta una linea comune. Il mio futuro? Mi sento europeo e andrò dove ci sarà un progetto che mi intriga». Terminato il campionato, con il nuovo ds Petrachi, si affronteranno i rinnovi contrattuali e le cessioni. La prossima settimana incontro con Vigorelli, il manager di Zaniolo. Si tratta la cifra di partenza, con una differenza di circa 500 mila euro (2 milioni offre la Roma), più i bonus, fino al 2024.


Il saluto ai compagni con divieto di selfie e social

IL MESSAGGERO - LENGUA - Daniele De Rossi ha scelto il ristorante Zuma in via del Corso per invitare la squadra a cena prima della sua partita d’addio. Lì si sente a casa, un luogo riservato dove poter celebrare in armonia uno dei momenti più tristi della sua carriera calcistica. Circa 40 invitati tra giocatori e staff tecnico: appuntamento giovedì sera alle 22 per una cena a base di sushi durata finoall’una, in cui Daniele ha espressamente chiesto di non scattare foto, né tanto meno condividerle sui social. Gli invitati erano disposti su più tavoli, in quello del centrocampista c’erano i senatori della Roma tra cui Kolarov, Florenzi, Pastore, Jesus e Manolas. I più giovani sedevano a parte, Zaniolo è sembrato piuttosto taciturno per via dello scippo a mamma Francesca avvenuto la mattina, mentre Kluivert ha confessato che resterà un altro anno in giallorosso. Meno certi del proprio futuro Manolas e Dzeko che in diverse occasioni hanno confermato che presto anche loro diranno addio al club di Pallotta. Sul finale il discorso di De Rossi alla squadra in cui ha invitato i compagnia chiudere bene la stagione vincendo contro il Parma.Poi la torta offerta dal ristorante con la foto di Daniele e le date 2001-2019, che simboleggiano i 18 anni d’amore per la Roma.

 


De Rossi, ultima scena. La partita più difficile è preparare un addio

LA REPUBBLICA - AUDISIO - L’ultimo protagonista di un’Italia bella e vincente lascia la Serie A. Daniele De Rossi, 36 anni, 18 stagioni con la Roma, 1.192 minuti in campo in A nel 2018-2019, campione del mondo a Berlino 2006. L’ultimo azzurro di una generazione che ha giocato sempre nella stessa casa e che fatica a farsi da parte. Ma perché nello sport è così difficile la cerimonia degli addii? In una società professionistica entrate ed uscite, anche umane, dovrebbero avere protocolli collaudati. E non essere pratiche sporche da sbrigare all’ultimo, in una contrattazione affannosa, nell’imbarazzo di chi lascia e di chi è lasciato. E non sa come dirlo. È la sindrome di Dorian Gray ad ostacolare la civiltà del grande addio? Michel Platini ha abbandonato il calcio a 32 anni, tra le altre cose non gli andava più di dover chiedere il permesso a Trapattoni di attraversare la strada per andare a comprare i giornali in ritiro. Pelé in Brasile ha smesso a 34, per andare poi a giocare due stagioni con i Cosmos in America, anche perché non aveva più un soldo (derubato dal manager). Allora il pallone era una passione ben retribuita, oggi è una professione con molta dedizione. E con un ingaggio molto poco sostituibile e rimpiazzabile. Ma è anche difficile trovare altri scivoli perché un atleta, soprattutto quello di successo, non pensa mai al dopo, né è allenato a farlo. Nessuno si o ti prepara a quel momento, a quel taglio, a quella improvvisa invisibilità. Non è affare della società sportiva preoccuparsi se un dio del pallone non ha più la forza di dire messa. In più non essendo i campioni dei nullatenenti al pubblico non interessa cosa faranno nel futuro e se riusciranno a ricollocarsi. Anzi, diciamo pure che dopo l’amore, l’emozione, la commozione, non c’è pietà: hanno guadagnato molto, sono dei privilegiati, che se la sbrighino loro. E più sono grandi vecchi, più il club li vive come potenziali nemici. Hanno in mano il cuore della città, ne hanno interpretato il battito, sanno come farlo pulsare. Bette Davis, 2 premi Oscar, nel ’62 mise su Variety questo annuncio di lavoro: «Madre di tre figli, 10, 11 e 15, divorziata, americana. Trent’ anni di esperienza come attrice di cinema. Ancora in grado di muoversi e più affabile di quanto si racconti. Desidera impiego stabile a Hollywood, ha già avuto Broadway. Referenze se richieste». Aveva 54 anni. Oggi nel cinema lavorano tipi come Clint Eastwood, 88 anni, Michael Caine, 86, Jane Fonda, 81. In Serie A sono tesserati 1.200 giocatori, più 548 in B, più 1.091 C. È un bel capitale umano. Non tutti sono Buffon o Totti, De Rossi o Barzagli (che quattro giorni dopo l’addio ha dato la maturità), forse qualcuno lo diventerà, ma tutti un giorno dovranno separarsi dal gioco e forse anche dall’essere stati bandiera e simbolo della loro città. Per passare dal grande tutto al grande niente. Perché nulla rimpiazza quel tipo di energica felicità. Quella fine avverrà in un gelo di tristezza, rinfacciandosi vigliaccherie e passi falsi, o con un’accettazione più serena e meno drammatica che col tempo tutto se ne va e che iniziare a parlare di «dopo», magari su strade non più allineate, non è una colpa da nascondere, ma una realtà da affrontare con eleganza, senza brutali silenzi? È difficile continuare a riempire una bella vita. In Australia al campione che lascia si affianca un team, che lo invita a tenere un diario, a riprendere gli studi, a mantenersi in forma fisica, a trovare dieta e nuovi interessi, e a piacersi. L’Aic, l’associazione italiana calciatori, ha inaugurato corsi di formazione e di laurea per il post-carriera, e molti di quelli che la frequentano, racconta il presidente Damiano Tommasi, confessano: «Ci avessi pensato prima». Fare il dio che tramonta non è per tutti. La professione campione ha una scadenza. Saremo tutti De Rossi nell’ultima partita, ma sarebbe ora che lo sport italiano provasse a giocare anche fuori dal campo.


De Rossi e Totti, così vicini ma così diversi nell’addio

IL CORRIERE DELLA SERA - Dal 28 maggio 2017 al 26 maggio 2019: in due anni la Roma ha detto addio al Capitano e a Capitan Futuro. Commozione simile, ma tutto il resto è diverso e simbolico: fa capire il cambiamento nel club, nella squadra e nella città in 24 mesi. Quella di Francesco Totti fu una festain tutto e per tutto «esagerata», un rito di massa: il lungo discorso, rotto spesso dall’emozione; la scenografia sugli spalti; la consapevolezza che era veramente un’ultima volta su un campo da calcio. Quella di Daniele De Rossi sarà una cerimonia «in levare»: un giro di campoaccompagnato dalla sua famiglia e dai compagni di squadra, anche loro con mogli e bambini al seguito. Nel caso di DDR,però, non c’è nessuna certezza sul futuro: vuole ancora giocare e proverà a farlo. [..] Daniele De Rossi andrà altrove, anche se tutti sperano che sia soltanto un arrivederci. Non giocherà con un’altra squadra italiana, al massimo potrebbe fare un’esperienza alla Sampdoria come assistente di Marco Giampaolo. Se continuerà a giocare lo farà negli Stati Uniti(più probabile) o nel Boca Juniors, chiamato dall’amico Burdisso. La Roma del dopo Totti sembrava un gruppo destinato a durare, tanto che nella stagione seguente arrivò alla semifinale di Champions. Quella attuale è destinata all’ennesima rivoluzione. La speranza è che sia davvero una festa.


Ranieri: «A Trigoria troppa gente e le voci di mercato ci hanno disturbato»

IL CORRIERE DELLA SERA - Roma-Parma può essere l’addio di una fetta importante della squadra che solo un anno fa aveva battuto 3-0 il Barcellona in una delle gare più emozionanti mai vissute all’Olimpico. Parliamo di Dzeko (sicuramente), Manolas e Kolarov (probabilmente), più i punti interrogativi di chi ha una clausola rescissoria (Lorenzo Pellegrini) o un contratto in scadenza o da adeguare (El Shaarawy, Zaniolo, Cengiz Under). Di sicuro sarà l’ultima anche di Claudio Ranieri sulla panchina romanista.  Prima di andarsene, però, l’allenatore lascia qualche altra briciola sulla strada di Pollicino: «Non potevo plasmare questo gruppo da capo, c’era il lavoro di Eusebio Di Francesco. Abbiamo fatto bene sotto il profilo difensivo, ci siamo ricompattati. Questo gruppo è valido, ben miscelato tra anziani e giovani. La Roma non ripartirà da zero. Spero, ad esempio, che Schick rimanga: ha grandi potenzialità, gliel’ho detto più volte, ma c’è chi è maturo a vent’anni e chi no. A Trigoria ho trovato una struttura più moderna di quando ero andato via la prima volta. Forse c’è anche troppa gente, io sono abituato a lavorare con meno. Ma capisco che la Roma sta diventando un club internazionale e il brand conta molto». Si è pensato tanto al brand, meno a proteggere dagli spifferi un gruppo che si stava giocando il quarto posto: «Non posso quantificarlo, ma il momento più importante poteva essere gestito meglio. Troppe volte sono uscite voci: Dzeko va via, Zaniolo va via, Ranieri va via… Sarebbe servita una linea più comune. Forse così avremmo strappato da qualche parte quei due punti in più. Quando si deve spingere è importante farlo tutti nella medesima direzione. Quando ci sono troppe voci, anche inconsciamente, viene assorbito».


Le picconate di Ranieri

IL TEMPO - BIAFORA - Li aveva messi da parte per qualche giorno, ma nella sua ultima conferenza stampa Ranieri è tornato a sfoderare piccozza e martello. Il tecnico della Roma ha evidenziato quello che per lui è stato il maggior problema di gestione nel corso di questi tre mesi sulla panchina: “Forse si potevano gestire meglio certe voci. Si è detto ‘Dzeko va via, Zaniolo va via, Ranieri va via, viene questo o quell’altro’. Nelle altre squadre all’ultimo è uscito qualcosa, da noi invece nel momento in cui si doveva spingere in un’unica direzione. Non dico che ci ha tolto qualcosa, però sono convinto che quando devi spingere è importante che tutti quanti siano concentrati in un’unica direzione. Quando ci sono troppe voci, inconsciamente vieni assorbito. Forse quei due punti in più l’avremmo strappati da qualche parte”. Non risparmiando una battuta sull’attuale organizzazione giallorossa - “A Trigoria trovato una struttura più moderna, ma credo che ci sia troppa gente” - l’allenatore di Testaccio ha poi esternato le proprie considerazioni sul futuro della squadra: “Il gruppo è valido, compatto e ben miscelato, hanno voglia di far bene, ci sono anziani e giovani giusti. Da qualche giovane ci si aspettava di più, ma va bene così. Non si riparte da zero, ma si riparte da una classifica che è sì deficitaria, vista l’abitudine di entrare stabilmente in Champions, ma non da zero”. Tra i giovani da cui Ranieri si aspettava sicuramente qualcosa di più c’è Schick, elogiato all’inizio dell’avventura - lui e Dzeko dovevano essere i punti di riferimento offensivi - e spronato nelle parole di congedo: “Patrik è un grandissimo giocatore. Gli ho detto che mi dispiacerà eventualmente vederlo esplodere a ventotto anni, come ha le capacità di fare, perché ha enormi qualità. Spero possa rimanere e far vedere che non mi ero sbagliato su di lui”. Impossibile non toccare l’argomento De Rossi, pronto a scendere in campo dal primo minuto per la sua 616^ ed ultima presenza con la Roma: “Daniele sarà titolare con la sua fascia, se serve la pago io la multa. Mi aspetto che ci sia l’atmosfera che merita e uno stadio colmo d’amore per lui. Deve essere una festa per lui, soprattutto per tutto quello che ha dato alla Roma e per il modo in cui lo ha dato. Il suo addio - confessa Ranieri - è stato un fulmine a ciel sereno, non ne avevamo mai parlato. Non puoi fare altro che apprezzarlo, è un punto di riferimento. Ci tengo che possa finire bene”. La chiosa finale non può che essere da tifoso genuino: “Lascerò la Roma a cuore aperto sperando sempre di vederla in alto, mi emoziono ogni volta che la guido. Non c’è rammarico nell’andare via, sapevo che sarebbe finita in questo momento già quando ho firmato. L’ho fatto con tutta la mia volontà e la mia passione. Auguro il meglio a chi verrà dopo di me”.


Lascia l’ultimo eroe di Berlino: «Sarà una festa»

IL CORRIERE DELLA SERA - Per i tifosi della Roma è un dolore grande, perché l’ultima in giallorosso di Daniele De Rossi — a due anni esatti dall’addio di Francesco Totti — è un pezzo di storia lungo 615 partite. Ma è un distacco che riguarda anche tutti gli appassionati della Nazionale perché con la partenza di DDR per gli States o per il Boca Juniors — visto che al 99,9% non giocherà con un’altra maglia in Italia — la prossima serie A non avrà più nemmeno un campione del mondo del 2006. Erano rimasti lui e Barzagli, che ha appeso le scarpe al chiodo, mentre Buffon è emigrato al Paris Saint Germain nell’estate scorsa. Il portiere ha firmato per un anno e l’opzione per il secondo scadrà il 30 giugno prossimo. Super Gigi, se non dovesse rimanere al Psg, sarebbe l’ultima possibile carta da giocare peri nostalgici del Mondiale vinto dagli azzurri dodici anni prima del record «al contrario» della mancata partecipazione a Russia 2018. [..] Claudio Ranieri, con sensibilità, ha accomunato maglia giallorossa e maglia azzurra perl’ultima partita di De Rossi all’Olimpico, domani sera contro il Parma: «Deve essere una festa per tutto quello che ha dato e per come lo ha dato. Daniele ha una dote speciale: sa trasmettere tutta la passione perla maglia con cui gioca, sia della Roma o dell’Italia». I tifosi romanisti hanno polverizzato tutti i biglietti a disposizione. Il desiderio di salutare De Rossi con il massimo affetto sarà più forte della voglia di contestare il presidente Pallotta?