Avanti con il 3-5-2. Si scalda Pisilli
La Roma si è ritrovata a Trigoria dopo due giorni di riposo: è ora di pensare alla sfida di Bergamo.
Ranieri medita di ripetere la partita d'andata con un centrocampo più folto: confermato Shomurodov. Pisilli invece è in ballottaggio con Pellegrini sulla linea mediana.
Fonte - corsport
Ranieri 94 special
La Roma all'improvviso si è scoperta viaggiare ad una media punti pazzesca. Da scudetto.
In 19 gare, un girone intero, ha fatto 47 punti. Proiettando i numeri su tutto il campionato, viene fuori una cifra da titolo. Dopo il ko di Como, Ranieri promise: "ci rialzeremo". Aveva ragione...
Fonte - corsport
Svilar si blinda. Ora il rinnovo
Il portiere vuole restare nella Capitale. Svilar ha ringraziato i tifosi per i cori. Ghisolfi lavora sull'accordo ma balla la clausola rescissoria. L'agente è a Roma per l'accordo. Tre milioni di base più uno di bonus. La firma può arrivare entro la conclusione della stagione.
Il serbo in campionato ha mantenuto la porta inviolata per quindici volte: nessuno come lui. Un portiere da record.
Fonte - corsport
Paulo Dybala a Sports Illustrated: "Non potevo ignorare la chiamata di Mourinho. Ho detto subito si"
Paulo Dybala ha rilasciato un’intervista a Sports Illustrated in cui ha affrontato diverse tematiche.
Sulla finale dei Mondiali
“Sapevo che Scaloni mi aveva mandato in campo solo per calciare il rigore. La pressione era immensa, perché o sei un eroe o un cattivo e se sbagli, tutti ti ricorderanno per aver giocato due minuti e aver sbagliato il rigore”.
Sull’infortunio.
“Ero alle prese con un infortunio e mi mancavano cinque partite. Non volevo sprecare un solo giorno senza poter recuperare. Così, quando ho saputo l’entità del mio infortunio, ho parlato con le persone che lavoravano con me. Abbiamo formato un gruppo e ci siamo detti che dovevamo trovare un modo per recuperare il più velocemente possibile. Intendo quali macchinari andavano utilizzati usare, che dieta seguire? Abbiamo lavorato su tutto. Dormivo con un macchinario per essere pronto e ne avevo quattro a casa. Li usavo quotidianamente. Ci stavamo allenando negli Emirati Arabi Uniti e ricordo che l’allenatore fece un discorso dicendo che avrebbe personalmente informato tre giocatori che non sarebbero stati inclusi nella lista finale perché avrebbe dovuto prendere solo 26 giocatori. Quando quel discorso finì, sapevo che avrei potuto essere uno di quei tre. Ero nervoso, pensavo di non essere all’altezza. Poi, l’ho visto camminare verso di me e ho pensato: ” Sono fuori”. Ma lui è venuto da me e mi ha detto: “Allenati con calma, tu resti”. Credo di aver perso due o tre chili in quel momento. È stata una gioia personale immensa perché ho sentito che tutti gli sforzi e i sacrifici fatti per un mese – essendo stato meticoloso in ogni piccolo dettaglio – erano stati ricompensati. Sapevo quanto fosse alta la posta in gioco ed eravamo tutti convinti al 100% di poter vincere la Coppa del Mondo”.
Sulla partita contro il Messico ai Mondiali.
“Vincere contro il Messico è stato uno dei momenti più importanti che ci ha dato una spinta di fiducia. Quando Leo ha segnato, e poi Enzo ha chiuso la partita, sapevamo che ci saremmo qualificati perché eravamo sicuri di vincere contro la Polonia. Il calcio è pazzesco, perché anche ai Mondiali in Russia ho fatto la mia prima apparizione contro la Croazia. Quella partita fu diversa perché eravamo sotto 2-0, mentre questa volta eravamo in vantaggio e mi sono divertito un sacco. Quando sei lì e vedi che non c’è stata nessuna partita, pensi solo: questa è nostra”.
L’addio alla Juventus.
“La Juventus è uno stile di vita, e a livello professionale si cresce moltissimo, perché lì un pareggio è percepito come una sconfitta, quindi durante la settimana si lavora duro su ogni aspetto. Ascoltare leader come Buffon, Chiellini, Barzagli e Bonucci nello spogliatoio ti aiuta sicuramente a crescere. In tante partite, quando eravamo nel tunnel prima di entrare in campo, ascoltavamo gli avversari e intuivamo che molti di loro pensavano: beh, oggi perderemo, ma speriamo non di troppi gol. Questo la dice lunga sulla grandezza del club”.
Sulla chiamata di José Mourinho.
“In quel momento mi sentivo davvero strano: l’incertezza di non sapere dove avrei giocato, cosa sarebbe successo o se avrei dovuto lasciare l’Italia, che è praticamente diventata casa mia. Sono qui da 12 o 13 anni ormai e, onestamente, probabilmente conosco l’Italia meglio dell’Argentina a questo punto. Ricordo che all’epoca volevo aspettare un po’, prendermi una pausa. Ero a Torino, a casa. Un giorno, uno dei miei procuratori venne da me e mi disse che Mourinho voleva parlarmi. Certo, Mourinho è speciale: è un allenatore che ha vinto tutto, una persona unica. Non potevo ignorare la sua chiamata. Ma sapevo che mi avrebbe convinto, ed è per questo che ho voluto aspettare. La prima volta abbiamo solo avuto una bella chiacchierata, è stata una lunga conversazione, ma non ha fatto pressione per ottenere una risposta immediata. Ma il giorno dopo voleva richiamarmi, così gli ho detto di darmi qualche ora per parlare con la mia famiglia e mia moglie. Ho parlato con loro e con la mia squadra e, una volta presa la decisione di unirmi alla Roma, gli ho mandato un messaggio dicendogli: ‘A presto’. E con quello abbiamo concluso l’affare”.
Poi il retroscena su Tiago Pinto.
“Poi ci siamo incontrati con Tiago Pinto nell’ufficio che avevamo a Torino. Si è presentato con la maglia numero dieci. Totti è stato il numero dieci della Roma ed è stato amatissimo dalla gente. Per quello che rappresenta per questa città. Ovviamente ho pensato non fosse il momento adatto per fare una cosa del genere. Nessuno l’ha indossata dopo di lui. Ero appena arrivato e nonostante venissi da un club come la Juventus dove indossavo quel numero, risposi a Pinto: ‘Tiago grazie, è un onore per me, ma per rispetto preferisco indossare il numero 21′”.
Sulla presentazione al Colosseo Quadrato.
“Prima di uscire potevo vedere la situazione da dentro ed è stata una delle poche volte nella mia vita in cui le gambe mi tremavano un po’. Vivere quello, ok, giochiamo a calcio davanti a 50.000 o 60.000 persone, ed è normale. Ma loro vengono per vedere uno spettacolo, per vedere la partita, siamo 22 in campo, con gli allenatori, tutto lo spettacolo. Ma in quel momento, la folla era lì solo per me. Non mi aspettavo un’accoglienza del genere, non avevo mai visto una cosa del genere. I tifosi mi hanno davvero sorpreso. È stato qualcosa di bellissimo, un momento unico nella mia vita e nella mia carriera. E in quel momento, ho capito che avrei dovuto lavorare il doppio per restituire tutto l’amore che mi avevano dimostrato quel giorno”.
Sull’Europa League.
“È sempre brutto perdere. Credo che la sconfitta faccia parte del gioco. Mi fece malissimo. Stavo molto male perché credevo che il gruppo meritasse la vittoria. Pensi ai tuoi compagni, alla squadra, alla tua gente. E faceva male anche per come andò la finale. Ma come disse Matic: “Questo è il calcio. A volte vinci, a volte perdi”.
Sull’offerta di quest’estate dall’Arabia.
“Non mentirò, sono numeri che fanno davvero riflettere, ti chiedi: “Che faccio?”, ma penso che ci siano cose più importanti. La verità è che sono molto felice qui a Roma e anche la mia famiglia è molto felice qui. A volte ti spingono a prendere queste decisioni. Non sono decisioni di uno, a volte i club hanno bisogno di fare scelte che vanno contro i principi e le idee dei giocatori, ma dall’altro lato, l’affetto che ricevo dalla Roma, dai tifosi, dalla società, dalla proprietà e dalla gente in strada, non so se lo troverei da nessun’altra parte. E questo è un aspetto da considerare. Come vivi qui, come vive la tua famiglia, di quello che vogliamo per il nostro futuro. Quindi non è stato facile. Abbiamo parlato tanto, ci abbiamo pensato tanto e alla fine quando devi mettere qualcosa sulla bilancia, bisogna puntare su ciò che pesa di più, ed è per questo che abbiamo deciso di rimanere a Roma”.
Sull’esperienza ai Mondiali del 2022.
“Il salvataggio all’ultimo nella finale dei Mondiali su Mbappe? In quel momento non hai tempo di pensarci. Quando l’ho visto dopo, non sapevo nemmeno cosa stessi facendo lì. Quanto al mio rigore in finale, io sono sempre stato un rigorista. Sapevo di essere entrato dalla panchina al 100% per questo. Ero totalmente concentrato. Quando ho visto Coman sbagliare, mi sono ricordato di quello che Dibu Martínez aveva detto a Enzo Fernández prima dei rigori contro l’Olanda: se parassi un rigore per noi, il giocatore successivo deve calciarlo al centro. La pressione è sull’altro portiere e lui si tufferà di sicuro. Nessuno vuole fare la figura dello stupido in mezzo al campo in un Mondiale. Quindi sapevo che dovevo tirare al centro. Non ho avuto il minimo dubbio. Ho preso la palla e l’ho messa sul dischetto. Sapevo cosa dovevo fare. Dopo ho parlato con Dibu e gli ho detto che mi ricordavo il suo consiglio. Quando Paredes ha segnato, ci siamo guardati perché sapevamo di essere campioni del mondo. È stato bellissimo. Ho solo cercato di godermelo il più possibile, perché si sa, il tempo vola. Ho detto a Leo che ero felice per lui tanto quanto lo ero per me stesso. All’inizio della mia carriera guardavo ogni partita del Barcellona. Tutti volevano essere come lui. Ha dato tutto per l’Argentina”.
La Roma va veloce anche senza monumenti
Ranieri ha saputo sopperire all'assenza dei tre campioni del mondo che aveva riempito di elogi.
Dybala è ko, Paredes e Hummels non giocano più. Eppure la squadra continua a macinare risultati. Il centrocampista avrebbe anche una clausola per la quale se fa un'altra presenza, il Psg prenderebbe 2 milioni.
Fonte - corsport
Muscoli e intraprendenza: Gourna Douath ora ci crede
Il giovane centrocampista è entrato bene contro l'Inter e la Fiorentina.
Ranieri vede la sua crescita e vuole tenerlo per la Roma del futuro: lui spera di restare.
Fonte - corsport
Nessun mai mi amerà più di voi
Impegnato nel recupero dall’infortunio, Paulo è sempre al fianco della squadra e intanto lancia messaggi d’amore ai romanisti: «L’affetto ricevuto qui non si può replicare altrove. Voglio ricambiarlo».
Fonte - ilromanista
Dybala ad un giornalista argentino: "Futuro? Ancora non so nulla. Tengo una porta aperta al ritorno in Argentina"
Paulo Dybala ha rilasciato un’intervista ai microfoni del giornalista argentino Gaston Edul, parlando di passato, presente e soprattutto futuro:
Come va dopo l’infortunio?
“Ora sono un po’ più tranquillo.
All’inizio quando ho saputo quanto sarei stato fuori è stata dura perché ho saltato la nazionale e avevamo delle partite importanti qui a Roma. Era tutto molto bello, mi sentivo bene fisicamente e stavo vivendo uno dei migliori periodi dell’anno. L’infortunio è stato una doccia fredda ma ora l’ho assimilato e sto lavorando per tornare il più presto possibile. Sapere che sarei tornato in nazionale era bellissimo. Essere lì mi aiuta e doverci rinunciare mi uccide. Mi preparo tutto l’anno per giocare quelle poche partite che abbiamo”
I tifosi della Roma ti hanno accolto benissimo…
“Non è facile lasciare la Juventus e trovare della gente che ti ami fin dal primo giorno in un’altra squadra. Sono due club rivali ma sono rimasto sorpreso. Sono a Roma da tre anni e i tifosi sono incredibili. La passione per il calcio è simile a quella che c’è in Argentina. La gente è molto affezionata a me e cerco di ricambiare questo amore. Anche Oriana vede l’affetto dei tifosi nei miei confronti e può dire che è come in Argentina”.
Sull’offerta dall’Arabia…
“L’ingaggio era noto, ma quando lo vedi scritto sul foglio e, se firmi, è tuo, ti commuove. Lo analizzi, ma poi quando ti siedi e ne parli con tua moglie, cambia molto…“
Sugli allenatori…
“Scaloni parla molto con i giocatori e questo dà fiducia, il giocatore si sente a suo agio. Ho parlato molto con Darío Franco quando ho iniziato. Poi ci sono altri che parlano meno. Ranieri ad esempio è più uno psicologo che un allenatore”.
Sul futuro….
“Tengo una porta aperta per il ritorno in Argentina, ma ancora non lo so. Paredes mi fa pressione per andare al Boca. Forse andrò a vedere le prime partite del Mondiale per Club, ma non ho ancora deciso cosa fare durante le vacanze. La verità è che ancora non so cosa farò in futuro. Dipende anche dal lavoro e della famiglia. Con Oriana vogliamo avere dei figli e spero che possano crescere in Argentina. La Liga spagnola? È un campionato che si lega con le mie caratteristiche”.
Su Soulé….
“Sta facendo bene. Non è facile adattarsi a un club come questo, ma ha tanta qualità. Il derby di Roma è stato incredibile. Nel riscaldamento gli avevo detto di aprire un po’ il piede quando calciava. Il merito del gol è il suo ma io gli avevo dato questo consiglio. Stava per farne anche un altro ma l’ha sbagliato”.
Fonte - Retesport
Spalletti nella sua autobiografia in libreria: "Totti un figlio. Non è vero che si è ritirato per colpa mia"
Luciano Spalletti ha scritto insieme a Giancarlo Dotto un libro ‘Il paradiso esiste… ma quanta fatica’, nel quale ripercorre tanti episodi della sua carriera.
Tra questi, inevitabilmente, la querelle con Totti.
Ecco un estratto pubblicato dal quotidiano La Repubblica:
Francesco Totti è, nel bene e nel male, l’esempio più estremo del mio modo di rapportarmi a un calciatore. Molti hanno sostenuto che sono stato io a far ritirare Totti. Falso. Il mito di Totti, la bandiera, erano aspetti che andavano gestiti dalla società, non da me. L’avevo chiesto con chiarezza al mio ritorno. Non mi si doveva mandare al massacro in quell’uno contro tutti. Io ho sempre messo in campo la formazione con cui pensavo di vincere, né più né meno. Ma la Sud a un certo punto si è schierata contro di me.
Eppure, la squadra era con me: se avessi fatto dei torti al loro capitano — considerato che in spogliatoio c’era gente di personalità del calibro di De Rossi, Strootman, Nainggolan, Seydou Keita, Maicon –, i giocatori sarebbero certamente insorti a difesa di Francesco. Ma così non è stato. A nulla è servito ribadire, nei mesi successivi, che non sono stato io ad allontanare Totti dalla Roma. Ero disponibile ad assecondare qualunque sua scelta. Per rafforzare questo concetto e “liberare” Totti dal “nemico” Spalletti, ho detto pubblicamente che non avrei rinnovato il contratto con la Roma: mi sono dimesso anche per questo motivo, per evitare che mi fosse addossata una responsabilità che non avevo e che non era giusto darmi.
La verità è che — giusto o sbagliato che fosse — il destino del numero 10 a Trigoria era segnato. Ma la verità, si sa, è solo di chi la vuole vedere. Abbiamo sbagliato tutti in quella situazione.
Di sicuro, Francesco Totti è stato il capitano a cui mi sono dato di più. Amavo pensare che il mio destino di allenatore stesse nei piedi di questo gigante del nostro sport. Mi sentivo protetto dal suo enorme talento. Ho fatto cose per lui che non ho fatto per nessun altro. Francesco non può nemmeno immaginare quanto io abbia compreso le sue ragioni, le sue esitazioni, il suo dramma nel dover lasciare il calcio. Carne della sua carne. La sua carne era parte della Roma, lui era la Roma, anche la sua ruggine lucidava il metallo. Io, però, come responsabile chiamato per rigenerare un gruppo in difficoltà, dovevo pensare e agire diversamente.
Io dovevo pensare al bene della squadra. Lui, come tanti altri campioni prima e dopo di lui, non riusciva ad accettare che fosse messa la parola fine a quella storia grandiosa. Nasce qui l’incidente. E l’equivoco. Ciò che pensavo era che quel Totti lì, un totem di quasi quarant’anni, dalle virtù calcistiche intatte ma dalla mobilità inevitabilmente ridotta, dovesse essere utilizzato con parsimonia: entrare in campo con tutta la sua forza carismatica e la sua esperienza nelle situazioni difficili per esaltare lo stadio e per aiutare la squadra. Nella mia testa era questa l’uscita di scena più dignitosa possibile per uno con la sua storia.
Totti è stato idolatrato a Roma e questo probabilmente lo ha “viziato” un po’, gli ha impedito di percepirsi diversamente. Francesco per me sarà sempre come un figlio, allo stesso tempo la sua ex moglie non sarà mai per me come una nuora. Quando lei mi offese gratuitamente presi ancora più consapevolezza di quanto fossi un uomo fortunato ad avere al mio fianco una compagna molto intelligente, che mai mi ha messo in imbarazzo intromettendosi con così tanta arroganza e maleducazione nel mio lavoro. Può capitare, nel corso di una vita, di essere un piccolo uomo o una piccola donna. Certamente lo è stata lei quando si è permessa di rivolgersi a me in quel modo.
C’è una cosa che non gli ho mai detto, a Francesco, nemmeno il giorno in cui ci siamo riabbracciati al Bambin Gesù, e ne approfitto per dirgliela ora. Una notte, quando in città non si parlava d’altro che di noi, della nostra storia, ti ho sognato mentre mi venivi a dire queste parole: “Mister, ho capito di aver sbagliato con te. Ho capito che, in realtà, tu non mi stai penalizzando come pensavo ma, al contrario, stai facendo di tutto per allungarmi la carriera…”. Poi mi sono svegliato.
Roma: un 2025 da re, fatti 43 punti ben 6 più del Liverpool
Nessuno meglio della Roma. Soltanto 8 gol subiti in 17 partite di A.
L'unica a tenere il passo romanista è il Barcellona. La media del nuovo anno è di 2.52 per gara, meglio di Bayern Monaco, Psg e Napoli.
Fonte - ilromanista
Roma, Paredes ipotesi bonus presenze col Psg per queste ultime gare di campionato
Secondo quanto raccolto da Calciomercato.it, nell'accordo dell'estate 2023 tra Roma e PSG che ha riportato Leandro Paredes nella Capitale era stato inserito un bonus legato alle presenze pari ad un massimo di 2 milioni. Il numero di gare da disputare sarebbe attualmente pari a 79, dunque alla prossima presenza il club parigino inoltrerebbe la richiesta di saldo. Il centrocampista non è sceso in campo nelle ultime tre gare, perdendo terreno nelle gerarchie di Ranieri.
Roma e Svilar altre Mile volte insieme
Decisivo con le sue parate, il serbo si avvicina alla firma fino al 2029: trattativa a oltranza.
Offerta da circa 3.5 milioni a stagione, ma l'agente vuole inserire la clausola rescissoria. Contro la Viola il 15esimo clean sheet in A e l'omaggio della Curva Sud che canta per lui.
Fonte - ilromanista