Roma: la settimana di Fonseca. Viaggio a Lisbona per chiudere
CORRIERE DELLA SERA - Quella che comincia oggi è la settimana che dovrebbe portare in giallorosso Paulo Fonseca, e se nel frattempo sarà arrivata l’ufficialità del suo passaggio a Trigoria, potrebbe essere Petrachistesso a raggiungere a Lisbona il tecnico dello Shakhtar Donetsk per sottoporgli l’offerta della Roma: 2.5 milioni di euro netti più bonus, per tre anni. Persone vicine all’allenatore portoghese lo descrivono come molto motivato ad accettare una nuova sfida, e confermano che già da tempo si sia fatto raccontare quello che succede nella Capitale, seguendo da vicino gli sviluppi della questione De Rossi e delle trattative che hanno riguardato altri allenatori.
Fonseca, insomma, aspetta solo la Roma, che però a sua volta si tiene anche altre strade aperte. Non perché non ci sia fiducia di raggiungere l’obiettivo, ma perché niente si può dare per scontato. E così da Trigoria restano vigili su quanto sta accadendo alla Juventus, con Sarri «congelato» in attesa di capire se si possa arrivare a Guardiola, e non scartano del tutto ipotesi che però sono da considerare di ripiego. Come quella che porta a De Zerbi.
Paulo farà spesa a Donetsk: Ismaily e Marcos Antonio
IL MESSAGGERO - CARINA - Nella corsa alla panchina giallorossa, s’intrecciano anche possibili obiettivi di mercato. E se De Zerbi, accettando la corte dei giallorossi, cercherebbe in tutti i modi di portarsi dietro il centrocampista Sensi, nei colloqui andati in scena con Fonseca sono stati fatti altri due nomi: la mezzala Marcos Antonio, classe 2000, scovato in Portogallo nell’Estoril e il terzino sinistro Ismaily, 29 anni, che la Roma conosce bene per averlo incrociato più volte in Champions. Soprattutto l’interesse per il laterale mancino, lascia intendere come il rapporto con Kolarov sia vicino al capolinea. Insieme a Dzeko, il difensore ha ricevuto un’offerta dall’Inter che sembra intenzionato ad accettare. I nerazzurri lo valutano 5 milioni. Capitolo Defrel: la Sampdoria ha chiesto uno sconto sui 13 milioni pattuiti un anno fa per il riscatto dell’attaccante. A Trigoria hanno risposto negativamente. In caso di preliminari di Europa League, il francese potrebbe anche restare.
«Notte dei re», Figo batte Totti al Foro Italico
CORRIERE DELLA SERA - Grandi campioni insieme per beneficenza, nella Notte dei Re: due squadre composte da leggende capitanate da Totti e Figo. Il mattatore della serata è stato Francesco Totti (anche se alla fine è uscito sconfitto per 17-11), idolo indiscusso e autore di 4 gol. L’incasso della serata è stato devoluto all’ospedale Bambino Gesù.
Under e Kluivert: sulle ali del riscatto
CORRIERE DELLA SERA - Giovani e talentuosi, ma reduci da una stagione in cui le difficoltà sono state di gran lunga superiori alle soddisfazioni: è stato un anno complicato per Cengiz Under e Justin Kluivert. «È stata una stagione altalenante - le parole di Kluivert alla tv olandese - perché siamo una squadra giovane, ma personalmente non posso lamentarmi: ci sono margini di miglioramento e io guardo sempre le cose in maniera positiva, non vedo l’ora di giocare la prossima stagione. Nelle mie scelte ho sempre seguito il cuore: ho un sogno e voglio realizzarlo. De Rossi? Tra venti anni potrò dire ai miei figli di aver giocato con lui».
Uno stato d’animo simile è quello di Cengiz Under, reduce dal gran gol realizzato con la Turchia nell’amichevole contro la Grecia. Un gol che ne ha ricordati altri realizzati nella sua prima stagione in giallorosso, finendo nel mirino di molte big europee. Alcune non lo hanno mollato: Bayern Monaco ma soprattutto Arsenal e Tottenham, potrebbero presentare a Trigoria un’offerta, che sarà valutata dal (futuro) d.s. Petrachi e dal nuovo allenatore. Nel frattempo, è stata rispedita al mittente una proposta da 28 milioni di euro dell’Everton.
Da Ancilotto al Circo Massimo emozioni capitali
GAZZETTA DELLO SPORT - VELTRONI - Avrebbe compiuto trent’anni lo scorso gennaio, sarebbe nel pieno della vita e della carriera sportiva, che lo aveva già visto giocare diciotto volte con la nazionale italiana di basket. Un giorno di agosto del 1997, invece, quando con la maglia numero 4 della sua squadra, la Virtus Roma – che in quella stagione si chiamava Pompea –, era impegnato a Gubbio in un’amichevole estiva contro i francesi del Nancy, si è accasciato a terra mentre si dirigeva verso la panchina per chiedere un cambio al coach Attilio Caja. Ha fatto in tempo solo a dire che si sentiva male, poi è crollato. Il trasporto d’urgenza nella Capitale, all’ospedale San Filippo Neri, e i tentativi dei medici di salvargli la vita, non hanno potuto far nulla.
Si chiamava Davide Ancilotto, ed è a lui che intitoliamo il primo dei tanti playground – i campetti di basket a ingresso libero tipici degli Stati Uniti – che vogliamo costruire a Roma e che la mattina del 25 novembre inauguriamo nel parco di San Gregorio al Celio. Con me ci sono anche il presidente della Virtus Lottomatica, Claudio Toti, e alcuni giocatori guidati dal capitano Alessandro Tonolli, che con Davide ha giocato. È infatti proprio la società capitolina, che lotta ormai stabilmente per le prime posizioni nella massima serie del campionato di basket, ad aver permesso la realizzazione di questo impianto e dei due che inaugureremo nel pomeriggio, al parco della Cecchina, zona Bufalotta, e al parco Gioia, a Corviale. È l’avvio di quella che abbiamo chiamato «Operazione cento playground». È il segno di come ci stiamo muovendo per far crescere lo sport nella nostra città. Perché le grandi manifestazioni sono importanti, e Roma ne ha diverse che ormai sono consolidate e «storiche», dagli Internazionali di tennis al Foro Italico al Concorso equestre di piazza di Siena, dal Gran Premio della Liberazione di ciclismo al Gran Gala di atletica leggera allo Stadio Olimpico. E poi ci sono gli eventi che periodicamente ci vengono assegnati, dagli Europei maschili di pallavolo del 2005 ai Mondiali di nuoto che si svolgeranno qui nel 2009. Fino alla Maratona di Roma e al Sei Nazioni di rugby, con la nazionale italiana che, dopo la ristrutturazione che portiamo a termine, trova la sua casa allo Stadio Flaminio.
Sogno Olimpico
Ambizioso è anche il tentativo che facciamo, a partire dalla fine del 2005, di candidare Roma per le Olimpiadi del 2016. Ancora brucia la mancata designazione per quelle che si sono appena svolte ad Atene. Sappiamo che è difficile, quasi impossibile, anche perché è stato da poco deciso che Londra ospiterà quelle del 2012 e la scelta consecutiva di due città europee come sede si contrappone a una consuetudine ormai consolidata. Però proviamo.
La Capitale dello sport
Roma ha bisogno delle Olimpiadi, e non si vede proprio perché fra tutte le città europee debba essere l’unica a non cogliere questa grande opportunità. La Città dello Sport di Calatrava, la ristrutturazione del Palasport dell’Eur, la diffusione degli impianti, unite alla bellezza dei luoghi della Roma storica, possono costituire un elemento esemplare di fascino culturale e di rigore amministrativo. Alla fine, la priorità resta quella che dicevamo: la strategia che stiamo portando avanti dà i risultati voluti, tanto che è il Cnel a dire che Roma, con i suoi duecentocinquantasette impianti ogni centomila abitanti, distacca di gran lunga le altre città italiane. Sono queste le basi migliori su cui far crescere la cultura sportiva e lo sport. A luglio di due anni dopo ci sarà un momento di incredibile gioia collettiva.
Circo Massimo azzurro
La Nazionale di calcio vince inaspettatamente i Mondiali in Germania e a noi, d’intesa con la Federcalcio, viene l’idea di celebrare l’evento ospitando la squadra al Circo Massimo. La nazionale arriva all’aeroporto di Pratica di Mare e io vado ad accoglierla. Da quel momento il pullman fatica a muoversi verso il centro della città. Tutte le strade sono piene di tifosi in festa. Quando il mio amico Marcello Lippi scende per primo dal pullman, al Circo Massimo il colpo d’occhio toglie il fiato. C’è davvero tutta Roma. È un’organizzazione difficile, ma capita così di rado di poter essere collettivamente felici, che bisogna rischiare e consentire alle persone di vivere a pieno questo momento.
Col nuovo tesoretto obiettivi Ismaily e Marcos Antonio
GAZZETTA DELLO SPORT - CECCHINI - In silenzio, ma a Trigoria c’è un tesoretto che lievita. E che la Roma sa già come cominciare ad utilizzare, soprattutto se con Fonseca le cose andassero per il verso giusto. Il primo bonifico virtuale lo ha portato la vittoria del Liverpool, visto che i bonus previsti per la cessione di Salah e Alisson faranno incamerare 4,5 milioni. Non basta. Se la Uefa dovesse escludere il Milan dalla Europa League (non impossibile), questo consentirebbe al club giallorosso di effettuare la programmata tournée in Usa, che porterebbe in dote altri 2 milioni. Infine (si fa per dire) c’è la ormai imminente cessione di Dzeko all’Inter, che varrebbe almeno 13 milioni più un baby nerazzurro, che si spera diventi un nuovo Zaniolo. Insomma, il totale si avvicina ai 20 milioni, che la dirigenza saprebbe già come parzialmente impiegare.
Piste brasiliane
Ovvero, sul brasiliano Ismaily, 29 anni, terzino sinistro dello Shakhtar, valutato circa 18 milioni, e il baby talento Marcos Antonio, 20 anni, brasiliano anche lui, centrale di mediana sempre del club ucraino, dal costo di circa 4-5 milioni.
Rinnovo Zaniolo
A proposito di baby talenti, Fonseca vorrebbe a tutti i costi che Zaniolo restasse alla Roma, e la dirigenza è pronta ad accontentarlo. Per questo tra pochi giorni, non appena sarà terminata la questione legata al nuovo allenatore, il rinnovo di contratto sarà un priorità. Le sensazioni sono che l’ex centrocampista nerazzurro possa firmare a breve un rinnovo fino al 2024.
De Rossi e il Boca
I titoli di coda li lasciamo a Daniele De Rossi e al suo futuro da scrivere, visto che Nicolas Burdisso, d.s. del Boca, ieri ha detto: «Mi darà una risposta la prossima settimana, però non so dare una percentuale sul suo arrivo».
Ora la Roma programma il futuro con Fonseca
GAZZETTA DELLO SPORT - CECCHINI - Se si pensa al trivio magico fra calcio, Portogallo e Mozambico, il primo pensiero va a Eusebio, uno dei più forti attaccanti della storia. Ma l’attualità adesso racconta anche altro. Ad esempio di Paulo Fonseca, 46 anni, nato anche lui in Mozambico (ex colonia portoghese) come la Perla Nera, ed attualmente allenatore dello Shakhtar Donetsk. Ormai non è un mistero che della margherita sfogliata dalla Roma è lui – tallonato da Roberto De Zerbi - il petalo più pregiato, forte anche della stima che ne ha Franco Baldini, consigliere del presidente Pallotta.
Doppio incontro
Entrambi comunque a breve saranno ricontattati, tant’è che ieri Totti ha detto: «Il nuovo allenatore? Tra poco». Così ora si è alla stretta finale e così – come potete leggere sotto (Ismaily, Marcos Antonio, la conferma di Zaniolo) – con la società giallorossa Fonseca ha già cominciato a parlare di calciatori. Segno che la trattativa si è fatta più serrata, nonostante Fonseca – che ha un contratto in essere fino al 2020 - abbia una clausola di rescissione non banale da 5 milioni. Ma pare che un «gentleman agreement» tra lui e il presidente possa consentirgli di liberarsi senza pesare sulle casse societarie della Roma. Una cosa è certa: il presidente dello Shakhtar, Rinat Akhmetov, ha detto che è pronto a dargli il via libera. «Ci sono club interessati e fra noi c’è un accordo morale». Adesso perciò è il momento di quello materiale tra l’allenatore e la Roma, che offre un biennale con opzione da circa 3 milioni a stagione.
Il nuovo Garcia
Impressioni? Fonseca è uno che sa come si vince. In Ucraina ha messo in bacheca 3 campionati, 3 coppe nazionali e una Supercoppa, a cui occorre aggiungere anche una Coppa e una Supercoppa di Portogallo (con Braga e Porto). Insomma, nonostante la giovane età l’esperienza non gli manca, così come l’ironia. Indimenticabile, infatti, la sua performance del dicembre 2017 in cui, per onorare una promessa di caso di vittoria col Manchester City e relativa qualificazione agli ottavi di Champions (ai danni del Napoli), si presentò vestito da Zorro in conferenza. Il suo Shakhtar ha mostrato sempre un buon calcio, improntato su un 4-2-3-1 che ha soprattutto nella fase offensiva il suo fiore all’occhiello. La Roma, comunque, in lui vede soprattutto una cosa: un allenatore straniero lontano dalla bufera scatenatasi nelle ultime settimane e proprio per questo senza scorie da dover metabolizzare per portare avanti il proprio lavoro. Se vogliamo, una scommessa simile a quella fatta con Rudi Garcia, arrivato nel 2013 - dopo la sconfitta nella finale di Coppa Italia contro la Lazio - e capacissimo di ricostruire il gruppo sia psicologicamente che tecnicamente.
Piano B
Viste le recenti esperienze naufragate per motivi diversi (Conte, Gasperini, Mihajlovic), la società giallorossa si riserva un Piano B. Così, se le congiunture astrali si disponessero nel verso giusto, per De Zerbi il prossimo potrebbe essere uno dei compleanni più belli della sua vita. Il tecnico, che il 6 giugno compirà 40 anni, è il prediletto dal d.s. «in pectore» Petrachi, ma al momento è dietro nelle preferenze, anche se l’allenatore del Sassuolo sembra avere davvero le stimmate del predestinato. Finora ha guidato Darfo Boario, Foggia, Palermo, Benevento e Sassuolo, vincendo una Coppa Italia di Serie C proprio alla guida della squadra pugliese. Una cosa però è certa: in tutte le piazze in cui ha lavorato ha portato un’idea di calcio offensivo, spettacolare, assumendosi anche tutti i rischi del caso. Certo, De Zerbi sa bene che l’ambiente romanista – in fibrillazione dopo gli ultimi casi che hanno ulteriormente stressato i tifosi – non lo accoglierebbero come un salvatore della patria, ma con parecchio scetticismo, però le scommesse hanno un lato affascinante a cui la Roma, nella sua storia recente, non ha mai voluto sottrarsi. Intendiamoci, le qualità ci sono tutte, ma l’esperienza di Fonseca appare superiore. Occhio però ai colpi di scena. Se la situazione s’ingarbugliasse, ci sarebbe anche l’ipotesi di un (difficile) ritorno di Di Francesco, nonostante le offerte non gli manchino. Ma la Roma, si sa, è anche una questione di cuore.
Lorenzo Pellegrini giura fedeltà alla sua Roma: pronto a togliere la clausola
GAZZETTA DELLO SPORT - ZUCCHELLI - Le certezze sono due: Lorenzo Pellegrini vuole restare alla Roma e la Roma vuole tenere Lorenzo Pellegrini. Se poi questo davvero succederà nessuno può dirlo, perché il mercato è ancora lungo e perché, in fondo, con una clausola rescissoria da 30 milioni, per di più pagabili in due anni, non si possono avere certezze. Ma Pellegrini è stato chiaro: non appena si insedierà il nuovo direttore sportivo la sua volontà è quella di ridiscutere il contratto, in scadenza nel 2022, magari adeguando lo stipendio a più di 2,5 milioni più bonus, allungando di un anno l’accordo e togliendo la clausola. Perché le bandiere, soprattutto Romane e Romaniste, non hanno mai avuto la possibilità di svincolarsi unilateralmente e Pellegrini non vuole fare eccezione.
Tradizione
D’altronde, Lorenzo spera che il prossimo tecnico decida di affidare a lui il ruolo di vice Florenzi. Gli piacerebbe, a maggior ragione adesso che la Roma, per la prima volta dal 1993, non avrà né Totti né De Rossi. La tradizione, in una squadra avara di trofei come la Roma, conta e anche tanto, ecco perché in questi mesi per lui così speciali - ad agosto nascerà la prima figlia - Pellegrini vuole mettere al servizio della Roma oltre alle giocate, anche il senso di appartenenza.
Ruolo
In una posizione, tra l’altro, del tutto nuova. In questa stagione Pellegrini ha scoperto che oltre ad essere un’ottima mezzala e, all’occorrenza, un buon regista, si diverte a fare il trequartista. I numeri, a conferma dell’ottima intuizione di Di Francesco, lo dimostrano: Pellegrini è diciottesimo in Serie A per numero di occasioni create (59), primo nella Roma, non poco per un ragazzo che, a neppure 23 anni, ha giocato per la prima volta in una posizione avanzata. A lui piacerebbe continuare così, perché con la sua tecnica è convinto di poter essere pericoloso davanti al portiere avversario, ma tutto dipenderà dal nuovo allenatore. Sicuramente, e questa è un’altra certezza, il numero 7 della Roma è pronto a mettersi a disposizione, indipendentemente dal nuovo contratto. «Ho sempre detto che il mio sogno è fare un giorno il capitano», ha detto in tempi più o meno recenti. Per questo vuole togliere, o quantomeno ridiscutere, la clausola. Ci sono cose, e Pellegrini in questi due anni di prima squadra ad alti livelli l’ha imparato bene, che i contratti non possono spiegare. Con la speranza di non essere l’eccezione che conferma la regola
Giallorossi sul tetto d’Europa
GAZZETTA DELLO SPORT - CECCHINI - Se pensate che i soldi facciano la felicità, allora probabilmente avete virtuali simpatie per il Liverpool e del Chelsea. Già, perché forti di portafogli non indifferenti, i due club inglesi nelle ultime due stagioni, rischiando, hanno incanalato fiumi di denaro verso le casse della Roma, venendone ripagati dai trionfi in Champions ed Europa League, che hanno avuto come effetto collaterale quello di portare un poker di ex romanisti sul tetto d’Europa. Loro e Totti Certo, nell’universo giallorosso la malinconia è tanta, vedendo alzare da Alisson e Salah la Coppa dalle Grandi Orecchie e da Rüdiger (infortunato) ed Emerson impossessarsi della gemella minore. Eppure solo due anni fa tutti e quattro vestivano la maglia giallorossa, senza però che questo avesse portato trofei in bacheca. Le plusvalenze, comunque, sono state impressionanti, se si pensa che tutti e quattro sono costati circa 44 milioni e sono stati rivenduti a quasi 160 più i bonus giunti a pioggia, l’ultimo dei quali i 4,5 milioni del Liverpool per la vittoria nella Champions. Tifosi divisi Inutile dire che questo, sui social e le radio locali, ha diviso i tifosi. La questione era apparentemente semplice: è stato un errore non tenerli oppure è stato semplicemente inevitabile? Le risposte, con tutta probabilità, possono essere almeno due, quelle che parzialmente ha indicato lo stesso presidente Pallotta nella sua lunga lettera ai tifosi di tre giorni fa. Ovvero: in quel periodo la Roma era ancora sotto osservazione della Uefa per via del «fair play» finanziario e quindi la necessità di fare plusvalenze sembrava ineluttabile. Non basta, c’è anche la legittima questione delle ambizioni personali da soddisfare. Non è un mistero che Salah, ad esempio, volesse riprovare l’avventura in Premier League, senza contare che tutto il quartetto ha avuto uno scatto in avanti negli stipendi che la società giallorossa obiettivamente non poteva permettersi di quel livello. Ciò non toglie che tutti, però, per questioni ambientali e familiari, sono andati via dall’Italia assai malvolentieri, tanto da essere rimasti molto legati sia ai loro compagni che alla città, incui sonotornati spesso. Tra l’altro, c’è da dire che alcuni di questi ex,in maglia giallorossa avevano mostrato ottime qualità, ma probabilmente nessuno si sarebbe aspettato, ad esempio, che Salah nel Liverpool diventasse un canno- niere così implacabile, mentre nella Roma aveva rivestito - peraltro in modo eccellente - il ruolo di scudiero e uomo assist di Dzeko. Questione d’impiego, ovvio, perché l’attaccante egizianocon Klopp deve curare meno la fase difensiva rispetto alle stagioni italiane, riuscendo così ad essere più lucido in fase conclusiva. C’è anche Lamela Ma i rimpianti non aiutano davvero nessuno a fare meglio. Quindi nonè neppure il casodi pensare che anche la squadra sconfitta nella finale di Champions League, il Tottenham, avevaun ex romanista che aveva fatto un po’ sognare l’Olimpico. Parliamo naturalmente di Erik Lamela, la cui cessione (per circa 35 milioni, bonus compresi) economicamente è stata estremamente vantaggiosa. E alla luce di tutti questi giocatori che, sia pur per breve tempo hanno illuminato l’avventura giallorossa, sono stati tanti i tifosi che hanno riconosciuto il buon lavoro fatto a Trigoria da Walter Sabatini. E molti rimpiangono anche lui.
Grande fuga dalla Serie A, il tifoso spegne la tv
IL FATTO QUOTIDIANO - VENDEMIALE - Il primo gol di Cristiano Ronaldo su Sky, la festa scudetto su Dazn. Ritardi, proteste, polemiche, il solito trionfo della Juventus: il campionato 2018/2019 è stato la rivoluzione del pallone in tv, con l'addio allo storico duopolio Sky-Mediaset e l'inizio di una nuova era, fatta di doppi abbonamenti ed esclusive pretese dalle pay-tv (anzi, dall'unica pay-tv rimasta). Le rivoluzioni, però, fanno sempre vittime: in questo caso i tifosi. Con un mercato saturo, alla ricerca di profitti più alti, la soluzione è stata spremere gli appassionati, costretti a pagare di più per vedere le stesse partite, spesso meno bene, neppure troppo interessanti. Così tanti sono scappati e il bilancio di fine stagione non accontenta nessuno: la Serie A ha perso 700 mila abbonati e il 30% di audience, i conti Dazn per ora non tornano e pure Sky non ha troppo da festeggiare. Altro che effetto CR7.
Con l'uscita di scena di Mediaset resta solo il colosso di Comcast. Ma quasi 700 mila contratti si sono persi per strada (e cresce la pirateria). Già era iniziato male il campionato del resto: la corsa al nuovo abbonamento, le immagini a scatto. Alla lunga i tifosi si sono abituati (o rassegnati) alla grande novità: Dazn è entrata nell'immaginario collettivo col volto di Diletta Leotta e nelle case degli italiani. Tante, quasi tutte: fra parenti o amici qualcuno che tira fuori la password quando c'è la partita si trova sempre. La vera domanda è: chi paga Dazn? Qui la risposta è più complessa, perché tra account condivisi, mesi di prova e voucher si tratta di una platea più fluida di quella delle tradizionali pay-tv. Niente numeri ufficiali, l'azienda non ne ha divulgati nemmeno nell'ultima convention in cui ha snocciolato inutili curiosità. Qualche dato però c'è: secondo rilevazioni effettuate dalla Lega Calcio, Dazn avrebbe circa 1,3 milioni di abbonati. Ancora più difficile capire quanti di questi in comune con Sky: quelli "propri" (utenti che hanno solo Dazn) sarebbero circa 300 mila. Di qui la contrazione del mercato. I problemi sono tanti, e non riguardano solo il gap tecnologico del Paese (su cui l'azienda ora chiede aiuto al governo). Con solo tre partite a settimana (di cui una di cartello, l'anticipo del sabato sera) Dazn non è alternativa al colosso di Comcast, al massimo complementare. Non gode nemmeno di buona reputazione: vuoi per l'avvio tribolato, vuoi per un palinsesto inferiore, secondo una ricerca Antitrust la sua offerta viene considerata di qualità media (52%) o bassa (25%). Per entrare nel mercato italiano, però, Perform (la società che controlla Dazn) ha pagato caro: 193 milioni di euro a stagione per la Serie A, altri 22 per la Serie B, poi i vari tornei minori per arricchire il bouquet. Senza dimenticare i costi della nuova struttura, tra manager, giornalisti, tanti collaboratori, la pubblicità battente. Sky ha dato una mano (e milioni) anche comprando pacchetti di abbonamenti e i diritti per i locali commerciali, a riprova di una competizione non proprio agguerrita (la formazione di un secondo polo faceva comodo). Ma con 1,3 milioni di abbonati a 10 euro al mese (non per tutti i mesi e non tutti a prezzo pieno; c'è pure l'Iva da togliere) i conti per il momento non tornano. "Vogliamo raggiungere fra 3 e 5 milioni di clienti nel medio termine", aveva detto il Ceo James Rushton. Senza spingersi a tanto, ce n'è di strada per il punto di pareggio (almeno sopra 2 milioni). Lo sbarco in Italia è comunque un successo, perché muovere un milione di abbonati in pochi mesi è risultato notevole. Al primo anno però l'operazione è in perdita e per invertire la tendenza c'è bisogno di altro: tre partite più la Serie B (che l'anno prossimo si annuncia ancora più povera, senza grandi piazze) non bastano. L'esclusiva non basta, Sky così non ha più rivali. L'estate scorsa ha lottato duramente per ricacciare in patria gli spagnoli di Mediapro e avere un bando per prodotto, cucito su misura. Ha giocato al ribasso sui diritti, "spento" l'unico vero competitor, ottenuto esattamente ciò che voleva.
Oggi chi vuole vedere la Serie A deve avere Sky. Di più: chi vuole vedere il pallone deve avere Sky, sommando Champions e Europa League il grado di esclusiva è altissimo. Infatti sono circa 3 milioni i clienti calcio (forse anche più, 3,2); secondo indiscrezioni di stampa a inizio 2019 quelli totali hanno superato quota 5 (l'ultimo bilancio Comcast era fermo a 4,8). Gli abbonati sono cresciuti. Forse, però, non quanto si aspettavano: se l'obiettivo era inglobare tutta l'ex clientela Mediaset per risistemare i conti, l'operazione può dirsi riuscita solo parzialmente. Il monopolio sulla Serie A non ha affatto risolto i problemi, anzi. Alle spalle ci sono tagli importanti (la sanguinosa chiusura della redazione romana), all'orizzonte pesanti impegni proprio sui diritti tv da onorare. Il traguardo dei 6 milioni di abbonati è lontano, presto Sky si troverà di nuovo a un bivio: non può fare a meno del calcio ma tenerlo costa tanto, forse troppo.
Clienti spremuti in fuga Per ora la nuova era Sky-Dazn ha portato un solo risultato certo: la Serie A ha perso abbonati e spettatori. Dai 4 milioni medi di Sky-Mediaset si è passati a 3,3-3,5, con una riduzione di 700-500 mila abbonati secondo la Lega Calcio. Lo confermano gli ascolti tv, che fino all'anno scorso erano pubblicati sul sito della Serie A e da quest'anno non più: dai dati visionati da Il Fatto, nel girone d'andata ci sono stati 91 milioni di spettatori totali contro i 133 dell'anno scorso, meno -31% di audience cumulata (picco di -57% a ottobre). Del resto prima c'erano due grandi distributori, ora ne è rimasto solo uno. E gli ex abbonati Serie A Mediaset che fine hanno fatto? Secondo una ricerca Agcm, il 32% ha sottoscritto un'offerta Sky (o NowTv, la sua piattaforma streaming), il 15% Dazn, il 17% entrambi. Poi c'è una grossa fetta, il 36%, che non ha più niente. Nel passaggio dal vecchio al nuovo equilibrio la Serie A si è persa per strada tanti tifosi. Alcuni non guardano proprio più il pallone (c'è crisi), altri hanno trovato vie "alternative": la pirateria, fenomeno in crescita allarmante che secondo Fapav (Federazione anti-pirateria) conta ormai 2 milioni di illegali. Tutti soldi sottratti al calcio, in particolare alle pay-tv inviperite per il furto, anche con chi non tutela il suo prodotto. Rischia di diventare ulteriore motivo di scontro. Il calcio in tv è cambiato, forse cambierà ancora. Per ora ci sono altre due stagioni davanti così. Dazn si sta imponendo sul mercato italiano, anche se per ora a caro prezzo.
Chiusa l'era del duopolio Sky-Mediaset, nel 2018 l'ultima asta dei diritti tv si è conclusa con una vera e propria rivoluzione: dopo l'accordo stretto e stracciato con gli spagnoli di MediaPro, la Serie A è finita a Sky e Dazn. La tv satellitare trasmette 7 partite in esclusiva. Le altre 3 (tra cui l'anticipo del sabato sera) sono su Dazn, nuova piattaforma Ott (OverThe-Top, streaming internet) del gruppo Perform. La Lega incassa 973 milioni a stagione. II tifoso, però, deve fare 2 abbonamenti che voleva ma non il suo l'obiettivo. La Serie A non ci ha guadagnato (aumento dei ricavi minimo, perdita di spettatori) però si è garantita un altro triennio di sopravvivenza. Chi ci ha perso di sicuro, invece, è il tifoso: costretto per la prima volta dopo anni al doppio abbonamento, a spendere più e vedere meno, tra ritardi e rincari. In passato perla Serie A (almeno le 8 big) bastavano 29 euro al mese su digitale terrestre, oggi il prezzo di accesso minimo supera i 40. Qualcuno doveva pur rimetterci.
Luis Figo: "Sono convinto che Fonseca possa fare bene alla Roma"
Ieri sera Luis Figo, nel corso de La Notte dei Re, ha parlato dell'evento ma anche di Paulo Fonseca, candidato portoghese alla panchina della Roma:
"È stato bellissimo, ci siamo divertiti tutti. La cosa più importante era lo scopo benefico, vogliamo bene a questa gente. Paulo mi piace, è molto bravo ad organizzare il gioco ed è molto propositivo nello stile di gioco. Sono convinto possa fare bene alla Roma".
Trattativa Dzeko-Inter in fase di stallo, manca l'accordo con la Roma
Battuta d'arresto nella trattativa Dzeko-Inter. Il bosniaco ha da tempo trovato l'accordo con i nerazzuri ma, come riporta Sky Sport, la situazione è ancora in fase di stallo: la Roma e il club milanese devono ancora trovare l'accordo. L'Inter, inoltre, vorrebbe prendere anche Kolarov solo a condizioni favorevoli vista l'età avanzata, ma difficilmente la Roma lo lascerà partire a prezzo di saldo.