«Roma, ho sbagliato. non mollo e rilancio» irrompe Pallotta

GAZZETTA - CECCHINI - È un po’ il «Guerra e pace» delle dichiarazioni presidenziali. Gli esegeti hanno contato 17.181 battute che – nel proprio genere – avrebbe trovato l’approvazione anche di Lev Tolstoj. Insomma, è passato un po’ di tempo, ma James Pallotta si è ripreso la scena, vergando una lettera fiume in cui ripercorre le tappe salienti del suo impegno e soprattutto dell’ultima, malinconica stagione. Una lettera a cuore aperto i cui destinatari sono i tifosi della Roma, per i quali il messaggio è chiaro: vuole ricostruire per vincere.

Rabbia e ambizione

Su alcuni dei personaggi principali abbiamo sintetizzato sopra le dichiarazioni chiave, ma c’è davvero molto altro. «Che mi crediate o meno – esordisce – non penso ci sia stato nessuno, in società, più deluso, più depresso e più arrabbiato di me per come sono andate le cose alla Roma negli ultimi 18 mesi.Mi dispiace per gli errori che abbiamo commesso, uno di questi si è rivelato molto grave a livello sportivo. È stato probabilmente uno dei più grandi errori che abbia mai commesso nella mia intera carriera e alla fine sono io che me ne devo assumere la responsabilità». L’accenno è a Monchi che – pur non replicando («Non è il mio stile fare del male alla Roma») – quasi in contemporanea ha messo come foto del suo profilo le 5 Europa League vinte col Siviglia. Come dire: non sono poi così male. Ma Pallotta prosegue. «Stiamo lavorando per ingaggiare persone di talento, che ci aiuteranno a riportare la Roma dove deve stare: ovvero a giocare sui più grandi palcoscenici, a competere per i trofei e a rendere orgogliosi i nostri tifosi. A coloro che dicono “bla bla bla”, rispondo di essere fermamente convinto che negli ultimi 4-5 anni, abbiamo allestito squadre molto competitive, ma non è stato sufficiente per vincere un trofeo. Questo è un mio grande rimpianto, perché alla fine il motivo per cui sono qui è vincere trofei. L’ultima stagione secondo me è stata un completo disastro, però abbiamo investito e i numeri e i fatti parlano da soli. Con i miei investitori, ho versato centinaia di milioni di euro. Se qualcuno pensa che io sia interessato solo a fare soldi con la Roma, non potrebbe commettere errore peggiore». E infatti spiega come non volesse vendere né Salah né Alisson, ma sono stati loro a chiedere di andare via. D’altronde, c’è il fair play finanziario. «Non ci piace ma è una realtà che ci ha condizionato. So che alcuni club non lo hanno preso sul serio. L’ho segnalato col Milan e ora sono sotto la lente di ingrandimento per quanto fatto».

Tecnico e squadra

Si capisce come la contestazione lo abbia ferito. «È stancante ma lo accetto, Quello che non posso accettare sono le centinaia di persone che hanno insultato le mie sorelle definendole troie, puttane e maiali». Inqualificabile. Meglio parlare di calcio e dell’onore delle armi concesso a De Rossi e Di Francesco, anche se Pallotta non smentisce tutta la ricostruzione di «Repubblica» di due giorni fa. «Daniele per 18 anni è stato un guerriero per la Roma. Vogliamo che faccia parte del club per sempre e speriamo che questo succeda. L’ho invitato a passare del tempo con me alla fine delle sue vacanze. Lui e Di Francesco? Daniele mi ha chiesto di continuare con lui fino a fine stagione. Il mio errore è stato questo: a dicembre avrei voluto operare dei cambiamenti, ma sono stato convinto a non farlo. Quell’indecisione, forse, ci è costata un posto in Champions».

Stadio e futuro

I titoli di coda sono chiari. «Ho già speso quasi 90 milioni di euro in un progetto per lo stadio che avrebbe dovuto essere approvato anni fa: se vogliamo competere con i maggiori club europei, ne abbiamo bisogno». E quindi non molla. Con una promessa. « Non sono venuto a Roma nell’ultimo anno, ma è stato un grave errore, la prossima stagione ci sarò. Ci sono alcune persone che sono insoddisfatte perché non potranno mai manipolarmi, minacciarmi o attaccarmi al punto da farmi vendere il club. Vogliamo costruire qualcosa di grande qui. Sfortunatamente per loro non andrò da nessuna parte. A me interessa solo costruire una Roma grande e vincente: niente e nessuno mi impedirà di perseguire questo obiettivo».


Adesso si aspetta Totti d.t. tecnico: Miha sfida Fonseca

GAZZETTA - CECCHINI - L’ora delle scelte. Dure, decise, divisive, quelle che potrebbero anche sfiorare l’impopolarità. Il mantra della Roma è chiaro: occorre un allenatore che faccia voltare pagina in fretta. Diversi sono stati contattati, ma i profili che si delineano per anestetizzare un ambiente bollente e consentire di lavorare in serenità, sono essenzialmente due: un guerriero che abbia spalle larghe nei confronti dei pregiudizi e che sappia dare ritmo, gioco e carattere allo spogliatoio. Oppure un «marziano» in stile Garcia, che piombi sul pianeta Trigoria totalmente disinteressato della bufera che ha soffiato finora e proprio per questo riesca a distaccarsi da qualsiasi cascame psicologico ereditato dal passato recente. I due profili portano a Sinisa Mihajlovic e Paulo Fonseca. Il primo è un gladiatore della panchina che col tempo ha sempre più raffinato il proprio bagaglio di conoscenze. Che una parte della tifoseria giallorossa lo contesti (tanti gli striscioni apparsi contro di lui in città) per il suo passato laziale non lo impressiona affatto, perché uno che è stato c.t. serbo, al Milan e all’Inter come vice, conosce la tempesta. Fonseca ha addosso le stimmate del secondo profilo. Allo Shakhtar ha fatto assai bene, ma il club ucraino è pronto a liberarlo per una sorta di accordo morale. Occhio, però, perché restano in corsa anche De Zerbi che sarebbe stato contattato e piace Gattuso per grinta, carattere e comportamenti.

Il ruolo di Totti

Chiunque sarà il prescelto, questi avrà senz’altro bisogno di una cosa: dell’appoggio unanime della dirigenza. Soprattutto di Totti, per questo si attende la nomina a direttore tecnico il prima possibile. Solo la sua garanzia può far metabolizzare profili che, per un verso o per un altro, non convinceranno mai tutta la tifoseria. Eppure bisognerà pure ricominciare. E questo a Trigoria lo sanno.


De Rossi: «Mai agito come dice Repubblica, ora querelo»

GAZZETTA - Daniele De Rossi risponde all’articolo di Repubblica con una nota all’Ansa. «Intendo esprimere tutta la mia indignazione per la distorta, se non addirittura falsa, ricostruzione di alcuni fatti ed episodi che mi riguardano – attacca DDR –. Mi vengono attribuiti comportamenti mai avuti e frasi mai dette. Scrivere che il sottoscritto, insieme ad altri straordinari e leali professionisti che hanno dato il cuore per la Roma, abbia posto in essere quei comportamenti è semplicemente ridicolo, oltre che spudoratamente falso». «Questo articolo – continua – risulta ancor più grottesco se si pensa che la As Roma - pochi giorni fa - mi ha offerto un ruolo dirigenziale delicato e rilevante vicino all’a.d., onorandomi con un’offerta che ho declinato per i motivi a tutti noti. Darò mandato ai miei legali di richiedere un legittimo risarcimento danni in Tribunale, che devolverò integralmente in beneficenza ad un noto ospedale pediatrico di Roma. Un’ultima cosa - conclude De Rossi -: non è la prima volta che per motivi a me ignoti vengono gettate ombre sulla Amicizia tra me e Francesco (Totti, ndr). Vi dico: impegnatevi di più che così non basta».


Roma, Pallotta dice quasi tutto

IL MESSAGGERO - ANGELONI - Nel mondo dei cinguettii, ecco l'epistola. Che fa effetto, è gradita, anche se non c'è contraddittorio. E questa è una mancanza. Jim Pallotta manda per un giorno in pensione il messaggio breve WatshApp e scrive un capitolo di un libro sulla Roma. Le mie colpe, possiamo sintetizzare così la lunga lettera rivolta ai tifosi giallorossi. Che tutti avranno avuto modo di leggere, perché partita dal sito del club e finita su resto del mondo web. Come in ogni trattato, ci sono punti un po' claudicanti. Il primo che ci viene in mente è su Daniele De Rossi, che Jim chiama confidenzialmente Daniele. La spiegazione che dà dell'addio è molto tecnica, fredda, non da uno che vuole bene a Daniele. Ma da presidente a calciatore. Punto. 
LA RISORSA SFUGGITAEccola. «Mi piacerebbe avere Daniele in squadra, ma avendo due giocatori per ruolo, se l'altro si fa male la Roma è fregata. È un ragionamento semplice». Semplicistico anche. Forse, proprio perché si trattava di Daniele, un'eccezione si poteva fare: nella rosa sarebbe stato comunque una risorsa. «Vogliamo che Daniele faccia parte di questo club per sempre. Non essere presente all'ultima sua partita è stata una scelta difficile da prendere. Era la sua serata e volevo che nulla distraesse da questo. Contestatemi, va bene ma non volevo sottrarre l'attenzione dalla celebrazione della sua fantastica carriera». Convince poco anche questo, ovvero il motivo con cui giustifica l'assenza dalla serata dedicata a De Rossi, Roma-Parma. Apprezzabile invece, quando ammette l'errore di essere poco presente nella capitale. «Come sapete, non sono venuto a Roma nell'ultimo anno. Ero così arrabbiato, già da agosto (in più lo stadio che non decolla, ndr), per come le cose stavano andando che temevo che la mia presenza non sarebbe stata d'aiuto. Questo è stato un grave errore, la prossima stagione ci sarò. Avrei dovuto essere di più a Roma». Finalmente. Non è semplice farsi apprezzare dalla gente, specie in questo momento di grande impopolarità. Chi è stato definito fucking idiot forse non perdonerà, nonostante la lettera, che va considerata comunque una falcata verso il consenso. Errore non venire a Roma, errore prendersela solo con Monchi per l'ultima stagione, da lui stesso definita «disastrosa». Monchi ha colpe, ma possibile solo lui? I dirigenti sono tanti, le scelte non possono essere attribuite soltanto a uno. Il ds spagnolo, colpito della dichiarazioni di Jim, non ha replicato. Ma ha subito esposto via social i trofei vinti. Pallotta spiega, e qui gli crediamo, che nella Roma non c'è stata alcuna fronda verso l'allenatore, Di Francesco. Che lo stesso De Rossi - che ha chiesto scusa dopo lo sfogo per l'acquisto di Nzonzi - e gli accusati hanno tutti remato dalla stessa parte. Ok, ma la talpa chi è? E che ne facciamo ora? Qualche danno, con quella mail, l'ha combinato, o no? Del resto lui stesso ammette: «Fare una grande squadra, creare una cultura e una tradizione vincente non potrà mai dipendere mai da una sola persona». Una sola, nel bene e nel male. Monchi, come detto, ha commesso tanti errori, che Pallotta racconta: «Mi ha chiesto il cento per cento del controllo. Non avrei dovuto lasciargli tutta questa autonomia. La squadra non si adattava bene al gioco di Di Francesco. Alla fine della sessione di mercato, ho osservato i nostri movimenti e mi sono reso conto che non avrebbero funzionato». Squadra sbagliata, sempre sostenuto. Ora siamo in buona compagnia. 
FRANCO E CHECCOPallotta non accenna al futuro, che è ciò che interessa più ai tifosi. Non spiega perché la Roma oggi non ha appeal per gente come Conte o per Gasperini; non spiega come rinascerà la sua Roma, che dice di amare nonostante la distanza oceanica. Così come dice di apprezzare Di Francesco, vittima di Monchi, e uomo «di classe». A questo punto, lo riprenda. Non ci dice se ci saranno investimenti o se sarà ridimensionamento, ci racconta che metterà mano all'area tecnica e introdurrà nuovi talenti (Petrachi, uno di questi, ndr). Parla di Baldini («Franco è un mio consigliere e confidente e non ha mai fatto nulla a scapito di questo Club. Se pensate che Franco sia coinvolto in tutte le decisioni, allora vi sbagliate di grosso») e di Totti («la sua maturità, le sue intuizioni e la sua competenza, nel confronto con me e con Fienga riguardo un potenziale candidato alla panchina, sono state più utili dei consigli di chiunque altro»), che aspetta anche una carica vera. Il finale è sul futuro, ma non nello specifico. «A noi interessa solo costruire una Roma grande e vincente: io non andrò da nessuna parte, niente e nessuno mi impedirà di perseguire questo obiettivo». Come? Alla prossima lettera, magari. 

Roma, Pallotta dice quasi tutto

 


Daniele: "Io nemico di Totti? È tutto falso"

IL MESSAGGERO - Daniele De Rossi in vacanza alle Hawaii esce allo scoperto dopo l'articolo di Repubblica che lo accusa di essere promotore di una fronda contro Totti: "Scrivere che il sottoscritto, insieme ad altri straordinari e leali professionisti che hanno dato il cuore per la maglia della Roma, abbia posto in essere quei "comportamenti" è semplicemente ridicolo, oltre che spudoratamente falso», è la nota di DDR affidata all'Ansa. Daniele puntualizza il suo rapporto con l'ex numero 10: "Non è la prima volta poi che per motivi a me ignoti vengono gettate ombre sull'amicizia tra me e Francesco (Totti, ndr). Vi dico: impegnatevi di più che così non basta....". In chiusura promette: "Darò immediatamente mandato ai miei legali di fiducia di richiedere un legittimo risarcimento danni in Tribunale, che devolverò integralmente in beneficenza ad un noto ospedale pediatrico di Roma"


Stadio, nuovi interrogatori. Grana per Raggi

IL MESSAGGERO - SCARPA - Le tesi rappresentate ai pm sono differenti. Diametralmente opposte. I due consiglieri del IX Municipio Paolo Barros e Paolo Mancuso ascoltati il 16 maggio in procura - in merito all'iter amministrativo relativo allo stadio della Roma - con le loro affermazioni chiamano in causa il presidente del consiglio del IX Municipio. Per questo motivo Marco Cerisola il 13 giugno si dovrà presentare in procura, in qualità di persona informata sui fatti. Due versioni, quelle di Barros e Mancuso, che complicano la posizione anche della sindaca Virginia Raggi, unica iscritta nel fascicolo per il reato di abuso d'ufficio. Aspetti burocratici di non poco conto. Cerisola, infatti, in tempi record, by-passando la commissione urbanistica, ha riunito l'assemblea, i primi di giugno del 2017, che ha poi dato il parere favorevole all'impianto del club giallorosso. Su questa riunione i due esponenti grillini hanno fornito al pm Elena Neri argomenti differenti. Per Mancuso il passaggio in commissione urbanistica era un atto dovuto. Al contrario secondo Barros, invece, il mancato passaggio in commissione urbanistica del progetto stadio non comporterebbe alcun problema dal momento che venne consultata la commissione sport, di cui lui fa parte.

L'INCHIESTA - Sono dettagli rilevanti quelli che hanno convinto il pm a voler convocare Cerisola. Emergenze che sottolineano come l'iter non sia stato così trasparente. E che anzi, l'amministrazione capitolina, abbia fatto una corsa contro il tempo per fare in modo che il progetto dello stadio andasse in porto. Ieri, intanto, il sindaco di Fiumicino, Esterino Montino, ha proposto di edificare lo stadio del club giallorosso in alcuni terreni all'interno del comune che amministra. «Se la procedura aperta con la Roma dovesse rimanere incagliata o saltare (con il Campidoglio, ndr) , sappiate che c'è un'altra proposta a sette chilometri da Tor di Valle».

 

 


Fonseca contro Mihajlovic: duello in panchina

IL MESSAGGERO - CARINA - Alla fine si torna sempre al punto di partenza: chi decide nella Roma? Perché leggendo anche ieri un passo della lettera di Pallotta riguardante Totti (“Le sue intuizioni e la sua competenza, nel confronto con me e con Fienga, riguardo un potenziale candidato alla panchina, sono state più utili di qualsiasi consiglio”) lascia intendere il modus operandi del presidente. Che ascolta Totti ma sente tutti. Quindi se passa la linea di Francesco (supportato dal Ceo Fienga) il ballottaggio si limiterebbe alla prima scelta Gattuso (contattato direttamente mercoledì sera ma apparso titubante sulla possibilità offertagli) e l’alternativa legata a Mihajlovic (pur consapevole delle difficoltà ambientali che Sinisa troverebbe, ieri su un muro della Capitale è apparsa una scritta razzista a firma dei Fedayn “Mihajlovic sporco serbo, Roma ti schifa”). Se dovesse imporsi invece Baldini, qualora Sarri dovesse accasarsi alla Juventus, il testa a testa sarebbe invece ristretto a Giampaolo (in ballo anche per la panchina del Milan) e Fonseca. Ma poi c’è chi realmente dovrebbe scegliere – il futuro ds Petrachi – che però non può ancora essere ufficializzato perché bloccato da Cairo e soprattutto dalla modulistica federale che non prevede due incarichi in club diversi nella stessa stagione (per l’incarico effettivo, bisognerà attendere il 1 luglio). E il dirigente salentino ha idee parzialmente diverse: preferirebbe un tecnico che ha già allenato in serie A (come Totti) e il nome che ha in testa da giorni è Mihajlovic (e come alternativa italiana De Zerbi). Nutre perplessità a livello caratteriale su Giampaolo (pur apprezzandone la metodologia di lavoro), non lo entusiasma Gattuso ma, se il club dovesse alla fine optare per la rottura (ossia virare su un tecnico ‘estero’: una sorta di Garcia-bis, per intenderci), apprezza da tempi non sospetti Fonseca. Se, come trapela negli ultimi giorni, Pallotta – pur ascoltando tutti – è orientato a concedere carta bianca a Petrachi, il ballottaggio si restringe a Mihajlovic e Fonseca.


Mail e guai. E Lippie alla fine chiese scusa

GAZZETTA - Ed Lippie non se ne è reso conto, ma in realtà involontariamente ha trasformato la Roma nel “Trono di Spade”. In apparenza, puro medioevo degli intrighi, visto che la sua famigerata mail, è stata vista come una sorta di delazione autorizzata sui mali giallorossi. Il prossimo anno Lippie avrà un ruolo importante nella preparazione fisicadei capitolini. Come farà a interfacciarsi con qualcuno? Chi potrebbe mai confidarsi con l’uomo del presidente dalla mail più veloce del West? Il probelma deve esserselo posto anche lui e al suo ritorno a Trigoria chiese scusa ad alcuni di coloro che erano stati coinvolti nel suo lavoro.


De Rossi: “Una ricostruzione distorta, se non addirittura falsa”

LA REPUBBLICA - Si dice «indignato» per la «distorta, se non addirittura falsa, ricostruzione di alcuni fatti ed episodi». Dalle vacanze Daniele De Rossi dopo due giorni ha affidato all’Ansa la sua reazione all’inchiesta di Repubblica pubblicata giovedì e minaccia querela. «Scrivere che il sottoscritto, insieme ad altri straordinari e leali professionisti che hanno dato il cuore per la maglia della Roma, abbia posto in essere quei “comportamenti” è semplicemente ridicolo, oltre che spudoratamente falso». E sul rapporto con Totti: «Non è la prima volta poi che per motivi a me ignoti vengono gettate ombre sulla Amicizia tra me e Francesco. Vi dico: impegnatevi di più che così non basta....»


Ciccio Graziani: "Errori con De Rossi ma nessuna faida”

LA REPUBBLICA - CALANDRI - «A questa storia della Roma non ci voglio credere. Meglio: non ci posso credere. Però…». Francesco ‘Ciccio’ Graziani è al Mugello per la MotoGP, ospite del manager Carlo Pernat.

È un grande appassionato di motori, ma oggi come si fa a non parlare di quello che accade al club giallorosso?

«Fa male, leggere certe cose. Mi hanno sorpreso, ferito. Sono responsabile di alcune Academy della Roma, ogni tanto vado a Trigoria: posso assicurare che tra i ragazzi ho sempre respirato un clima sereno, tranquillo. Pure troppo. Con tutti quegli alti e bassi nei risultati, è finita male e l’ambiente si è sfiduciato. Forse con un po’ più di tensione non sarebbe andata così, ai preliminari di Europa League quando eravamo da Champions».

Che disastro.

«La società dovrà rivedere i suoi piani, abbassare il monte-ingaggi. Si comincerà a lavorare a giugno perdendo i soldi degli incontri internazionali in programma questa estate».

Si riparte da zero?

«Si riparte con obiettivi precisi e raggiungibili. Uscendo dalla confusione, dalle maldicenze. Il prossimo anno lascerei perdere dichiarazioni roboanti e obiettivi impossibili: punterei a chiudere tra le prime 4, giocarmi la Champions. E solo allora, cominciare a sognare un poco. Con metodo».

Ma come si fa, in questa città?

«Se rinasco, faccio tutta la carriera in giallorosso. Non c’è niente di meglio per la passione, l’entusiasmo, la disponibilità. In tre anni e mezzo di carriera con la Roma ho vinto due Coppe Italia, perso una Champions e per due volte chiuso al secondo posto. Quella squadra meritava molto di più. Ma la città ci ha sempre coccolato, perdonato. Penalizzato, per troppo amore. Ti fa sentire re, quando non sei nemmeno principe. E, senza accorgertene, ne approfitti».

Tutti contro tutti, quest’anno.

«Per quella che è la mia esperienza da giocatore e tecnico, in tanti anni non ho mai lavorato “contro” un compagno di squadra o la società: non avrei fatto il mio interesse. Meglio dare il 100%: sempre».

De Rossi e altri tre senatori sono accusati di aver tentato di far cadere Totti e Monchi.

«Mi sembra impossibile. È vero, se Pallotta avesse più tempo per stare a Roma sarebbe meglio, ma lui delega e mi risulta che ci siano persone delegate a fargli avere dei rapporti tutte le settimane, addirittura quasi tutti i giorni. Secondo me sono loro — quelli che hanno avute le deleghe — quelli che dovrebbero raccontare come sono andate le cose: ma sono sicuro che hanno sempre raccontato tutto al presidente».

Povero Totti.

«Totti è l’immagine della Roma: nessuno dei due può fare a meno dell’altro. Credo che per Francesco dovrebbero trovare presto un ruolo più consono alle sue capacità e alle
sue ambizioni: qualcosa strettamente legato al settore tecnico. Potrebbe essere quello che Nedved è per la Juventus».

De Rossi, invece.

«C’erano modi e tempi migliori per parlare con lui. Alla fine della stagione la società ha cercato di recuperare la situazione, ma si poteva fare meglio. Anche lui, come Totti, è uno di quelli che dovrebbe restare indissolubilmente legato alla società. Come Florenzi, un giorno».

L’As Roma è una polveriera.

«Problemi tra rapporti giocatori e allenatore, tra ds e squadra: ci può stare. Ma che De Rossi abbia tramato contro di lui, mi sembra difficile: quei due sono come fratelli».

 


El Shaarawy recrimina a fine anno: "Vorrei rigiocare la gara contro il Porto"

IL TEMPO - BIAFORA - Uno dei pochi giocatori a salvarsi in un'annata travagliata è stato sicuramente El Shaarawy, il cui rinnovo è una delle priorità di Petrachi. Il Faraone ha commentato così a Roma Tv il proprio rendimento: «Credo di essere cresciuto ed ho trovato maggiore continuità, personalmente è stato un anno abbastanza positivo». L'esterno ha poi dato un inevitabile giudizio negativo sui risultati della squadra: «E stata una stagione veramente complicata e difficile, abbiamo lasciato tanto per strada e ci è mancata concretezza. Rigiocherei la partita con il Porto». Il pensiero finale è per De Rossi: «Un grande esempio per tutti, soprattutto con il suo romanismo. Un leader che ci mancherà». 

 

 


Caro Jim, sbagliare è umano ma perseverare...

IL TEMPO - CARMELLINI - Anche solo pensare a Mihajlovic allenatore della Roma, vuole dire, qualora ce ne fosse ancora bisogno, non aver capito che momento è questo per la sponda giallorossa del tifo capitolino. Vuol dire non capire cosa sta succedendo a Roma, non percepire l'umore di una piazza che ha dovuto mandar giù molti bocconi amari in questa stagione terribile. Sia chiaro, nulla da eccepire sulle qualità tecniche di un allenatore che ha preso un Bologna già retrocesso salvandolo in extremis, non ne diamo quindi una valutazione «negativa» in assoluto (anzi), ma la considerazione è chiaramente di altro tipo. In questo anno che ha portato all’esonero del giovane allenatore del futuro, al fallimento Champions, al derby perso in quel modo, all’ennesimo trofeo alzato dall'altra parte del Tevere, che ha coinciso con lo strappo-De Rossi e le ultime polemiche: altra benzina sul fuoco. Ecco in questo anno maledetto, mettere sulla panchina del futuro giallorosso un allenatore che solo due settimane fa è andato sotto la Nord (che lo acclamava come simbolo laziale) battendosi il cuore con il pugno, sarebbe davvero troppo. Anche per i tifosi della Roma. Non lo meritano!