Carica dei 50.000 Ranieri si prende gli ultimi applausi

GAZZETTA - PUGLIESE - Sarà record assoluto, ovviamente per la stagione in corso. Ma di questi tempi in casa giallorossa è già tanta roba, considerando l’umore dei tifosi della Roma e i risultati della squadra. Domani sera, quindi, ci sarà un Olimpico elettrizzante, con oltre 50mila persone a spingere la Roma verso una speranza, quella che si chiama ancora Champions League. E se oggi dovessero anche arrivare notizie interessanti da Reggio Emilia (Atalanta-Genoa) o Firenze (Fiorentina-Milan), allora è probabile aspettarsi che quei 50mila lì diventino pure molti di più. Insomma, se Roma-Juventus dovesse diventare davvero fondamentale per i giallorossi in vista della Champions, la gente romanista si stringerebbe ancora di più intorno alla squadra. E magari si arriverebbe anche a 55mila persone. Considerando che il record stagionale è 47.600, relativo al derby d’andata, chissà che questo pienone non sia di buon auspicio. E che se quella volta servì a dare un calcio alla crisi in cui versava la Roma di Di Francesco, magari questa potrebbe avvicinare la Champions del prossimo anno.

L’annuncio

Che poi, del resto, è quello che ha sempre chiesto Claudio Ranieri fin dal primo giorno in cui è tornato al timone della «sua» Roma. L’affetto dei tifosi, la spinta della Sud, il fuoco che soffia alle spalle dei giocatori. Ranieri se lo aspetta anche questa volta, perché lui alla Champions ci crede ancora eccome, nonostante abbia capito che il suo futuro a Trigoria durerà ancora lo spazio di tre partite. Quella con la Juventus, appunto, poi la trasferta di Reggio Emilia con il Sassuolo e la sfida finale del 26 maggio, in casa contro il Parma. «Sapevo di essere venuto qui in un momento di difficoltà della mia squadra del cuore – ha detto ieri il tecnico giallorosso –. L’ho fatto con entusiasmo e volontà, ma finito il campionato finisce anche il mio lavoro». Insomma, l’annuncio di un domani diverso per entrambi. Perché dopo il no di Conte, Ranieri ha capito che la Roma sta continuando a cercare un altro tecnico ed allora – evidentemente – ha fatto anche le sue valutazioni personali. Un po’ per orgoglio, un po’ per necessità, visto che alla sua porta hanno bussato già 3-4 club internazionali. Un paio, sembra, anche di alto livello.

La sfida

Prima, però, c’è appunto da provare a sprintare fino alla fine. La Roma lo può fare solo portando a casa 9 punti nelle ultime tre gare, sperando nel contempo che Atalanta e Milan facciano dei passi falsi. Quei 9 punti, però, passano appunto dalla sfida con la Juventus. Paradossalmente, se è vero che nella gestione americana la Roma ha sempre perso allo Juventus Stadium, è anche vero che all’Olimpico con i bianconeri ha fatto bene: 4 vittorie (compresa una sfida di Coppa Italia), tre pareggi e una sola sconfitta, nel 2014, con il gol in pieno recupero dell’ex Osvaldo. Ecco, sulla scia di questo rendimento la Roma vuole allungare la serie. Anche perché domani sera si affronteranno il miglior attacco casalingo (quello giallorosso con 39 reti all’attivo) e la miglior difesa esterna (quella bianconera, solo 13 i gol subiti fuori casa). Ranieri, per vincerla, rimetterà al centro del villaggio Daniele De Rossi, il capitano che torna dopo l’infortunio subito con l’Udinese. Del resto, domenica servirà anche personalità, sarà una partita per gladiatori. Con oltre 50mila tifosi a soffiare alle spalle dei giallorossi...


Juan ci crede «Claudio sa come tornare in Champions»

GAZZETTA - ZUCCHELLI - Per lui la Roma è di casa, speriamo riesca a portarla in Champions League». Lui è Claudio Ranieri e a raccontare con poche ma efficaci parole il legame tra il tecnico e la squadra giallorossa, alla «Gazzetta», è il brasiliano Juan. Ha giocato nella Roma dal 2007 al 2012, è stato allenato, oltre che dallo stesso Ranieri, anche da Spalletti, Montella e Luis Enrique, poi ha scelto di chiudere la carriera in Brasile e pochi giorni fa ha detto basta con una commovente festa al Flamengo: «Farò il dirigente, vedremo cosa mi riserverà il futuro». Quello della Roma potrebbe essere ancora nell’Europa più bella, a patto di fare «nove punti nelle prossime tre e sperare che Atalanta e Milan sbaglino qualcosa. Vincere contro la Juve sarebbe un segnale forte e poi serve un po’ di fortuna». Per Juan la Roma, adesso e in futuro, dovrebbe affidarsi a De Rossi («giusto rinnovare») e a Dzeko: «Io uno così lo terrei sempre. La partita con la Juventus è sempre speciale: ricordo una vittoria a Torino con gol meraviglioso di Riise. Sono state partite difficilissime, ma batterli, visto quanto sono forti ora e quanto lo erano prima, ti dà una marcia in più».


Roma-Juventus va in panchina

IL MESSAGGERO - ANGELONI - Bella o brutta che sia, la notizia (ufficiale) è arrivata: «Una volta firmato il contratto avevo già deciso. Sapevo che ero venuto a Roma nel momento del bisogno della mia squadra del cuore. Finito il campionato finisce il mio lavoro», la firma è di Claudio Ranieri, allenatore della Roma, che domani ospita la Juventus, con un altro tecnico quasi dismesso, Max Allegri, che - a quanto pare (oggi ne sapremo di più) - rischia di andare via lasciando a Torino un senso di liberazione, pur avendo vinto tanto. Due figure, Claudio e Max, che viaggiano in parallelo: allenano e svuotano gli armadietti, o quantomeno sarebbero invitati a farlo. Armadietti che non hanno scheletri. Il tecnico della Roma ha fatto quello che doveva/poteva fare, non ci aspettavamo mettesse le ali a una squadra che fino al suo arrivo era seduta sulla crisi, con giocatori sopravvalutati e un mercato incompleto. 
ULTIMO TRENO CHAMPIONSLa Roma non brillava prima e non brilla ora, anche se l'obiettivo Champions era tornato di moda, poi c'è stata Genova e si sono quasi perse le speranze. Dall'altra parte c'è un tecnico, Allegri, con ancora un anno di contratto e cinque scudetti consecutivi vinti (più coppe nazionali varie), che viene a Roma da conquistatore non (più) apprezzato. Se Agnelli vorrebbe cambiare (decisione ancora non ufficiale e vincolata all'esito del faccia a faccia), Pallotta deve (gli manca pure un ds: Petrachi si è promesso e ha fatto infuriare Cairo, che - per liberarlo - chiede giocatori della Primavera). La sensazione è che, per citare Conte, a Torino ci sono condizioni per vincere e quindi quella panchina avrà un padrone top (compreso Allegri), qui a Roma si rischia di ricominciare da capo. Belle le settimane in cui si è sognato Conte, chissà, magari a breve torneranno. C'è sempre un Sarri (o un Gasperini, che resta il papabile principe) dietro l'angolo, che potrebbe riaccendere i desideri sopiti dei tifosi della Roma, o tanti di loro. Ma come ha fatto capire, se non lo cacciano resta a Londra.
L'ATTESA PER GASP E SARRILa Roma per ora non sceglie, aspetta. Aspetta che cominci il domino, che riguarderà inevitabilmente gente come Allegri, Valverde, De Zerbi, Gasperini, Gattuso, Giampaolo, Mihajlovic, ten Hag e pure Tuchel. Il piatto giallorosso è ricco o solo accettabile, a seconda dei punti di vista. Come dice Ranieri, però, «se non si fa lo stadio la Roma è destinata a stare dietro», ma comunque è una squadra - e lo dice più col cuore che con la ragione - da «promuovere» («la Roma è un bene inestimabile, è logico che mi senta di promuovere la mia squadra del cuore: nelle top squadre, la Juve è un grossissimo punto di riferimento. E per la Roma è vitale avere lo stadio di proprietà, poi potrà cominciare la rincorsa alla Juve. Senza lo stadio avrà grosse difficoltà», la previsione di Claudio). Magari sta anche qui, non è necessario essere Conte per farlo notare, il motivo per cui ha deciso di scappare, oppure ha scelto questa strada solo perché la Roma non ha mai mostrato grandi attenzioni su di lui, chiamato ad aggiustare e basta, senza coinvolgerlo più nei programmi futuri. Oggi Ranieri si ritrova a portare a termine un mini progetto con in testa un futuro che non c'è, con i giocatori - da Dzeko a Manolas - probabilmente distratti dal proprio destino («è difficile dire se la partita di Genova si possa spiegare con tutto il bailamme che ci sta intorno in questo momento. Questo c'è in ogni società e in ogni squadra, fa parte del calcio mondiale, ok le chiacchiere, ma poi si deve stare concentrati in campo», ancora Ranieri), con tre partite da vincere e non è nemmeno detto che basteranno, anzi. E in sottofondo, un Roma-Juventus che fu e che oggi non può essere. Nostalgia. 


De Rossi, il futuro comincia adesso

IL MESSAGGERO - CARINA - Al futuro in questo momento non pensa. Per De Rossi conta il presente. L'oggi o, se preferite, domani sera: c'è infatti Roma-Juventus. Non una gara qualsiasi, anche se l'avvicinamento stavolta è stato quantomai anomalo. Non che Daniele apprezzi le crociate stile Zeman (ricordate le frecciate al boemo dopo il ko nel 2012?) ma di certo tra il «preparare una gara come se stessimo andando in guerra» e la calma piatta di questi giorni, ci può essere una via di mezzo. Daniele torna dopo l'ennesimo infortunio. Una stagione che con il trascorrere dei mesi ha assunto le sembianze di un calvario. Considerando i 90 giorni ai box per il problema alla cartilagine del ginocchio e i tre stop per infortuni muscolari, il capitano ha saltato la bellezza di 23 gare su 45. Leggermente più del 50%, considerando tra l'altro che in quelle disputate vengono calcolati anche i 13 minuti in Coppa Italia contro la Fiorentina (entrato sull'1-5), più i 14 con il Chievo (la Roma già vinceva 3-0) e una ventina col Bologna in campionato. 
RANIERI ASPETTA L'OKA 35 anni (festeggerà i 36 il prossimo 24 luglio) ha imparato ormai a conoscere il proprio corpo. Poteva tornare in gruppo con qualche seduta d'anticipo sulla tabella di marcia ma ha preferito rimandare all'altro ieri, lavorando anche nel giorno di riposo. Ranieri aspetta un segnale: se Daniele dà l'ok, gioca. Sinora il tecnico ha preferito non forzarlo. E così ieri De Rossi è stato alternato con Nzonzi nella formazione titolare insieme a Cristante, con Pellegrini ancora una volta preferito a Pastore nella posizione di trequartista. S'è mosso con disinvoltura anche se la condizione - è fermo da metà aprile - inevitabilmente non è al massimo. Oggi se ne capirà di più. 
FUTURO INCERTO Ancora tre gare e poi il grande punto interrogativo legato al suo futuro. Continuare ancora un anno come calciatore o iniziare la nuova avventura d'allenatore? Fino a poco tempo fa, Daniele propendeva per la prima ipotesi. In quest'ottica non possono però non tornare in mente le parole della compagna, l'attrice Sarah Felberbaum, a metà marzo: «Tra un po' dovrà prendere la decisione più difficile della sua vita». Tempo tre partite e Daniele scioglierà le riserve. Farlo con una Roma in Champions, potrebbe (forse) agevolare la scelta. Intanto nelle ultime ore è stato protagonista, suo malgrado, di un episodio alquanto curioso. A Ostia, nella strada dove è nato e cresciuto, gli è stato dedicato un murale, cancellato dopo poche ore. A coprire il disegno, un inquilino 92enne del palazzo sovrastante. Motivo? Riteneva che il dipinto fosse opera di Casapound. 


Ranieri si congeda: “Battiamo la Juve ma a fine stagione lascio la squadra”

REPUBBLICA - Dalla lista degli allenatori candidati alla panchina della Roma per la prossima stagione va tolto il nome di Claudio Ranieri. A ridosso del match con la Juve il tecnico giallorosso è chiaro: “Finito il campionato finirà anche il mio lavoro qui. Sono venuto perché la Roma mi ha chiamato e da tifoso ho risposto con tutta la buona volontà, ma quando ho firmato avevo già deciso. Sono arrivato in un momento di necessità, a fine campionato il mio lavoro finirà”


La Roma non molla la pista Sarri. Dzeko, forse Parigi nel suo futuro

CORRIERE DELLA SERA - Il confronto, impietoso, lo fanno la classifica e la bacheca: la Juventus è a + 30 e si presenterà domani all’Olimpico con l’ottavo scudetto consecutivo già in tasca, mentre a Trigoria siamo sempre a «zeru tituli». (…) Il giorno dell’addio di Claudio Ranieri, così, diventa occasione per una previsione del tecnico/tifoso su un futuro non semplice: «La Juve è un punto di riferimento tra i top team. Credo che per la Roma sia vitale avere lo stadio, solo dopo potrà pensare alla rincorsa». Sarà fondamentale seguire un progetto condiviso con il tecnico - chiunque sia - e non affidato al mercato fatto di occasioni e non di priorità. L’esempio che porta Ranieri è di grande attualità: «Che bello quando si costruisce una squadra a somiglianza dell’allenatore! Klopp è riuscito a prendere dei giocatori che sposano al meglio la sua filosofia e il Liverpool non ha più gli alti e bassi di prima. (…)». Può costruire un modello simile anche la Roma? Serve, per prima cosa, un tecnico con pieni poteri. Franco Baldini, consigliere personale del presidente James Pallotta, non ha abbandonato la pista che porta a Maurizio Sarri. (…). A Sarri piacciono i Blues ma a parecchi Blues - i tifosi, una parte della squadra e Marina Granovskaya, plenipotenziaria del presidente Abramovich - non piace (più) Sarri. E la Roma, così, resta alla finestra. Il no di Conte, secondo molti, non ha bloccato l’arrivo alla Roma del suo amico Gianluca Petrachi, prossimo d.s. (…).Per liberarlo dal contratto servirà un indennizzo che il Toro avrebbe identificato in Riccardi. (…). Dalla Francia arrivano voci sull’interesse del Paris Saint-Germain per Edin Dzeko e Steven Nzonzi. Dovendo abbassare il monte ingaggi e ringiovanire la rosa, la Roma non si opporrebbe certo in caso di un’offerta interessante.


De Vito, le mosse del M5S per togliergli la presidenza

IL MESSAGGERO - DE CICCO - «L'abbiamo spuntata su Siri, non possiamo tenere lì De Vito». Lo scranno più alto dell'Assemblea capitolina è diventato un cruccio per i 5 Stelle romani. Dal 20 marzo scorso, quando il potente presidente del Consiglio comunale è stato arrestato per corruzione nella tormentata vicenda dello stadio a Tor di Valle, i grillini non riescono a scalzarlo dal vertice dell'Aula Giulio Cesare. Hanno chiesto lumi ad avvocati e dirigenti, pareri formali e informali, ma niente. Il Segretariato generale, da ultimo, ha messo nero su bianco che l'avvicendamento forzoso, con le norme attuali, sarebbe senza precedenti. E quindi rischioso sul fronte legale, con lo spettro di una sostanziosa richiesta di risarcimento danni dell'interessato.
Quanto a lui, De Vito, di lasciare la presidenza dell'Assemblea, non ci pensa proprio. Lo ha scritto anche in una lettera del 13 aprile scorso, vergata da Regina Coeli e indirizzata a Virginia Raggi ma anche a tutti i colleghi del Consiglio. Le dimissioni? «Non posso, non voglio e non debbo farlo!». Ha citato, De Vito, gli articoli del Regolamento dell'Assemblea capitolina, che conosce a menadito. Arrivando a contestare perfino «la sospensione e sostituzione temporanea» decisa dalla Prefettura e considerata da lui «priva di presupposti», così come «qualsiasi atto mi abbia privato» dell'«iscrizione al M5S». Giovedì, nel primo confronto con gli inquirenti, De Vito ha giurato di non essere «un corrotto», assicurando, come riferito dai suoi legali, che «sul progetto stadio le decisioni sono state condivise dall'intero gruppo del M5S».
Per scacciare l'imbarazzo di tenere al vertice del Consiglio della Capitale un presidente in arresto per corruzione, gli stellati da settimane sono al lavoro per trovare una scappatoia tecnica. Obiettivo: votare la destituzione. Sta prendendo quota una soluzione in particolare. Che passa dalla modifica del Regolamento del Consiglio comunale. Toccherebbe cambiare il passaggio che oggi, come ha ricordato il Segretariato, consente di contestare l'operato del presidente «esclusivamente quanto all'esercizio delle funzioni di corretta direzione dell'organo consiliare». Insomma, solo per reati avvenuti in Aula, non fuori. Dovrebbe essere depennato poi l'obbligo di discutere il provvedimento di rimozione prevedendo «in contraddittorio, l'intervento del consigliere di cui si chiede la revoca». Circostanza che, con De Vito in carcere, non potrebbe logicamente essere ottemperata.

SPONDA DELL'OPPOSIZIONE «Si tratta di adeguare il regolamento del Campidoglio ai dettami della legge Severino», spiega un consigliere M5S di prima fascia. Il piano è già stato condiviso con i capigruppo dell'opposizione, come conferma Giulio Pelonzi, che guida la pattuglia del Pd. «È un'opzione che ci hanno chiesto di valutare. I tempi per andare in Aula? Prima, da quello che abbiamo capito, i 5 Stelle devono ricevere alcune rassicurazioni tecniche». E forse anche trovare una quadra politica, perché non tutti, tra i grillini, sono disposti a mollare l'ex collega di partito. Le cui parole davanti ai pm, a più d'uno, sono sembrate anche dei messaggi in codice. Come a dire: le scelte sullo stadio le abbiamo fatte insieme.


Arrivare in Champions e dirsi addio? Finale di stagione per Spalletti&Co

GAZZETTA - L’inno della Champions. Lo vogliono sentire tutti, l’anno prossimo. Rischia di non sentirlo quasi nessuno: nemmeno i quattro che se lo saranno guadagnata. Per gli allenatori, anche in quelle zone nobili della classifica, vige l’assoluta precarietà. L’unico che può prepararsi al coro, che chiude l’inno e che dal San Paolo di solito arriva fino a Castelvolturno, è Carlo Ancelotti. Lui ha già staccato il biglietto, mentre la conferma per l’anno prossimo non è mai stata in discussione. Tutti gli altri, al massimo, hanno o l’uno o l’altra. Dalla Juve al Torino, nessuno escluso. Nemmeno chi, come Allegri, ha vinto lo scudetto con svariate settimane di anticipo (…). Condizione opposta per Mazzarri: nessuno lo muoverà dalla panchina granata, con o senza l’obiettivo storico centrato. (…).Per tutti gli altri l’obiettivo potrebbe essere centrato e poi non «goduto»: in cima alla lista c’è Luciano Spalletti, l’uomo che ha riportato l’Inter a «rivedere le stelle» dopo sei anni di assenza. Finire anche quest’anno fra i primi quattro era considerato l’obiettivo prioritario e minimo del club. (…) Ma centrarlo con ogni probabilità non basterà, ora che l’ombra di Conte sta diventando sempre più solida. Sull’argomento ultimamente si è espresso in termini più fatalisti («Fin quando ci sono, decido io»), ma non ha ancora alzato bandiera bianca. Quella sventolata ieri coscientemente da Ranieri, che fino a qualche settimana fa covava una piccola speranza di riconferma, mentre ora insegue il risultato, ma aggiungendo «poi il mio lavoro sarà finito». Non gli resta che andare a prendere all’aeroporto il successore, accogliendolo possibilmente con i 50 milioni che garantisce la coppa. Fine corsa che si avvicina, comunque vada l’inseguimento all’Atalanta, per Gattuso: quella musica l’ha sentita tante volte da giocatore. Per farlo da allenatore bisognerà ripassare più avanti. (…). Poi c’è Gasperini, che vive in un paradosso: può entrare nella storia della Dea e poi uscire accasandosi in una squadra che alla Champions non è arrivata. (…). Simone Inzaghi? Ha perso lo spareggio con Gasp, resterà fuori con la Lazio dall’Europa top, ma può rientrare dal mercato. E magari l’inno alla fine lo sente lui.


Ranieri dà l’addio: «Errori della squadra? Il guaio è che si parla solo di futuro»

CORRIERE DELLA SERA - La panchina della Roma continua a essere scomoda. Dopo il no di Antonio Conte (…) arriva l’addio di Claudio Ranieri. Il tecnico saluta con tre giornate di anticipo e conferma le difficoltà che tutti gli allenatori della Roma made in Usa hanno trovato nel loro lavoro. Si è parlato tanto dell’allenatore dell’anno prossimo e il presidente Pallotta ha fatto un appello ai tifosi perché sostengano la società nella sua battaglia per lo stadio contro la burocrazia del Campidoglio. Dall’esterno, così, è sembrato che in queste settimane si sia persa di vista l’importanza del campionato in corso. Ranieri conferma: «Da fuori è sembrato così? Anche da dentro. Non è facile dire se la partita di Genova si possa spiegare con tutte le chiacchiere sul futuro: ci sono in ogni club, fanno parte del calcio e bisogna conviverci (…). Una volta firmato il contratto avevo già deciso. Sapevo che ero venuto qui nel momento di bisogno della mia squadra del cuore. Finito il campionato, finisce il mio lavoro». (…).


Chelsea, Sarri: «In Inghilterra sto bene e voglio restarci»

GAZZETTA – Dopo la finale di Europa League conquistata con il suo Chelsea, raggiungendo così l’altra finalista inglese, l’Arsenal, il tecnico dei Blues Maurizio Sarri concede un’intervista alla rosea dove tra i tanti temi affrontati c’è anche quello riguardante il suo futuro. Questo uno stralcio delle sue dichiarazioni: «In Inghilterra è davvero tosta. Guarda il livello del campionato: c’è il top. È il migliore in Europa e quindi nel mondo. Noi siamo stati bravi a non perderci per strada tre mesi fa, quando scivolammo in classifica e ci bastonarono con le critiche. Il gruppo però ha reagito bene. I calciatori non hanno mai mollato. Per me è stata una stagione positiva. Siamo tornati in Champions. Siamo andati in finale di Coppa di Lega e l’abbiamo persa con quella che considero la migliore squadra d’Europa, il Manchester City. Ora siamo in finale di Europa League. È stata davvero massacrante con l’Eintracht. Abbiamo sbagliato a non chiudere il match nel primo tempo. Nella ripresa abbiamo sofferto, poi nei supplementari, dopo i due salvataggi sulla linea di David Luiz e Zappacosta, siamo ripartiti all’assalto. Una faticaccia, ma non è facile per un club inglese arrivare all’ultimo mese della stagione in buone condizioni. I rigori sono stati un supplizio. Mi sono voltato alla fine e non li ho visti perché ci tengo alla salute».

Sul futuro: «Lo ripeto: qui c’è il meglio del meglio. In Inghilterra sto bene e voglio restarci. Se mi manca il sole? Per me la vita è uguale da tutte le parti. Lavoro quattordici ore al giorno. E quando non lavoro, penso al lavoro».


Il premio Beppe Viola a Zaniolo e Mancini

CORRIERE DELLA SERA - Si è tenuta ieri nella sede della Regione la conferenza di presentazione del premio di cultura sportiva Beppe Viola. Tra i premiati Nicolò Zaniolo e il c.t. della Nazionale, Roberto Mancini, che riceveranno il riconoscimento martedì 14 maggio nel Salone d’onore del Coni.


Superlega, svelato il piano Uefa-Eca: così cancellerà i tornei nazionali

CORRIERE DELLA SERA - Su suggerimento dell’Eca che l’ha ideato, la Uefa ha già pronto il piano per le nuove coppe, con tanto di documenti ufficiali. Vuole approvarlo entro l’inizio del prossimo anno e i margini per ritoccarlo sono quasi inesistenti. «È iniquo e inaccettabile», attacca il presidente del Torino, Urbano Cairo. «Le risorse vanno distribuite in modo più equo, come insegna la Premier League che non a caso è un modello di successo e dovrebbe attivare l’opzione Brexit dalla Uefa. Perché dovremmo accettare un sistema ancor più squilibrato dell’attuale?», si chiede il numero uno granata. «La riforma danneggerebbe le piccole che magari hanno fatto bene e meriterebbero la Champions, come l’Atalanta. (…)».Il meccanismo, illustrato mercoledì scorso alle leghe europee, avrà un sistema di promozioni e retrocessioni chiuso tra le tre coppe europee: Champions, Europa League 1 e 2. Dai campionati di tutta Europa entreranno solo 4 squadre in Champions, nessuna nazione potrà avere più di cinque club partecipanti (…). Ai 24 team sicuri della permanenza in Champions, si aggiungeranno le quattro semifinaliste dell’Europa League. Lo stesso meccanismo, con numeri differenti, entrerà in vigore in Europa League 1, anche lei con 32 partecipanti. I campionati serviranno di fatto solo per spedire le squadre in Europa League 2, la terza coppa con 64 club. (…).Nel triennio 2024-27 si giocheranno 647 match europei. I campionati saranno così costretti a lasciare libero il weekend e a spostarsi a metà settimana. I tornei nazionali dovranno ridurre le squadre da 20 a 18, svuotandosi di interesse e, ovviamente, risorse (…). «Sono solo idee», sostiene il presidente della Federcalcio europea, Aleksander Ceferin. I documenti dicono il contrario e il 17 maggio, nella riunione dell’Uefa a Budapest, se ne discuterà con le 55 federazioni. Se ne riparlerà pure il prossimo 6 giugno a Malta, nel meeting dell’Eca, l’associazione dei club guidata dal presidente della Juve, Andrea Agnelli (…).