Okaka cerca il gol lontano da Udine: "Ma non esulterei"

GAZZETTA DELLA SPORT - Se Dzeko cerca ancora il primo gol in campionato all’Olimpico in questa stagione, Stefano Okakava a caccia del primo gol in trasferta con l’Udinese. Uno l’aveva anche segnato contro il Torino (sarebbe stato l’1-1) ma gli era stata annullato per fuorigioco di Lasagna. Okaka, quindi, ci proverà oggi all’Olimpico contro la squadra che lo lanciò nel grande calcio. (...) Se segnerò alla Roma non esulterò – ha detto Okaka a Sky –. Mi ha fatto avere una vita migliore, avrò sempre rispetto per il club» (...)


Folle chi discute le doti di Dzeko

MESSAGGERO - LIGUORI - Fa bene Claudio Ranieri a ricordare che la partita di oggi pomeriggio contro l’Udinese non sarà una passeggiata con tre punti scontati. Di questi tempi, la squadra friulana è tosta in difesa e veloce a ripartire, due caratteristiche che la Roma attuale soffre moltissimo. Fa bene anche a difendere e stimolare Dzeko, perché nella volata finale c’è bisogno dei suoi gol e finora. Il bosniaco forse è stato criticato fin troppo a sproposito. Stiamo parlando di un fior di attaccante che la Roma voleva cedere nel gennaio 2018 e che restò a dispetto dei dirigenti regalando memorabili gol in Champions e in campionato. Anche quest’anno, che segna meno, ha giocato partite molto belle e non ha un bilancio peggiore rispetto al resto della squadra. Paragoni con i due brillantissimi acquisti Schick e Nzonzi è meglio non farne per carità di patria, ma adesso la squadra ha bisogno di lui e dei suoi gol per arrivare quarta.


Le mani di Mirante sulla Champions

GAZZETTA DELLO SPORT - Quando è arrivato a Roma era convinto che avrebbe giocato al massimo una decina di partite, forse qualcosa in più se la squadra fosse andata avanti in Coppa Italia. Per Di Francesco era una buona alternativa, per Ranieri, dopo appena un paio di partite, è diventato titolare. Troppo affidabile in questo momento, Antonio Mirante, per farne a meno. (...) Contro la Fiorentina Ranieri lo ha promosso titolare e sembra voler andare avanti così fino al termine della stagione. Tra errori in porta e difficoltà di comunicazione in italiano con i compagni, al momento Olsen rimane in panchina: «Ma lui è un grande portiere e una persona perbene», garantisce Mirante a Sky. A Trigoria questo nessuno lo mette in dubbio, ma poi il campo è un’altra cosa. Mirante racconta che quando Ranieri lo ha scelto per fare il titolare non gli ha detto «nulla, mi ha dato solo le indicazioni per la partita, basta e avanza», ma in realtà il tecnico gli ha chiesto di fare il suo in porta e anche più del suo con i compagni di reparto, alle prese con una stagione d’agonia. Non solo, e questo Mirante lo conferma, il tecnico vuole che l’azione riparta in modo diverso, palla lunga e pedalare, una sorta di rivoluzione: «Abbiamo un’impostazione diversa, anche da quando inizia il portiere. Questo ti fa drizzare le antenne e se vogliamo lottare per la Champions è fondamentale» (...) La Roma invece nella rifinitura ha perso Nzonzi per un colpo al ginocchio. Mirante non si scompone perché ha fiducia in Ranieri: «Conosce ogni sfaccettatura del calcio, tutte le situazioni e le corde che vanno toccate. Sta lavorando sulla compattezza e credo si sia visto contro la Samp». Da qui ripartono la Roma e Mirante. Almeno fino a fine maggio. Poi, mercato permettendo, sarà pronto a tornare al suo posto. In silenzio e allenandosi come se dovesse giocare la domenica. Lo ha fatto da luglio a marzo, non avrà problemi a rifarlo di nuovo.


Vota Cassano: "Vorrei Totti presidente"

GAZZETTA DELLO SPORT - Se dipendesse da Antonio Cassano, la Roma del futuro sarebbe già fatta. Tutta costruita intorno a Totti e De Rossi. «Di Roma ho un ricordo meraviglioso – ha detto a Sky –. C’era il problema, però, che due partite le facevo bene e per sei me ne andavo in vacanza. Fu un periodo bello, però non abbiamo vinto niente. Ho dato un dispiacere alla Roma di Ranieri? Con la Samp lottavamo per la Champions. Se il primo tempo fosse finito 5-0 non avrebbero rubato nulla. Persero uno scudetto clamoroso. Ranieri adatto per raggiungere la Champions? Sì, è una brava persona, ma non so se potrà iniziare un nuovo ciclo. (...) E poi vorrei Totti presidente, lui rappresenta la Roma. È intelligente, affiancato da qualcuno che lo consigli sugli acquisti può fare una grande carriera. La Roma è Totti, non Pallotta e né Baldini da Londra.  (...)


Sul nuovo Stadio Lotito tende una mano a Pallotta

IL TEMPO - MAGLIARO - Un alleato inaspettato per la Roma e il suo progetto per lo Stadio a Tor di Valle arriva dal patron della Lazio, Claudio Lotito, che, intervenendo a Radio Radio, commenta: «L'imprenditore deve avere dei tempi certi, la famosa certezza del diritto, e non quello che è successo fino ad oggi, con norme che dicono tutto e il contrario di tutto e devono essere interpretate». E, ancora: «Alla fine scoraggi le iniziative, crei responsabilità nei confronti della classe che è preposta ad assumere determinati provvedimenti, che soprattutto chi è meno coraggioso blocca, perché non vuole assumersi eventuali responsabilità. Un tipico esempio è quello che sta succedendo con lo stadio della Roma. Chi fa impresa deve avere certezze». Forse il presidente biancoceleste, che da qualche settimana reclama «lo stesso trattamento» riservato alla Roma anche per il futuro Stadio della Lazio, potrebbe essersi reso conto per i giallorossi non si può parlare certo di corsia preferenziale.


Ziyech vuole ancora la Capitale: «Ne parlo spesso con Kluivert»

IL TEMPO - BIAFORA - «Non credo che con la Roma sia un capitolo chiuso». Hakim Ziyechriaccende la fantasia dei tifosi giallorossi che tanto lo avevano sognato durante lo scorso calciomercato estivo. Il trequartista dell’Ajax tra maggio e giugno, prima della virata su Cristante e Pastore, è stato a lungo un obiettivo dell’allora ds giallorosso Monchi. Ora, a calciomercato.it, è tornato ad aprire ad un possibile trasferimento in Italia, dove potrebbe ritrovare l’amico ed ex compagno Kluivert: «Ci sentiamo regolarmente e abbiamo parlato anche della Serie A. Non c'è un campionato dove preferirei giocare. Dipende dal tipo di progetto che il club ha su di me. L'importante è continuare a crescere sempre come giocatore».


La Roma sogna Conte, il dialogo è aperto

IL TEMPO - BIAFORA - La Roma prova l’impresa impossibile. Nel lungo e tortuoso percorso di avvicinamento alla scelta per il nuovo allenatore va registrato un primo contatto con Antonio Conte. Il tecnico salentino è attualmente in causa con il Chelsea per un contenzioso da 23 milioni di euro, ma nonostante la battaglia legale con il suo ex club non avrebbe alcun problema ad iniziare un’altra avventura, avendo il contratto in scadenza al 30 giugno 2019. Il profilo di Conte è quello preferito dal presidente Pallotta per rilanciare la Roma dopo un anno più che difficile e per questo un dirigente giallorosso (non Baldini) ha effettuato un approccio preliminare. Con l'allenatore, negli scorsi giorni, ci sarebbe stato in gran segreto un faccia a faccia in Toscana, al momento non confermato dalle parti. Ma da qui a parlare di accordo ci passa un mondo. Il nome di Conte fa sobbalzare dalla sedia praticamente tutti i tifosi romanisti, che chiedono a gran voce un tecnico di prestigio come lui per tornare a sognare. Convincere l’ex ct dell’Italia è però un compito più che arduo, anche per le agguerrite concorrenti: l'Inter non ha ancora deciso se confermare o meno Spalletti e intanto flirta proprio con Conte, in casa Juventus c'è da sciogliere il nodo legato a ciò che farà Allegri e un eventuale divorzio potrebbe portare al clamoroso ritorno del leccese.  Quello che è certo è che con Conte la Roma alzerebbe l’asticella degli obiettivi e per questo è il primissimo della lista. Si pensa infatti di poter trovare una quadra sul ricchissimo ingaggio che chiede, con la qualificazione alla Champions che aiuterebbe l'operazione sia da un punto di vista economico (70 milioni i ricavi di questa stagione dalla competizione) che tecnico. Il lato sportivo del progetto è probabilmente quello più importante per uno come Conte, abituato a lottare per vincere (sono otto i titoli in carriera) e non soltanto per competere. Per persuaderlo servirà garantirgli la voglia di costruire una squadra in grado di competere con la Juventus per lo scudetto e inoltre bisognerà fargli passare una piccola paura: teme di non essere ben accolto nella Capitale in quanto simbolo bianconero.
Oltre all’allenatore di Lecce, sul taccuino della società ci sono i nomi di Sarri, Gasperini, Giampaolo e Gattuso, che ha però spazzato via ogni voce su presunti contatti con Totti alla vigilia di Milan-Lazio: «Francesco non lo sento da 4-5 mesi. L'ultima volta che l’ho chiamato era per il compleanno. Sono un tesserato e ho un contratto, sarebbe da sciocchi fare questo tipo di discorsi». L'alternativa più credibile a Conte è rappresentata da Sarri, in rotta con i tifosi del Chelsea. Dopo il successo di Europa League contro lo Slavia Praga, il toscano è stato beccato pesantemente dai fan dei Blues, ma non vuole mollare e il suo intento è quello di restare a Londra per un'altra stagione: «Abbiamo vinto 36 partite su 52, quindi non stiamo andando così male. Dopo la brutta batosta contro il Manchester City abbiamo fatto 11 vittorie, 2 pareggi ed 1 sconfitta. Stiamo avendo grande continuità grazie anche a due-tre giocatori giovani che ci stanno dando una grande mano».Gasperini e Giampaolo rappresentano il piano B della Roma, che ora vuole giocarsi tutte le sue carte per realizzare il sogno Conte.


La Roma contatta Conte e prova a strapparlo all’Inter

REPUBBLICA - CARDONE, PINCI - Per ora è un sogno. Ma la possibilità che all’alba della nuova stagione maturi in qualcosa di concreto inizia a farsi strada. Nell’affollatissima corsa ad Antonio Conte si è inserita la Roma: un contatto, il primo, non l’ultimo, per iniziare a capire se quel nome iscritto in cima alla lista dei desideri dal presidente Pallotta sia raggiungibile. Sull’ex ct s’è mossa per tempo l’Inter del suo vecchio “capo” Beppe Marotta. Oggi è in vantaggio, ovviamente se verrà confermato l’orientamento della società nerazzurra di non confermare Spalletti. Entro fine mese, Conte deciderà che strada prendere per il suo futuro, che dopo un anno passato a guardare non immagina ancora da
spettatore. Da qualche ora, alla ressa che coinvolge pure un sempre attentissimo Milan, ci sono pure i giallorossi: dalle parti di Trigoria Conte è considerato un vero e proprio sogno ad occhi aperti, nel senso che è facile per chiunque ne abbia bisogno immaginarlo come la pietra angolare di una profonda ricostruzione. Una mossa che ricorderebbe per certi versi quella di assicurarsi Fabio Capello, giusto vent’anni fa. Un’avventura epica che affascina molto l’ex ct, suggestionato dall’idea che di vincere a Roma: un passepartout per un posto speciale nella storia del calcio italiano. Per convincerlo servirà un forte impegno societario a programmare un futuro diverso da quello programmato nelle ultime estati: una vera rivoluzione della prospettiva  che fino a oggi ha portato a sacrificare gente come Alisson o Salah. E che ha prodotto una stagione come quella attuale, col salvagente Ranieri che fin da stasera contro l’Udinese non può sbagliare nulla, per non perdere di vista l’indispensabile qualificazione alla prossima Champions League. Ecco, la Champions: chi voglia programmare non può fare a meno di inseguirla disperatamente, per le prospettive economiche che offre e l’opportunità di giocarla a cui un top manager come l’ex tecnico di Juventus e Chelsea non può rinunciare. Certo, se Pallotta avesse dubbi sulla fattibilità dell’operazione – ma chi contatta Conte conosce le condizioni – può verificare di persona come in ogni sondaggio capitolino sul nome da cui ripartire, svettano staccatissime da qualsiasi altra candidatura quattro lettere: Conte. La suggestione si alimenta in città, amplificata dalle radio e dal passaparola, seppur vaccinata dall’idea che i migliori allenatori poi finiscano altrove. I più pragmatici assicurano che i progetti alternativi non manchino: in Toscana sono tutti certi che tra il consulente di Pallotta Franco Baldini e Sarri ci sia più di un impegno, nel caso (possibile) in cui il Chelsea decida di cambiare allenatore. Gattuso è la prima scelta di Totti, Giampaolo e Gasperini sono alternative realmente esistenti. Ma in cima a tutti c’è quel nome. L’Inter è sempre in vantaggio per essersi mossa prima di tutti. Chissà se l’entusiasmo della città convincerà Pallotta a colmare quel distacco.


Sabatini: "Totti ci metta la faccia, De Rossi alleni da subito. Nella Roma ancora tre centri di potere, va trovata una sintesi"

REPUBBLICA - Pelle luminosa. Niente più fumo. «La mia vita è stata scandita dalle sigarette». Aria più sana. «Ho perfino messo su qualche chilo». Sguardo pieno di voglie. Sul bel taglio degli occhi, Carlo Tresoldi che glielo fece scoprire, aveva ragione. Cellulare con 1.858 messaggi non letti. «Un giorno li vedrò». Walter Sabatini, 64 anni, il ds più direttore sportivo che ci sia, ex Inter, ex Roma, ex Palermo, ex Lazio, ora alla Sampdoria, l’uomo che nel calcio sa più valorizzare il capitale umano e le plusvalenze, torna a parlare. Dopo il malanno di settembre scorso che lo portò in coma. Sulla sua Sampdoria non vuole esprimersi: «Provo troppo affetto, parlerei da tifoso».

Da dove iniziamo?

«Dalla notizia che sto benissimo. Respiro senza bisogno dell’ossigeno. Faccio la doccia da solo. Non ho più attacchi di panico. Non sono spaventato dalla morte. Ho voglia di fare, di ricominciare, di battagliare. Se quando ero in coma ho detto di aver visto il paradiso, anzi volevo che mi aprissero, ora sono discorsi che non mi interessano più».

Visto l’Ajax?

«Sì. È una formazione di ragazzi che gioca spontaneamente, senza freni culturali. Cattiva come i bambini ai quali si toglie il giocattolo. Il capitano De Ligt ha 19 anni, De Jong, 21, Neres, autore del pareggio, 22. E Ekkelenkamp che è entrato al 75’, debuttando in Champions, è nato nel 2000. La stessa età di Kean della Juventus».

Perché in Italia i giovani invecchiano in panchina?

«Per la paura dei dirigenti e in parte anche degli allenatori di non vincere la partita. Per pavidità, un certo nonnismo culturale, come ha scritto qualcuno. Il nostro campionato ammazza i ragazzi già nella culla. Certe virtù sembrano difetti, impedimenti al successo. I giovani potrebbero portare freschezza, irruenza, prepotenza, invece devono stare lì a macerare, nell’attesa che prima o poi venga il loro turno. Quasi sempre è poi. Anche se ci sono eccezioni: Marquinhos che Zeman fa esordire a 18 anni e Lamela che a 19 entra con Luis Enrique, tra gli italiani Chiesa e Zaniolo, anche loro tra i 18 e i 19, Pellegri esordiente a nemmeno 16 anni, più Barella e Kean».

Il rinnovamento del ct Mancini può aiutare?

«Moltissimo. Se il suo coraggio nel chiamare Kean, Barella, Sensi, Chiesa, Pellegri, attaccante del 2001 in via di recupero dopo un infortunio, porterà avanti gli azzurri, sarà una svolta, una locomotiva importante. Se invece non andrà bene, si tornerà allo scetticismo del passato».

Ma lei ci crede ai giocatori italiani?

«Se devo investire preferisco quelli dell’Europa del nord. Maturano prima, a 20 anni sono uomini, mentalmente non fragili. Un calciatore olandese si trasferisce senza fare una piega, quello italiano è rovinato da ansie e da genitori presuntuosi e invadenti. I nostri giocatori sono più friabili, peccato che noi abbiamo contesti straordinari, Roma da sola ha più popolazione dell’intero Uruguay. Significa potenzialità enorme».

Parlando di Roma, Totti?

«La smetta di fare l’uomo- immagine in tribuna. Faccia un passo avanti, ci metta la faccia, assuma responsabilità. Uno come lui deve poter contare in società, prendere rischi che comporta il suo ruolo. Da capitano a comandante. Deve fare il dirigente, occuparsi di spogliatoio, squadra, scelte di mercato, tutte cose che attengono alla sua sensibilità. Se
non conosce certi tecnicismi in materia contrattuale si farà aiutare».

E i famosi tre centri del pensiero della Roma?

«Esistono sempre: Boston-Londra-Roma. Ma inevitabilmente per andare avanti bisogna trovare un sintesi. Baldini deve parlare con Totti, magari con l’aiuto di dirigenti intermedi».

Un consiglio per De Rossi?

«Faccia l’allenatore, subito. Ha carisma, sa parlare e convincere, è fisico, trasmette emozioni. Ha 36 anni: prima inizia, meglio è. Così avrà il tempo di fare la gavetta. Deve solo non drammatizzare l’addio al calcio, ci sono passati tutti. Anche se credo lui voglia giocare un’altra stagione».

Chi l’ha sorpresa finora?

«Mi piace l’Atalanta, capace di produrre una vera rivoluziona calcistica. Amo la ribellione allo status quo, quel circuito mentale che fa dire al calciatore che deve giocare contro una grande: non sarò celebrato quanto voi, ma valgo altrettanto e ve lo dimostrerò. L’Atalanta non è una chimera, durerà parecchio, è in corsa per un posto in Champions, ha un allenatore straordinario, tutta la società fa un lavoro eccellente, anche come scelte di mercato. Io guardo con simpatia a chi costruisce una mentalità vincente, ai ribelli che cercano di guastare i piani di chi sta in alto Applausi anche a Lazio, sono anni che Lotito e Tare non sbagliano un colpo. E pure a Cagliari e Fiorentina. Anche se in Europa ormai siamo una potenza marginale, rispetto al passato».

Ha lavorato con Pallotta e con il gruppo Suning, con Lotito, Zamparini e Ferrero: il suo bilancio delle proprietà straniere?

«Con l’Inter ho sbagliato io. Me ne sono andato per impazienza, la colpa è mia. Volevo fare una grande Inter, chiedevo investimenti forti, ma non c’erano risposte immediate, e davanti all’indugio mi sono tirato indietro, mi sembrava di tradire la fiducia dei tifosi. Detto questo, le cene da Zhang sono state da Mille e una notte, ricche e opulente, da vero imperatore, ma trattare con i cinesi non fa per me, sono impermeabili, non danno mai risposte definitive, le decisioni sono sempre collettive, dopo una riunione ce n’è sempre un’altra e un’altra ancora, e poi c’è un comitato che deve ratificare la decisione e appena credi che ci sia una parola fine, ricominci in un’altra sala».

Indietro tutta, compagni.

«C’è stato anche quello. Il lavoro era affascinante, io ci ho provato, ma in quel momento è arrivato l’avviso del governo cinese che declassava il calcio e invitava a limitare gli investimenti».

È vero che Lotito le ha tirato dei posaceneri?

«Me lo ricorderei. Devo molto a Lotito, lo dico sempre. Fece una sfuriata per un mio leggero ritardo, lui che ci faceva aspettare ore, allora sì, sono volate pizze, non schiaffi, ma pizze napoletane».

Sua opinione sul caso Icardi?

«Spalletti è un allenatore con un legame molto forte con lo spogliato. Ma senza Icardi la squadra si è indebolita. Sul piano disciplinare non mi inoltro, ma c’erano altri metodi». Il suo futuro? «Se Ferrero vende la Sampdoria me ne vado. È giusto che la nuova proprietà faccia le sue scelte. Ma il mio non sarà un futuro da spettatore».


Con l'Udinese bivio Champions

IL TEMPO - AUSTINI - I romani ci sono, di italiani c'è abbondanza, gli argentini tornano a farsi vedere, il francese alza bandiera bianca. Non è l'intro di una barzelletta ma la fotografia della Romauscita dalla vigilia della gara con l'Udinese: recuperano dai rispettivi acciacchi e sono pronti a giocare dal l’ sia De Rossi sia Florenzi, Pastore e Perotti danno la disponibilità perla panchina, mentre Nzonzi si ferma a causa di una botta al ginoccho sinistro dalle conseguenze apparentemente non gravi, ma comunque sufficiente per metterlo fuori causa. Il campione del mondo ha lasciato con le gambe Trigoria senza troppa preoccupazione e oggi guarderà dalla Tribuna una partita, l'ennesima, che vale tanto nella corsa verso la Champions. Finita Roma-Udinese all'Olimpico (fischio d'inizio alle ore 18, at-

tesi 33mila spettatori), subito dopo inizia un Milan-Lazio da brividi a San Siro: la classifica dopo queste due partite avrà un significato importante, ma non definitivo. Ranieri ha provato in tutti i modi a far capire alla squadra quanto sia fondamentale affrontare l'Udinese col coltello tra i denti. Troppo grande la dote di speranza conquistata col successo di Genova per dilapidarla solo una settimana dopo. Di fronte ci sarà un avversario con
parecchi limiti, soprattutto in difesa, ma anche una buona dose di qualità dal centrocampo in sue fisicità in tutti i reparti, capace di accumulare sette punti nelle ultime tre partite, fermando il Milan a San Siro. I vari De Paul, Fofana, Pussetto e l'ex giallorosso Okaka promettono battaglia per continuare ad accumulare punti in chiave salVezza, guai quindi a distrarsi. Altro segnale della particolare attenzione che si prova a dare a questa gara lo ha
dato Totti: ieri a Trigoria ha seguito l'allenamento di rifinitura pomeridiano e ha annullato l'invito che aveva per oggi al circuito di Formula E allestito all'Eur dove lo aspettavano per un giro di prova. All’ex capitano non sembra opportuno farsi vedere in un altro evento nello
stesso giorno della partita, segnale di quanto si senta sempre più responsabile nel nuovo ruolo.

Le notizie migliori, come detto, Ranieri le ha avute dai suoi «eredi» romani nella squadra: De Rossi e Florenzi si sono allenati a buon ritmo senza accusare particolari fastidi, due recuperi fondamentali per allestire la formazione. L'esterno sarà l’unico terzino di ruolo disponibile, con Juan Jesusdirotatto a sinistra, la coppia Manolas-Fazio confermata al centro e il solo Marcano come difensore in panchina. A centrocampo De Rossi sarà affiancato da Cristante, qualche metro più avanti l’altro gioiello cresciuto in casa, Lorenzo Pellegrini, che da trequartista sa esprimere meglio tutto il suo potenziale. Zaniolo si sposta a destra, sulla corsia opposta torna dall'inizio El Shaarawy, in porta ancora Mirante: una Roma con sette italiani in campo. L'altro straniero è Dzeko, che cerca il primo gol in campionato stagionale all’Olimpico da una vita: l’ultimo lo ha segnato quasi un anno fa al Chievo, il 28 aprile 2018. Quel giorno aprì le marcature Schick, che oggi dovrà ripartire dalla panchina e tenersi pronto per la seconda parte di gara. Ranieri ha voglia di lanciare anche Under, reduce da uno stop lunghissimo e pieno di ricadute, mentre Perotti e Pastore hanno pochi minuti nelle gambe. Ma per la Champions serve l’aiuto di tutti.


Stadio della Roma, ex Sindaco Marino: "Sbigottito che il progetto sia di nuovo in mano a privati"

L'ex sindaco di Roma il Professor Ignazio Marino in collegamento da Filadelphia è intervenuto nel programma Lavori in Corso in onda su RADIO RADIO e RADIO RADIO TV rilasciando le seguenti dichiarazioni sullo stadio della Roma a Tor di Valle:

"Io e il professor Caudo non accettammo di votare l'interesse pubblico sullo stadio della Roma fino a quando dopo una riunione di un'intera giornata a New York, uno dei viaggi che mi vengono contestati, chiedemmo a James Pallotta di inserire circa 300 milioni di euro di investimenti privati per opere pubbliche: una metro, il raddoppio della Roma-Lido, un altro ponte per le automobili. Tutto questo avrebbe potutuo portare allo stadio almeno il 70% degli spettatori via ferro. Rimango sbigottito perche' dopo il nostro allontanamento viene rifatto il progetto e viene detto ai privati 'Non vi preoccupate, quei 300 milioni non ci servono piu' e anzi ce li mette lo Stato italiano, e quindi i cittadini di tutto il Paese', invece di avere un'opera con un un segno che sarebbe rimasto nella storia dell'architettura della citta': le tre torri di Libeskind, l'architetto che ha vinto il concorso per progettare la ricostruzione di Ground Zero, non proprio uno sconosciuto. Cancellare quel progetto e' stato un insulto pesante alle romane e ai romani".

Per Marino si tratta quindi di un favore ai costruttori?

"Certamente se venisse realizzato in questo modo, dicendo che non servono piu' 300 milioni di investimenti privati in opere pubbliche, che e' quello che poi il governo della sindaca Raggi ha annunciato con grande gioia, io credo che i costruttori ne sarebbero abbastanza soddisfatti. Se c'e' un imprenditore e viene il sindaco a dirti 'Non ti preoccupare se Marino ti ha chiesto 300 milioni per le opere pubbliche, rifacciamo tutto e quei 300 milioni te li tieni tu', credo quell'imprenditore sia molto contento".


La Roma con l’Udinese: caccia al 4° posto. Contatto con Conte, ma l’Inter resta avanti

LA STAMPA - DE SANTIS - Nonostante tutto, almeno per un paio d’ore e forse anche qualcuna di più, la Roma rischia di ritrovarsi nella terra promessa del quarto posto. L’obiettivo minimo diventato massimo e sempre più vitale. La momentanea conquista di un posto in Champions passa per l'incrocio con l'Udinese, «peggiore avversaria possibile», a detta di Ranieri, rivitalizzata dalla cura Tudor (7 punti in 3 partite) e da affrontare con un solo terzino di ruolo (il recuperato Florenzi), parecchi interpreti non al top della condizione e l’ansia da prestazione, spesso fatale contro medie e piccole, dei tre punti obbligatori. Per il futuro, variabile a seconda del risultato finale, continuano le differenti manovre del parlamentino romanista. L’ultima sarebbe un primo contatto informale, avvenuto in territorio neutrale (in Toscana), tra un dirigente giallorosso e Antonio Conte, autentica chimera di Pallotta. Una parte della Roma ha fatto la sua prima mossa all’insaputa dell’altra, sulle piste di Sarri. Il borsino di Conte, però, registra ancora il vantaggio dell'Inter.