Ranieri, ombre sul futuro o solo illazioni?

INSIDEROMA.COM - SARA BENEDETTI - La Roma non va, o per meglio dire va, ma male. La sconfitta subita in casa della SPAL sembrava essere il picco di bruttezza raggiunto dai giallorossi ma così non è. Per assurdo, nonostante si stesse giocando contro una squadra più blasonata, il Napoli, il match contro i partenopei ha mostrato a tifosi ed addetti ai lavori un team allo sbando in tutto e per tutto. Infortuni che ormai arrivano come se piovesse, zero cattiveria, zero motivazione e ancora di più, zero trama. Undici giocatori, 14 se si considerano i cambi, arresi ancor prima di scendere in campo ed un'unica eccezione chiamata Daniele De Rossi. Proprio lui, metafora della Roma e dei romanisti. Singolare il fatto che a tirare la carretta sia lui, forse il più acciaccato tra gli acciaccati ma nonostante tutto, sempre l'ultimo a mollare. In panchina molti si aspettavano che con il cambio Di Francesco-Ranieri ci fosse una scossa immediata ma così non è stato. Per il testaccino in tre gare al timone giallorosso ha raccolto una vittoria, soffertissima con l'Empoli e ben due sconfitte, con SPAL e Napoli.

ED ORA? - Il Ranieri bis era cominciato con una sorta di promessa: portaci a fine stagione, magari facendoci arrivare in Champions e da giugno diventerai parte integrante dell'organigramma del club di Trigoria. Forse aspettarsi chissà quale partenza è stato il vero errore, fatto sta che nelle ultime ore, forse anche esageratamente, sul nome di Ranieri cominciano ad addensarsi dubbi, sia tra gli addetti ai lavori, sia tra i dirigenti. E' giusto mettere in discussione l'ex Leicester? Probabilmente no, anzi, mettiamolo per iscritto a caratteri cubitali: "NO". Il perché è tra le righe di una squadra sbagliata già in partenza ma cionostante è giusto spenderci qualche parola: la Roma, intesa come parco giocatori, è una squadra fatta male. Le cessioni degli ultimi due anni e della scorsa estate soprattutto, hanno lasciato spazio ad acquisti capaci di portare più punti interrogativi che certezze. Olsen il primo su tutti, un portiere 29enne arrivato dal campionato danese. Giusto non fermarsi alle apparenze ma a pensare che fino alla scorsa stagione a difendere i pali c'era Alisson, il fatto stride. A centrocampo, tra concordi e meno, Strootman e Nainggolan hanno salutato ed eccezion fatta per l'exploit Zaniolo, ecco che i nomi su cui si è puntato sono: Nzonzi, Cristante, Coric e Pastore. Su quattro probabilmente l'unico a salvarsi a fasi alterne è stato l'ex Atalanta. Per gli altri tre, molti errori e poca qualità, soprattutto in ottica Nzonzi, mentre per Pastore e Coric difficile esprimersi. L'argentino reduce da stagioni fatte di panchina ed infortuni al PSG, l'ex Dinamo Zagabria ammirato per lo più solo sui social tra palleggi con arance e palloni (perché non mandarlo in prestito a gennaio? ndr). In difesa poi un Federico Fazio irriconoscibile, coadiuvato da un Florenzi molto al di sotto dei suoi standard e con cambi alla Marcano spesso sembrati spaesati. In attacco uno Schick zio di quello arrivato dalla Sampdoria e un Dzeko inguardabile, con comportamenti da prima donna verso i compagni ed errori non da lui. L'unico a salvarsi è El Shaarawy assieme a quei pochi scampoli visti tra Perotti e Cengiz Under, che sarà finalmente della partita con la Fiorentina. In soldoni, non era totalmente colpa di Di Francesco quando c'era, non è completamente colpa di Ranieri ora. Bisogna guardare in faccia la realtà e rendersi conto che questa Roma non è una grande Roma e che probabilmente non merita la Champions League (chissà l'Europa League ndr). La vera domanda è questa: se ce ne siamo resi conto noi, come ha fatto a non rendersene conto il Presidente James Pallotta? Che forse i veri errori siano stati i suoi, piuttosto di quelli che si sono trovati ed ora si trovano sulla graticola? Ai posteri l'ardua sentenza.


Pallotta sogna uno tra Conte o Sarri, però non sarà facile

IL TEMPO - BIAFORA - Nella nuova stagione sulla panchina della Roma siederà l’ottavo allenatore dell'era americana. Nel contratto di Ranieri non è stata inserita alcuna opzione di rinnovo in caso di arrivo tra le prime quattro in campionato e con ogni probabilità non si continuerà con lui. I dirigenti giallorossi sono quindi alla ricerca di un tecnico che possa far ripartire la squadra dopo un'annata più che travagliata. Il primo nome sulla lista di Pallotta è Conte, che in questi giorni risolverà il contenzioso con il Chelsea e sarà definitivamente libero. Il salentino piace però anche all’Inter e alla Juventus, che molto probabilmente chiuderà il rapporto di lavoro con Allegri. L'ex ct della Nazionale chiede un ingaggio che sembra fuori dai parametri giallorossi e ampie garanzie tecniche sulla costruzione della squadra. Il secondo nome sul taccuino è quello di Sarri, anche lui sotto contratto con la squadra di Londra a sei milioni di euro netti annui. Il toscano è il candidato più legato a
Baldini, consigliere di fiducia di Pallotta, ma al momento la sua prima opzione è quella di rimanere alla guida dei Blues. Se mai la potente Granovskaia, braccio destro di Abramovich, dovesse optare per l'esonero ecco che allora Sarri passerebbe in pole position per la panchina giallorossa. Nel ventaglio degli allenatori ci sono anche Gasperini e Giampaolo, autori di due stagioni convincenti con Atalanta e Sampdoria e pronti al salto in una grande squadra. Da non sottovalutare la situazione legata a Gattuso, in rotta con il Milan della gestione Leonardo-Maldini e molto gradito dalle parti di Trigoria.


Ranieri in totale contraddizione

IL MESSAGGERO - CARINA - E ora, come si riparte? È la domanda che aleggia a Trigoria. Sia per il presente che per il futuro. Se di quello che sarà la Roma della prossima stagione se ne deve occupare il presidente Pallotta e la dirigenza, l'oggi calcistico è nelle mani di Ranieri. Che in tre partite ha racimolato 3 punti, collezionando una vittoria e due sconfitte. Sir Claudio viaggia al ritmo della squadra giallorossa con 13 ko in 20 partite stagionali (il club in 39). Uno score che paradossalmente è l'ultimo dei problemi. Perché se è vero che la Roma rimane a -4 dal quarto posto, pur essendo scivolata in classifica dal quinto al settimo (attualmente sarebbe fuori anche dall'Europa League, a patto che Atalanta o Lazio non vincano la coppa Italia), la preoccupazione maggiore è che il gruppo non dà segnali di vita. E per quanto possibile, appare addirittura più involuto rispetto all'ultimo periodo con Di Francesco. Che va ricordato, prima del ko nel derby, tra mille problemi, infortuni, giocando male e vincendo partite all'ultimo minuto, aveva comunque collezionato una striscia positiva di 6 vittorie e 2 pareggi.

LE GESTIONI - Ranieri, l'ultimo nella classifica delle responsabilità di questa situazione, sembra comunque in difficoltà e in contraddizione. Prima della gara con il Napoli aveva assicurato che avrebbe valutato bene i calciatori reduci da un infortunio, ritenendo fosse meglio preservarli per una gara anziché poi rischiare di perderli in futuro. Pronti, via ne ha schierati addirittura tre: Kolarov, De Rossi e Manolas. Gli ultimi due avevano appena due allenamenti nelle gambe, il serbo solo uno in più. I risultati si sono visti: giocatori non pronti, surclassati dagli avversari. Singolare poi la gestione di Zaniolo: il tecnico ha spiegato nel post-gara come, suo malgrado, Nicolò avesse avuto un'influenza intestinale venerdì. Sabato il ragazzo si allena. Domenica finisce in panchina, dietro sua richiesta. Che senso ha inserirlo al 20' della ripresa, sotto 3-1, quando s'era capito che la gara ormai era terminata da un pezzo? Curiosità: in quei 25 minuti, Zaniolo ha corso più dei suoi compagni. A proposito di corsa: l'impressione avuta contro il Napoli è che i ragazzi di Ancelottiviaggiassero al doppio della velocità, correndo tre volte di più dei giallorossi. Almeno su quest'ultimo aspetto, la sensazione è però sbagliata. È il match report della Lega Calcio a confermarlo: la Roma ha percorso 107,037 chilometri con una velocità media di 6,7. La squadra di Ancelotti 102,416 con una velocità media di 6,4. Tradotto: la Roma ha corso male e a vuoto.

SMARRITA - Il Napoli faceva correre il pallone, avendo un'idea di gioco. Quella che a Trigoria hanno ormai smarrito. Senza contare che appena arrivato, Ranieri assicurò che avrebbe provato a regalare equilibrio alla squadra. In tre gare ha alternato altrettanti sistemi di gioco: 4-2-3-1, 4-4-2 con 4 attaccanti e il 4-3-3 in corsa di domenica. Mai la stessa formazione (come il predecessore), diversi i giocatori bocciati: a Ferrara, Karsdorp e El Shaarawy («L'ho tolto non per il litigio con Edin ma perché non faceva quello che gli chiedevo»). Dopo il ko con il Napoli - l'idea domani è Under e Perotti al fianco di Dzeko, con l'arretramento di Zaniolo in mediana - Schick sembra aver già perso la titolarità. E mancano ancora 9 partite.


Mister Totti: pieni poteri all'ex capitano per salvare la Roma che affonda

LEGGO - BALZANI - Progetti, idee esotiche e alibi sono finiti. La Roma del futuro, quella che dovrà far dimenticare in fretta il disastro del presente, verrà affidata al passato più glorioso: Francesco Totti. Il porto sicuro dove rifugiarsi come è capitato già in queste ultime settimane visto che lo storico ex capitano, che fino a quattro mesi fa non era invitato nemmeno alle riunioni tecniche di Boston o Londra, è stato l'unico dirigente a presentarsi con frequenza davanti ai microfoni dopo l'addio di Monchi e Di Francesco. Una promozione obbligata visto che, agli occhi dei tifosi, tutta Trigoria ha perso credibilità: dall'assente Pallotta (ieri si è fatto vivo con un tweet) ai giocatori passando per staff tecnico, medico e dirigenziale. Totti qualche minuto prima della drammatica partita col Napoli - che ha condannato la Roma al 7° posto - ha tirato fuori gli artigli come mai aveva fatto finora: «Dicono tutti che avrò più potere. Se così sarà cambieranno tante cose». Un segnale di sicurezza figlio di alcune rassicurazioni ricevute a Doha una settimana fa dove Francesco ha partecipato col vicepresidente Baldissoni e l'ad Fienga a un importante workshop. In quell'occasione Totti ha rappresentato la Roma come mai aveva fatto prima d'ora da dirigente e alcuni rumors (non confermati) parlano pure di un colloquio con un gruppo arabo interessato al pacchetto di maggioranza. Il più grande problema tra Totti e un ruolo da direttore generale (rimasto vacante dopo la nuova nomina di Baldissoni) è rappresentato come al solito da Franco Baldini - l'inossidabile consulente di Pallotta - che due anni fa chiuse la porta in faccia a Francesco che si era proposto per una nomina ufficiale. «Non ne hai bisogno», disse Franco. Ma forse ce l'aveva la Roma che stavaper piangere l'addio del calciatore più forte della storia senza avere ancora l'ombra di un erede. Col passare delle settimane, però, il potere di Frank che ormai vive tra Londra, la Toscana e il Sudafrica si sta logorando. La scelta di Ranieri rappresenta di fatto già una rottura visto che Baldini avrebbe preferito Paulo Sousa (mesi prima dell'esonero di Di Francesco) e pure i presunti colloqui con Sarri potrebbero non avere seguito anche perché il tecnico napoletano non intende lasciare il Chelsea. Ma cosa cambierebbe Totti? Oltre all'allontanamento di Baldini proporrebbe una riforma tecnica basata sulla normalità: niente ds mediatici, un ruolo meno in ombra per Bruno Conti e Morgan De Sanctis, la conferma di Ranieri ma come direttore tecnico e la scelta di un allenatore essenziale. Impossibile arrivare a Conte, il consiglio (in caso di addio al Milan) è quello di andare su Gattuso. Non dispiace nemmeno Gasperini. Ma Totti si occuperebbe - insieme a ds (Massara?) e allenatore ovviamente - pure della scelta dei giocatori. In entrata e in uscita. L'ex allenatore Andreazzoli ieri ha sposato l'idea di un Totti con maggiori poteri: «Conosce bene Roma ed è l'elemento più importante per risolvere un problema che credo abbia individuato». Mentre l'ex dgjuventino Moggi ha rincarato: «Decide Pallotta da Boston, poi c'è Baldini dal Sudafrica: non si capiscono bene perché la distanza è tanta».


Roma prigioniera a Trigoria

IL MESSAGGERO - TRANI - L'interrogativo è la nuvola nera fantozziana che oscura Trigoria. C'è, comunque, poco da ridere: la domanda, più che legittima, inquieta la piazza. Che vuole sapere chi sta preparando la rifondazione per azzerare questa stagione fallimentare. Informalmente, però, la risposta c'è, anche se di fatto non si vede. Perché la Roma, fuori da ogni competizione a 9 giornate dal traguardo e ancora senza il nuovo ds che deve indicare l'erede di Ranieri, è ormai condizionata nella vita quotidiana da chi vive all'estero e non nella Capitale. Pallotta da Boston ufficializza la scelta dopo aver ascoltato il suggeritore, da Londra o Città del Capo, cioè Baldini. Accade così da anni. Le dimissioni di Sabatini prima e Monchi poi, convinti di avere i pieni poteri, sono state causate proprio dagli interventi esterni che spesso hanno ostacolato o rallentato qualsiasi loro mossa. Sul mercato e non solo. Il presidente, pensandola diversamente, si è invece pentito di aver lasciato loro eccessiva autonomia.

SPACCATURA INTERNA - «Trigoria non ha bisogno di accogliere il Messia». La frase viene sussurrata da giorni nei corridoi di Trigoria e nella sede della società all'Eur. Il riferimento a Campos, il ds del Lille che Baldini ha presentato a Pallotta. Il palmarés del possibile successore di Monchi interessa niente o quasi alla tifoseria, subito disorientata dal biglietto da visita mostrato da Campos sul canale Youtube di Telefoot: gli piace l'Inno della Lazio che considera «il migliore d'Europa» e definisce «straordinaria la Curva Nord». Ma la questione non è solo ambientale. Il management italiano è contrario ad accogliere l'ennesimo plenipotenziario. E punta sulla conferma di Massara, affiancato da Totti, oppure sulla soluzione meno ingombrante che sarebbe l'assunzione di Petrachi, attuale ds del Torino. Pronto il compromessoo: Campos in coppia con Massara. Esterno il primo, cioè al lavoro dall'estero, interno l'altro, quindi presente su piazza. Campos, intanto, spinge in panchina il motivatore Jardim. Petrachi, invece, tiene in corsa l'amico Conte, già dato per sicuro all'Inter. Il perplesso Gasperini resta d'attualità, anche se l'Atalanta, due settimane fa, ha chiarito a Massara che non intende liberarlo. Sarri è il jolly di Baldini.

ALL-IN DELL'EX CAPITANO - Pallotta, intanto, svicola sul compito da assegnare a Totti che ha appena ricevuto la proposta di diventare testimonial del mondiale in Qatar. L'ex capitano, però, è uscito allo scoperto domenica pomeriggio in diretta tv. «Se avrò un rupo più importante, cambierò qualcosa». Ma i suoi 2 input, ricevendo l'incarico di dt accanto al ds Massara, difficilmente verranno accolti: 1) stop alla collaborazione di Baldini; 2) più giocatori pronti e meno giovani, per essere subito competitivi. Il presidente è contrario. La strategia della proprietà Usa resta la stessa: Baldini propone il candidato, Zecca prepara il dossier sul nome e Pallotta decide se va bene. Il Ceo Fienga, a Trigoria, deve mediare tra l'anima straniera e quella italiana. Il vicepresidente esecutivo Baldissoni, proprio perché contrario alle interferenze dall'estero, è stato escluso dall'area tecnica e spostato esclusivamente sulla questione stadio.

PIAZZA PULITA - Monchi, Di Francesco e 6 dei suoi 7 collaboratori (Tomei, Pierini, Vizoco, Gianmartino, Marini, Romano), il medico Del Vescovo e il capo dei fisioterapisti Stefanini: il repulisti non finisce con l'allontanamento di questi 10 professionisti. Li seguiranno anche il responsabile del settore giovanile Tarantino e gli osservatori Balzaretti e Vallone.


Sicuri di restare solo Pellegrini e Zaniolo

IL TEMPO - BIAFORA - Con l'eventuale mancata qualificazione alla prossima Champions Leaguealla Roma verrebbero a mancare circa 70 milioni di euro di ricavi, costringendo la società ad una riduzione dei costi. A Trigoria c'è l'idea di dover tagliare diversi ingaggi pesanti, puntando sulla freschezza della gioventù. Il fulcro del futuro saranno Pellegrini e Zaniolo. Il talento di Massa attualmente guadagna 270mila euro e, prima Monchi e ora Massara, hanno posto le basi per un prolungamento di contratto con relativo aumento dell’ingaggio fino a 1,5 milioni di euro e bonus. Gli incontri con il procuratore Vigorelli sono più che frequenti e si arriverà alla firma entro l’inizio della prossima stagione. Chi può andar via è Under, attratto dalle sirene di mezza Europa. Il suo agente è stato segnalato nella Capitale, ma non è andato in scena e non è previsto alcun appuntamento per il rinnovo: ogni discorso è rimandato al finale di stagione. Possibile addio anche per Manolas, legato ai colori giallorossi da un accordo valido fino al 2022, nel quale è però presente una clausola rescissoria da 37 milioni. Il greco è seguito in particolare dalla Juventus, con il ds Paratici presente in diverse occasioni allo Stadio Olimpico per visionarlo. Mancini dell'Atalanta è pronto a sostituirlo. Non è da escludere che molti giocatori salutino la Roma dopo appena un anno: Olsen e Nzonzihanno deluso e prima di venire in Italia avevano mercato in Premier, Pastore ha giocato appena 644 minuti e guadagna 4 milioni di euro netti. Da valutare anche la posizione di Dzeko, il più pagato della rosa. Le sirene inglesi stanno iniziando a suonare e il bosniaco, a cena con Kolarov ed El Shaarawy dopo il ko con i partenopei, dovrà riflettere attentamente sul domani, avendo un contratto in scadenza nel 2020.


Massara è stimato, ma il presidente cambierà ancora

IL TEMPO - BIAFORA - Dopo la risoluzione consensuale con Monchi la Roma deve decidere chi sarà il direttore sportivo del prossimo anno. Una scelta definitiva è attesa entro la fine di aprile, poiché è ora che si pongono le basi del calciomercato. Al momento è stato promosso Massara, che si giocherà le sue carte nella partita con Campos e Petrachi. L'attuale dirigente giallorosso ha il gradimento dei colleghi che lavorano quotidianamente al suo fianco a Trigoria, ma l’idea di Pallottaè quella di affidare il ramo sportivo della società ad un uomo forte. Ecco perché Baldini ha tirato fuori dal cilindro il nome di Campos, impegnato in Francia con il Lille. Il portoghese, che parla un fluente italiano, ha già avuto diversi contatti con le alte sfere del club ed è molto apprezzata la sua capacità nel saper scovare talenti e comprare calciatori per poi rivenderli a peso d’oro. Impossibile non considerare il suo stretto legame con la Gestifute, agenzia fondata dal potente Mendes, che sicuramente lo agevolerebbe nelle trattative per giocatori e allenatori gestiti dallo stesso procuratore. Altro candidato forte è Petrachi del Torino. Ieri si è parlato di un possibile rinnovo coni granata, ma il rapporto con Cairo sembra al capolinea. Petrachi vuole lavorare in una big e per convincere Pallotta a optare per lui vuole giocarsi il jolly Conte, suo amico dai tempi di Lecce. Oltre al ruolo di ds c'è da chiarire la situazione legata a Totti, che ha chiesto spazio decisionale. Da non dimenticare che al momento della firma a Ranieri è stato ventilato un possibile ruolo in società, senza alcun impegno definitivo tra le parti.


Marcano per Manolas, Schick out

IL TEMPO - BIAFORA - Continua a svuotarsi l’infermeria di Trigoria. Dopo i recuperi di Under, De Rossi e Pastore ieri si è rivisto in gruppo Pellegrini. Il centrocampista, infortunatosi col Porto, sarà convocato per la gara con la Fiorentina (in forte dubbio Edimilson e Chiesa). Per la partita di domani Ranieri sta pensando ad un avvicendamento in porta tra Mirante e Olsen. In difesa lo squalificato Manolas sarà sostituito da Marcano, mentre Karsdorp insidia Santon sulla fascia destra. Zaniolo è pronto a tornare in campo dal primo minuto con De Rossi lasciato a riposo per non sovraccaricare il solito polpaccio. Davanti scalpita Under: Schick, punzecchiato dal tecnico a causa dell’eccessiva timidezza, dovrebbe restare fuori. Dzeko, ancora a secco in casa, ci sarà nonostante qualche acciacco fisico


Pallotta fa il casting

LA GAZZETTA DELLO SPORT - CECCHINI - Confronti. Nella «Spoon River» delle grandi speranze della Roma a stelle e strisce non colpisce tanto il dato del turnover ai vertici che in soli otto anni si è consumato, ma quanto le novità offerte dal presente. Mai, da quando si è strutturato ai vertici – diciamo dal 2013-14 – il club si è trovato nella necessità di cambiare contemporaneamente l’allenatore, il direttore sportivo e circa metà della rosa della squadra, senza al momento sapere su che budget poter contare, visto che la forbice tra Champions League il nulla è enorme. Con queste premesse, quasi pare una sorta di zampariniana archeologia sentimentale raccontare che, dal 2011 ad oggi, la Roma ha cambiato 2 presidenti (DiBenedetto e Pallotta), 2 vicepresidenti (Tacopina e Baldissoni), 2 Ceo (Zanzi e Fienga), 2 direttori generali (Baldini e Baldissoni), 2 amministratori delegati (Fenucci e Gandini), 5 direttori commerciali (Winterling, Barrow, Colette, Danovaro e Calvo), 3 direttori sportivi (Sabatini, Massara e Monchi) e 7 allenatori (Luis Enrique, Zeman, Andreazzoli, Garcia, Spalletti, Di Francesco e Ranieri. Tutto vero, ma il futuro conta di più, ed è per questo che – dopo il tracollo col Napoli – ha fatto rumore la volontà di Totti di accrescere il proprio ruolo nel club.

TRE PUNTI «Più spazio? Vediamo cosa succederà nel futuro, ne parlano tutti – ha detto a Sky –. Se dovessi prendere posizione io, qualcosa cambierò. Ora non è il momento di parlarne, ma ne ho già discusso con chi di dovere». L’ultimo viaggio in Qatar coi dirigenti, ad esempio, potrebbe essere stato il momento giusto. Ma che cosa vorrebbe fare Totti nella Roma, magari da direttore tecnico, se non da vice presidente? Tre cose su tutti: parlare chiaro ai tifosi (basta con la retorica del «diventeremo tra i primi al mondo»), accorciare la catena decisionale (e quindi diminuire l’influenza di Baldini nel club, mentre con Zecca invece il rapporto viene definito ottimo) e acquistare giocatori già pronti e non solo prospetti (per vincere nell’immediato). Come si può immaginare, sono condizioni difficili da ottenere, perché Pallotta non vuole limitare il suo consigliere più fidato – il cui rapporto col tempo ha logorato anche la posizione di Sabatini e Monchi – e poi perché, in una società che fa delle plusvalenze un cardine, è impossibile prescindere dalla caccia al talento e dal «trading». C’è chi dice che Totti, se fosse limitato, potrebbe persino lasciare la Roma, magari accettando ricche proposte dal Qatar per fare l’uomo immagine del Mondiale 2022, però sembra difficile, anche se il sogno in futuro di occuparsi della Roma con l’amico Giovanni Malagò, attuale presidente del Coni, è un «must» di molte conversazioni nei salotti bene. L’ex capitano ha un ottimo rapporto col nuovo ceo, Fienga, che vuole dargli sempre più spazio, anche se nell’ambito di una crescita manageriale tutta da conquistare. In poche parole, non basta saper scorgere le potenzialità di un calciatore per poter fare il dirigente a tutto tondo, ma occorre anche uno studio di determinate materie. E su quel fronte, dicono a Trigoria, Totti deve crescere sen vuole essere chiuso nel ruolo di dirigente bandiera.

campos, Jardim, & Co. Nel giro di 3-4 settimane, comunque, molto dovrebbe essere più chiaro, a partire dalla classifica. A Trigoria tanti sono in attesa di una ricollocazione, e se Bruno Conti rinnoverà di certo il contratto, potrebbero avere altri ruoli Tarantino, Balzaretti e De Sanctis. Ma la prima scelta sarà il d.s., con Massara sempre assai stimato e che può lavorare in tandem con quel Campos del Lilla (ma piace più fuori che dentro Trigoria), che potrebbe operare anche non necessariamente a Roma, a differenza invece di Petrachi, che resta candidatura forte. Una cosa però filtra forte e chiara: non ci sarà mai più un plenipotenziario in stile Sabatini o Monchi, ma la gestione sarà collegiale, anche nella scelta dell’allenatore, anche se ogni d.s. porterebbe un profilo diverso. Conte è il sogno dei tifosi, ma al momento è difficile anche Sarri, mentre è da approfondire il discorso con Gasperini e Giampaolo, così come con Jardim del Monaco. A proposito, nell’ambito di una «baschizzazione» della Roma, c’è anche chi sogna Totti plenipotenziario e De Rossi Jr. allenatore, ma crediamo che Pallotta abbia altre idee.

 

 


Ranieri parla al gruppo, ma medita l’addio a fine stagione

LA GAZZETTA DELLO SPORT - CECCHINI - «il diavolo non è poi così brutto come lo si dipinge», racconta un vecchio adagio. Non ditelo però a Claudio Ranieri, che in poche settimane di Roma ha trovato una situazione assai peggiore di come la potesse immaginare. E non è solo una questione fisica o tecnica – tra infortuni e involuzioni – ma anche (o forse soprattutto) psicologica, con un gruppo che sembra avere voglia soltanto di arrivare a fine stagione il prima possibile.

FACCIA A FACCIA Con queste premesse, logico che preparare la partita contro la Fiorentina diventi complicato. Ieri l’allenatore ha parlato poco alla squadra, ma il senso del suo discorso è stato analogo a quello di altre volte: avete qualità, ma dovete dimostrare di saperle tirare fuori e di fare gruppo, altrimenti non si va lontano. La difficoltà dell’attuale situazione, poi, gli ha imposto anche una riflessione sul futuro, che difficilmente sarà ancora a Trigoria, anche perché Ranieri ha sempre voglia di allenare.

UNDER e pellegrini Fra i titolari, comunque, è pronto a tornare Under sulla fascia destra, mentre almeno in panchina ci sarà anche Pellegrini. Una cosa è certa: Ranieri ai suoi chiederà corsa e concentrazione, soprattutto in difesa, dove ormai la questione dei gol al passivo sta diventando imbarazzante. A proposito della buona notizia del rientro del turco, c’è da segnalare il fatto che si stanno gettando le prime base per il rinnovo del contratto, visto che il giocatore guadagna poco meno di un milione. Ciò non toglie che, qualora in estate arrivasse un’offerta interessante, il ragazzo (che piace ad Arsenal e Bayern) può essere ceduto.

BENNACER Ma la Roma guarda anche avanti e così ieri Corsi, presidente dell’Empoli, dopo aver specificato che Bennacer piace anche a Napoli e Inter, ha dichiarato: «È ancora tutto da vedere. Potrebbe anche finire alla Roma. De Rossi ha già espresso la sua stima per il ragazzo. Daniele infatti ha chiesto al mio staff: “Ma dove l’avete preso un ragazzo forte così?”». Detto che dall’Inghilterra giungono voci dell’interessamento del Manchester United per Kluivert, lo spazio però al momento lo ruba tutta l’attualità della caccia all’Europa. Per processi e mercato, in fondo, ci sarà tempo per parlare.

 

 


Totti torna in campo: il piano per prendersi il timone della Roma

LA REPUBBLICA - PINCI - Il rumore della sconfitta contro il Napoli ha attutito quello della sua voce. Eppure domenica all’Olimpico, dove ha scritto le pagine più emozionanti della storia recente della squadra, Francesco Totti ha lanciato la sua Opa sulla Roma. Candidandosi a qualcosa più del ruolo da mediatore tra dirigenza e spogliatoio che inizia a sentirsi stretto. Nell’organigramma consegnato ai dipendenti di Trigoria un mese fa il suo nome non compariva. Ma nell’ombra l’ex capitano si sta prendendo sempre più spazio. Con un’idea: guidare la direzione tecnica nella stagione della (auspicabile) rinascita. È quello che ha detto tra le righe prima che la Roma si facesse prendere a sberle dal Napoli: «Sento dire che avrò più poteri, se guadagnerò posizioni di certo cambierò qualcosa che non ha funzionato, ne ho già parlato con chi di dovere». Quel qualcosa è - con un livello minimo di approssimazione - il peso del consigliere ombra di Pallotta, Franco Baldini. Che tra Cape Town e Londra muove i fili delle decisioni presidenziali: consigliò Monchi e poi di cacciarlo, ora vorrebbe imporre un management tutto straniero, con il ds portoghese del Lille, Luis Campos, e il capo dello scouting dell’Arsenal, il tedesco Sven Mislintat, nomi esotici a cui da sempre è sensibile Pallotta. I programmi a Trigoria sono invece altri e il frontman di questa linea è Totti: ieri ha guidato la riunione decisionale a Trigoria con Ranieri e i dirigenti per trovare soluzioni alla crisi tecnica. Si sente pronto a prendere in mano l’area sportiva, affiancato dal ds Ricky Massara (anche se c’è chi ha preso contatti con il ds del Toro Petrachi). Per sé, Francesco vorrebbe poteri decisionali, per l’altro quelli esecutivi, ossia di “fare” il mercato, supervisionati dal Ceo Fienga, la carica più alta a Trigoria. Insomma, la Roma è nei fatti di fronte a una sorta di resa dei conti tra due antichi nemici come Baldini e Totti, ma pure tra l’asse anglo-americano e quello romano. Che ha raccolto plausi nel recente summit di Doha da partner e sponsor, ma deve difendersi dal decisionismo a orologeria di Pallotta. Totti già parla da manager, “tratta” Bennacerdell’Empoli e spiega che del rinnovo di De Rossi «parleremo a fine anno con lui». Ma per molti deve ancora crescere. Più d’uno è rimasto sorpreso a saperlo in vacanza sulla neve di Ortisei nella settimana più importante della stagione, prima del derby e del Porto, che hanno portato al duplice allontanamento, di Di Francesco e di Monchi. E non era la prima volta, visto che l’estate passata quando la squadra ha iniziato il ritiro estivo lui era in Russia a stupire il pubblico locale con giocate da campione nel calcio a 8. Non sono stati apprezzatissimi nemmeno i suoi selfie da Doha, mentre i dirigenti lavoravano con gli sponsor e la squadra si allenava in solitudine senza un dirigente con cui interfacciarsi. Il rimprovero che gli viene mosso è di sentirsi ancora troppo calciatore: nella scelta delle vacanze - lo scorso anno disertò il vertice di Londra a cui fu invitato tardivamente per non disdire il viaggio familiare alle Maldive - e soprattutto nelle ore che passa a Trigoria, sovrapponibili con quelle dei calciatori, molte meno dei dirigenti. Eppure, secondo il suo ex allenatore Andreazzoli, «l’unico che sa quale sia il problema della Roma e possa risolverlo è Totti». Chissà se Pallotta sarà d’accordo.


Gerson a Firenze è un rebus: sarà riscattato oppure no?

GAZZETTA DELLO SPORT - Al momento Gerson, tra alti, bassi e momenti di anonimato, ha incarnato perfettamente il campionato della Fiorentina. Il brasiliano per Pioli è un giocatore importante, come testimonia il minutaggio, ma, nonostante non venga fischiato, a Firenze i mugugni per le sue prestazioni iniziano a farsi sentire. I Viola si aspettavano che lui e Pjaca alzassero il livello qualitativo della squadra, ma così non è stato. Ecco perché della sua permanenza in Toscana se ne riparlerà con la Roma, dalla quale è in prestito, a fine stagione.