La Roma non torna indietro: “Costruire il nostro stadio ormai è un diritto acquisito“

IL MESSAGGERO - ANGELONI - Quando tutto è accaduto, a Boston era notte. Jim Pallotta ha saputo dopo, avvertito da una telefonata da Trigoria. L'ennesimo problema, un altro intoppo. Un colpo allo stadio della Roma dopo quello - peggiore - dello scorso giugno: la società si è sentita parte lesa all'epoca e si sente così anche questa volta. «Lo stadio è un diritto acquisito», ha dichiarato Mauro Baldissoni, vice presidente giallorosso, che ha fatto da eco al numero uno del club, deciso ad andare avanti: «La Roma non c'entra niente, spero non si allunghino i tempi».

CALMA APPARENTE - Come minimo si va verso un altro rallentamento. E' come fermarsi a un metro dal traguardo e ogni volta ripartire da qualche casella dietro, tipo gioco dell'oca. Pallotta in passato ha sempre mostrato un certo pessimismo davanti alle difficoltà: «Il nuovo stadio dovrebbe essere pronto nel 2020 e se non sarà così ci sarà un nuovo proprietario perché io non sarò più da queste parti e tornerò a casa». Una minaccia, buona per ogni stop, buona per svegliare - all'epoca - le istituzioni. Qui non si tratta di capire se la Roma sia coinvolta o meno nelle indagini, a Trigoria sono tutti concentrati su cosa succederà ora, quanto la società dovrà ancora aspettare prima dell'inizio della costruzione dell'impianto. «Abbiamo già speso oltre 60 milioni sullo stadio, nessuno sa questo. Si parla dei soldi per il mercato dei calciatori, ma c'è altro. Sono stati investiti 65, se non 70 milioni per lo stadio. Non si può continuare a spendere soldi così quando non hai un ritorno in cambio, quindi abbiamo bisogno di uno stadio e in tempo. È molto facile», così il presidente lo scorso aprile. Stavolta Pallotta ha mostrato meno angosce, è stato meno minaccioso, così come i suoi collaboratori.

IL FUTURO - Il futuro resta in bilico, ma c'è meno preoccupazione. Almeno in apparenza. «Non sono né arrabbiato né preoccupato. La Roma non c'entra niente in questa storia, spero solo che non si allunghino i tempi per la realizzazione dello stadio», le parole di Pallotta nella giornata di ieri. Ha temuto che si bloccasse tutto lo scorso giugno, con l'arresto di Parnasi. Passata quella tempesta, è ripartito dalla vecchia strada. Il problema è capire cosa succederà in Campidoglio, questo è il vero nodo. Più esplicito è stato Baldissoni, che ha la delega della società sulla questione stadio. Lui spiega - a Sky - ed è come se parlasse Pallotta stesso. «Il progetto è talmente complesso che è passato attraverso una procedura amministrativa altrettanto densa di interventi; non sono mai stati trovati atti viziati. La Conferenza dei Servizi è di quindici mesi fa, non ci possono e non ci devono essere dubbi; ormai è un diritto acquisito della Roma vedere approvare il progetto. Manca poco per avere, forse già ad aprile, una finalizzazione di tutta la documentazione che serve per l'approvazione definitiva, ci aspettiamo che il Comune mantenga questa linea di intervento. Pallotta e tutti quelli che hanno deciso di investire con lui hanno dimostrato di credere allo sviluppo di questo Paese e di questa città in particolare, anche se a volte il presidente fa delle valutazioni sulla opportunità di attendere così tanto tempo per la realizzazione di un progetto è determinato ad andare fino in fondo. Pallotta un investitore di successo, va ringraziato per quello che ha fatto, ogni tanto ha dei dubbi ma è convinto che alla fine si farà. E noi abbiamo la responsabilità di non far cambiare idea né a lui né agli investitori».


Il via nel 2012. E sono giá stati spesi 75 milioni

GAZZETTA DELLO SPORT - CECCHINI - Sono passati 2.606 giorni da quando la speranza è lievitata davvero. Era il 29 gennaio 2012 quando, cominciando l’esame di circa 80 aree, la ROMA ha cominciato a lavorare per dotarsi di uno stadio di proprietà, materializzando quello che era stato il sogno prima di Dino Viola (1987: zona Magliana) e poi della famiglia Sensi (2009: zona Massimina). Con Pallotta mai tutto è parso così vicino. D’altronde la Tor di Valle Spa, la «newco» creata per portare avanti l’opera, solo per la fase progettuale ha speso circa 75 milioni, senza contare che lo stesso Pallotta ha rilevato dalla Eurnova di Parnasi i terreni su cui sorgeranno le strutture per circa 100 milioni, anche se una clausola gli consentirebbe di uscire dall’accordo qualora l’affare dovesse saltare. E non può consolare neppure che il club, incassato l’o.k. della Conferenza dei Servizi, possa potenzialmente fare causa al Comune per un miliardo, costringendolo a mettere a riserva (pur pluriennale) almeno 300 milioni. Quanto basta per disastrare il bilancio.

SVILUPPO Tra l’altro, prima che la giunta Raggi modificasse il primo progetto (con relativi ritardi), la benedizione al nuovo Colosseo, che potrà ospitare 52.500 spettatori, viene da ancora più lontano, cioè dagli ex sindaci Alemanno e (soprattutto) Marino, che nel dicembre 2014 fece approvare la «pubblica utilità» dell’opera. E il motivo è chiaro: un miliardo di euro d’investimenti, con un impiego di 3500 persone per la realizzazione e circa 5.000 a regime. Comprensibile, perciò, che la ROMA voglia accelerare, anche perché da tempo sta cercando di vendere i «naming rights» dell’impianto, senza contare che – oltre al botteghino – anche una parte consistente degli introiti collaterali (ristoranti, shop) andranno nelle casse del club. Il punto debole, ovvio, è la tempistica. Marino predisse l’inaugurazione nel 2017, mentre Pallotta l’anno successivo disse: «Se non apre entro il 2021 mi sparo». Morale: ora il club sarebbe felice di giocarvi nel 2023. A ROMA evidentemente, quando si costruisce, il tempo corre più che altrove.


Svolta Under. Manolas migliora

IL TEMPO - MENGHI - Under è “di nuovo in pista”. L’ha scritto lui ieri sui social network dopo un allenamento in campo, corsa e pallone, ed era quello che tutti a Trigoria speravano di sentire perché l’esterno turco è fermo ai box da 2 mesi e sembrava entrato in un tunnel senza uscita. Un’infiammazione l’aveva fatto rallentare proprio mentre stava spingendo per tornare disponibile, poi non è più riuscito a lavorare con i compagni perché non si sentiva sicuro nel calciare. Rimasto ai margini nel momento in cui la squadra era nel caos, ora sembra che il peggio per lui sia passato e il recupero procede senza (nuovi) intoppi.

In questa prima settimana senza i nazionali lui e gli altri infortunati, De Rossi, Manolas, Pellegrini e Pastore, seguiranno i rispettivi programmi, ma tutti stanno migliorando e puntano a rientrare in gruppo gradualmente da lunedì in poi. Col Napoli nel mirino. Intanto, oggi dovrebbe arrivare la decisione finale su Kolarov, ieri nemmeno in panchina nell’amichevole Germania-Serbia

 

 


La Roma va avanti: “Lo stadio è diritto acquisito dalla Capitale”

CORRIERE DELLA SERA - «Si va avanti». La conferma che sullo stadio della Roma il Campidoglio non si ferma arriva al termine di una blindatissima riunione di maggioranza M5S: assessori e consiglieri chiusi fino a tardi nel palazzo, cellulari staccati e parola alla sindaca che detta la linea dopo il terremoto politico che l’ha fatta vacillare ancora una volta. La questione Tor di Valle aveva iniziato a circolare in Comune non appena le agenzie avevano battuto la notizia dell’arresto per corruzione del presidente dell’Assemblea capitolina, Marcello De Vito. E fin da subito i consiglieri si sono ritrovati in una posizione scomoda: da una parte il ritorno a galla delle perplessità di sempre su un’opera che in molti considerano come una sorta di lettera scarlatta dell’amministrazione della Capitale, un elemento che per altro segna la distanza con la base grillina radicata sul territorio; dall’altra il rischio di azioni risarcitorie da parte della Roma in caso di naufragio di un progetto arrivato quasi a dama. E le parole del diggì giallorosso, Mauro Baldissoni, potrebbero essere lette in questo senso: «Sullo stadio non ci possono e non ci devono essere dubbi. Non è una aspettativa, ma è un diritto acquisito a vederlo realizzato nel più breve tempo possibile — ha detto ieri a Sky —. Episodi corruttivi afferiscono a responsabilità individuali, è giusto che si paghi se sono accertate. Non c’è alcun motivo giuridico nel vedere un rallentamento», ha chiuso indicando la strada da seguire.

(...) Sarà comunque necessario verificare se e quanto i consiglieri grillini, molti da sempre scettici sull’area di Tor di Valle, saranno compatti in Aula al momento del voto. Alcuni, infatti, sono tornati a titubare dopo le incertezze della prima tranche di arresti, a giugno dello scorso anno (Parnasi e Lanzalone). (...)


Bonifici e incontri riservati. Per il socio e Parnasi era “l’amico potente”

CORRIERE DELLA SERA - Quali fossero i rapporti tra il presidente del consiglio comunale di Roma e gli imprenditori ben si comprende ascoltando le parole del costruttore Luca Parnasi, che a un amico rivela: «Ho ritenuto di affidare un incarico allo studio Mezzacapo per non scontentare Marcello De Vito». Eccola la «messa a disposizione della funzione pubblica» che ha convinto il giudice a ordinare l’arresto del politico pentastellato. Il resto lo fanno i soldi che De Vito e il suo socio Camillo Mezzacapo (con l’aiuto della «sua persona di fiducia» Virginia Vecchiarelli) avrebbero fatto arrivare su conti della Mdl srl, che condividevano e gestivano, trovati grazie alle indagini dei carabinieri del Nucleo investigativo. (...)

De Vito e Mezzacapo erano soci di studio e da quando il primo è entrato in politica, l’altro sembra essersi ritagliato un ruolo di mediatore tra lui e gli imprenditori. E così, quando emergono problemi, Mezzacapo rassicura Parnasi «che per superare le difficoltà abbiamo chiamato il nostro amico per farlo intervenire con forza» ed è stato lo stesso costruttore «nel corso dell’interrogatorio del 3 ottobre 2018 a confermare che si trattasse proprio di De Vito», più volte in altri colloqui definito «l’amico potente».

Lo schema messo in piedi era semplice. E avrebbe consentito a De Vito di ottenere 260 mila euro, più una promessa per altri 140 mila. (...) Per far approvare le delibere, De Vito evidentemente sa che non può contare solo su sé stesso. Il giudice lo dice in maniera chiara lasciando intendere che le indagini non sono affatto concluse e potrebbero presto portare ad altri clamorosi sviluppi: «La funzione pubblica esercitata da De Vito è oggetto di mercimonio, stabilmente asservita agli interessi dei privati... Nel promettere per il tramite di Mezzacapo il suo intervento lo modula a seconda delle necessità. Quando non può farlo direttamente si rivolge agli assessori competenti per materia, ovvero ai consiglieri comunali, ovvero ancora si avvale di tutta la sua rete di relazioni in modo da poter comunque sollecitare l’intervento di altri pubblici ufficiali che operano all’interno dell’amministrazione capitolina».

Il 31 maggio De Vito parla al telefono con Parnasi «sulla possibilità di influenzare le scelte di consiglieri e altre cariche capitoline».
Parnasi: «Gli dico, parlo con Daniele (Frongia ndr)».
De Vito: «rinvialo questo passaggio senza...no? Dell’Eurobasket». Parnasi:«Glielo sfumo, glielo sfumo! Siccome Daniele è uno che è una volpe, ha una velocità in testa che...! Io con Daniele ho un buon rapporto lui onestamente è un po’ è un po’ come si dice a Roma “rintorcinato” termine giusto, mi sbaglio?».
De Vito: «Ha la modalità del giocatore di scacchi russo».

La giudice sottolinea come De Vito e Mezzacapo «sono sempre a caccia di un modo per ampliare il loro “portafoglio clienti”». E tra le conversazioni che lo dimostrano ne cita una del 31 maggio scorso, quando si affronta il problema dello stadio. De Vito appare preoccupato, vuole sapere «noi come ci entriamo?». E Parnasi non si scompone: «Usiamo il solito schema». Vale a dire «fatture emesse da Vecchiarelli con una duplice finalità: giustificare formalmente la percezione del prezzo della corruzione e consentire alle società del gruppo Parnasi l’evasione delle imposte».
«Non ti vede nessuno» (...)


Schick: “Ranieri sta cercando di ripulire un po’ l’ambiente”

CORRIERE DELLA SERA - (...) Patrik Schick ce la metterà tutta, e la serenità con cui parla dal ritiro della Repubblica Ceca lo fa capire. Ma fa capire anche come questi, per lui e per i suoi compagni, siano mesi, settimane e giorni incerti: «Non ci ha aspettavamo l’addio di Monchi, ci ha colpito molto. Monchi è una persona onesta, siamo dispiaciuti. Ci difendeva e ci è sempre stato dietro. La sua partenza è dispiaciuta a tutti, nessuno aveva problemi con lui. Il cambio in panchina? Non è piacevole quando un allenatore va via - dice Schick ai microfoni di «isport.cz» - e altre persone perdono il lavoro, come il medico e il fisioterapista. Adesso c’è Ranieri, sta cercando di darci positività, di ripulire un po’ l’ambiente e questo ci piace. Vuole rimetterci insieme. Non chiamerei questa - aggiunge l’attaccante - una nuova era, gli allenatori lasciano in tutto il mondo. Io, in ogni caso, mi sento bene fisicamente». Ecco perché, tornato dalla Repubblica Ceca, proverà a convincere il tecnico a dargli di nuovo fiducia in coppia con Dzeko: «Sono felice che il tecnico abbia parlato bene di me e mi abbia detto anche certe cose di persona. Mi piace giocare così, purtroppo la sconfitta contro la Spal complica le cose, vedremo cosa accadrà al mio ritorno». (...)


Passaggio di consegne tra Monchi e Massara

IL TEMPO - MENGHI - Un caffè tra amici dopo la bufera. Monchi e Massara, passato e presente della Roma, si sono ritrovati ieri in un bar della capitale, nel quartiere di Mostacciano, per un saluto e due chiacchiere in tranquillità, lontano dai problemi di Trigoria che hanno portato il primo all’addio e il secondo a farsi carico di tutto a stagione inoltrata, senza certezze sul futuro. Il rientro dello spagnolo, dopo la presentazione a Siviglia che aveva provocato la reazione di Pallotta da Boston, era in realtà programmato: aveva lasciato qui un po’ di burocrazia in sospeso e aveva delle questioni personali di cui occuparsi prima di iniziare il nuovo mandato con la squadra andalusa dal 1o aprile.

Monchi è rimasto alla larga dal Bernardini, svuotato causa impegni dei nazionali, ma se nell’aria sono rimaste inevitabilmente le scorie delle parole pesanti volate tra la Spagna e gli Stati Uniti i rapporti tra la Roma e il suo ex diesse non sembrano essersi logorati e un domani potrebbero tornare utili in chiave mercato. Prova ne è lo stupore di Schick, che parla a nome dello spogliatoio dal ritiro con la Repubblica Ceca: “Non ci aspettavamo che se ne andasse, questa cosa ha colpito tutti. Era un dirigente molto onesto, ci sosteneva e ci difendeva sempre. Sono dispiaciuto che ci abbia lasciato. Piaceva a tutti, nessuno aveva alcun problema con lui. Ogni giorno ci seguiva in allenamento, chiunque aveva un problema poteva andare da lui e divertirsi”. Altra evidenza dei buoni rapporti è proprio l’incontro con Massara, ora sul trono della direzione sportiva del club giallorosso.

In eredità Monchi gli ha lasciato qualche grana, soprattutto alla voce rinnovi: Zaniolo e De Rossi sono i principali nodi da sciogliere, ma anche El Shaarawy, Dzeko, Kolarov, Jesus e Fazio, tutti a scadenza 2020. Di questi il primo candidato alla firma è il Faraone, che quest’anno ha trovato gol e continuità e, salvo ripensamenti, sposerà ancora il progetto giallorosso, restando fuori dalla rivoluzione che potrebbe coinvolgere big come l’attaccante bosniaco, reduce da un’annata nervosa e poco prolifica, e il suo amico serbo, contestato nonostante i numeri impressionanti delle due stagioni da romanista. A 33 anni entrambi possono chiudere il ciclo nella capitale e cambiare aria. Fazio ha disatteso le aspettative e tutta la difesa è da rifare: neppure Manolas, l’unico a salvarsi nonostante qualche errore pesante (meno del collega di reparto) e i continui ed esagerati allarmi infortunio, è certo di restare, anche in virtù del fresco passaggio nella scuderia di Raiola e della clausola di 36 milioni di euro su cui hanno messo gli occhi in tanti, United compreso.

Chi invece la Roma vuole tenersi stretta è Zaniolo, il ragazzino che potrebbe valere una plusvalenza da record, quella che entro il 30 giugno servirebbe a Massara per far quadrare i conti, ma il vero regalo sarebbe riuscire a trattenerlo con l’adeguamento di contratto promesso, sacrificare qualcun altro e ripartire da telenti come lui. Magari con il plus dell’esperienza di De Rossi, che a fine stagione sceglierà cosa fare da grande con il pieno appoggio della società. Il passaggio di consegne c’è stato, adesso tocca all’erede di Monchi gestire rinnovi e cessioni che definiranno la Roma del futuro.


Le intercettazioni: «Congiunzione astrale, con i soldi di questi ci facciamo la pensione»

IL MESSAGGERO - ALLEGRI, ERRANTE - La fetta da sfruttare al momento propizio, la congiunzione astrale rara come la cometa di Halley, le precauzioni prese dopo l'arresto di LucaParnasi, con gli incontri segreti e le salette riservate, la paura di essere scoperti e, contemporaneamente, il desiderio di mettere le mani sui soldi al più presto. Dalle intercettazioni agli atti dell'inchiesta che definitivamente sancisce la mutazione genetica del Movimento, emergono i caratteri costitutivi di quello che il gip definisce il «format» dell'accaparramento. «Il solito schema», di cui parla Luca Parnasi in un'intercettazione ambientale. Così gli imprenditori che facevano saltare ogni regola della concorrenza, come valuta il giudice, affidavano gli incarichi all'avvocato Camillo Mezzacapo, che a sua volta girava i soldi al presidente del Consiglio comunale tramite una società riconducibile a entrambi. È lui a dire in un'intercettazione una frase eloquente: «Seguiamo il nostro canale... ce li abbiamo, i politici ce li abbiamo».

Il gip lo definisce «l'orientamento teleologico» delle condotte degli indagati. È Mezzacapo a proclamare il manifesto, suo e di De Vito: «Qui noi abbiamo proprio un anno buono, una congiunzione astrale che è come quando passa la cometa di Halley: cioè state voi al governo di Roma e anche al governo nazionale in maggioranza rispetto alla Lega, se adesso non facciamo un c... in un anno, mettiamoci il cappelletto da pesca, io conosco un paio di fiumetti qua, ci mettiamo là, ci mettiamo tranquilli con una sigarettella un sigarozzo, con la canna e ci raccontiamo le storie e ci facciamo un prepensionamento dignitoso». Quando Mezzacapo dice a De Vito che difficilmente capiterà un'altra situazione analoga - «stai al governo da solo dove fai il fico, hai visto Di Maio? dobbiamo sfruttarla sta cosa Marcé, ci rimangono due anni» -, De Vito replica: «Avresti vinto anche con il Gabibbo».

DOBBIAMO PRENDERE TUTTO - Dopo la bufera giudiziaria e gli arresti per le tangenti dello Stadio della Roma, De Vito e Mezzacapo avevano preso qualche precauzione. I soldi pagati dagli imprenditori Toti e Statuto per fare passare i loro progetti finivano in una società «cassaforte», la Mdl. «Ha pagato, manca 100... 60 rotti sarebbero nostri ci sarebbero i 10 di capitale», dice l'avvocato a De Vito. Che replica: «Va beh, ma distribuiamoceli questi». E Mezzacapo: «Ma adesso non mi far toccare niente lasciali lì. A fine mandato, quando tu finisci...si chiude la società. Sparisce tutta la proprietà non c'è più niente».
Tra il 2017 e il 2018 i prelievi dai conti privati di Mezzacapo e De Vito hanno un trend inversamente proporzionale. «Più il primo preleva contanti, meno ne ritira il secondo - specifica il gip - C'è un'accentuazione dei prelevamenti da parte di Mezzacapo nel periodo riferibile agli incassi ricevuti dal Gruppo Parnasi a fronte di un'attenuazione dei prelevamenti di danaro contante da parte di De Vito».

I SOLDI E I BONIFICI - Ci sono anche due bonifici, uno da 8.550 euro, l'altro di 4.275, effettuati dall'avvocato in favore di De Vito. Quando Parnasi finisce nei guai entra, in gioco la Mdl, quella che gli inquirenti definiscono «la cassaforte» di De Vito e del sodale. Per la procura i conti sono costituiti «per la gran parte grazie alle operazioni corruttive riguardanti i gruppi Toti e Statuto» e dunque grazie al trasferimento di somme erogate all'avvocato, con la falsa giustificazione del pagamento di prestazioni professionali, «da soggetti interessati a provvedimenti del Consiglio Comunale o più genericamente dell'amministrazione locale».
Il 24 ottobre 2017 dal conto di Mezzacapo, nota il gip, sono stati emessi due bonifici verso il conto corrente intestato a Mdl: il primo di 36.600, il secondo di 12.200 per saldo fattura. «La somma trasferita - conclude il giudice - è parte di quella pari ad l10.620 euro accreditati nello stesso giorno sul conto del Mezzacapo da Silvano Toti holding spa». La stessa cosa accade dopo il saldo della parcella all'avvocato da parte di Giuseppe Statuto, che paga 24mila euro, ma ne promette altri 180mila».

GLI INCONTRI RISERVATI NEI RISTORANTI - Dopo l'arresto di Parnasi, De Vito e Mezzacapo continuano a chiudere affari, ma cercano di non dare nell'occhio. L'avvocato lavora per «incrementare il portafoglio clienti». Ma gli incontri diventano a porte chiuse. Una saletta riservata al Matriciano, in via dei Gracchi, un'altra da Vanni, sempre nel quartiere Prati, e un incontro segreto in un autosalone, dopo la telefonata di un intermediario - Luca Bardelli, titolare di una concessionaria Jaguar sita in via Tor di Quinto - che parlava di «provare un'auto». In realtà, De Vito era già sul posto e aspettava il sodale. L'avvocato cerca di convincere il politico a un incontro al ristorante del quartiere Prati: «Ma al Matriciano ci vedono proprio tutti capito?», replica De Vito. E Mezzacapo: «C'è l'ascensoretto che ti porta su e c'è la saletta non ti vede nessuno, siamo noi quattro».

I RAPPORTI CON I 5STELLE - L'avvocato è bene inserito nell'ambiente Cinquestelle. Tanto che, prima dell'arresto, si vanta con Parnasi di avere avuto un confronto con la sindaca Raggi, dicendo che lo avrebbe coinvolto in un giro di nomine: «Mi ha fatto un lungo eloquio di un ora e mi ha detto che adesso dopo le elezioni loro devono nominare il Cda di una società praticamente l'unica strumentale della città metropolitana... mi ha detto che forse c'è questa possibilità della presidenza. Mi ha detto un inizio molto sottobraccio».

«E NOI ADESSO COME ENTRIAMO?» - Per questo motivo, e soprattutto per comprare l'appoggio di De Vito, Parnasi decide di affidare incarichi a Mezzacapo. È il politico a presentare l'imprenditore all'avvocato. Il 2 marzo 2017 Parnasi e De Vito s'incontrano. «Facciamo colazione la mattina 9.15? Da Vanni», si legge nel messaggio in chat. All'appuntamento c'è anche Mezzacapo. E Parnasi gli scrive subito un messaggio: «Buongiorno ecco tutti i miei recapiti. Mi ha fatto piacere conoscerti». La replica: «Sarebbe ottimo riuscire ad incontrarci qualche minuto la prossima settimana per quel discorso che facevamo con Marcello».
Il rapporto diventa sempre più stretto. Agli auguri per il suo compleanno, il 23 marzo, Parnasirisponde: «Grazie di cuore. Partiamo bene insieme». Una delle intercettazioni clou, però, è il 31 maggio 2018, a collaborazione consolidata. È un'ambientale, sono presenti De Vito, l'avvocato e l'imprenditore. Parnasi espone il progetto della realizzazione del palazzetto del basket alla ex Fiera di Roma, dice di avere già l'appoggio di Luca Lanzalone. «Noi come entriamo?», taglia corto Mezzacapo. E Parnasi: «Eh me lo devi dire te! Questa è la riflessione a questo punto fate una chiacchierata e ragionateci... Tu puoi entrare in qualunque parte». Il costruttore aggiunge che le possibilità di incarichi che può affidare sono molteplici, dice di seguire «il solito schema che conosciamo».
E De Vito assicura che provvederà a parlare dell'operazione con il capogruppo in consiglio comunale Paolo Ferrara «così da avere dalla loro parte la maggioranza consiliare» e con l'assessore Daniele Frongia. «Ne parliamo sabato anche con Paolo così lavoriamo un po' sulla maggioranza», dice. Parnasi, intercettato con Claudio Toti parla di un nuovo progetto che riguarda gli ospedali: «Il problema sai qual è, è la politica. Abbiamo un presidente della Regione che è un cacasotto». Poi tira fuori l'asso nella manica: «Alla fine hai conosciuto Marcello De Vito, siete diventati amici».


Berdini: “Devono chiedere scusa alla città. Questo progetto va cancellato”

IL TEMPO - NOVELLI - Paolo Berdini, urbanista e saggista, è stato assessore all'Urbanistica della giunta Raggi quando, il 14 febbraio del 2017, venne «dimissionato» dal sindaco, probabilmente proprio per la sua ositilità al progetto dello Stadio della Roma.

Dottor Berdini, si aspettava l'arresto di Marcello De Vito?
«No, è stato un fulmine a ciel sereno. Un altro colpo micidiale alla credibilità di una città che aspetta da troppo tempo un riscatto morale».

Dalle carte si evince che la presunta corruzione sia avvenuta proprio per cambiare la sua delibera che modificava sin troppo il progetto perla realizzazione dello Stadio della Roma, un progetto sul quale Lei non ha mai nascosto enormi perplessità.
«E vero. Ho pensato che mi avessero chiamato ad amministrare l'urbanistica per farla tomare nella legalità dopo i tanti scandali che l'avevano funestata. Vedo con dispiacere che dopo la mia uscita sono tornati a praticare l'urbanistica contrattata, e cioè una prassi opaca che prevede l'inserimento di "facilitatori" e persone di dubbia moralità».

Da assessore all'Urbanistica è stato "dimissionato" dalla Raggi, in molti pensano proprio per la sua ostilità al progetto di Parnasi, conferma o smentisce?
«Nel mese di gennaio 2017, subito dopo l'arresto di Renato Marra, sono iniziate alle mie spalle le trattative con la Roma calcio per dare il via libera allo stadio di Tor di Valle. Non mi restava altro che cambiare aria».

Lei consiglia al sindaco di Roma Capitale di lasciar perdere questo progetto, ma la società As Roma avrebbe già acquistato i terreni, come tornare indietro?
«Mi sembra evidente che Tor di Valle deve essere cancellata per sempre, a meno di sfidare senza ritegno l'opinione pubblica. La Roma nella sua iniziale proposta aveva inserito anche altre aree urbane per realizzare lo stadio. Le si verifichi e si proceda speditamente. Si può fare lo stadio nella legalità».

Nell'inchiesta che ha portato agli arresti il presidente dell'Assemblea capito lina, si parla a anche dell'ex Fiera di Roma e degli ex Mercati generali, delibere cruciali per l'urbanistica, e non solo, della Capitale, tant'è che il minisindaco grillino di quel Municipio si è poi dimesso proprio per i dissapori interni al MoVimento su questi progetti. Cosa ne pensa?
«Pensavo allora e penso che dati i livelli di degrado della città si deve in primo luogo avere a cuore il perseguimento del bene comune. A Ostiense i cittadini chiedono da decenni uno spazio verde. Alla ex fiera si possono costruire anche case per i senza tetto. E un dovere morale».

Eppure la Capitale avrebbe bisogno di un grande rilancio urbanistico in grado di rimettere in moto un'economia ormai al collasso, non crede?
«Sono l'unico ad aver denunciato da tempo i trenta grandi progetti abbandonati a causa della crisi del 2008. Son d'accordo con lei. La rinascita di Roma parte dal recupero di quelle aree».

L'ingegner Sandro Simoncini, urbanista e direttore scientifico del Centro studi Sogeea ha detto che "in tanti dovrebbero chiederle scusa", condivide?
«Lo ringrazio davvero. Sono convinto che si dovrebbe chiedere scusa alla città, per le continue umiliazioni che le vengono inflitte. A Roma c'è un tessuto sociale che aspetta solo un riscatto, un futuro positivo per tutti, specie per le periferie».

Qualora la Raggi la richiamasse in giunta, tornerebbe nella squadra grillina?
«Non lo farà assolutamente!»

Secondo Lei dobbiamo aspettarci altre sorprese legate a questa inchiesta?
«Mi auguro solo che la città sia messa nelle condizioni del riscatto. Lo aspettiamo da troppi decenni».


Lo stadio era a un passo dal via. Ora tutto si ferma ancora

IL TEMPO - MAGLIARO - II traguardo iniziava a vedersi: le trattative fra la Roma e il Campidoglio, dopo settimane di incontri, erano giunte vicine a sciogliere tutti i nodi legati alla mobilità, dai 930 metri di divaricazione delle corsie della via del Mare/Ostiense, all'acquisto dei treni per la Roma-Lido e agli interventi sui binari morti da creare per consentire il parcheggio dei convogli in occasione delle partite sia a Tor Di Valle (Roma-Lido) che a Magliana Fs. Ora, l'arresto del presidente del Consiglio comunale, il 5Stelle Marcello De Vito, quasi certamente allungherà ancora i tempi. E, di votare variante e convenzione urbanistica in tempo utile - magari prima delle elezioni europee - per consentire l'apertura dei cantieri entro fine anno, difficile se non impossibile parlarne.

LA ROMA: LO STADIO È UN DIRITTO ACQUISITO - Intervistato per SkySport24, il vicepresidente della Roma, Mauro Baldissoni, è categorico: «Il progetto Stadio è passato attraverso una procedura amministrativa così lunga e complessa che è difficile pensare che possano esserci atti viziati. Sullo Stadio, come procedura amministrativa, non ci possono e non ci devono essere dubbi e questo costituisce un diritto acquisito da parte della Roma che, per noi, non è un'aspettativa ma un diritto a vederlo realizzato nei tempi più rapidi possibili visto che la conferenza di servizi l'ha approvato oramai da 15 mesi. Da un punto di vista giuridico non c'è alcun motivo per un rallentamento del processo». A conferma della vicinanza del traguardo del voto in Assemblea capitolina, Baldissoni aggiunge: «Da un punto di vista sostanziale abbiamo fatto un lavoro consistente insieme al Comune che ha dedicato molte energie per completare gli ultimi atti che mancano alla votazione della variante e possono bastare poche settimane per avere già ad aprile la finalizzazione delle documentazioni. Ci aspettiamo che il Comune si attenga a questa tempistica».

TIMORI NEGLI UFFICI - Negli uffici comunali l'eco dell'arresto di Parnasi e dei successivi mesi tribolati si era appena spento. La giornata di ieri, per molti, è apparsa quasi come un déjà-vu di giugno scorso: telefonate concitate, sussurri nei corridoi, muti interrogativi su chi aveva avuto a che fare ieri con Parnasi, oggi con l'avvocato Mezzocapo. Tutto questo porterà quasi certamente a un nuovo rallentamento dell'iter: nessuno dei funzionari che ricopre responsabilità decisionali vuole esporsi firmando atti prima che vi sia una ragionevole certezza che, effettivamente, non vi siano nuove sorprese giudiziarie.

EMERGONO I MALPANCISTI 5STELLE - La prima era stata Cristina Grancio, espulsa dai 5Stelle proprio per la sua posizione antiStadio. Ieri, dopo l'arresto di De Vito, esplode anche Monica Montella: «Io mi sono rotta, sono sempre stata contraria allo Stadio, lo voglio dire chiaramente. La Raggi che dice? Non lo so e non lo voglio sapere. Lo Stadio è stata la nostra rovina». Radio Campidoglio parla di un numero di 3/5 malpancisti che, sin dall'arresto di Parnasi, avevano ribadito la contrarietà al progetto e fatto intendere di non essere disponibili a presentarsi il giorno del voto in Consiglio comunale su variante e convenzione urbanistica.

2606 GIORNI DI SCARTOFFIE E PROCESSI - Non c'è una sola pietra spostata, non un mattone messo o un sacchetto di cemento che sia stato aperto e, oggi, siamo al giorno 2606 da quando è iniziato l'iter dello Stadio. Tre Sindaci e un Commissario straordinario, 4 assessori all'Urbanistica, due progetti, due delibere in Consiglio comunale sul pubblico interesse ma con una enorme differenza sulle opere pubbliche da costruire, tre Conferenze di Servizi, una preliminare e ben due decisorie. Centinaia di persone che hanno lavorato sul dossier: progettisti, architetti, ingegneri per il privato ma anche funzionari dei Municipi, del Comune, della Città Metropolitana, della Regione e dello Stato, più quelli delle varie aziende pubbliche, società di servizi. E decine di migliaia di pagine scritte e di tavole e disegni. Per ora, questo è il progetto Stadio che, però, ha visto già due interventi della magistratura: a metà giugno scorso gli arresti di Parnasi e dei suoi più stretti collaboratori, di Luca Lanzalone, l'avvocato spedito a Roma dai 5Ste1le, e altri politici. Il 4 aprile verrà deciso chi e per cosa sarà processato. Ora, De Vito e l'avvocato Mezzocapo, considerato dalla Procura emissario del Presidente grillino del Consiglio comunale, finiti in manette.

I NODI ANCORA APERTI - Attengono alla storia passata i rapporti della Roma con le Amministrazioni Alemanno prima, Marino poi; con il prefetto Tronca, commissario straordinario; quindi con la Raggi, con la lotta Berdini-Frongia, la cacciata di Berdini dopo l'intervista shock a La Stampa; il cambio di progetto, il taglio delle torri, la cancellazione delle opere pubbliche. C'è il futuro davanti, da decidere, un futuro che, però, se è certo sulla sua conclusione è incerto e molto sui tempi. C'è da votare in Consiglio comunale due atti: la variante urbanistica, legata alle modifiche al Piano Regolatore determinati proprio dal progetto Stadio. E, con essa, la convenzione urbanistica, cioè il fondamentale atto che regolerà i rapporti fra Comune e proponenti, determinando le priorita degli elementi da costruire e le modalità di edificazione. Ma, prima, c'è ancora da sciogliere dei nodi preliminari per poter arrivare al voto in Aula.

L'ACCORDO QUASI RAGGIUNTO - Fra questi nodi, ci sono quelli legati all'unificazione della via del Mare/Ostiense. In sintesi: il Comune, bozza 2006 di Città Metropolitana, vorrebbe espropriare alcuni magazzini che, per 930 metri, dividono le corsie che scendono a Ostia da quelle che salgono a Roma. Cartografie e proprietà, però, non sono aggiornate ma questa unificazione sarebbe utile in vista della viabilità del futuro Ponte dei Congressi. La Conferenza di Servizi tuttavia non aveva incluso questa variante nelle prescrizioni ma la proposta comunale era rimasta comunque agli atti. Forte di questa idea, il Campidoglio vorrebbe imporla alla Roma. L'idea però ha due problemi: costa 20 milioni di euro in più e rischia di impantanare la Roma nel caos espropri che potrebbe far slittare l'apertura dello Stadio visto che la via del Mare/Ostiense unificata è fra le opere di interesse pubblico. Soluzione trovata: si farà solo dopo l'eventuale completamento degli espropri.


Cataldi: "La notte dopo il gol nel derby non ho dormito"

Danilo Cataldi, centrocampista biancoceleste, ha parlato nel corso del Premio Anxur Biancoceleste, evento benefico organizzato dal Lazio Club Terracina. Queste le sue dichiarazioni riportate dal sito laziopress.it.

La fascia da capitano per me è una responsabilità molto bella, stupendo indossarla. La prima volta mi successe 4 anni fa, ero ancora piccolo e c’erano tante cose che potevo e dovevo sbagliare, ora è tutto diverso. Quando l’ho indossata domenica è stato stupendo". 

Il gol nel derby? 

"Quella notte non ho dormito (ride, ndr)”.


De Vito in manette. La Raggi vide il suo socio, ma lo scartó

IL FATTO QUOTIDIANO - PACELLI - Nell'Assemblea capitolina, Marcello De Vito non era solo il presidente, ma era anche "l'interlocutore privilegiato di numerosi imprenditori". Per questo lui - primo politico del M5S arrestato - ieri è finito in carcere con l'accusa di aver messo la propria funzione pubblica "al servizio del privato al fine di realizzare il proprio arricchimento personale". Era questa la "filosofia che dirige l'azione del pubblico ufficiale e del suo compartecipe", ossia Camillo Mezzacapo, anch'egli Capitale Sociale Spa. Si tratta di un avvocato che circa un anno fa ha pure incontrato Virginia Raggi, nell'ambito di una selezione del cda di una società del Campidoglio, Capitale Sociale Spa. Ma la sindaca lo scartò. De Vito e Mezzacapo sono accusati di corruzione dai pm romani Paolo Ielo, Barbara Zuin e Luigia Spinelli. Secondo il giudice Maria Paola Tomaselli che ieri ha emesso l'ordinanza (anche nei confronti di altre due persone finite ai domiciliari) il loro era un "vero e proprio format replicabile in un numero indeterminato di casi" che funzionava anche grazie a una "congiunzione astrale", per dirla con le parole di Mezzacapo, con i 5 Stelle sia al governo che al Campidoglio. "E tipo l'allineamento con la cometa di Halley. - dice Mezzacapo a De Vito il 4 febbraio scorso - (...) È difficile (..) che si riverifichi così. E allora noi Marcè dobbiamo sfruttarla sta cosa (..) Ci rimangono due anni". È un'intercettazione che per il gip rappresenta il "manifesto programmatico della loro collaudata collaborazione".

IL "FORMAT" - De Vito-Mezzacapo non si era fermato neanche dopo l'arresto a giugno scorso (poi revocato) di Luca Parnasi, l'imprenditore accusato di essere a capo di associazione a delinquere finalizzata a commettere reati contro la pubblica amministrazione. Secondo le accuse, Parnasi strizzava l'occhio ai 5 Stelle, prima con Luca Lanzalone, ritenuto il referente in Campidoglio per gli affari dello stadio. E ora si scopre pure con De Vito. Ma il presidente ora sospeso dell'assemblea capitolina ha intessuto, secondo i pm, rapporti illeciti anche con altri gruppi imprenditoriali: quello facente capo a Claudio e Pierluigi Toti, e quello di Giuseppe Statuto, tutti indagati per traffico di influenze. Nel caso di Parnasi al centro della vicenda c'è invece l'iter amministrativo del nuovo stadio della Roma e "l'approvazione di una delibera in consiglio comunale per la realizzazione nella zona della ex Fiera di Roma di un campo di basket e di un polo per la musica superando le limitazioni poste dalla delibera dell'ex assessore Berdini che aveva l imitato la realizzazione delle cubature in quella zona a 44 mila metri cubi". È Parnasi quindi che ai pm ammette di aver dato incarichi legali (pergli investigatori 95 mila euro) allo studio di Mezzacapo - tramite un'altra avvocatessa - sia "per non scontentare De Vito", sia "perchè lo studio Mezzacapo era qualificato e vicino al MSS". Nel caso di Toti, Mazzacapo e De Vito, invece, nell'ambito dell'iter amministrativo relativo al progetto di riqualificazione degli ex mercati generali, secondo le accuse, si facevano "indebitamente promettere e quindi dare (...) 110 mila euro" sotto forma di incarico professionale allo studio legale Mezzacapo. Per l'imprenditore Statuto e l'iter per il rilascio del permesso di costruire di un edificio nell'area dell'ex stazione di Trastevere si parla di un incarico di poco più di 24 mila euro. Una parte del denaro allo studio legale veniva poi trasferiti alla Mdl srl, "società di fatto riconducibile a Mezzacapo e De Vito", la "cassaforte", nella quale confluiscono i soldi "in attesa della loro distribuzione rinviata alla scadenza del mandato" di De Vito. E lo dice lui stesso a Mezzacapo: "Ma distruibuiamoceli questi". E l'amico lo invita alla calma: "Ma adesso non mi far toccare niente, lasciali lì... (..) quando tu fmisci il mandato...". In un caso dai conti di Mezzacapo partono bonifici direttamente per De Vito: uno di 8.550 euro a settembre de1 2017, un altro di 4.275 euro a marzo 2018.

MEZZACAPO tempo fa ha incontrato la Raggi. Lo racconta lui stesso il 5 marzo 2018 a Parnasi. L'avvocato dice: "Io ci sono andato a parlare due settimane fa con lei (La Raggi, ndr). Mi ha fatto un lungo eloquio di un'ora e mi ha detto che adesso dopo le elezioni loro devono nominare il Cda di una società praticamente l'unica società strumentale della città metropolitana. E quindi mi ha detto che forse c'è questa possibilità della presidenza. (..) Se per caso fanno un gruppetto di nomine potrebbe anche (..), al di là di tutto però sarebbe importante". Secondo quanto ricostruito dal Fatto Mazzacapo ha incontrato la sindaca nell'ambito di una selezione peri futuri membri del cda della società unipersonale della Città Metropolitana di Roma Capitale, Capitale Lavoro Spa. "Ha partecipato a una call pubblica come decine di candidati", spiegano fonti del Campidoglio, ma "la sindaca lo bocciò".