Adesso Zaniolo insegue Kean il C.T.: «Sì, potrebbe debuttare»

GAZZETTA - Gigio Donnarumma, Nicolò Barella e Federico Chiesa sono di fatto ancora dei nazionali Under 21, eppure è già loro una maglia da titolare nell’Italia dei grandi: classe ‘99 il portiere del Milan; nati nel 1997 gli altri due. E’ il nuovo corso manciniano: tanta gioventù, spavalderia, tecnica e gamba. In rosa, in questa tornata di convocazioni, trovano spazio pure i classe 1995 Romagnoli (capitano del Milan!), Cristante e Sensi, oltre a Gianluca Mancini (1996), mentre è rimasto a casa per infortunio Lorenzo Pellegrini (1996). Ci sono poi soprattutto Zaniolo (’99) e Kean (2000), potenziali titolari a Euro 2020, sicure colonne in ottica Qatar 2022. Il Mancio ha già fatto esordire Kean lo scorso novembre, in amichevole contro gli Stati Uniti. Zaniolo, zero presenze per ora, fu invece convocato a settembre per la Nations League quando ancora non aveva esordito in Serie A: insomma, trattasi di veri e propri pallini del commissario tecnico azzurro.

PROMOSSI «Zaniolo pronto per il debutto? Va dato merito a Di Francesco, che l’ha fatto giocare quasi sempre e gli ha dato una fiducia enorme nella Roma — dice il Mancio —. Sì, ci può essere l’occasione di debuttare». Per Kean è già scattato il paragone con Balotelli che non ancora 18enne, proprio con Mancini allenatore, fu decisivo per esempio nello scudetto interista del 2008. L’etichetta di nuovo Balo potrebbe non essere un buon augurio? «No — risponde secco il c.t. — perché Mario alla sua età faceva gol, e ha vinto tanto. La sua carriera finora è stata ottima, ma poteva certamente fare di più. Speriamo che Kean parta bene come Mario e continui benissimo: la Juve potrà aiutarlo, lì ti fanno diventare prima uomo che giocatore». A Kean sono di fatto bastati 80’ con doppietta contro l’Udinese e la personalità mostrata nei 10’ finali di Juve-Atletico Madrid per scalare le gerarchie e mettersi davanti a gente del calibro di Balotelli e Belotti: una bella fortuna essere in rampa di lancio nel momento in cui sulla panchina azzurra c’è un tecnico con fantasia, coraggio e carisma da vendere. Complessivamente, quella del ragazzo di origini ivoriane è una stagione da 182’ e 3 gol, coppe comprese. Sul piatto mette un anno intero a fare a botte in allenamento con quei «gentiluomini» di Bonucci e Chiellini, oltre alla fortuna di avere Cristiano Ronaldo come professore, in campo e fuori. Di certo, però, nella prossima stagione dovrà trovare più spazio, alla Juve o altrove, per inseguire concretamente una maglia per l’Europeo.

IL PREDESTINATO Diverso il cammino di Zaniolo, che è tornato a varcare le porte di Coverciano con tantissimi chilometri in più rispetto allo scorso settembre. Oggi è una colonna della Roma, e le cifre parlano chiaro: 19 presenze e 3 gol in campionato; 7 gettoni e 2 gol (doppietta al Porto) in Champions; altre 2 gare in Coppa Italia. Nicolò ha impressionato per personalità, fisico e intelligenza tattica: di fatto è un interno di centrocampo, ma gioca ad alti livelli anche in fascia oppure a ridosso della punta in un 4-2-3-1. «Pesante» il giudizio di Rino Gattuso: «Mi ricorda il primo Totti, anche per come tocca il pallone. E’ un bene per il calcio italiano, l’importante è che voli basso. Spero davvero che non si rovini». La Roma e il Mancio vigileranno con grande attenzione.


C’è un poker di speranze per la rimonta Champions

GAZZETTA - CECCHINI - La «Via della Seta»? Se pensate che il lavoro della politica e della diplomazia di questo periodo sul triangolo tra Italia, Cina e Stati Uniti sia faticoso, non avete mai operato sui sentieri carsici che mettono in contatto i grandi club con le nazionali di calcio (e non solo). Pensate alla Roma. Com’è noto, gli infortuni in questo momento stanno falcidiando la squadra giallorossa, che però vede parecchi dei suoi giocatori essere convocati nelle rispettive selezioni. Così, avendo visto partire Kostas Manolas per la nazionale greca e Aleksandar Kolarov per quella serba, giustamente la dirigenza giallorossa – che li aveva visti saltare l’ultima trasferta di Ferrara contro la Spal – ha chiesto alle rispettive federazioni un approfondimento sulle condizioni dei due, il cui recupero è fondamentale per il tentativo della Roma di agguantare la zona Champions League. E i risultati sono stati parzialmente positivi. Manolas oggi sarà di ritorno a Roma perché, per via dell’infortunio al polpaccio che aveva rimediato nella patita di ritorno contro il Porto, non sarebbe stato in grado di giocare i due match in programma con la Grecia. Ed è inutile dire che le cure di Trigoria possono essere più puntuali di quelle che può ricevere altrove. Discorso diverso per Kolarov. Le condizioni del terzino serbo, alle prese con un problema a un dito del piede sinistro, sono invece ancora da monitorare e quindi non è ancora escluso che il giocatore possa saltare la prima partita e giocare la seconda. Insomma, la possibilità che si limitino i rischi ci sono.

DE ROSSI E PELLEGRINI Nel frattempo a Trigoria – anche se la ripresa è prevista per mercoledì – si lavora parecchio anche per il recupero degli altri «big» che potrebbero fare la differenza in questo finale di stagione. Parliamo soprattutto della coppia romana (e romanista) composta da Daniele De Rossi e Lorenzo Pellegrini. I due ieri hanno lavorato a Trigoria, con l’obiettivo di essere disponibili alla ripresa del campionato, quando la Roma sarà attesa dalla difficile sfida casalinga contro il Napoli. Il capitano giallorosso, anche lui alle prese con un infortunio al polpaccio, è sempre molto attento a gestire il proprio fisico nel migliore dei modi, anche perché i 35 anni necessitano di particolari attenzioni. Le sue caratteristiche in regia, però, sono uniche nella rosa della squadra di Ranieri, ed è per questo che il suo rientro è sarebbe atteso quasi con prospettive messianiche. Altra storia quella di Pellegrini, che deve confrontarsi con un nuovo problema ai flessori. Anche il suo recupero potrebbe essere fondamentale per l’allenatore romano, ma nel suo ruolo al momento c’è più abbondanza e quindi non c’è bisogno di correre rischi. Questo, tra l’altro, è il mantra anche dello stesso Ranieri, che chiede ai suoi giocatori di «ascoltare il proprio corpo» per non correre rischi durante l’allenamento.

MISTERO UNDER Cosa che evidentemente, in questo 2019, non deve aver fatto Under, che nell’anno in corso ha giocato solo sei minuti, i primi del match contro il Torino. Da quel momento, dopo un infortunio alla coscia e successive ricadute, il turco non è più sceso in campo, fornendo meno scelte sia a Di Francesco sia a Ranieri.

il discorso Una idea però serpeggia a Trigoria. Quando tutti i calciatori saranno tornati alla base dopo i rispettivi impegni con le nazionali, c’è l’intenzione da parte dei vertici di fare un discorso a tutto il gruppo per metterli davanti alle proprie responsabilità. Come dire, se la stagione alla fine sarà fallimentare, la colpa sarà soprattutto loro. Infortuni esclusi, ovviamente.


Tra i brindisi e le ballerine Dzeko finisce sotto accusa

GAZZETTA - ZUCCHELLI - Ha festeggiato nel locale di un noto hotel di Sarajevo con gli amici di sempre, tra cui Pjanic e Zukanovic, e la famiglia al completo. Niente di male, se non fosse che le immagini del compleanno di Edin Dzeko ieri mattina all’alba erano sui social network di tutti gli invitati. E quindi, mentre i romanisti ancora si interrogavano sul suo malumore di queste ultime settimane (a Ferrara l’ultimo caso, in campo prima e con El Shaarawy nello spogliatoio poi), l’attaccante bosniaco brindava, ballava e si godeva lo spettacolo di una danzatrice del ventre. Un divertimento che, tra radio e social, a parecchi tifosi non è piaciuto. Non perché Dzeko non sia amato dai tifosi – è considerato in ogni caso tra i meno colpevoli della stagione della Roma –, ma perché in un momento così delicato, con la squadra che rischia seriamente di restare fuori dalla Champions, questi video non vengono apprezzati. «Nessuno – la sintesi di vari messaggi apparsi su Instagram e Facebook – chiede a Dzeko di non festeggiare il compleanno, ma magari un po’ meno ostentazione non sarebbe stata una cattiva idea».

NERVI TESI Di certo, il momento per l’attaccante bosniaco, che ieri ha raggiunto la sua nazionale, sempre scortato da Pjanic, non è semplice. La stagione con la Roma tra mille difficoltà, il cambio di allenatore, il rischio concreto di non arrivare tra le prime quattro e le tante domande sul futuro non lo lasciano sereno. E i tifosi sono ancora meno sereni di lui, soprattutto nel giorno in cui Pallotta e Monchi non se le mandano a dire. «Edin ormai pensa solo a se stesso. E fa pure bene», un altro dei commenti più gettonati sui social.

TORTA E BALLERINE La torta di Dzeko, quattro piani dedicati alle sue squadre più importanti, ha al vertice i colori giallorossi con una sua foto. Edin la guarda sorridente, così come sorride con la moglie, gli amici, le ballerine: la sconfitta contro la Spal sembra lontana anni luce. Ma non per tutti è così: «È un ragazzo di 30 anni, cosa doveva fare? Ci mettessero gli altri l’anima che ci mette lui», scrive un utente, mentre un altro aggiunge: «Avete fatto passa’ la voglia di Roma pure a lui, che ha fatto di tutto per restare. Siamo senza parole». Le parole, a fiumi, scorrono nelle radio di prima mattina, fino a che la vicenda Monchi-Pallotta non prende il sopravvento. E allora anche Dzeko e la sua festa passano in secondo piano. Almeno fino al prossimo video.

 

 


«Stadio giallorosso tutto procede»

GAZZETTA - ZUCCHELLI - Da una parte la Roma, con cui proseguono gli incontri tecnici: «C’è un interesse convergente». Dall’altra la Lazio: «Al momento non è pervenuto alcun progetto». E’ quanto ha detto Daniele Frongia, assessore allo Sport e ai grandi eventi di Roma Capitale, ai microfoni di “Radio Radio”: «Per quanto riguarda la Roma, proseguono gli incontri tecnici fra le parti: c’è un interesse convergente, i segnali sono positivi». Adesso i passi sembrano chiari, visto che entro l’estate è attesa l’approvazione della variante urbanistica (dopo la valutazione delle 60 osservazioni presentate e delle controdeduzioni) e la stesura della convenzione, il contratto che regolerà il rapporto tra l’anima pubblica e privata. «Per quanto riguarda la Lazio - ha aggiunto Frongia - se ci sarà un progetto sarà valutato. Come tutti i privati se c’è un progetto, può essere presentato al Comune come previsto dalla normativa. Al momento non è pervenuto nulla, come abbiamo già detto».


Monchi e Pallotta volano gli stracci: “Idee diverse”. “Il dg ha fallito”

LA REPUBBLICA - FERRAZZA - Monchi lancia il sasso, Pallotta risponde con una valanga. Durissima la reazione del presidente giallorosso alle parole del suo ex direttore sportivo, che, prima in conferenza stampa a Siviglia, poi su Retesport, ha spiegato il perché del suo prematuro addio. «Con Pallotta abbiamo capito di pensarla in maniera diversa e abbiamo convenuto fosse meglio fermarsi per il bene della Roma – le parole, a dieci giorni dalle dimissioni, di Monchi – avrei avuto bisogno di conoscere meglio la situazione del club. E così sono andato via perché le idee delle proprietà erano diverse dalle mie: il presidente pensava fosse meglio andare a destra, io a sinistra». Parole che non entrano troppo nello specifico delle divergenze tra dirigenza e patron a stelle e strisce, sfiorando appena quelle che sono state le complicazioni degli ultimi mesi, ma tanto è bastato per scatenare la reazione di Pallotta. «Sono rimasto sorpreso da queste dichiarazioni – la replica del numero uno giallorosso – ero stato molto chiaro sulla direzione che dovevamo intraprendere ed è questo il motivo per cui abbiamo speso tanti soldi per portare Monchi da noi». Quindi il ds spagnolo aveva un’autonomia totale nel svolgere il suo lavoro. «Le cose però non hanno funzionato abbiamo infortuni come non mai e, per la prima volta dal 2014, rischiamo di rimanere fuori dalle prime tre». Alla base della divergenze, il fallimento sportivo e la valutazione su Di Francesco. «Ho da subito detto che volevo allenatori di primo livello – continua Pallotta – e anche preparatori, staff medico, scouting e organizzazione calcistica di primo livello. A novembre, quando la nostra stagione stava andando di male in peggio e tutti notavano come l’allenatore stesse faticando a ottenere una reazione dai calciatori, chiesi a Monchi un piano B da attuare nel caso le cose peggiorassero: non lo aveva. Mi spiegò che la sua strategia era continuare con il piano A. Mi chiedo: quando dice che la società andava in una direzione diversa dalla sua, cosa avrebbe voluto fare di diverso?». Ancor più duro il finale. «Gli abbiamo dato il pieno controllo e ora abbiamo più infortuni di quanti ne abbiamo mai avuti e rischiamo di non finire tra le prime tre». Fidarsi totalmente di Monchi è stato un fallimento per Pallotta, che chiedeva da mesi la testa di Di Francesco e una rivoluzione sanitaria. Da questo riparte la Roma, che si sta riorganizzando per quella che sarà l’ennesima rivoluzione estiva: nuovo ds, nuovo allenatore, nuovi medici. Tra nomi che si rincorrono, professionisti che si propongono, tocca intanto a Ranieri, rimasto in pratica da solo, provare nel miracolo di far entrare la Roma in una zona Champions che appare un miraggio, al momento, nel deserto che si è nuovamente creato a Trigoria. Con gli stracci che volano tra Monchi e Pallotta a raccontare il caos in cui il fallimento rischia di maturare.

 

 

 

Soldi, bugie, infortuni: Pallotta accusa Monchi

LA REPUBBLICA - PINCI - La reazione istintiva del presidente consuma, tra Boston e Siviglia, l’ultimo atto del dramma. Benvenuti a Roma, dove si può litigare furiosamente nello spogliatoio dello stadio Mazza a Ferrara e pure via etere: Monchi, l’ex ds, appena tornato al Siviglia ha accusato: «Con la Roma è finita perché io volevo andare a destra e Pallotta a sinistra». La goccia che ha fatto tracimare un vaso saturo da mesi: «Cosa avrebbe voluto fare Monchi di differente?», la replica di Pallotta. «Gli abbiamo dato il pieno controllo e ora siamo alle prese con più infortuni di quanti ne avessimo mai avuti e rischiamo di non riuscire a finire tra le prime tre per la prima volta dal 2014. A novembre l’allenatore faticava, gli ho chiesto quale fosse il suo piano B e mi spiegò che il piano B era continuare con il piano A». Così entrò in scena Franco Baldini, consulente del presidente, proponendo - lui sì - alternative: Sousa e Montella. L’origine della crisi tra la Roma e il ds spagnolo è nata lì. Chiusa dalla scelta di cacciare Di Francesco dopo Oporto. Oggi a Trigoria è inevitabile contare i danni: la Roma ha speso tanto sotto la gestione Monchi, con costi per 240 milioni tra stipendi e ammortamenti. Senza che questi producessero pari risorse (giocatori con cui fare plusvalenza) per colmarli. Altro tema, la gestione infortuni: quelli muscolari sono già 40, ma Monchi aveva scelto di non spiegare: hanno pagato medico e capo fisioterapista, “esonerati” insieme all’allenatore. Pallotta spedirà in Italia un suo uomo, Ed Lippie, che impose già anni fa, per controllare la situazione infortuni e ottenere un report. Poi si penserà al futuro: il club ha scelto, vuole Maurizio Sarri. Ma stavolta, con Gasperini, ha già un piano B.


E allora adesso prendiamo il numero 1

IL ROMANISTA - CAGNUCCI - Era evidente dal primo tempo della partita all'Olimpico con l'Atalanta che alla Roma le cose non funzionavano come si pensava (forse già da tutte le amichevoli estive, quella però effettivamente sarebbe potuta essere un'analisi affrettata), ma se poi il cambio è arrivato solo dopo l'eliminazione da tutto (con l'ignominia di Firenze che reclamava gesti eclatantissimi) vuol dire che si è aspettato troppo.

Ieri tra Siviglia e Boston si sono scoperti un po' gli altarini, ma un po' come l'acqua calda. È stato Monchi a tenere fino alla fine una linea scelta in autonomia da lui, è stato Pallotta a spezzarla visto che era arrivata a un binario morto. Di fatto però parliamo di due ritardi, uno cronico (quello di Monchi), l'altro magari più rispettoso (della delega data al suo ds) ma comunque un ritardo nel momento in cui proprio Pallotta poi esonera sia l'uno, sia l'altro. Perché sì, se Pallotta avesse aspettato fino alla fine senza far nulla, paradossalmente avrebbe avuto solo ragione nel non avere alcuna responsabilità, ma quando poi lo manda via dimostra quello che era già autoevidente: avrebbe potuto farlo ai tempi in cui già diceva a chiunque via sms di essere «disgustato».

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Calciomercato Roma, tentazione Gasperini per il dopo Ranieri

IL GIORNO - Continua la ricerca della Roma del prossimo allenatore. Il traghettatore Ranieri dovrebbe lasciare a fine stagione, e al suo posto, come riporta il quotidiano, la tentazione si chiama Gianpiero Gasperini. I giallorossi hanno un rapporto preferenziale con l'Atalanta: è stato da poco riscattato Bryan Cristante e gli obiettivi per giugno si chiamano Mancini e Ilicic. Ecco perchè l'attuale allenatore nerazzurro potrebbe essere la scelta giusta per il futuro.


Jim-Monchi: ora volano gli stracci

IL MESSAGGERO - ANGELONI - Dall'amore in poi. Il problema è definire dove arriva quel poi. Perché chi va via - in questo caso il direttore sportivo - ha sempre torto e diventa un traditore incapace (si scorrano i commenti alla conferenza stampa di Monchi sul canale youtube del Siviglia) e soprattutto si lascia malissimo con il presidente Jim Pallotta (quando il suo ds ha lasciato Romaè stato salutato ufficialmente dal ceo Fienga e non da Jim), che all'inizio dà pieni poteri e fiducia e a un certo punto decide di toglierteli, a torto o a ragione. Insomma, alla fine il copione è sempre lo stesso: chi va via, lancia qualche sassolino nell'acqua e guarda l'effetto che fa; Pallotta ascolta, legge e poi risentito replica, un po' tosto un po' ironico.

LO SCENARIO - E nel frattempo la Roma (squadra) cade a pezzi, rischia di non andare in Champions, la società deve decidere l'allenatore e quello attuale, Ranieri, attacca i giocatori e prefigura disastri nell'immediato futuro. Molto bene.

IL PRECEDENTE - Era già accaduto ai tempi di Sabatini, che al momento dei saluti parlò di «rapporto ormai deteriorato con il presidente» lo definì «un uomo insicuro, di lui si ricordano solo le smentite». Dopo qualche settimana Jim aveva così risposto: «Avevo perso molta fiducia in Sabatini. I primi due anni erano stati ottimi, ma avremmo dovuto costruire su quelli e invece lui continuava semplicemente a fare scambi». Tutto per colpa dell'algoritmo, dei database bostoniani: la tecnologia contro le scelte romantica del vecchio ds, che il giocatore doveva sentirlo, annusarlo. Ieri il botta e risposta con Monchi è andato in scena invece in poche ore. Il ds andaluso, prima nella conferenza stampa a Siviglia e poi più approfonditamente su Rete Sport, ha spiegato le divergenze che lo hanno portato all'addio: «Ho capito che la proprietà aveva idee diverse dalle mie. Pallotta pensava che fosse meglio andare a destra mentre io ero convinto che fosse meglio svoltare a sinistra». E poi: «Mi sono ritrovato in una situazione economica diversa da quella che pensavo».

LA REAZIONE - Toni soft. Quanto basta, però, per provocare la reazione di Pallotta, che magari non ha gradito troppo quel «situazione economica diversa». Ecco Jim, prontissimo: «Sono rimasto un po' sorpreso nel leggere le dichiarazioni di Monchi: sono stato subito molto chiaro sulla direzione che dovevamo intraprendere. Questo è il motivo per cui abbiamo speso tanti soldi per portare Monchi da noi. Ho subito detto che avrei voluto allenatori, preparatori, staff medico, calciatori e addetti allo scouting di primo livello. Gli ho consegnato le chiavi per dar vita a tutto questo». Tutto questo disastro, aggiungiamo noi. Andando avanti poi, Pallotta: «Guardando i risultati e le nostre prestazioni, è chiaro che non ha funzionato. A novembre, quando la nostra stagione stava andando di male in peggio e tutti notavano come l'allenatore stesse faticando a ottenere una reazione dai calciatori, chiesi a Monchi un piano B da attuare nel caso in cui le cose fossero ulteriormente peggiorate. Pur essendo lui l'unico responsabile della parte sportiva, non lo aveva. Mi spiegò che il suo piano B era continuare con la stessa strategia, quella del piano A. Quindi, quando leggo o ascolto certe interviste, mi chiedo cosa avrebbe voluto fare Monchi di differente? Mi ha chiesto di fidarsi di lui e di lasciarlo fare a modo suo. Lo abbiamo fatto e ora abbiamo più infortuni di quanti ne abbiamo mai avuti e rischiamo di non riuscire a finire tra le prime tre per la prima volta dal 2014». Insomma, si rinfaccia un po' tutto, dalla A alla Z. Sipario e appuntamento alla prossima puntata. O al prossimo ds.


La Champions che verrà, gare nel weekend e retrocessioni

LA STAMPA - Oggi si disegna la Champions che verrà anche se l'incontro tra i grandi club de l calcio europeo è informale, preliminare, condizionale e tutto quanto fa da cuscinetto tra il format che si vorrebbe varare e lo spettro della Super Lega. Per archiviarla ed evitare la deriva indipendentista stile Nba, l’Uefa è disposta a cambiare la Champions così come la conosciamo e di innestare in questa competizione alcune richieste che erano alla base dei desideri di fuga. La prima concessione è arrivata per il triennio 2018-2021 con i posti fissi divisi tra i campionati importanti.

Ma era solo l’inizio. A Nyon, in casa Uefa, giusto per rendere chiara l’assoluta collaborazione, si apre il tavolo delle larghe intese con l’Eca, l’associazione dei club europei presieduta da Andrea Agnelli. Si ragiona su una proposta di base con 32 squadre (come ora) e 4 retrocessioni con delle partite da piazzare nel weekend, elemento che fa discutere. Soprattutto si studia il calendario: doveva restare tutto fermo fino al 2024, ma molte squadre importanti hanno fretta di rivedere introiti, contratti tv e concessioni già dal prossimo giro ovvero dal pacchetto che copre le stagioni 2021-24 e poi nel 2021 parte il nuovo Mondiale per club appena varato dalla Fifa e già sotto minaccia boicottaggio dell’Eca.

Da quando è partita questa faida è anche aumentata la fretta di avere una competizione più ricca in Europa per evitare tentazioni. Per ora non si decide nulla, si parla, forse qualcosa si scarta e si mettono altre date, più decisionali, in agenda ma oggi si inizia a fare sul serio. Dal 2021 dovrebbe entrare in scena anche la terza Coppa voluta dall’Uefa, una sorta di Europa League 2 che probabilmente troverà un nome migliore. Serve ad allargare il giro delle pretendenti al calcio che conta. Anche se l'élite è pronta a sganciarsi con un sistema che consente ai pezzi grossi di esserci sempre, salvo tonfi. Il tutto mentre l’Uefa testa il suo nuovo canale tv pronto a nuovi palinsesti. E potrebbero vivere tutti, o quasi, felici e contenti.


Calcio ceco, Schick solo settimo nella classifica dei migliori

In Repubblica Ceca è stato consegnato il premio Fotbalista Roku 2018, che elegge il miglior calciatore ceco della stagione. L'attaccante della Roma Patrik Schick si è piazzato solo al settimo posto, complice il suo difficile periodo con la casacca giallorossa. A vincere il premio di migliore è il portiere del Siviglia Tomas Vaclick.


Roma, sempre più vicino il rinnovo di El Shaarawy

Stephan El Shaarawy e la Roma sempre più legati tra loro. Per il faraone infatti si avvicina il rinnovo di contratto, che attualmente era in scadenza a giugno 2020. L'ex Milan si avvicinerà ad una cifra di circa tre milioni a stagione, secondo quanto riportato da calciomercato.com.