Roma, ostacoli tecnici
IL MESSAGGERO - TRANI - Il futuro della Roma rimane ancora in stand by. La proprietà Usa è nella fase di valutazione/riflessione per capire quali saranno gli interventi da fare nelle prossime settimane per la stagione che verrà. E a prescindere dal piazzamento finale in campionato che comunque inciderà sull'ennesima rivoluzione tecnica: senza la partecipazione alla Champions, ogni investimento va pesato più che negli ultimi anni (possibile pure la rinuncia alla squadra B). Come il monte ingaggi: l'attuale diventerebbe improponibile. Di conseguenza qualche big uscirebbe dalla rosa. La priorità di Pallotta, però, è il completamento dell'organigramma della società, nominando il nuovo ds (Petrachi sfida Massara). Perché con il successore di Monchi, sempre ascoltando il suggeritore Baldini, il presidente deve individuare l'erede di Ranieri.
TENTAZIONE UNILATERALE - Lungo il percorso stanno aumentando gli ostacoli. La situazione non è allarmante, Ma bisogna essere realisti con quanto sta accadendo attorno alla Roma. Le idee sono chiare e anche intriganti. Le certezze, invece, mancano. Oggi, e non c'è da stupirsi, è più facile arrivare alla scelta del nuovo allenatore che alla disponibilità dello stesso. Così, passando da Sarri a Gasperini e tenendo in corsa Conte, non va dato per scontato il sì dell'eventuale interlocutore.
SOLUZIONE DI SCORTA - Il Grande Rebus è sulla scrivania di Pallotta. Che, a quanto pare, è stato già relazionato sui contatti avuti con gli interessati. Baldini è quello che lo tiene informato sul rapporto di Sarri con il Chelsea. L'allenatore è ormai in bilico, addirittura i tifosi vogliono disertare Stamford Bridge e vendere gli abbonamenti delle ultime gare dei Blues. Ma Sarri non è più convinto, come fece capire due anni fa a Baldini, di trasferisi a Trigoria. Al Napoli avrebbe voluto soprattutto Manolas e Dzeko (anche El Shaarawy, per la verità). Adesso è stato pre-allertato: il difensore e il centravanti non sono sicuri di restare qui. Il tecnico è stato ultimamente chiamato anche dalla Fiorentina. Non si è, però, ancora impegnato con nessuno. La doppia pista italiana è, dunque, il suo piano B. In questo senso è più semplice puntare su Gasperini che, pur essendo sotto contratto con l'Atalanta fino al 2021, avrebbe avuto la garanzia da Percassi di potersi liberare nel caso fosse chiamato da un grande club. Gasperini, però, è considerato il re di Bergamo: per la piazza è il vero artefice dell'exploit nerazzurro più di quanto lo sia la proprietà. Così, se si qualfica per l'Europa League, non è detto che non resti all'Atalanta. È, insomma, combattuto. Anche recentemente ha ammesso, a chi lo ha avvicinato in privato, di essere tentato dall'avventura nella Capitale dove troverebbe giovani da migliorare e e big da rivalutare. Ma sa in partenza che si complicherebbe la vita.
SOGNO LEGITTIMO - Conte, amico di Petrachi, è l'allenatore di «alto profilo» indicato da Pallotta nel comunicato di lunedì. Non ha nemmeno avuto la necessità di nominarlo. E ha fatto bene. Non è l'ingaggio a frenare la trattativa, quanto l'ambizione dell'ex ct azzurro (ieri prima udienza della causa con il Chelsea: 9 milioni in ballo). Che, pur essendo nel mirino del Tottenham più che dello United, è diventato ultimamente frequentatore di salotti, ristoranti e alberghi meneghini. L'Inter e Marotta sono nel suo destino. Come lo è stato fino a novembre il Milan. La Juve, per l'eventuale ritorno, resta il sogno. Simile a quello della Roma. Che può solo rimanere alla finestra. Non si sa mai.
Dzeko-El Shaarawy, la lite va avanti
IL MESSAGGERO - TRANI - La lite di sabato a Ferrara, Dzeko scatenato nel faccia a faccia con El Shaarawy, rimane d'attualità a Trigoria. Anche se i protagonisti di quel diverbio, esagerato e violento, sono lontani dalla Capitale, essendo stati convocati rispettivamente dalla Bosnia e dall'Italia. Gli strascichi sicuramente non aiutano Ranieri che già lavora con metà squadra (contando i soliti infortunati, anche meno di mezzo gruppo: almeno è tornato Kolarov che ha lasciato il ritiro della Serbia) e nemmeno i dirigenti che si preparano ad affrontare il nuovo caso che non è facile da risolvere.
FARAONE DELUSO - Anche perché, a differenza di quanto si è visto in campo dove Edin ha litigato davvero con il mondo, il più arrabbiato è adesso Stephan. Che ha lasciato Ferrara infuriato con Ranieri che, dopo il diverbio, non lo ha schierato nella ripresa, sostituendolo con Perotti, e risentito anche con la società che non lo ha tutelato dopo l'aggressione del centravanti davanti ai compagni. El Shaarawy non ha compreso soprattutto la scelta dell'allenatore che lo ha lasciato negli spogliatoi e che, secondo il giocatore, con la sua decisione, è come se avesse dato ragione a capitan Dzeko. Ecco perché, oltre ad aver preso male la scelta di Ranieri per l'esclusione a metà tempo, non ha gradito la mancata difesa della dirigenza.
FUTURO INCERTO - Stephan, in ritiro a Coverciano, si concentra per ora sull'Italia. E, a quanto pare, prende tempo con la Roma. Che, da qualche settimana, è pronta a rinnovargli il contratto. Conclusione che, al momento, non piace all'attaccante. Vuole prima confrontarsi con i dirigenti su quanto è successo sabato allo stadio Mazza. La rissa nell'intervallo della partita con la Spal non è stata insomma archiviata a Ferrara: Edin è volato in Bosnia da Bologna con un jet privato e quindi non c'è stato alcun chiarimento con il compagno dopo il match. El Shaarawy, comunque, ne fa una questione di principio, conoscendo le intenzioni del club giallorosso. Che non vuole confermare Dzeko, ma lui.
Stadio, indagato Frongia: nuova tegola sulla Raggi
IL MESSAGGERO - ALLEGRI - Non c'è pace per il Campidoglio a Cinquestelle. Nel giorno dell'interrogatorio di garanzia dell'ormai ex presidente del Consiglio comunale, Marcello De Vito, arrestato due giorni fa per corruzione e traffico di influenze per le tangenti incassate dall'imprenditore Luca Parnasi e da altri tre costruttori, un nuovo terremoto giudiziario scuote la giunta pentastellata. Perché sul registro degli indagati c'è anche il nome dell'assessore allo Sport Daniele Frongia, ex vicesindaco, fedelissimo della prima cittadina Virginia Raggi, che in serata ha annunciato di avere rimesso le deleghe e di essersi autosospeso dal Movimento. L'accusa, pure per lui, è corruzione. E la contestazione è riferita, ancora una volta, all'affaire Tor di Valle e a Luca Parnasi, già imputato per associazione a delinquere per il giro di mazzette legato alla realizzazione del Nuovo stadio della Roma. Il fascicolo su Frongia e quello su De Vito sono separati, anche se il nome dell'assessore allo Sport è emerso anche nell'ordinanza che ha portato in carcere il presidente del Consiglio comunale. Il filo conduttore che li lega è proprio Parnasi: entrambe le indagini sono state aperte dopo gli interrogatori dell'imprenditore. Per quanto riguarda l'assessore, il costruttore, lo scorso settembre, ha raccontato all'aggiunto Paolo Ielo e alle pm Barbara Zuin e Luigia Spinelli di avere chiesto al politico di segnalargli il nome di qualcuno da assumere in Ampersand, una delle società del costruttore, come responsabile delle relazioni istituzionali. Frongia avrebbe suggerito il nome di un'amica trentenne, una collaboratrice del Campidoglio. Ma la cosa non era andata in porto perché Parnasi era stato arrestato. Nello stesso interrogatorio, il costruttore aveva anche specificato che il politico non aveva mai avanzato richieste, né aveva fatto pressioni. «Da informazioni assunte dalla Procura emerge che la posizione del nostro assistito sarà definita a breve con una richiesta di archiviazione», commentano gli avvocati dell'assessore, Emiliano Fauslo e Alessandro Mancori.
LE INTERCETTAZIONI - Nelle conversazioni intercettate con De Vito e con il suo socio Camillo Mezzacapo - pure lui in carcere -, però, Parnasi diceva di conoscere bene Frongia. E De Vito - si legge nell'ordinanza a suo carico - accettando di aiutare l'imprenditore in un progetto parallelo allo stadio, cioè quello sulla realizzazione di un palazzetto del basket nell'area della ex Fiera di Roma, «assicura che provvederà a parlare dell'operazione con il capogruppo del Movimento 5 Stelle in Consiglio comunale, Paolo Ferrara e con l'assessore Daniele Frongia», sottolinea il gip Maria Paola Tomaselli. È il 31 maggio 2018. «Ne parliamo sabato anche con Paolo così lavoriamo un po' sulla maqqioranza... mò riparla adesso con Daniele... rinvialo questo passaggio dell'Eurobasket». E Parnasi: «Glielo sfumo, glielo sfumo. Siccome Daniele è uno che è una volpe, ha una velocità in testa che... io con Daniele ho un buon rapporto lui onestamente è un po'... come si dice a Roma rintorcinato... Non capisci mai». De Vito ride: «Ha la modalità del giocatore di scacchi russo». Interviene anche Mezzacapo: «Anni 70 proprio dell'Unione Sovietica. Capito?».
GLI INTERROGATORI - Intanto, mentre ieri montava l'ennesima bufera politica, De Vito ha deciso, solo per il momento, di non rispondere alle domande del gip. Da Regina Coeli, però, ha detto al suo avvocato Angelo Di Lorenzo di essere pronto a «chiarire tutto nei prossimi giorni. Sono sereno anche se molto dispiaciuto per quanto sta succedendo». Anche Mezzacapo si è avvalso, ma ha dichiarato di «non aver percepito nessuna tangente, ma solo compensi per attività professionali, che nulla avevano a che fare con l'attività politica di De Vito. Curavo transazioni e attività che si svolgono di norma nella pubblica amministrazione». Ha anche precisato che «la Mdl srl non è una società-cassaforte e non è in alcun modo riconducibile» all'ex presidente del Consiglio comunale, come sostenuto dagli inquirenti. Il suo difensore, l'avvocato Francesco Petrelli, ha già annunciato il ricorso al Tribunale del Riesame. Ha reso dichiarazioni spontanee anche Gianluca Bardelli, imprenditore finito ai domiciliari: «Sono estraneo alla vicenda, non ho mai preso soldi, né mi sono mai stati promessi». A carico di De Vito e Mezzacapo è stato anche disposto il sequestro preventivo di 250mila euro. Altri 95mila euro sono stati sequestrati all'avvocato Virginia Vecchiarelli, indagata a piede libero, e 20mila a Bardelli.
Tangenti in Comune: parte l'inchiesta su cinque progetti
IL MESSAGGERO - PIRAS - Si è sobbarcata l'interim di deleghe pesanti come l'Ambiente e i Rifiuti e rischia di prendersi quelle allo Sport e ai Grandi Eventi che sono vacanti in attesa che la Procura archivi l'inchiesta su Daniele Frongia. Ma la delega più politica che ha assunto ieri la sindaca Virginia Raggi è quella dell'indagine interna. Altro che due diligence. Dietro gli anglicismi si poteva nascondere la paura dell'infiltrazione corruttiva. Altro che indagine del Politecnico. L'illusione si era già spenta quando l'impatto del progetto fu definito dai professori universitari «catastrofico». Ora è il tempo dell'ispezione profonda, del corpo a corpo, del legittimo sospetto su ogni firma che è stata apposta e in qualche modo forzata dal sistema di corruttela scoperchiato dai magistrati. Ieri Raggi ha convocato tutti i dirigenti apicali delle aree più esposte ai reati. «E ora ditemi chi ha avuto rapporti con Marcello De Vito e su cosa». Questa la perentoria richiesta della sindaca ai dirigenti per andare alla fonte del problema, smascherarlo, cercare di prevenire, almeno nei tempi, la procura. Ha incontrato anche Gabriella Raggi, la capo segreteria dell'assessore Luca Montuori che con tutta probabilità sarà rimossa dall'incarico perché indagata per corruzione.
Per questo verrà acceso un faro potente sui progetti che compaiono nelle carte dell'inchiesta. Gli approfondimenti verteranno su Tor di Valle che ora staziona in un limbo, una specie di quarantena. Ma anche gli altri progetti subiranno uno stop per essere passati al setaccio e sono: gli ex Mercati generali, l'ex fiera, il progetto l'ex stazione Trastevere e i piani di zona. «Rallenterà tutto ma ora è prioritario», è il ragionamento. Perciò dai lavori pubblici all'Urbanistica, dal Verde all'Avvocatura. Tutti sono andati a rendere conto di fronte a Raggi di quel sistema che risulta agli inquirenti.
L'INTERVENTO - Serve anche ad andare «avanti compatti», perché «abbiamo un progetto comune», come ha ribadito fino alla nausea Raggi alla sua maggioranza scossa e paralizzata dall'intervento dei pm. Hanno paura delle penali da pagare i consiglieri ma la sindaca ha spiegato che ora è necessario fare una verifica amministrativa e che lo stadio non si deve fare a tutti i costi. L'hashtag Lo stadio si fa non c'è più. Per i progetti ora congelati Raggi dovrà capire fin dove è penetrata la mano di De Vito. Quei dossier risultano infatti pilotati e perciò considerati dagli indagati «redditizi».
LE PAROLE - «L'analisi contestuale di entrambi i procedimenti (i due filoni di inchiesta sullo stadio della Roma ndr) fotografano il grave fenomeno corruttivo che si è realizzato ai vertici di Roma Capitale», scrive il gip e queste parole sono ora scolpite. Con l'aiuto del capo do gabinetto Stefano Castiglione la sindaca ora procederà a una disamina attenta. Il braccio destro di Raggi sarà Cinzia Esposito, la dirigente dell'Urbanistica considerata un ostacolo da Parnasi e che Raggi ha voluto a capo di questo settore così delicato trasferendola da Ostia al Campidoglio. Si va per contrasti ormai e i nemici del nemico diventano amici.
Tor di Valle, frenata della sindaca: «Non lo facciamo a tutti i costi»
IL MESSAGGERO - MENICUCCI - Per dire che siamo al «contrordine compagni» magari è ancora un po' presto, ma di sicuro l'ultimo tsunami che ha travolto la giunta grillina in Campidoglio portandosi via per ora un presidente di Assemblea Capitolina (De Vito), un assessore già vicesindaco e ancora fedelissimo della sindaca (Frongia) un effetto lo ha prodotto anche sul progetto dello stadio a Tor di Valle: quella che, fino a qualche giorno fa, sembrava una certezza granitica («lo stadio si fa», andò a dire in conferenza stampa la Raggi), oggi vacilla in maniera significativa.
LO SFOGO - Nei corridoi di Palazzo Senatorio, in queste giornate convulse che hanno riportato con la mente agli ultimi giorni di Ignazio Marino o ad alcuni passaggi clou della giunta Alemanno, l'hanno infatti sentita spesso ripetere: «Io lo stadio non lo faccio a tutti i costi». E poi, ancora più esplicita: «Non posso passare per essere io la paladina dello stadio». Un progetto, come ha ricordato la sindaca nella sua intervista al Messaggero, che lei ha ereditato dalla precedente amministrazione e che forse, fa trasparire ora, avrebbe anche bloccato «se non ci fossero state penali molto alte da pagare, con il rischio di esporre l'ente al possibile danno erariale».
Una postilla dell'ultima ora, dettata proprio dagli sviluppi dell'inchiesta giudiziaria: perché fino agli arresti di Luca Parnasi e Luca Lanzalone (a giugno) la comunicazione M5S poteva anche provare a veicolare l'immagine che i cattivi, o i corrotti, fossero fuori dal Movimento (per quanto Lanzalone era ben inserito dentro i pentastellati, anche a livello nazionale). Ma ora le «mele marce», come sono state ribattezzate, sarebbero proprio dentro casa, negli uffici della piazza che affaccia sul Marc'Aurelio.
Ecco allora la frenata di Virginia: «Non resto appesa allo stadio». Una virata che è già partita ieri, quando la prima cittadina ha avviato con gli uffici una vera e propria inchiesta interna per verificare la legalità di tutti i progetti citati nelle carte: gli ex Mercati Generali dei Toti, l'hotel di Statuto, l'ex Fiera di Roma su cui aveva mire Parnasi e, naturalmente, lo stadio di Tor di Valle, il più importante di tutti.
I PROSSIMI PASSI - Sicuramente si procederà con tutte le cautele del caso ma il faro, fanno capire in Campidoglio, è stato acceso. E la pratica è nelle mani della direttrice del Dipartimento Urbanistica, Cinzia Esposito, che dalle intercettazioni esce come una dirigente integerrima, «una che urla in testa persino all'assessore», una che dal gruppo De Vito-Mezzacapo-Parnasi, veniva considerata un problema e un ostacolo.
Un'indicazione chiara quella di Raggi: affidarsi ad una persona di cui si fida ciecamente, che lei stessa ha voluto mettere a capo di un settore così delicato, trasferendola da Ostia. L'altro passaggio sarà verificare con l'Avvocatura capitolina, a volte fin troppo paludata, se si possa superare il parere già emesso dai legali del Campidoglio: quello, appunto, che parlava di possibili penalità in caso di dietrofront sul progetto Tor di Valle. Un'azione ispettiva che, ovviamente, richiederà il suo tempo. Un mese, forse due. Chissà. Intanto si sta alla finestra e si aspetta: che escano altre carte, altre intercettazioni, che la polvere si posi a terra. Nel frattempo, però, ci sarebbe stata la variante urbanistica da approvare in giunta e poi da portare in aula, ultimo e decisivo passo amministrativo per procedere con l'operazione stadio. L'approvazione del provvedimento era prevista, inizialmente, entro l'inizio dell'estate (giugno, più o meno) ma è evidente che sia per effetto dell'inchiesta ancora in corso, sia per la nuova indagine avviata dalla Raggi è quasi sicuro che si slitterà ancora: magari all'autunno, oppure direttamente all'anno prossimo. Quando, ormai, mancherebbe appena un anno e mezzo alla fine della consiliatura. E il tempo, si sa, in certi casi vola via.
Ed Lippie, un "salvatore" a Trigoria
IL TEMPO - MENGHI - I soccorsi arrivano dall'America. Pallotta si è deciso ad intervenire sul caso infortuni the sta tormentando la Roma quest'anno e, dopo aver mandato via medico e capo dei fisioterapisti, spedirà oggi a Trigoria il suo consulente di fiducia, nonché vecchia conoscenza del club, Ed Lippie, per cercare di capire cosa a andato storto e cominciare a studiare un piano per la prossima stagione. Destino vuole che proprio ieri si sia fatto male Florenzi facendo saline a 40, cifra tonda, i guai muscolari (14 al polpaccio, tra l'altro) e a 66 gli infortuni totali, decisamente sopra statistica. Sono addirittura 134 le assenze per problemi fisici fatte da 23 giocatori differenti: un'epidemia.
Per curarla non basterà qualche piccolo accorgimento, il presidente vuole rifare la struttura da capo, non solo per quanto riguarda la panchina e la direzione sportiva del club (a proposito: mercoledì sera saluto a cena in un ristorante ai Parioli tra Monchi, Baldissoni, Massara, Balzaretti, il capo dello scouting Vallone e il responsabile delle giovanili Tarantino), vuole rivoluzionare anche il settore medico e ha già cominciato a farlo in questo finale di stagione, proiettandosi al futuro. Arriveranno nuovi uomini e sarà fondamentale il check di Ed Lippie, che raccoglierà tutti i dati utili nella spedizione romana per poi riportarli al presidente, che ha continuato a fidarsi del preparatore statunitense anche dopo l'addio a braccetto con Norman lo scorso giugno. La convivenza tra il duo americano voluto da Pallotta e i team dei vari Spalletti, Garcia e Di Francesco non ha funzionato, anche a loro venivano imputati i troppi infortuni muscolari, che quest'anno si sono tuttavia triplicati.
Si ferma anche Florenzi
IL TEMPO - MENGHI - La Roma ha le ali tarpate. La pausa che doveva servirle per svuotare l'infermeria fa invece nuove «vittime» e complica la vita a Ranieri, costretto a tamponare un'emergenza senza fine da quando ha messo piede a Trigoria. Ieri mentre Kolarov rientrava nella capitale è scattato l'allarme Florenzi a Coverciano: risentimento al polpaccio per l'esterno azzurro e altro caso nazionale da gestire. Il braccio di ferro con la Serbia l'hanno vinto i giallorossi, che hanno ottenuto il rientro anticipato del terzino partito nonostante una fastidiosa infiammazione alla coscia: la buona notizia è che la federazione, dopo controlli accurati, ha deciso di non rischiare il calciatore, la cattiva è che ad oggi Kolarov non sarebbe in grado di giocare una partita da titolare e dovrà comunque dare segnali positivi nella prossima settimana per guadagnarsi un posto nella sfida con il Napoli.
Ma la vera batosta è l'infortunio di Florenzi con l'Italia, che per ora se lo tiene. I medici della Roma sono stati subito contattati da quelli della nazionale e insieme hanno deciso di aggiornarsi oggi sulla situazione, dopo un accertamento più approfondito al polpaccio dolorante. II rischio, in caso di lesione, è uno stop di un paio di settimane. Prima di fasciarsi la testa, però, bisognerà capire l'entità del danno e da Trigoria non possono far altro che aspettare le notizie da Coverciano, a dita incrociate. Ranieri finora ha potuto schierare la coppia Florenzi-Santon nel successo contro l'Empoli e poi si è arrangiato con Karsdorp-Juan Jesus nel ko con la Spal. Confidava di poter ritrovare i titolari col Napoli, ma dovrà rivedere i suoi piani visto che il lazzaretto giallorosso sembra non estinguersi mai. II tecnico non può certo stare tranquillo in questa sosta, anche se i casi limite Manolas e Kolarov sono tornati a casa come da piani iniziali e potrebbe fare la stessa fine Florenzi se gli esami non saranno rassicuranti, ma in giro per il mondo ci sono altri 7 giallorossi: oggi scende in campo Schick con la Repubblica Ceca a Londra contro l'Inghilterra, domani tocca agli azzurri, a Dzeko, impegnato a Sarajevo contro l'Armenia, e Olsen, che a Stoccolma difenderà i pali della Svezia contro la Romania.
I nazionali rientreranno tutti a Roma mercoledì 27, poi sarà l'allenatore, in base alle singole situazioni psicofisiche, a decidere come procedere con gli allenamenti di scarico e i rientri in gruppo dei più spremuti. Sperando che avvicinandosi alla gara di domenica possa recuperare qualche pezzo, vedi Under, Manolas, De Rossi, Pastore e Pellegrini (ieri out per influenza), tutti col Napoli nel mirino.
"A De Vito soldi da Parnasi per finanziare Lombardi". E lui in cella: "Brutta aria"
LA REPUBBLICA - VINCENZI, VITALE - Marcello De Vito non è mai stato un tipo loquace. Carattere ombroso, sempre attento a centellinare le parole, dacche ha varcato la soglia di Regina Coeli sembra essersi chiuso ancora di più. Per uno che fino a ieri guidava l'assemblea capitolina la prima notte in prigione dev'essere stata un trauma. Le accuse sono pesanti. E rischiano di travolgere, oltre a lui, altri pezzi del M5S. A cominciare dalla cordata nazionale di cui faceva parte, e che fa capo a Roberta Lombardi: nelle carte dei pm De Vito e accusato di aver ricevuto soldi dal costruttore Parnasi per la campagna delle regionali 2018, dove Lombardi correva da candidata presidente. De Vito divide la cella nel reparto "nuovi arrivati" con un ragazzo di colore. Quando alle sette di sera la deputata pd Patrizia Prestipino passa lì davanti lui le lancia un'occhiata stupita: "Ci conosciamo, vero?" sorride. Tuta grigia e occhiali, «ho un gran mal di testa, e possibile avere un Aulin?» chiede ai secondini. "E mi raccomando lo spesino", aggiunge. La lista dei generi di prima necessita, a partire dalle amate sigarette, sono fondamentali in un posto cosi. «Come stai?» domanda la parlamentare. "Ma si dai, ce la posso fare, chiarirò tutto, tornerò a casa presto" replica di getto: "Certo tira proprio una brutta aria fuori", si lascia andare. L'unico momento di cedimento. Quello che non ha invece mostrato davanti ai magistrati venuti a interrogarlo: si e avvalso della facoltà di non rispondere, "gliel'ho consigliato io per darmi il tempo di organizzare la difesa",preciserà poi l'avvocato. "Sono dispiaciuto, ma sereno" ripete De Vito. "Noi siamo garantisti", cerca di rassicurarlo Prestipino, "si è colpevoli solo dopo il terzo grado di giudizio, forse anche voi del M5S dovreste riflettere". Ma l'ormai ex presidente dell'Aula Giulio Cesare guarda altrove.
Gli sviluppi dell'inchiesta - La chiave di tutto erano le fatture per operazioni inesistenti, il metodo col quale i costruttori finanziavano De Vito per il tramite dell'avvocato Camillo Mezzacapo. Che il legame tra i due fosse molto stretto lo ha spiegato lo stesso Luca Parnasi, il costruttore finito in manette a giugno, dalle cui dichiarazioni e scaturito questo secondo filone di inchiesta. Spiega l'imprenditore ai pm, in un verbale riportato in un'informativa dei carabinieri del nucleo investigativo: "Conobbi Mezzacapo in occasione di un incontro con De Vito da Vanni... Ho percepito immediatamente che De Vito gradisse l'avvio di un rapporto professionale con lo studio Mezzacapo, ma voglio precisare che non c'è stata alcuna imposizione in tal senso (...) De Vito, pur non avendomi detto nulla, ha sponsorizzato, sin da quel primo incontro, la nascita del nostro rapporto professionale. Non siamo entrati nello specifico quel primo giorno, pert) abbiamo parlato della possibilità di affidare degli incarichi allo studio alla presenza di De Vito».
La strategia condivisa - Da quando Mezzacapo diventa consulente di Parnasi, quest'ultimo sa di aver trovato le chiavi del Campidoglio. Spingendosi a condividere col presidente dell'aula piani e strategie. Come nel caso del contenzioso di una delle sue società, Ecogena, con Acea. Il costruttore spiega al procuratore aggiunto Paolo Ielo e ai pm Luigia Spinelli e Barbara Zuin: «Non volevo avere un contenzioso con Acea in vista della questione più grande, che era quella dello spostamento della sua sede nel Business Park. Ho sicuramente parlato di ciò con Mezzacapo e con De Vito, anche in presenza di entrambi e l'avvocato si è dato da fare, sfruttando le sue relazioni, per verificare se ci fossero i presupposti. Ho parlato di questo anche a De Vito ed ho promosso il mio progetto parlando anche con lui. Ricordo che lui concordo sul fatto che era una bella idea e che bi-sognava lavorarci. Ho ritenuto di parlarne anche con De Vito perché lo spostamento della sede Acea avrebbe certamente richiesto l'avallo del Campidoglio». E per "assicurarsi" quel placet il costruttore ha pagato a Virginia Vecchiarelli, cognata di Mezzacapo, un parcella da 95mila euro. D'altronde il costruttore era un teorico del "foraggiare la politica": nell'informativa i carabinieri scrivono che ci sono "elementi che permettono di affermare che it presidente del consiglio comunale, Marcello De Vito, ha chiesto ed ottenuto da Luca Parnasi un supporto per la campagna elettorale di Roberta Lombardi", candidata governatore del M5S alle ultime regionali.
"Telefoni sotto controllo" - Dopo l'arresto di Luca Lanzalone, le trattative proseguono, ma con più cautela perché "stanno tutti con i telefoni sotto controllo". Una precauzione tuttavia inutile.
Roma, fedelissimo di Raggi indagato
LA REPUBBLICA - VINCENZI - Non c'è pace per il Campidoglio a trazione grillina: dopo l'arresto di De Vito, l'iscrizione di Daniele Frongia, assessore allo Sport e fedelissimo di Virginia Raggi per corruzione. E poco importa che lui si affretti ad annunciare la prossima richiesta di archiviazione da parte della procura (esito, a quanto filtra, verosimile): nel mondo a Cinque Stelle si è già scatenato il delirio. Tanto che, dopo aver cercato invano di arginare lo tsunami e placare gli animi, in serata l'ex vice sindaco si autosospende e rimette tutte le deleghe alla sindaca «per una questione di opportunità politica». In attesa che i pubblici ministeri romani lo tolgano d'impaccio (secondo i suoi avvocati dovrebbe avvenire già nel fine settimana).
L'episodio che gli viene contestato non ha nulla a che vedere con l'inchiesta che ha coinvolto il suo collega di partito De Vito (in carcere da mercoledì per corruzione). Frongia viene iscritto nell'ambito dell'inchiesta madre sullo stadio della Roma, quella per la quale a giugno scorso finirono in manette una serie di persone tra le quali il presidente Acea Luca Lanzalone e il costruttore Luca Parnasi. Ed è stato proprio quest'ultimo (che ha dato anche il via all'inchiesta su De Vito) in un interrogatorio del settembre 2018, a raccontare di come un volta chiese a Daniele Frongia un aiuto. Cercava qualcuno a cui affidare l'incarico di responsabile delle relazioni istituzionali di una delle sue societa, la Ampersand. Frongia gli fece il nominativo di una sua conoscente, una ragazza di 30 anni. Ma l'assunzione non andò in porto perché poco dopo, il costruttore venne arrestato dai carabinieri del nucleo investigativo. II procuratore aggiunto Paolo Ielo e il sostituto Barbara Zuin si convinsero comunque a indagarlo, dopo quelle dichiarazioni, ma ora sarebbero intenzionati a chiedere l'archiviazione.
Ieri intanto, ci sono stati gli interrogatori di garanzia dell'ex pre-sidente dell'Assemblea capitolina, Marcello De Vito, e dell'awocato Camillo Mezzacapo. II politico ha deciso di non rispondere alle domande del gip, ma al legale ha detto "sono sereno, presto chiarirò tutto". Mentre il suo ex collega di studio (arrestato come lui per corruzione mercoledì), pur avvalendosi della facoltà di non rispondere ha voluto rendere spontanee dichiarazioni. "Non ho mai preso nessuna mazzetta- ha messo a verbale - i bonifici sono il compenso per le consulenze. Ho svolto attività professionali che nulla avevano a che fare con l'attività politica di De Vito". E, a proposito della società nella quale quel denaro confluiva: "La MdL srl non è una società cassaforte e non e in alcun modo riconducibile all'ex presidente del Consiglio comunale".
La giunta Raggi sotto accusa perde il decimo assessore
LA REPUBBLICA - D'ALBERGO - Quota dieci. Un altro assessore, questa volta un peso massimo, abbandona la nave grillina nel pieno della tempesta. Perché la bufera ieri si è allargata in fretta: non bastasse l'arresto del presidente dell'Assemblea capitolina, quel Marcello De Vito finito in carcere per corruzione, a distanza di 24 ore è arrivata un'altra batosta per la giunta Raggi. Daniele Frongia, a sua volta indagato per corruzione nella prima tranche dell'inchiesta sullo Stadio per la Roma per aver consigliato l'ingaggio (mai formalizzato) di una sua conoscente a Luca Parnasi su richiesta dell'imprenditore, ieri sera ha salutato il Campidoglio. Nella borsa i ricordi da consigliere d'opposizione, la storiaccia (non confermata) del dossieraggo architettato ai danni di De Vito per scalzarlo dalla corsa alla cand-datura a sindaco, un libro sugli sprechi del Campidoglio e le chat dei "Quattro amici al bar" con l'ex braccio destro della sindaca, Raffaele Marra, e il vecchio segretario politico Salvatore Romeo. Il judoka ultraraggiano, vicesindaco fino allo scoppio del caso Marra e poi assessore allo Sport con la passione per il nuoto e gli scacchi, ieri ci ha pensato su per un intero pomeriggio. Poi, per non mettersi contro il capo politico Luigi Di Maio e il resto del Movimento, ha mollato: "Mi autosospendo dal M5S e rimetto le deleghe allo Sport nelle mani della sindaca per una questione di opportunità politica, nel rispetto degli attivisti e di chi ci sostiene ogni giorno, ma soprattutto nel rispetto degli stessi principi che mi spinsero molti anni fa ad aderire a una forza politica trasparente e in cui credo fermamente".
Dimissioni secche, ma che lasciano Frongia ancora in bilico. Chiuso fino a tarda sera in Campidoglio con la prima cittadina, l'assessore sotto inchiesta ha ribadito la sua decisione. Una presa di posizione arrivata dopo l'accesso con cui la scorsa settimana ha scoperto di essere indagato. Poi ha ripreso le parole dei suoi due avvocati, gli stessi Alessandro Mancori ed Emiliano Fasulo che hanno difeso la sindaca nel processo per falso: "La posizione del nostro assistito sarà definita a breve con una richiesta di archiviazione". Dichiarazioni che, lette in serie, hanno scatenato più di una perplessità tra i consiglieri: "Ma che vuol dire? Tornerà quando verrà scagionato?". Si vedrà se le dimissioni saranno solo una mossa di facciata. Sulla decisione resta comunque il marchio del Movimento nazionale. Ieri Di Maio si è fatto sentire con la sindaca. Poi ha mandato a palazzo Senatorio due suoi emissari il suo capo staff (e fedelissimo di Casaleggio) Max Bugani e il dputato romano Francesco Silvestri. Una doppia presenza che in tempo di assoluta crisi e alla vigilia delle europee ricostituisce il vecchio asse Roma-Milano. Allungando la vita a Virginia Raggi: sconfessate he ipotesi che nel primo pomeriggio la davano vicina alle dimissioni assieme al resto della giunta, la sindaca andrà avanti. Senza De Vito e Frongia, con una ciurma di eletti ancora sotto schiaffo e gli occhi dei big del Movimento di nuovo puntati addosso.
In vista delle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo —non fossero sufficienti gli inciampi e le inchieste collezionate fino a questo momento in Comune - non sono più ammessi errori. Non ne vogliono vedere più i consiglieri. Duri, durissimi come Andrea Coia pochi istanti dopo la notizia dell'indagine su Daniele Frongia: "Servono persone più forti in Campidoglio". Ma determinati, per quanto possibile, ad andare avanti. La prima cittadina ha promesso uno screening sugli atti di De Vito e ora potrebbe fare lo stesso con quelli dell'assessore allo Sport congelato e in attesa di verdetto sia giudiziario che politico. Ma non è finita qui. Perché la maggioranza rilancia. Anche sullo stadio della Roma. Ieri mattina, prima della nuova grandinata, it capogruppo Giuliano Pacetti spiegava che «il controllo sugli atti sta per essere completato. Se tutto sarà in ordine, andremo avanti. Ci sono no dei contrari? Nel Movimento si vota a maggioranza...E chi non rispetta questa regola ne risponde personalmente", completava il ragionamento il solito Coia.
Come a dire, chi non vota con il gruppo fuori insomma, la tensione è massima. E a doverla stemperare nelle prossime ore sarà il neopresidente dell'aula Giulio Cesare, Enrico Stefano. II giovane successore di Marcello De Vito e reduce, assieme alla sindaca, dei "Fantastici quattro" che in era Marino occupavano gli scranni dell'opposizione. Ora dovrà accogliere anche il sostituto del suo predecessore. La prima dei non eletti, Cettina Caruso, spiega di non aver "ancora ricevuto alcuna comunicazione" e non si sbilancia. Anzi, minaccia querela a chiunque la contatti al telefono. Poi in lista ci sarebbe Francesco Silvestri, ma è già deputato. Quindi sotto con l'architetto Carlo Maria Chiossi: «Sto valutando, certo che la situazione non è delle migliori in Comune... mi sono candidato per le europee. Lì non ci sono molte speranze. In Campidoglio, invece... vediamo".
Attacco giallorosso: da Schick a Under, tutti sotto esame
LA GAZZETTA DELLO SPORT - CECCHINI - Da Dzeko a Schick, da El Shaarawy a Perotti, da Kluivert a Under – pur con motivazioni differenti – nessuno degli attaccanti giallorossi ha certezza di avere il futuro assicurato a Trigoria. Dzeko, senza la Champions, è uno dei primi candidati all’addio, tanto più che, nonostantei 33 anni appena compiuti, l’Inter è pronta a fargli ponti d’oro. Per sostituire il bosniaco, sarebbe meglio un titolare (piace Belotti) oppure dare fiducia a Schick? Se passasse la prima ipotesi, forse il ceco chiederà la cessione, perché tre stagioni da riserva sarebbero troppe.
El Shaarawy convincerebbe, ma ha il contratto in scadenza nel 2020 e in estate dovrà essere per forza ridiscusso, pena divorzio. Perotti paga i troppi infortuni che stanno costellando la carriera e quindi, se trovasse sistemazione (piace in Argentina), sarebbe accontentato. Chi ha davvero mercato sono Under e Kluivert. L’olandese potrebbe non gradire un’altra stagione da comprimario.
Football Legends Cup: Totti e Baggio insieme nella squadra azzurra
LA GAZZETTA DELLO SPORT - Saranno Totti e Baggio le stelle della selezione azzurra della Football Legends Cup, che si giocherà in Cina, all’interno del Wuliangye Chengdu Performing Arts Center. Nell’hotel a 5 stelle che ospita i giocatori, accolti da un cielo grigio e tanto smog, le camere sono infarcite di stelle da tutto il mondo: da Djorkaeff a Candela, Ba e Pires, da Rivaldo, Aldair a Julio Cesar, da Figo a Batistuta