Florenzi è giù ma non si arrende

GAZZETTA - ZUCCHELLI - Non ci fossero state, come le ha ribattezzate qualcuno sui social network, le “Idi di marzo” di Trigoria, forse questi giorni per Alessandro Florenzi sarebbero stati ancora più duri. Perché ancora più forti sarebbero state le luci dei riflettori, dopo il fallo da rigore contro il Porto che è costato carissimo — e non solo in senso economico — alla Roma. Le lacrime al Do Dragao hanno fatto il giro d’Europa, la mattina successiva, in aeroporto, per Florenzi è stato difficile incontrare i tifosi, ancora più difficile tornare a casa e rendersi conto che quello che era successo non solo era tutto vero, ma era anche l’apice di un percorso sempre più complicato. Tanto complicato da fargli davvero prendere in considerazione, nella notte di Oporto, l’idea di salutare a fine stagione. Pensieri negativi che sono durati lo spazio di qualche ora. Perché Alessandro Florenzi, adesso, ha voglia di rimettersi in gioco.

CONDIZIONI Lo farà parlando con Ranieri, che ha l’esperienza giusta per aiutarlo. Lo farà magari rinunciando a qualche partita, ma non scenderà più in campo mettendo a rischio non tanto la sua salute, quanto la serenità della squadra, evitando figuracce a se stesso e agli altri. E lo farà anche confrontandosi con Totti e De Rossi, oggi dirigente e capitano, per lui semplicemente amici. Lo erano così tanto che, anni fa, Alessandro aveva come foto del profilo Whatsapp, orgogliosamente, i loro nomi incisi sulle lattine di Coca Cola. Sognava di diventarne l’erede, adesso quel sogno sta diventando un incubo perché, di continuo, gli viene rinfacciato di non essere come loro.

L’ABBRACCIO Qualcuno lo ha accusato persino di aver finto ad Oporto le lacrime, ma per informazioni basta chiedere a un signore che si chiama Iker Casillas e che in casa ha più trofei che piatti: è stato lui il primo a consolarlo, perché i campioni fanno così. Forse Alessandro Florenzi campione come Casillas non lo sarà mai e difficilmente avrà la sua bacheca, ma diventare un pilastro come lo spagnolo è stato nel Real una vita è il suo obiettivo. I fischi gli fanno male, le scritte sui muri legate anche alla nonna ancora di più, per non parlare delle vergognose minacce che gli sono arrivate sui social mercoledì scorso.

TRE MESI In questo momento la famiglia e gli amici di sempre sono il suo scudo e hanno la bocca cucita, così come lui. Che vorrebbe pure raccontare il suo dispiacere, ma per adesso non lo fa. Pensa a riconquistare la gente sul campo, a capire cosa voglia Ranieri da lui e cosa può dare in più. A se stesso e alla Roma. A giugno, poi, si vedrà. Per non perdersi definitivamente c’è ancora tempo.

 

 


Roma, addio Monchi. La rivoluzione parte da Ranieri e Totti

LA REPUBBLICA - PINCI - Un milione di euro più bonus per dodici partite, oltre 83mila euro a partita. Tanto guadagnerà Claudio Ranieri, il restauratore di una Roma in ginocchio che continua a perdere i pezzi. Dopo Di Francesco infatti se ne è andato anche il direttore sportivo Monchi, risolvendo il contratto con Pallotta: l’ultimo pezzo di una squadra da semifinale di Champions League che in 310 giorni dal match col Liverpool ha salutato tre dirigenti - oltre allo spagnolo, pure l’ad Gandini - quattro calciatori, un allenatore e giusto ieri, una decina di dipendenti. Solo tra ieri e giovedì, 10 addii: vittime di una rivoluzione a cui il termine ristrutturazione sta decisamente stretto se pure l’ex dg Baldissoni, promosso vicepresidente, ha lasciato le deleghe sportive. Il riassetto stravolge Trigoria, dove crescerà - è inevitabile - il peso di un signore che sulla carta d’identità ha scritto il nome Francesco Totti. Il nuovo ceo Fienga gli ha affidato il ruolo chiave di referente della società nello spogliatoio: se con la squadra sorgerà un problema, l’interlocutore sarà l’ex numero dieci. Non fosse altro perché con la dirigenza traslocata negli uffici inaugurati due settimane fa all’Eur, oggi nel centro sportivo il curriculum più pesante è il suo. Il più alto in grado sarà però Massara, ex vice di Sabatini prima e Monchi poi, che dallo spagnolo ha ereditato le deleghe alla gestione sportiva. Anche se a giugno potrebbe arrivare un nuovo ds, Luis Campos del Lille. E forse è anche il frutto di questi nuovi equilibri se ieri 8 dipendenti riconducibili allo staff tecnico-sanitario sono stati congedati senza possibilità d’appello. Tra di loro anche il medico sociale Riccardo Del Vescovo. E, come non bastasse, il capo dei fisioterapisti: alle sue mani si erano affidati i leader Kolarov, Dzeko, De Rossi. Chiaro che con l’addio ad allenatore e direttore sportivo sia saltato il tappo facendo fuoriuscire i miasmi di situazioni pendenti. Una su tutte: quella dei 39 infortuni muscolari registrati in questa stagione dallo staff medico romanista, ultimi ieri Manolas e Schick. Una situazione rimpallata tra i preparatori di Di Francesco, certo in sintonia con l’allenatore, e chi si ritrovava a dover gestire quell’ecatombe. A un certo punto ieri, a svolgere esami medici a Villa Stuart c’erano 6 calciatori giallorossi, più di mezza squadra sul lettino del dottore. Curiosamente a Villa Stuart è comparso pure Ranieri: non che i suoi 67 anni spaventassero i dirigenti, semplici visite di idoneità. Certo la situazione generale concorre a complicare il suo esordio. Lunedì all’Olimpico contro l’Empoli non avrà Dzeko, Kolarov e Faziosqualificati, Pellegrini, Manolas, De Rossi e Ünder infortunati, Pastore e forse pure Juan Jesusin dubbio. L’allenatore sta già studiando quella che dovrà essere la sua Roma, e che immagina con un modulo diverso: raccontano abbia in testa un 4-4-2, più cauto del 4-3-3 o 4-2-3-1 che ha inchiodato Di Francesco. Florenzi potrebbe tornare a fare l’esterno di centrocampo, Zaniolo potrà giocare ovunque: in mezzo, sulla fascia e accanto al centravanti, da trequartista-seconda punta. Di certo ci sarà più flessibilità. «È importante che i calciatori diano tutto quello che hanno, ma c’è la possibilità di tornare quarti. Stanotte al pensiero di venire non ho dormito», ha assicurato l’allenatore. Ricevendo la benedizione di Totti: «Avevamo bisogno di mani esperte capaci di guidarci tra le prime quattro per rigiocare la Champions».


Ranieri: "Non ci ho dormito". Ma ha solo mezza squadra

LA REPUBBLICA - FERRAZZA - Che non sarebbe stato semplice lo immaginava, che fosse da subito così complicato, forse no. Claudio Ranieri ha cominciato a lavorare ieri a Trigoria con una squadra dimezzata, costretto ad avviare la sua avventura romanista in piena emergenza. In totale sono ben 8 gli assenti, tra infortuni e squalifiche, situazione che complica le prove di 4-4-2, modulo che il tecnico predilige. Il mister testaccino dovrà adeguarsi alla situazione in cui è stato improvvisamente catapultato, non pensando di poter stravolgere tutto per imporre il suo calcio. Stravolta è già la rosa che avrà a disposizione. Le tegole sulla testa di una Roma che si prepara ad affrontare le ultime dodici partite di campionato — a cominciare da quella di lunedì sera all’Olimpico — non smettono di cadere pesanti, ultima quella di Manolas. Il greco dovrà stare infatti fermo per tre settimane a causa di una lesione al soleo del polpaccio destro. Vista la quantità di gol incassati dai giallorossi, l’assenza del difensore è uno shock pesantissimo da digerire, al quale si somma l’assenza per squalifica di Fazio, con l’unica coppia proponibile — almeno lunedì — formata da Marcano e Juan Jesus.

Squalificati anche Kolarov e Dzeko, con Santon e Schick che dovranno sostituirli contro l’Empoli. La tegola precipitata sulla testa di Manolas, è la stessa che ha colpito De Rossi: anche il capitano deve fare i conti con una lesione al soleo del polpaccio destro e anche per lui si parla di tre settimane di stop. Alla lista dei caduti sul campo del Porto, va aggiunto Lorenzo Pellegrini che la lesione l’ha riportata al bicipite femorale destro. Un’autentica ecatombe, che ha trasformato ieri Villa Stuart in una succursale affollata di Trigoria (anche Ranieri ha svolto lì le visite mediche di routine prima di firmare il contratto). Ai freschi ko, si sommano i già noti indisponibili, vedi Ünder e Pastore, per un totale, come detto, tra infortuni e squalifiche, di otto defezioni. «Ci giochiamo il futuro in 12 giornate, abbiamo la possibilità di tornare in Champions — le prime parole da romanista di Ranieri a Roma Tv — i ragazzi sono sensibili, alcuni potrebbero non essere abituati. Stiamogli vicino, incoraggiamoli soprattutto nei momenti difficili. Io sono cambiato, ma se sono alla Roma vuol dire che mi sono aggiornato e non mi abbandona la voglia di migliorarmi. Per me tornare a Roma significa tutto, sono sempre stato tifoso e la notte prima di arrivare, non ho dormito». Insieme all’aiuto di Totti e De Rossi, l’ex tecnico del Fulham (che prenderà un milione di euro, più bonus, senza assicurazioni per la prossima stagione) è tornato al suo primo amore e lunedì sera saluterà di nuovo la tifoseria, che per il momento sta lasciando semi-vuoto lo stadio Olimpico per la gara con l’Empoli. L’entusiasmo non è certo alle stelle e la rivoluzione in casa Roma — tra nuovo allenatore e l’addio di Monchi (al suo posto Massara) — crea un senso di precarietà e preoccupazione dilaganti.


La sfida di Ranieri-Tinkerman che frigge con l’olio che ha

LA REPUBBLICA - SISTI - Nelle sue molte incarnazioni Ranieri ha visto di tutto. Non ha mai detto di essere un fenomeno, non ha mai dimostrato di essere una scartina. Ha solcato i mari, ha rischiato colpi clamorosi e accettato figuracce (la più clamorosa come ct della Grecia). L’hanno chiamato Fettina, Pecione, Sor Claudio e poi anche Sir Claudio per le glorie inglesi. Quand'era al Chelsea venne per lui coniato un termine elastico e centrato, “the tinkerman”, per alludere ai suoi certificati talenti da “minestraro”, di colui che fa quel che può con gli ingredienti rimasti in dispensa. Ranieri è un pezzo di Roma città e di Roma squadra. Col suo naso camuso potrebbe posare per il busto di qualche imperatore. Adesso all’imperatore chiedono un posto in Championslavorando per soli tre mesi, mentre la società traballa così tanto che è difficile mettere a fuoco persino le competenze del magazziniere. Il suo dire sì al “progetto” non fa di Ranieri né un eroe né una scelta disperata. Non gli sfuggirà tuttavia di avere appena affittato una casa vacanze nella stagione delle piogge: esci con il costume da bagno ma ti porti l’ombrello. Ranieri è un uomo dalla panchina poliglotta (non ha allenato soltanto in Germania…) ma non è un vincente. Proprio con la Roma, subentrato a Spalletti, fu sul punto di regalarsi il classico trionfo oltre ogni immaginazione. Era il 2010 e stava accadendo l’impossibile. Non si sa bene come la sua Roma aveva quasi vinto lo scudetto. E non si sa bene come lo perse nel secondo tempo contro la Samp. C’era Rosella Sensi, oggi non c’è nessuno o quasi. E Totti è in borghese. Contro l’Empoli non avrà a disposizione mezza squadra e l’altra mezza ha il morale nebulizzato. Può un uomo di 67 anni restituire in poche ore slancio, allegria e obiettivi credibili a 25enni invecchiati rapidamente? Più che un gioco, deve dare un senso. L’unica speranza è che dietro l’anziana silhouette si nasconda l’animo del ragazzino. Che insomma sia lui il quadro. E Dorian Gray i fatti.


Ranieri, un uomo chiamato Roma

IL MESSAGGERO - ANGELONI - Sir Claudio Ranieri is here. Direttamente da Londra, con un volo privato verso la Capitale. Intorno alle 10,30 lo sbarco a Ciampino, lui bello, sorridente, elegante. Disponibile con i cronisti che lo hanno atteso fuori l'aeroporto. «Sono tornato a casa», ha fatto subito sapere. Ma chi glielo ha fatto fare, s'è subito pensato. Perché uno come lui, già protagonista nel biennio 2009-2011 sulla panchina giallorossa (sfiorando lo scudetto e fallendo la finale di Coppa Italia contro l'Inter del triplete), uno che ha vinto e guadagnato bene ovunque, si è preso l'onere di condurre la Roma in questa mini avventura? Semplice: «Quando la Roma ti chiama è impossibile dirle di no, non ci ho dormito». Ecco, appunto. Uno come lui alla Roma non dice no, pur sapendo che questo amore di ritorno durerà solo tre mesi: contratto da un milione (lordo) all'incirca. Magari non sarà solo fino a giugno, Claudio arriverà tra le prime quattro e si guadagnerà il rinnovo (difficile), oppure un ruolo in società (probabile). Consulente tecnico, direttore tecnico, dirigente generico, Ranieri ha l'esperienza per fare un po' tutto nella sfera strettamente calcistica. Conosce la Roma, ma questo non è detto sia un bene («È cambiata molto da quando sono stato qui nove anni fa») e conosce Roma.

TOTTI CRESCE Ha buoni rapporti con la vecchia guardia, da Bruno Conti al sempre più considerato Francesco Totti (che, con Fienga, lo ha accolto per primo a Trigoria «Claudio non è solo un tifoso della Roma, ma è uno degli allenatori più esperti nel mondo del calcio, abbiamo bisogno di mani esperte», le parole di Francesco), passando anche per Daniele De Rossi, che per adesso se lo ritrova - infortunio permettendo - in campo come guida tecnica. Ranieri, all'arrivo, è passato a casa, il tempo di un bicchier d'acqua e subito a Trigoria, lì ha avuto inizio ufficialmente la sua avventura bis con la Roma. Firma del contratto, stretta di mano con i dirigenti, l'ad Guido Fienga e poi l'incontro con il vice presidente Mauro Baldissoni, poi la passerella negli spogliatoi e in infermeria (ahilui, piena), dove ha incontrato calciatori e vecchi amici, tipo Vito Scala. Foto di rito, materiale per web, social, mezzi di comunicazione vari e poi tuta addosso e primo allenamento, (si è portato Paolo Cornacchia come match analyst e Paolo Benetti come vice), durante il quale ha tirato fuori la sua dote da motivatore. Nel frattempo il presidente Pallotta da Boston ha inviato i suoi auguri. «Con Ranieri abbiamo l'obiettivo di ottenere la qualificazione in Champions. Volevamo un allenatore che fosse in grado di motivare i giocatori».


Si ferma anche Manolas, l’11 anti Empoli è un rebus

IL MESSAGGERO - Sarà complicato per Claudio Ranieri far fronte all’emergenza che ha decimato la squadra in vista della partita contro l’Empoli. Sono 8 i calciatori che non potranno essere a disposizione del nuovo tecnico per infortuni e squalifiche (Dzeko, Kolarov e Fazio) e salgono a 38 i guai muscolari che hanno colpito la rosa da inizio stagione. All’infermeria già affollata si aggiunge anche Manolas a cui è stata diagnosticata una lesione al soleo del polpaccio destro che lo terrà fuori per tre settimane, rientro previsto dopo la sosta per la gara contro il Napoli del 31 marzo. Il greco ieri mattina è ha svolto dei controlli alla clinica Villa Stuart assieme a Pellegrini, Fazio, Under, Schick e De Rossi, dove pochi minuti dopo è arrivato Ranieri per le visite di idoneità. Se al nuovo tecnico non è stato riscontrato nulla di ostativo alla firma del contratto, a Pellegrini è stata evidenziata una lesione al bicipite femorale destro che lo terrà fermo tre settimane.

UNDER ANCORA KO Meno grave Fazio (che era comunque squalificato) a cui è stato diagnosticato un risentimento muscolare al flessore, ma con la Spal sarà regolarmente a disposizione. Intanto a Trigoria qualcuno ha gridato al miracolo quando ha visto Pastore recuperare (parzialmente) dalla ricaduta al polpaccio sinistro di martedì: l’argentino ha svolto l’allenamento atletico con la squadra per poi rientrare in palestra e proseguire l’allenamento. Brutte notizie per De Rossi che starà fermo 20 giorni per una lesione al soleo del polpaccio destro, proverà a recuperare entro il Napoli, ma senza fretta. Un 2019 da scordare per Under: il turco è fuori dal 19 gennaio, prima partita dell’anno contro il Torino in cui ha giocato i 6 minuti iniziali per poi chiedere il cambio per una lesione al flessore della coscia destra. Il turco è ancora alle prese con il recupero (allenamenti individuali in campo) a causa di una ricaduta a pochi giorni dal derby. Non sono chiari i tempi di recupero. Schick si è sottoposto a controlli per via di un edema, ma l’esito è stato negativo.


Monchi, l’illusione e poi l’abbandono

IL MESSAGGERO - CARINA - «Ramon, ci sveli qualcosa sul tuo futuro?». «Mi spiace, non è ancora il momento». Non più tardi di un paio di settimane fa, il giorno dell'inaugurazione della nuova sede del club all'Eur (22 febbraio), Monchi dribblò così le domande sulle voci, sempre più insistenti, che lo volevano lontano dalla Roma. L'utilizzo dell'avverbio ancora era semplicemente il prologo di quanto accaduto nelle ultime ore. L'esonero di Di Francesco e l'ingaggio di Ranieri, i rapporti azzerati con Pallotta (non è un caso che ieri nel comunicato ufficiale a ringraziare il ds sia stato il Ceo Fienga e non il presidente) più la sensazione iniziale, ormai divenuta certezza, che ogni sua decisione dovesse ricevere l'avallo del consigliere di Londra (Baldini, ndc), gli hanno fatto fare in anticipo un passo indietro. Proprio nella City, partirà a breve la sua nuova avventura: l'Arsenal e Emery lo attendono. L'ex ds ha affidato ai social il suo commiato: «C'è voluto un secondo per scegliere la Roma, sarà impossibile dimenticarla». A Trigoria per ora è stato promosso Massara. Ma la partita è aperta: dall'arrivo di Ausilio al corteggiamento per Giuntoli più l'outsider Petrachi, i candidati non mancano. Come chi si propone (Mirabelli).

EUFORIA E GELO Monchi se ne va - dopo aver effettuato ieri una transazione sui bonus maturati nel suo anno e mezzo in giallorosso - con un carico di speranze naufragate. Il 3 maggio del 2016 s'insedia a Trigoria dicendo di aver scelto la Roma «perché qui potrò essere Monchi». E in effetti, all'inizio, sembra aver preso realmente il testimone di Sabatini, potendo sfoggiare in più un curriculum di successi. Annuncia così l'addio di Totti al calcio, promette un futuro roseo («Si può colmare il gap con la Juventus») e risponde stizzito a chi gli chiede se sia venuto qui per far quadrare i conti («La Roma non ha un cartello al collo con scritto si vende', ma uno con scritto si vince'»). Nel giro di 45 giorni arriveranno le cessioni di Salah, Ruediger (negata pochi giorni prima) e Paredes. Non il miglior avvio. Ma Monchi e il suo metodo meritano fiducia. Il ds si contraddistingue subito per una gentilezza e un savoir-faire fuori dal comune. Persona garbata che si guadagna il rispetto dei media e dei tifosi, ai quali promette a Pinzolo: «Ci vediamo al Circo Massimo». Una battuta che in seguito gli verrà rinfacciata spesso. Il primo mercato si caratterizza nell'attesa per l'esterno Mahrez: alla fine arriverà Schick, una seconda punta. Nella sessione di gennaio, oltre alla telenovela Dzeko, promette che avendo Emerson e Schick ristabiliti, «saranno loro i rinforzi». Dieci giorni dopo il brasiliano firma per il Chelsea. La semifinale di Champions fa dimenticare un campionato contraddistinto da alti e bassi, terminato comunque al terzo posto. Si riparte con quella che da tutti viene considerata la prima vera campagna acquisti di Monchi. Lo scippo di Malcom sanato con l'arrivo di Nzonzi, preceduto da Pastore, una nidiata di giovani impreziosita da Zaniolo, Kluivert, Cristante, Olsen e Marcano fa da contraltare alle partenze di Alisson, Nainggolan e Strootman. La piazza inizia a interrogarsi. Il resto è storia recente: dalla difesa strenua di Di Francesco al battibecco di Oporto con i tifosi. In precedenza, agli «Ask Monchi» di Pallotta replica a gennaio con il primo strappo in pubblico: «Per fare mercato bisogna avere i soldi». A tal proposito, qualche numero: nella sua gestione, 21 calciatori acquistati per 264,7 milioni spesi; 223 quelli guadagnati (che potrebbero lievitare a 260 a bonus maturati). De «ganar», però, nemmeno l'illusione.


Da Eusebio a Claudio, i diversi dai numeri simili

IL MESSAGGERO - SCHIACCA - Dopo la sconfitta e l'eliminazione in Champions, Eusebio Di Francesco è stato esonerato per lasciare il posto a Claudio Ranieri, che nel 2009 subentrò in corsa a Luciano Spalletti. Curiosa la storia numerica dei due allenatori nelle loro esperienze sulla panchina della Roma. Come detto, Ranieri arrivò a Roma per sostituire Spalletti, la sua prima gara in panchina fu Siena-Roma 1-2 del 13 settembre 2009: i giallorossi vinsero in rimonta. La prima avventura di Ranieri durò in tutto 525 giorni; in questo periodo furono in tutto 84 le sue gare costituite di 47 vittorie (55,95%), 16 pareggi (19,05%) e 21 sconfitte (25,0%), 140 i gol fatti (80 in casa 60 fuori) e 103 i gol subiti (40 in casa e 63 fuori). Eusebio Di Francesco esordì invece con la Roma da allenatore il 20 agosto 2017, la sua prima gara in panchina fu Atalanta-Roma 0-1 (a segno Kolarov). L'ultima sua gara invece è stata quella del 6 marzo, finita 3-1 ai tempi supplementari. L'avventura di Eusebio Di Francesco è durata in tutto 563 giorni 38 giorni in più della prima avventura di Ranieri, numero di giorni che separa la sua prima dalla sua ultima partita sulla panchina giallorossa; in questo periodo sono state 87 sue gare, fatte di 46 vittorie (52,87%), 18 pareggi (20,69%) e 23 sconfitte (26,44%), 148 i gol fatti (88 in casa 60 fuori) e 107 i gol subiti (44 in casa e 63 fuori).


Medici e fisioterapisti, si cambia

IL MESSAGGERO - La rivoluzione continua: l’avvicendamento di Ranieri con Di Francesco ha portato a cascata una serie di addii tra cui anche quello del ds Monchi. Ma Jim Pallotta ha fatto “all in” per tentare fino all’ultimo istante del campionato la qualificazione alla prossima Champions: in due giorni hanno lasciato la Roma ben 10 persone tra preparatori atletici, medici e fisioterapisti. Il messaggio è chiaro: le responsabilità dell’andamento altalenante dei giallorossi e dei 38 infortuni muscolari non è esclusivamente responsabilità del tecnico, ma di tutto lo staff che quotidianamente era a contatto con la squadra. A preparare gli scatoloni oltre ai fedelissimi di Di Francesco (Tomei, Pierini, Vizoco, Giammartino, Marini e Romani) hanno lasciato Trigoria anche il responsabile dei fisioterapisti Damiano Stefanini e il medico sociale del club Riccardo Del Vescovo, quest’ultimo a colloquio con Baldissoni, Fienga e Massara prima di lasciare il centro sportivo. A prenderne le deleghe il dottor Andrea Causarano nella Roma da ormai due anni. Resteranno al loro posto per il momento il preparatore atletico Franchini e quello dei portieri Savorani.


Di Francesco, ennesima vittima di una passione che ti brucia

IL MESSAGGERO - NICOLA PIOVANI – Come tifoso romanista, sento il desiderio di salutare, ringraziandolo, Eusebio Di Francesco. Con lui la Roma ci ha regalato grandi soddisfazioni, accanto a pesanti delusioni. Come succede da un bel po’ di tempo a Trigoria, il giocattolo si è inceppato presto, la squadra ha coniugato grandi vuoti di presenza in campo, accanto a barlumi di gioco eccellente. La causa di tutto questo è ignota, almeno a noi tifosi da bar sport ma, come d’abitudine, la colpa viene appoggiata sulle spalle dell’allenatore, l’unico facilmente sostituibile. Il dio Kronos divorava i propri figli, la Roma, più modestamente, brucia i suoi allenatori – tanto amati fino a poco tempo prima – sull’altare del «diamo una scossa all’ambiente» o «qualcosa bisogna cambiare». Lo facciamo da anni, credo che abbiamo un quasi un record di allenatori “bruciati”. Da diversi mesi sulle pagine dei giornali sportivi troneggiavano le scritte: «Eusebio in bilico», «Prossima partita ultima spiaggia», «Di Francesco a rischio». Noi al bar ci chiediamo con che animo un allenatore possa andare a lavorare la mattina a Trigoria leggendo certi titoli, quale autorevolezza possa avere sui giovani giocatori da dirigere. Ma si consoli la vittima di turno: è lunga la sfilza dei colleghi che hanno subito nel passato recente la sua stessa sorte, o perché esonerati o perché scappavano. La lista è ricca di eccellenze, e c’è dentro anche un premio Fifa World Coach of the Year 2015 che a Roma consideravamo un mezzo dilettante. Grazie e buona fortuna mister Eusebio – lei la merita. E, naturalmente, un bentornato augurale a mister Claudio Ranieri: siamo nelle sue esperte mani.


De Rossi, Pellegrini e De Rossi sono ko

IL TEMPO - MENGHI - Non quanto gli allenatori forse, ma anche i dottori cambiano spesso a Trigoria, che con l'occasione dell'addio di Monchi e Di Francesco si è data una bella «ripulita»: riorganizzazione interna, ovvero via tutto lo staff dell'abruzzese, fisioterapisti compresi, salvo il solo Maurizio Fanchini, il preparatore atletico arrivato in estate al posto di Norman e Ed Lippie. Non ha resistito all'ennesima rivoluzione il medico Del Vescovo (rimane il responsabile Causarano), congedato dall'incarico nel giorno in cui a Villa Stuart c'era la fila dei giallorossi rotti. Oporto è stata una Caporetto, Schick, Manolas, Under, Fazio, Pellegrini e De Rossi ieri mattina sono andati a farsi controllare nella clinica romana e sono tornati a casa con verdetti diversi, alcuni più e altri meno rassicuranti. Con i loro infortuni si sale a 62 nel conteggio totale della stagione, 36 di natura muscolare. L'emergenza attuale coinvolge tutti i reparti e non è certo d'aiuto per Ranieri, che dovrà fare con quello che ha, aspettando tempi migliori. Tra due giorni dovrà schierare la prima formazione, tenendo conto anche delle squalifiche pesanti di Kolarov, Dzeko e Fazio.

Vengono a mancare in questo momento delicato per il futuro della squadra i suoi stessi pilastri,a partire dall'attaccante bosniaco fino a Manolas, che ne avrà per circa 3 settimane perché nei 120' al Do Dragao ha rimediato una lesione al soleo destro, passando per capitan De Rossi, pure lui ai box per uno stiramento al polpaccio: entrambi si rivedranno dopo la sosta. Fazio sconterà la squalifica in campionato e si farà trovare pronto per la Spal, tanto basta per guarire dal piccolo fastidio al flessore accusato alla vigilia di Porto-Roma. Nel frattempo, la coppia centrale sarà composta da Marcano (uscito con i crampi mercoledì) e Jesus, con Santon al posto di Kolarov e uno tra Karsdorp e Florenzi a destra. Pellegrini si è fermato per una lesione al bicipite femorale della coscia destra e ha come obiettivo il Napoli. Senza lui e De Rossi, ci sarà spazio per Cristante, Nzonzi e probabilmente Zaniolo, se non dovesse servire davanti. Dzeko non c'è, Schick aveva accusato un fastidio al rientro da Oporto, ma i controlli effettuati sono risultati negativi e dovrebbe stringere i denti. Under non è pronto, gli esami continuano a non evidenziare problemi ma lui avverte ancora fastidio. Pastore, invece, fa progressi e potrebbe allungare la coperta cortissima nelle mani di Ranieri.


Ranieri: "Roma mia ti porto in Champions"

IL TEMPO - MENGHI - Il futuro nelle mani esperte di Ranieri. Aplomb inglese da perfetto Sir, il miracolo Leicester nel bagaglio e la missione Champions da conquistare: il tifoso-allenatore è pronto a prendersi carico della Roma, che per lui «significa tutto» e tanta era la voglia di tornare che non ci ha dormito la notte. La prima giornata del grande ritorno nella capitale è cominciata all'alba, intorno alle 6, in una piovosa Londra, da lì è partito il volo privato diretto all'aeroporto di Ciampino, atterrato verso le 10.30 senza attirare le attenzioni degli ultras. A prelevarlo c'era un'auto della società, che l'ha portato a casa sua ai Parioli per una breve sosta in famiglia, prima di dirigersi verso Villa Stuart, dove il tecnico si è sottoposto alla visita per l'idoneità sportiva obbligatoria per chiunque vada in campo. Una volta sbrigate queste formalità, si sono aperti per lui i cancelli di Trigoria, proprio come nove anni e mezzo fa quando era stato esonerato. Il Ranieri bis è cominciato. Prima una chiacchierata con i dirigenti, con cui si è fermato a pranzo, l'abbraccio con Totti e il discorso alla squadra, tutti riuniti nello spogliatoio con lo stesso obiettivo: giocare la prossima Champions League. Il primo vero allenamento ci sarà oggi alle 11, quello di ieri con 7-8 giocatori a disposizione non è stato illuminante. Nelle prossime ore sono attesi anche i due collaboratori scelti per questa breve avventura, Paolo Benetti, il fidato vice, e Carlo Cornacchia, ex compagno dell'allenatore a Cagliari e Napoli. Lavorerà con loro per i tre mesi da contratto (senza clausole o garanzie di rinnovo), poi si vedrà perché è presto per pensare ad un futuro da dirigente, c'è da sistemare le cose in campo: «Ho la Roma nel mio DNA. Sono tornato a casa, era impossibile dire di no. Trigoria l'ho trovata cambiata, si sta dando una struttura da squadra internazionale e da tifoso non può che farmi piacere. Chiederò ai giocatori di dare il meglio, di sentire la Roma come tutti i tifosi vogliono: solo così
mi sentirò appagato. Il risultato è importante, ma è altrettanto importante per me che loro diano tutto nei 90'. Devo valutare l'aspetto psicologico dei ragazzi, devono saper reagire da uomini. Siamo fortunati, pagheremmo per stare nella Roma e dovremo fare di tutto per questo. Dovremo tirare fuori il meglio che abbiamo, ci giochiamo il futuro in 12 giornate, c'è la possibilità di tornare in Champions. I ragazzi sono sensibili, alcuni potrebbero essere non abituati, essendo giovani, ad una piazza così importante. Stategli vicino, incoraggiateli soprattutto nei momenti difficili. Chi soffre veramente alla fine siamo noi tifosi». Il primo discorso di Ranieri (la presentazione ufficiale ci sarà domani) unisce la passione romanista agli obblighi del mestiere, con cui dall'alto dei suoi 67 anni ha una certa dimestichezza: «Sono cambiato, se sono stato chiamato dalla Roma significa che mi sono aggiornato. Non mi abbandona la voglia di migliorarmi».

Qui ha sfiorato uno scudetto, qualcuno lo ricorderà, anche se a sentire l'ex Garcia «a Roma, più che in altri posti, hanno la memoria corta e manca la pazienza: è vergognoso mandare via Di Francesco, un bravo allenatore che li ha portati in semifinale di Champions». Ma chi vive nel presente e vede i risultati di quest'anno non può permettersi di lasciare che le cose si trascinino avanti da sole, senza intervenire: «Abbiamo l'obiettivo - sottolinea Pallotta - di finire più in alto possibile in classifica e abbiamo deciso di chiamare un allenatore che conosce il club, comprende l'ambiente e sa motivare i giocatori». Perché Ranieri «non è solo un tifoso della Roma, è uno - giura Totti - dei tecnici più esperti nel mondo del calcio e noi ora abbiamo bisogno di mani esperte». Per scrivere un futuro ancora in Champions League.