Mauri: "Nel derby non esistono logiche, non conta niente chi arriva meglio"
Stefano Mauri, ex capitano della Lazio, ha parlato ai microfoni del Corriere di Roma, della stracittadina che si giocherà domani tra i biancocelesti e la Roma:
"Non conta niente chi ci arriva meglio. Le due squadre stanno attraversando un periodo di alti e bassi, ma nel derby non esistono logiche. È una partita che non c’entra assolutamente niente con il resto della stagione".
Chi sarà l'uomo chiave?
"Sarei contento di riveder segnare Ciro Immobile. Si sta parlando molto del fatto che non segna, che non sta bene, che non è in forma. Questa è la partita giusta per tornare a segnare e per aiutare la Lazio a raggiungere la Champions".
Allenamento Roma, rifinitura in vista della Lazio. Manolas lavora con il gruppo
La Roma è scesa sul campo di Trigoria per la rifinitura in vista del derby di domani contro la Lazio. La seduta è cominciata in sala video per studiare gli avversari, per poi spostarsi sul campo. Sul terreno verde i giocatori hanno svolto un torello di riscaldamento, per poi passare alla parte atletica e tattica. In gruppo Manolas, che vuole essere della partita. Differenziato per Under.
A. De Rossi: "Contro l'Atalanta dobbiamo vincere per far crescere l'autostima"
Alberto De Rossi, tecnico della Roma Primavera, ha parlato ai microfoni di Roma TV in vista del match di campionato contro l'Atalanta: "Non è ancora una partita fondamentale, però il match contro l’Atalanta va vinto per far crescere l’autostima dei ragazzi dopo due partite che non sono andate benissimo. Penso che la partita arrivi in un momento altalenante che potrebbe rimetterci in carreggiata, abbiamo in mente la partita dell’Atalanta dove abbiamo sofferto ma con le nostre qualità abbiamo poi vinto. All’andata il match ci ha dato una spinta importante, vorrei che ci ripetessimo".
Kluivert: "Roma è la migliore città al mondo. De Rossi? Il boss"
Justin Kluivert, giocatore della Roma, ha risposto ai microfoni di Uefa.tv ad una serie di domande sia personali che sui suoi compagni di squadra:
Roma?
"La miglior città al mondo".
L’inno della Champions?
"Bellissimo".
Il debutto in Champions?
"La miglior sensazione della mia carriera".
De Rossi?
"Il boss".
Dzeko?
"Bomber".
Manolas?
"Pitbull".
Zaniolo?
"Il nuovo Totti".
Kluivert?
"Impara l’italiano".
Sono 23 i convocati da Di Francesco per il derby. C'è Manolas (foto)
Eusebio Di Francesco, tecnico della Roma, ha scelto 23 giocatori per il derby di domani contro la Lazio. C'è Manolas, che ha recuperato dal problema alla caviglia e sarà del match.
Ecco la lista dei convocati pubblicata dalla stessa società sul proprio profilo Twitter:
I nostri convocati per il Derby #ASRoma | #LazioRoma pic.twitter.com/oNVnsQxhgr
— AS Roma (@OfficialASRoma) 1 marzo 2019
Serie A - L'Inter perde a Cagliari, di Pavoletti la rete decisiva
Sconfitta amara per l'Inter in casa del Cagliari, finisce 2 a 1 per i sardi il match, valido come anticipo della 26a giornata di Serie A. Il Cagliari passa in vantaggio al 31' del p.t. con Ceppitelli, pareggiano gli uomini di Spalletti al 38' con Martinez. Decisiva la rete di Pavoletti al 43' che regala i 3 punti alla squadra di Maran.
Monchi carica l'ambiente in vista del derby: "Domani testa e cuore. Daje Roma”
”Una passione che non conosce età né tempo perché nasce dal cuore e rimane per tutta la vita. Domani testa e CUORE!!! Daje Roma!!!” Questo il post motivazionale postato poco fa dal DS della Roma, Monchi sul suo profilo Instagram.
Visualizza questo post su InstagramUn post condiviso da Monchi Rodríguez (@leonsfdo) in data: Mar 1, 2019 at 11:00 PST
L'avversario da non sottovalutare
INSIDEROMA.COM - MASSIMO DE CARIDI - La Roma si prepara al derby con uno score di tutto rispetto in campionato ma le insidie sono tante. I giallorossi, infatti, arrivano alla sfida con la Lazio con 7 vittorie, 2 pareggi e la sola sconfitta per 1-0 a Torino contro la Juventus. Vista così e se parlassero solo i freddi numeri, ci si aspetterebbe un grande entusiasmo da parte del pubblico romanista ed invece analizzando le gare (le ultime 2 in particolare), ci si rende conto di quanto gli uomini di Di Francesco abbiano sofferto per venire a capo degli incontri contro il Bologna terzultimo in classifica ed il Frosinone penultimo.
I rossoblu hanno chiuso la Roma nella propria metà campo per tutto il primo tempo e solo Olsen ed una traversa al tramonto della prima frazione di gioco hanno salvato i giallorossi. Nella ripresa, si è subito messa bene per i padroni di casa col rigore trasformato da Kolarov ed il raddoppio arrivato poco dopo con la rete di Fazio. C’è un ma anche nel momento migliore dei padroni di casa di questa gara: nonostante l’ingresso in campo di De Rossi, utile a tranquillizzare i compagni, l’ultimo quarto d’ora ha visto gli ospiti segnare (gol convalidato ma irregolare) e chiudere nuovamente la Roma nella propria trequarti di campo.
Col Frosinone è andata anche peggio. I capitolini hanno incassato la prima rete dopo soli 5 minuti per un doppio errore dei propri giocatori. Prima Nzonzi sbaglia grossolanamente il passaggio per De Rossi prendendolo in controtempo e poi Olsen ha buttato il pallone nella sua stessa porta. E’ vero, c’era un forte vento che non ha agevolato la parata ma la respinta era comunque difettosa perché non verso l’esterno, come invece ha fatto poco dopo. Poi è arrivato l’1-2 firmato da Dzeko e Pellegrini e lì la partita sembrava essersi messa sui binari giusti. E’ mancato il colpo del ko e così i ciociari hanno preso coraggio e si sono riversati in avanti. Sugli sviluppi di una palla inattiva in favore della Roma, è partito un contropiede letale che ha visto come protagonista l’autore del primo gol Ciano, bravo a portarsi tutti e 3 i difendenti dalla sua parte ed a scaricare sul neoentrato Pinamonti, che ha spiazzato il portiere svedese e pareggiato. A quel punto, la Roma ha finalmente avuto una reazione d’orgoglio e cercato di tornare in vantaggio ed è stata caparbia e fortunata perché è riuscita in quella che a pochi secondi dalla fine era diventata un’impresa. Sono serviti 3 colpi straordinari di 3 dei suoi migliori giocatori per riuscire a portare a casa la vittoria. De Rossi lancia di sinistro e di prima (stile Totti) per El Shaarawy, perfetto nel controllo nonostante il pallone gli sia rimasto dietro ma il suo colpo di tacco gli permette di far arrivare la palla sul sinistro ed è immediato il tocco al centro verso Dzeko, che si è catapultato sul pallone e lo ha colpito di bacino superando Sportiello. Probabilmente, non è così che si va in Paradiso ma vincere al Benito Stirpe ha quantomeno dato fiducia ad un gruppo che ne ha assoluto bisogno.
La rosa è composta da molti giocatori giovani, che si esaltano quando le cose vanno bene e deprimono quando vanno male. Alcuni di loro sentono troppo ciò che si dice esternamente ed in campo si nota ed ecco perché è necessario affidarsi all’esperienza ed alla concretezza dei campioni affermati.
La prossima sfida sarà un banco di prova importantissimo per capire a che livello è la squadra, se i tanti errori difensivi sono congeniti o si possono superare, se la squadra è pronta al salto di qualità e può lottare punto a punto col Milan e magari con l’Inter per terzo e quarto posto.
La Lazio non segna con la stessa continuità della passata stagione ma in ogni caso ha giocatori di spessore che possono sempre far male e dietro sono più solidi del campionato passato, quindi servirà la massima attenzione per tutta la partita.
Già all’andata si è visto come al primo sbaglio si è stati puniti e questo deve suonare come un campanello d’allarme perché le disattenzioni avute con Bologna e Frosinone non si possono commettere nella stracittadina. Milinkovic-Savic, Leiva, Immobile e Luis Alberto sono tutti tornati a giocare quasi ai loro standard e dovranno esser controllati costantemente ed in zona del campo.
Anche le fasce possono creare pericoli, soprattutto con Romulo, che ha un buon passo in fase offensiva e Kolarov dovrà esser puntuale non solo quando i giallorossi sono in possesso di palla ma soprattutto quando la sfera è sui piedi degli avversari ed altrettanto dovrà fare Florenzi con Lulic. Sarà un match molto tattico, agonistico e per venirne a capo più che le giocate eccezionali bisognerà pensare ad impedire ai dirimpettai di creare grattacapi ad Olsen.
Da non sottovalutare i biancocelesti neanche da un punto di vista psicologico. Dopo i tanti infortunati, ormai rientrati quasi tutti a disposizione e le sconfitte con Genoa e Siviglia (che hanno significato allontanarsi dal quarto posto ed uscire dall'Europa League), hanno disputato un'ottima gara contro il Milan pur non riuscendo a vincere ma recuperando un pò di convinzione, determinante a questo punto della stagione.
Pallotta: «Mai pensato di andarmene»
IL MESSAGGERO - Il presidente James Pallotta a due giorni dal derby racconta la sua Roma, una gestione fatta di alti e bassi ma che non lo ha portato a valutare un addio: «Non ho mai pensato di andarmene. Faccio 61 anni fra due settimane e questo progetto mi esalta ancora. Quando forse ne avrò 75 non starò più qui a guidare questo club,ma questo non è un progetto a breve termine per me. Quando lascerò voglio che le persone sappiano che ho fatto tutto ciò che potevo fare per la Roma», la sue parole al sito della società. Il progetto stadio, sin dal primo giorno di presidenza,ha avuto per Pallotta un’importanza determinante: «Non possiamo diventare uno dei top 10 club senza uno stadio. Sul campo siamo certamente tra le migliori 20 squadre, ma in alcune aree fuori dal campo penso che siamo tra le prime 10. Ci sarà sempre qualcuno che sosterrà come siamo interessati solo a vendere i giocatori per fare soldi e io mi dico “Davvero? Non mi è entrato un centesimo in tasca dai trasferimenti». In chiusura un commento sul derby e il Porto: «Queste sono partite che si attendono con ansia, c’è molto in palio. Se giochiamo come sappiamo fare, saremo in grado ottenere i risultati di cui abbiamo bisogno».
La Capitale nel pallone
IL MESSAGGERO - FERRETTI - Si dice, da sempre: il derby sfugge a qualsiasi pronostico. Cioè, i valori assoluti di Roma e Lazio nella stracittadina molto di frequente vengono azzerati. E, si dice ancora, chi non è favorito spesso porta la vittoria a casa. Ok, va bene: ma chi adesso, tra Roma e Lazio, gode dei favori del pronostico? A dare un'occhiata alla classifica, le due squadre si equivalgono: i giallorossi di Eusebio Di Francesco hanno 6 punti di vantaggio sugli avversari, ma va ricordato che i biancocelesti di Simone Inzaghi hanno giocato una partita in meno. E, bene o male, siamo lì. Certo, se dovesse vincere la Roma le ambizioni Champions della Lazio subirebbero un forte contraccolpo.
OBIETTIVO CHAMPIONS - La Roma è squadra che segna più della Lazio, 49 gol contro 33, ma Lucic e compagni incassano meno, 27 reti contro 33. Nelle ultime settimane la Roma non sta trovando difficoltà ad andare a segno, mentre la Lazio fatica come forse mai le era capitato in passato a far gol. Questo, in vista della sfida di sabato, quanto potrà incidere? La fase offensiva della Roma, non v'è dubbio, potrebbe essere un fattore determinante, ma al tempo stesso potrebbe esserlo anche la fase difensiva degli uomini di Inzaghi. In questi casi, molto dipenderà da quanto e come la squadra saprà lavorare... di squadra. Per dirla in parole più semplici, sarà fondamentale, sia per la Roma sia per la Lazio, non abbandonare qualsiasi reparto a se stesso. E poi, come sempre, molto dipenderà dalla qualità delle giocate dei singoli. A proposito: la Roma, da qualche tempo, si affida più alle giocate che al gioco e i risultati, ad eccezione della vergogna di Firenze in Coppa Italia, stanno dando ragione a questa novità. Una volta Dzeko, un'altra El Shaarawy e un'altra ancora Zaniolo con i loro numeri a colori hanno risolto la faccenda, e la classifica sta a confermare questo trend positivo. La Lazio, invece, nelle ultime settimane ha dovuto fare i conti praticamente sempre con un sacco di assenze. E la qualità del gioco ne ha risentito, senza aver avuto neppure la possibilità di affidarsi alle giocate dei suoi più illustri ma acciaccati interpreti.
IL PESO DEI ROMANI - Ci sarà da valutare, inoltre, quanto peserà nella testa e nelle gambe dei laziali la fatica accumulata martedì sera in Coppa Italia contro il Milan, mentre la Roma è ferma alla partita di sabato scorso in casa del Frosinone. Giocando entrambe molto spesso, il fattore acido lattico potrebbe avere un suo peso. Anche se in un derby, raccontano, tutto scompare al fischio d'inizio dell'arbitro. Perché, in certi casi, è la testa a contare più di qualsiasi altra cosa. E, a tal proposito, riecco l'interrogativo di sempre: meglio avere in squadra giocatori romani oppure è più comodo averne di extralocali? Più rischioso o più facile schierare un ultrà? Da una parte, De Rossi, Florenzi, Pellegrini, cioè tre potenziali titolari, romani e romanisti dalla nascita; dall'altra, c'è il solo Cataldi, relegato di solito tra le alternative, che ha il cuore mezzo bianco e mezzo celeste. È indubbio, però, che sia nella Roma sia nella Lazio, ci sono non-romani tifosi sfegatati della maglia che indossano: inutile fare i nomi, basta vedere le partite per capire chi ci sta (e chi non ci sta) con la fede. Tifosi veraci delle due squadre sono gli allenatori: Di Francesco e Inzaghi non hanno mai mascherato il colore del loro cuore, ma per evidenti ragioni professionali stanno vivendo la lunga vigilia come se dall'altra parte della barricata ci fosse un avversario normale, non uno speciale. Unico. Come è unico il Derby di Roma.
Mancini: "La Roma un laboratorio per la Nazionale"
IL MESSAGGERO - Più di venti anni di Roma, giocatore e allenatore della Lazio prima, ct della Nazionale oggi. «Una città cambiata, sicuramente peggiorata rispetto a quando sono arrivato. Ma resta la migliore del mondo». Roberto Mancini, con l'orgoglio di aver vinto qui e di non essere mai stato detestato dai rivali, in questo caso i romanisti. «Mi hanno sempre rispettato, io problemi non ne ho mai avuti. Ero amico di Giannini. E di Nela. Anche con Totti ho sempre avuto un ottimo rapporto». E pensare che anni prima che arrivasse alla Lazio, lo voleva Viola alla Roma. «E' vero, mi aveva chiamato, poi non se ne fece nulla». Quando poi decise di lasciare la Sampdoria e soprattutto Quarto, non ha mai avuto dubbi su quale piazza scegliere. Fu proposto prima a Sensiche a Cragnotti. Da quell'esperienza in biancoceleste ha scelto definitivamente la Capitale, Ora anche il suo secondogenito è qui: Andrea, di rientro dagli States, sta per essere tesserato dall'Atletico Vescovio per giocare in Eccellenza (girone A). Il derby è la partita del Mancio, anche per questi motivi. «Chi sta meglio, sabato rischia di più. È sempre così».
Guarda la Roma, da qualche tempo, con un occhio particolare?
«E' la squadra con più italiani. Il mio ruolo di ct della Nazionale me lo impone».
Italiani bravi, a quanto pare. Nell'ultimo stage ne ha chiamati addirittura cinque: Florenzi, Pellegrini, Cristante, El Shaarawy e Zaniolo. Sono pronti per il suo calcio, tecnico e propositivo, con cui affronterà le qualificazioni per Euro 2020 che partiranno tra meno di un mese?
«E' stato fatto un ottimo lavoro. Di Francesco ha avuto il coraggio di puntare sui ragazzi, è uno che non ha paura di lanciare i giovani. Sono con me pure altri che lui ha svezzato al Sassuolo: Sensi e Berardi. Anch'io sono così: è bello poter dire, quello ha cominciato con me. Mi viene subito in mente Balotelli: sono già passati undici anni da quando decisi di farlo esordire nell'Inter. Mario era appena diciassettenne».
Su Zaniolo, Mancini ha battuto allo sprint Di Francesco. Come si è fatto convincere dal diciannovenne che, quando lo ha chiamatoin azzurro, non aveva ancora debuttato con la Roma?
«Io sono ct da maggio. E che ho fatto? Mi sono andato subito a vedere l'Euro Under 19. È lì che ho avuto la possibilità di seguire Nicolò, prima non lo conoscevo affatto. E in quel torneo ne ho visti anche altri, a cominciare da Tonali che mi è sembrato giocatore di prospettiva. Essere titolare, anche in B, lo può portare a fare subito il grande salto. Cioè a entrare, o magari pure a giocare, in una big del nostro campionato. Piano piano in Nazionale sono saliti pure quei ragazzi dell'Under 19 in Nazionale. Bravo pure Kean, di quel gruppo».
Quanto è cresciuto Zaniolo in questi mesi?
«Anche troppo, almeno mediaticamente. In questa città ci vuole poco a passare dall'esaltazione alla bocciatura, quando invece con i giovani bisogna avere pazienza, perché gli alti e bassi sono normali».
Definendolo Pogba pensa di avergli fatto un favore?.
«Io mi riferivo solo al ruolo e al suo percorso. Pogba arrivò alla Juve molto giovane, all'inizio non giocava. Guardava. E imparava. Proprio quello che è successo, in partenza, a Nicolò. Che, come Pogba, fa gol. E che, come Pogba, usa la sua fisicità e che, come Pogba, si trova a suo agio soprattutto da mezzala. Per me Zaniolo è una mezzala. In quella posizione mi è piaciuto all'Europeo».
Con Di Francesco ha fatto pure, il trequartista, il falso nove e l'esterno alto.
«A diciannove anni, pur di giocare, accetti qualsiasi ruolo. Intanto aumenti il minutaggio e in un grande club».
Zaniolo al posto di Verratti o di Barella?
«Oggi ho Jorginho e Verratti come riferimenti per il centrocampo. A loro poi posso aggiungere Zaniolo o Barella. Per ora. E comunque ho anche gli altri: Cristante, Pellegrini, Gagliardini e soprattutto Sensi che mi ha impressionato per come si è inserito nel gruppo e per la personalità che ha mostrato al debutto».
Ha richiamato Sensi per lo stage di inizio febbraio. Promosso?
«È titolare in serie A. Ed è tra i pochi che può fare tranquillamente il regista come la mezzala. Mi va bene così, anche la sua statura. Vedrete che, facendo esperienza in azzurro e quindi in campo internazionale, il fisico non lo limiterà. Ha qualità e intelligenza».
Come ha fatto, invece, a rendere Verratti così indispensabile?
«Si è trovata l'alchimia tra i tre centrocampisti. Una botta di fortuna mia, non ho meriti particolari. Verratti, tra l'altro, ha risolto qualche problema fisico che lo ha penalizzato nelle ultime stagioni. Ora è sempre dentro la partita».
E Jorginho?
«Jorginho è forte e basta. Difficile che sbagli una palla. Paga il momento critico del Chelsea, ma me lo tengo stretto. È al primo anno in Inghilterra, vedrete che la Premier lo farà migliorare. E se lo godrà la Nazionale».
L'Italia ha molti giocatori interessanti, forse per questo ha accettato l'incarico di ct?
«L'ho accettato perché me lo hanno chiesto, prima non era mai accaduto. All'Italia non si dice no. E comunque, ad essere precisi, sono arrivato nel momento peggiore, visto quello che è successo con la mancata qualificazione al Mondiale»
C'è chi sostiene che invece sia sbarcato a Coverciano nel periodo migliore. Difficile fare peggio di quanto è successo nel playoff contro la Svezia nel novembre 2017?
«Messa così, ci può stare. Poi, però, a chi guida la Nazionale viene chiesto di vincere e basta. Non conta chi alleni, è così, lo impone la nostra tradizione. Perché l'Italia è l'Italia. Ed è come allenare il Brasile, la Germania, la Spagna o l'Argentina. Non esistono le amichevoli... In ogni match ti chiedono il successo».
De Rossi ha ancora chance di tornare in Nazionale?
«E' un capitolo chiuso. Gli ho parlato subito e lui è stato chiaro e sincero. Mi disse che, se ne avessi avuto bisogno, sarebbe venuto a darmi una mano».
Fece prima, da allenatore del City, a convincerlo ad accettare il trasferimento a Manchester?
«Infatti non l'ho mica convinto».
C'era riuscito però.
«Ci siamo visti a Roma, tutta una notte a parlare, era tutto fatto, ma è saltata all'ultimo. Mi ha chiamato e mi ha detto non je la faccio. Ci rimasi male, mi arrabbiai. E' passato tanto tempo, Daniele era nel pieno della carriera, si sarebbe divertito. Lo ritenevo fondamentale».
Tornando alla sua Nazionale. Di Francesco, nella formazione di partenza contro il Porto, ha schierato sette italiani. Un bel risultato.
«Sì, soprattutto se consideriamo che una presenza in Europa ha più peso. I ragazzi crescono prima. E io ne sono felice. Non c'è di meglio, per fare esperienza, della Champions. Ecco perché la Roma, in questo senso, può incidere sulla competitività della Nazionale».
Tornando a Tonali, sarà uno dei prossimi a vestire l'azzurro con continuità?
«E' un ragazzo del 2000, gioca in serie B: vi sembra normale? Ai miei tempi uno di quell'età, con quel talento, giocava in A. Penso a Totti: 17 anni, sei titolare della Roma. In Italia è tutto più difficile, non ci sono tanti calciatori italiani bravi, chi ce li ha se li tiene e quindi i club vanno a cercare all'estero. Poi, uno come Tonali ora vale un sacco di saldi e chi lo prende deve pensare alla spesa che verrà ammortizzata nel futuro».
Perché Immobile in Nazionale non rende come nella Lazio?
«Succede. Un po' il peso della maglia, un po' perché pensi di dover fare tutto in poche occasioni. Non è facile quando hai solo una partita per fart vedere. Con il club, se non segni una volta, ci riesci quella dopo».
Il suo attacco fa spesso cilecca. All'Italia manca il finalizzatore?
«Pochi gol, è vero. Dobbiamo svegliarci. Bisogna essere più precisi. Siamo la squadra che crea più di tutte e segna meno. Serve l'addestramento. In Nazionale non hanno tempo, nei club dovrebbero trovarlo».
Balotelli può essere una soluzione?
«Ora si sta riprendendo, vediamo se continua così. E' un giocatore che ha talento, vede la porta, sa giocare al calcio. Poi queste qualità vanno messe in evidenza e non dipende certo da me. E non è un più un ragazzino».
Discorso da ripetere per El Shaarawy?
«Un altro giocatore che mi piace. Che ha grandi qualità, lo seguo da quando era alla Primavera del Genoa. Ma pure lui, deve tirare fuori tutto quello che ha dentro».
Meno male che Chiesa, nel nuovo anno, ha ripreso a far centro
«Si e con continuità. Mai avuto dubbi. E nemmeno sugli altri. Le occasioni le abbiamo sempre create, ma non siamo concreti. La mia generazione, davanti alla porta, era cinica e spietata...».
La corsa Champions, si aspettava di più da Roma e Lazio?
«La Lazio ha fatto quello che doveva, la Roma ha lasciato punti per strada, almeno otto».
Li ha buttati per i troppi giovani impiegati?
«Ne ha persi di più quando giocavano i vecchi».
Le milanesi sono in vantaggio per la corsa alla Champions?
«Per ora sì, ma la Roma e la Lazio non sono fuori. Il campionato è ancora lungo, mancano 13 partite: i due posti se li giocano almeno cinque squadre».
Si aspettava Simone Inzaghi allenatore?
«No, anche perché non glielo avevo mai sentito ipotizzare quando siamo stati insieme nella Lazio. Ha iniziato con i giovani, partendo subito bene. E proprio i ragazzi allenati da lui mi dicevano quanto fosse bravo. Ed è vero, ha fatto un ottimo lavoro. In Italia e anche in Europa».
E Di Francesco?
«Ha fatto bene ovunque, specie con il Sassuolo. Lavora bene con i giovani, ha coraggio. Poi per giudicare bene bisogna vederli allenare».
La sorpresa è Gattuso.
«Si pone bene, ha carattere. Un personaggio positivo».
Roma: assetto variabile
IL MESSAGGERO - CARINA - Un derby vinto con il 4-3-3 (2-1, il 18 novembre del 2017), un altro con il 4-2-3-1 (3-1 dell’andata, 29 settembre). Uno con Florenzi terzino, l’altro con il nazionale azzurro esterno alto. Il primo con un calciatore di fantasia all’ala, l’altro nella posizione più consona dietro Dzeko. E per non farsi mancare nulla, anche una stracittadina pareggiata 0-0 utilizzando il 3-4-2-1 (15 aprile 2018) sull’onda dell’impresa di 4 giorni prima con il Barcellona. Di Francesco ha già dimostrato di saper affrontare la Lazio in diversi modi. Tre match contro Inzaghi - con due vittorie e un pari - sono la conferma di un feeling particolare con il derby.
SISTEMA DI GIOCO PREFERITO - Per sabato qualche dubbio se lo porta dietro. Perché le opzioni non mancano, anche in virtù del fatto che mercoledì a Oporto è previsto il ritorno degli ottavi di finale di Champions. E anche se mai come stavolta il mantra di Eusebio - «Pensiamo ad un match alla volta» - riecheggia a Trigoria, queste due gare fondamentali e ravvicinate per la stagione giallorossa, sono da disputare attingendo dalla rosa a disposizione. Nella formazione anti-Lazio, la scelta della mediana (che torna a tre) ruota intorno a De Rossi. Il ginocchio non gli dà fastidio e Daniele è pronto a giocare il secondo match consecutivo dopo Frosinone. Dal suo ritorno, dopo il lungo stop di tre mesi per una lesione cartilaginea, sarebbe la prima volta. Sinora il capitano ha sempre alternato una gara completa (Milan, Porto e Frosinone) a spezzoni nelle partite successive (15’ con il Chievo, 23’con il Bologna). Nonostante Di Francesco nelle ultime uscite abbia rivisitato le posizioni in campo, decidendo di abbassare il baricentro della squadra limitando l’applicazione del fuorigioco, la Roma ha continuato a dare una sensazione di vulnerabilità che va ben al di là del numero dei gol subiti. Per questo motivo serve De Rossi. Il suo apporto contro la Lazio - che abitualmente si schiera a 5 a centrocampo - è fondamentale perché nessuno come Daniele sa accorciare la squadra e renderla meno perforabile con il 4-1-4-1 che riporta, in fase difensiva, la parità in mezzo al campo. Ai suoi lati sono pronti Pellegrini e Cristante mentre Zaniolo tornerà a ricoprire, come già accaduto con Porto e Bologna, il ruolo di esterno alto a destra nel tridente offensivo. Questo preclude l’avanzamento di Florenzi che giostrerà quindi come terzino, certamente meno esposto alle avanzate degli esterni laziali. In avanti Dzeko resta il terminale offensivo con El Shaarawy nel ruolo di seconda punta. Pronti a subentrare in corsa Nzonzi e Perotti: il primo per regalare maggiore copertura difensiva (vedi Porto), l’argentino per garantirsi la superiorità numerica sfruttando i suoi uno contro uno.
KARSDORP IN GRUPPO - A Trigoria danno per scontato il recupero di Manolas che oggi è atteso a Villa Stuart per il via libera definitivo. Intanto Di Francesco recupera Karsdorp, fermo da una decina di giorni per una lesione muscolare, ed entro domani avrà a disposizione anche Schick che proverà a strappare la convocazione per la sfida di sabato. Out invece Under.