Chievo di volta. Roma, la sfida di Verona decisiva per il 4° posto
LEGGO - BALZANI - Mantenere alta la tensione è un esercizio che a Di Francesco non è riuscito molto bene in questa stagione. Anche contro le piccole come il Chievo Verona (9 punti in classifica) che ha costretto all'andata sul 2-2 la Roma all'Olimpico. Domani la Roma va al Bentegodi per ritrovare la vittoria dopo due pareggi e la rovinosa sconfitta con la Fiorentina. Ma proprio col Chievo in trasferta riemergono brutti ricordi e un dato negativo. Nell'era americana, infatti, sono state solo due le vittorie a Verona col club di Campedelli: il 5-3 nel 2017 con Spalletticon doppietta di Salah e lo 0-2 nel 2013 con Garcia. Poi cinque pareggi e una sconfitta, quella del 16 dicembre 2012 quando Pellissier (su un campo ridotto in condizioni oscene) gelò la Roma a 3' dalla fine.
Ben tre le partite finite a reti bianche, l'ultima lo scorso anno che vide tra i protagonisti negativi Schick. Il ceco avrà l'occasione di rifarsi domani visto che sarà schierato di nuovo come ala destra poco dietro Dzeko. Allo scarso bottino elencato finora va aggiunta pure una vittoria amarissima, quella del 16 maggio 2010. Quel giorno l'Inter di Mourinho finì un punto sopra la Roma di Ranieri avendo approfittato tre giornate prima dello scivolone in casa con la Samp. Finì comunque con gli applausi dei 15 mila tifosi romanisti che avevano invaso il Bentegodi. Non ci sarà lo stesso spettacolo domani visto anche lo sciopero di alcuni gruppi ultras come forma di protesta verso la squadra. Superare il tabù Chievo ed evitare ulteriori sorprese in stile Bologna o Udinese diventa, però, obbligatorio per Di Francesco anche perché pure le altre concorrenti al quarto posto avranno un impegno morbido: Milan, Atalanta e Lazio giocheranno in casa rispettivamente con Cagliari, Spal ed Empoli.
Per questo Fazio, che di passaggi a vuoto in questa stagione ne ha avuti molti, invita a tenere alta la guardia: «Dobbiamo solo guardare avanti, ripartendo dalla grande prestazione offerta contro il Milan. Col Chievo non sarà facile, lo sappiamo, come sappiamo che da qui alla fine nessuna gara sarà semplice da affrontare. Nel girone di ritorno succede sempre così. Soprattutto contro squadre come il Chievo, che si giocano il tutto per tutto per la salvezza».
Da Trigoria arrivano notizie di Manolas in leggero dubbio per domani: ha un fastidio al gluteo che si porta dietro da Firenze. Oggi la decisione, ma prevale l'ottimismo.
Bianda operato al ginocchio destro: lo stop è di 6-8 settimane
LEGGO - BALZANI - Bianda tira un piccolo sospiro di sollievo. Il difensore, acquistato per 6 milioni (+5 di bonus che difficilmente raggiungerà viste le 0 presenze in serie A), dopo l’infortunio rimediato in Primavera contro il Milan ieri è stato sottoposto a un intervento in artroscopia. Esclusa la rottura del crociato al ginocchio destro, i chirurghi sono intervenuti sul collaterale e su un microframmento del menisco esterno. Prognosi tra le 6 e le 8 settimane.
Kluivert, il momento della verità ma il papà attacca: "Scelta errata"
GAZZETTA DELLO SPORT - PUGLIESE - A guardare i numeri, in fin dei conti, non è che ci sia tutta questa differenza. Nel senso che la scorsa stagione, di questi tempi, Justin Kluivert con l’Ajax aveva giocato in tutto 23 partite e segnato sei reti. Oggi l’olandese a Roma è fermo a 22 partite, con due sole reti. Insomma, non è che ci sia una differenza abissale, anche se poi il peso specifico delle presenze con l’Ajax era sicuramente maggiore rispetto a quello avuto finora in giallorosso. Eppure la percezione della stagione di Justin è ancora di difficile lettura. Prospetto di possibile campione o giovane da crescere e coltivare? Difficile dare una risposta, anche perché Justin ha ancora solo 19 anni ed una vita (calcistica e non) da costruirsi con il tempo, anche con gli errori. Di Francesco, però, da lui si aspetta un salto di qualità a breve. Almeno nella selezione delle scelte e delle giocate, che è un fattore che fa la differenza per uno che gioca nel suo ruolo e ha quella velocità lì.
DALL’OLANDA Ad affrontare la questione, nel frattempo, ci ha pensato ancora una volta papà Patrick, che dall’Olanda ha parlato del momento di suo figlio. «Non credo che Justin abbia fatto bene ad andare via dall’Olanda così giovane – ha detto l’ex centravanti di Milan e Barcellona –. Ho sempre detto che sarebbe dovuto rimanere un altro anno ancora o forse anche due all’Ajax. Ma come padre devi seguire e rispettare le decisioni di un figlio. Insomma, andare via secondo me non è stata una buona scelta. Ma nel momento in cui ha deciso di andare, ha fatto bene ad andare a Roma, una città dove si trova molto bene. Ovviamente vorrebbe giocare di più, ma ha 19 anni e non può pretendere più di tanto. Quando gioca si impegna al massimo, gli piace il suo ruolo e questa cosa è già abbastanza. Sono curioso però di capire come andrà la prossima stagione e se avrà eventualmente più occasioni per giocare titolare».
LA SITUAZIONE Già, anche se poi la Roma in realtà si aspetta un passo avanti da Kluivert già in questa, magari in questi ultimi 5 mesi di stagione che mancano da qui alla fine. Soprattutto ora che nel suo ruolo mancano comunque due pedine importanti come Diego Perotti e Cengiz Under, il che sulla carta gli avrebbe dovuto aumentare le possibilità di scendere in campo da parte del baby olandese. Ed invece a sinistra il titolare continua ad essere Stephan El Shaarawy, mentre a destra le soluzioni scelte nelle ultime uscite da Di Francesco sono ricadute su Alessandro Florenzi we Patrik Schick. Insomma, Kluivert sembra aver perso qualche posizione nelle considerazioni dell’allenatore giallorosso ed ora spetta soprattutto a lui risalire la china, recuperare fiducia e credibilità. Per la gara di Verona, con il Chievo, Schick sembra essere favorito sia su di lui sia su Florenzi. Ma se dovesse arrivare anche solo uno spezzone di partita, stavolta Justin non lo dovrà sprecare. Perché si risale anche dalle piccole cose. Per poi arrivare alle grandi.
Il 21 febbraio Consiglio straordinario
LEGGO - Il Consiglio straordinario sullo Stadio della Roma si terrà il 21 febbraio in Aula Giulio Cesare. Ad annunciare la data della seduta tematica, di cui ieri aveva parlato anche la sindaca Virginia Raggi, è il capogruppo M5S in Campidoglio Giuliano Pacetti. La riunione verterà anche sul parere sui flussi di traffico reso dal Politecnico di Torino. «Il parere del Politecnico di Torino sulla mobilità connessa al progetto Stadio chiarisce che con il potenziamento delle ferrovie Roma-Lido e Roma-Fiumicino il progetto dello Stadio a Tor Di Valle può proseguire andando a soddisfare i flussi previsti. Il parere è stato reso pubblico. Non eravamo obbligati a richiederlo, ma lo abbiamo fatto perché le grandi opere a Roma si devono fare, ma devono essere fatte bene e all'insegna della trasparenza per questo ci sarà anche il 21 febbraio un Consiglio Straordinario sul tema - scrive Pacetti su Fb -. Abbiamo evitato anche il progetto monstre che avevamo ereditato. Lo stadio sarà moderno eco-compatibile e all'avanguardia e nella costruzione verrà data priorità alle opere pubbliche nell'interesse di tutti i cittadini e non solo dei tifosi», conclude.
Rinvio a giudizio per Parnasi. Con lui altri 14 al processo
GAZZETTA DELLO SPORT - PUGLIESE - Forse è destino che il percorso verso lo stadio della Roma debba essere sempre tormentato, a prescindere. Così il giorno dopo l’annuncio di Virginia Raggi (con tanto di hashtag, «#lostadiosifa») e il sì «condizionato» del Politecnico di Torino, ecco il rinvio a giudizio per 15 persone nell’ambito dell’inchiesta aperta la scorsa estate proprio relativamente all’impianto di Tor di Valle. A richiedere il rinvio è stata direttamente la Procura di Roma, con i pm che hanno chiesto il processo, tra gli altri, per l’imprenditore Luca Parnasi (ex numero uno di Eurnova, la società che era stata incaricata della costruzione dell’impianto), per l’ex vicepresidente del Consiglio della Regione Lazio Adriano Palozzi, per l’ex assessore regionale Michele Civita, per il capogruppo di Forza Italia in Consiglio comunale Davide Bordoni e per il soprintendente ai beni culturali di Roma, Francesco Prosperetti. A seconda delle singole posizioni il pm Barbara Zuin e il procuratore aggiunto Paolo Ielo ipotizzano i reati di associazione a delinquere, corruzione e finanziamento illecito. «Sono fiducioso che possa essere dimostrata la mia totale estraneità», è stata la reazione del soprintendente. Per l’ex presidente di Acea, Luca Lanzalone, i magistrati avevano invece già ottenuto il giudizio immediato, con il processo che si dovrebbe aprire il prossimo mese.
LE REAZIONI Va sottolineato, comunque, come l’inchiesta attualmente sia un filone parallelo al progetto della costruzione dello stadio, impianto che secondo gli stessi pm non è stato inficiato dagli atti corruttivi messi in opera dai 15 rinviati a giudizio. Un sistema quello messo in piedi da Parnasi che secondo i pm era volto ad un «modello di corruzione sistemica» per aggirare la macchina burocratica per la costruzione dello stadio. Impianto di cui, tra l’altro, ieri ha parlato anche il presidente del Coni Giovanni Malagò, da sempre tifosissimo della Roma. «Speriamo che non si rimangino la parola anche questa volta, altrimenti si rischia il linciaggio», l’affondo del numero uno dello sport italiano, riferendosi alle parole della Raggi. E alle parole di Malagò hanno fatto da contraltare le quelle di Luigi Di Maio, vicepremier e ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico: «Sono contento che il progetto vada avanti. Quello attuale non era il progetto originario, rispetto al quale abbiamo ridotto le cubature ed eliminato delle opere ad alto impatto ambientale. Il che dimostra che siamo gente ragionevole, che vuole portare a casa le infrastrutture che servono». Adesso il prossimo passo è l’approvazione della variante urbanistica. La speranza della Roma, ovviamente, è che fili tutto liscio.
Stadio, Parnasi e altri 14 a processo
LEGGO - CALBONI - Rinvio a giudizio per 15 persone. Questa la richiesta che il pm ha avanzato alla Procura della Capitale riguardo all'inchiesta sullo stadio della Roma. Non sono passate nemmeno ventiquattro ore dall'annuncio della Sindaca Virginia Raggi, che ha definitivamente sbloccato l'impasse burocratica, che la vicenda collegata alla costruzione dell'impianto giallorosso si arricchisce di un nuovo capitolo: la richiesta di rinvio per 15 persone, coinvolte nell'indagine giudiziaria sulla struttura che verrà costruita sull'area attualmente occupata dall'ippodromo di Tor di Valle, e di proprietà del costruttore romano Luca Parnasi. Lo stesso Parnasi è considerato dagli inquirenti il capo e organizzatore della struttura che ha cercato di trasformare la costruzione del centro sportivo giallorosso in un lucroso affare. Affare che si è considerevolmente ridimensionato, dopo che il Campidoglio e la giunta Raggi hanno imposto, per l'approvazione del progetto un taglio delle cubature di circa il 50% del totale.
Secondo la Procura di Roma infatti il costruttore era a capo di un gruppo che ha commesso «una serie indeterminata di delitti contro la pubblica amministrazione al fine di ottenere provvedimenti amministrativi favorevoli alla realizzazione del nuovo stadio della Roma e di altri progetti imprenditoriali». Una associazione portata avanti da Parnasi e dall'ex numero 1 di Acea, Luca Alfredo Lanzalone. Ma proprio il nome di quest'ultimo dirigente, altra figura di spicco all'interno dell'inchiesta su Tor di Valle, non figura fra le persone rinviate a giudizio: il gip infatti a dicembre aveva accolto la richiesta della Procura di giudizio immediato per Lanzalone, e il suo processo partirà il prossimo 5 marzo. L'ex numero 1 della Acea è accusato di corruzione e si trova dallo scorso giugno agli arresti domiciliari.
Nel filone principale dell'inchiesta, le accuse a vario titolo vanno dall'associazione a delinquere al finanziamento illecito e corruzione. Oltre allo stesso Luca Parnasi rischiano di rimanere coinvolti nell'inchiesta della procura, oltre ai suoi più fidati collaboratori, anche l'ex vicepresidente del Consiglio della Regione Lazio eletto con Forza Italia Adriano Palozzi, l'ex assessore regionale PD Michele Civita e il soprintendente ai beni culturali Francesco Prosperetti: quest'ultimo si dice «fiducioso», e convinto che le indagini dimostreranno la sua «totale estraneità» ai fatti.
Baldissoni: «Figc faccia chiarezza sul calcio femminile»
LEGGO - BALZANI - La Roma femminile ha sempre più tifosi, e negli ultimi mesi ha scalato la classifica portandosi al 4° posto. L’intento del club è quello di investire ancora, ma ieri Baldissoni - nel corso della presentazione del ebook “Donne di calcio” presso il Credito Sportivo - ha lanciato un allarme: «Le cose o si fanno o non si fanno: noi abbiamo scelto di farlo seguendo l’eccellenza. Michele Uva (vicepresidente Uefa, ndr) ci ha chiamato dicendo che voleva accelerare lo sviluppo del calcio femminile e aveva bisogno dello sviluppo di squadre professionistiche. Abbiamo affrontato questo sforzo economico e amministrativo. Ma siamo un po’ in difficoltà perché sentiamo incertezza per il futuro. Non abbiamo capito dove va ad atterrare il calcio femminile. Non abbiamo capito come queste ragazze verranno inquadrate: professionismo o no?». L’ex campionessa (oggi membro del Cda romanista) Mia Hamm però è positiva: «Il calcio femminile in Italia è in espansione. Credo che vedremo crescere il numero delle calciatrici e aumentare la qualità di gioco».
Zaniolo, gelo sul rinnovo: tutta colpa di Kluivert. E così Karsdorp è rinato
LA REPUBBLICA - PINCI - Il rinnovo di Zaniolo slitta. Congelato fino all’estate, così è deciso, nonostante la promessa del direttore sportivo Monchi. «Visto il rendimento, il suo sarà il primo rinnovo che affronteremo, a fine mercato», disse alla Gazzetta il ds spagnolo. Un annuncio, o almeno un proposito, che si è rivelato un po’ avventato: per fare un contratto bisogna essere in due, e in questo momento l’agente di Zaniolo ha preferito rimandare il discorso. Il motivo è semplice: il trequartista che Di Francesco vede mezzala è esploso nelle ultime settimane, deve ancora trovare continuità. E chi lo rappresenta vuole a ragione attendere di capire quale sia la prospettiva del ragazzo, da un punto di vista dell’impiego ma anche dello sviluppo tecnico. La base di partenza è una: Nicolò ha scelto Roma, si trova benissimo, ama la città e la squadra, a un amico ha confessato «da qui non andrei via mai». Ma l’agente Claudio Vigorelli deve ovviamente lavorare perché il ragazzo ottenga il massimo, e i primi pour parler con la Roma avevano raccontato posizioni distanti. E il milione e mezzo che pareva la base delle richieste non basta più. Soprattutto in ragione del fatto che altri giovani della rosa - leggi Kluivert - guadagnano già cifre significative, intorno ai 2 milioni. Un argomento che ha già creato problemi con un altro ragazzo d’oro, il turco Ünder: pure per lui dopo l’arrivo dell’olandese, la questione rinnovo si è complicata. In più su Zaniolo si stanno già muovendo i maggiori club d’Europa: la Juventus su tutti, visto che Paraticiha lasciato tracce cartacee (il famoso “pizzino” diffuso dal Tempo) di un interesse reale con valutazione 40 milioni per il ragazzo cresciuto a La Spezia. L’ultimo giovane ad esplodere in ordine di tempo però potrebbe essere un altro. Rick Karsdorp ha convinto contro il Milan. Il segreto dell’esplosione: una chiacchierata con Di Francesco. Che, a poche ore dalla partita, lo ha cercato per rivolgergli parole di stima: gli ha detto di puntare su di lui, che lo aveva visto lavorare bene e di giocare tranquillo. Fiducia ripagata con i fatti dal terzino olandese.
Sanabria: "Grazie al Genoa non rimpiango né Totti né Messi"
GAZZETTA DELLO SPORT - GRIMALDI - Un canterano rimane tale per sempre. E se poi nella vita, dopo esserti allenato con Messi alla Masia, hai giocato pure con Totti, incassando i suoi complimenti, il tuo futuro non potrà mai essere normale. Antonio Sanabria, Tonny per amici e tifosi, è questo e molte altre cose ancora. Altra dote (rara) è quella di non avere mai segnato gol normali. Ha fatto centro al debutto nel Genoa con il primo pallone toccato a Empoli, nell’ottobre scorso aveva castigato il Milan a San Siro in Europa League con il Betis e un anno prima (settembre 2017), ha fatto piangere il Bernabeu segnando il gol-vittoria sul Real (93’), nel match che interruppe la striscia di 73 gare in cui i blancos erano sempre andati in gol. Nello stesso anno ha affondato la Colombia con il Paraguay al 94’ («il mio gol più importante») nelle qualificazioni al Mondiale.
Adesso è qui, due presenze e due gol nel Genoa, per nulla intimorito dall’eredità pesante di un certo Krzysztof Piatek.
«Sono contento di essere arrivato qui. I compagni mi hanno subito fatto sentire uno di loro, aiutandomi in campo e fuori. Anche Prandelli è stato importante. Al Betis giocavo e segnavo, avevo un buon rapporto con tutti, ma l’ambiente non era più ideale. Quando c’è stata la possibilità di tornare in Italia, ho detto subito sì. Ora, poi, rispetto a quattro anni fa, capisco e parlo l’italiano. E poi il Genoa ha avuto molti attaccanti sudamericani, come Milito e Palacio. Anche questo mi ha spinto a venire qui, anche se non ho rimpianti. Nella vita le cose accadono perché il destino vuole che sia così».
Che importanza ha avuto la Cantera per lei?
«Il Barcellona mi ha fatto crescere come persona e come calciatore, sono stato lì dai tredici ai diciassette anni, la mia famiglia abita a Barcellona».
Perché nel 2014 e nel 2015 non aveva funzionato la sua prima esperienza italiana fra Sassuolo e Roma?
«Ero timido, non conoscevo la lingua, adesso mi sento pronto e maturo per questa nuova tappa. Non avevo la testa giusta, l’esordio nel Sassuolo non andò bene. Colpa mia, mi mancava l’esperienza, avevo giocato solo dieci partite nel Barcellona B. Ora spero di dare una mano al Genoa. Totti? Un bravo ragazzo. Aveva trentasette anni quando ero nella Roma, eppure in partitella lo vedevo e pensavo: “Quanto è forte...”».
Il più grande di tutti?
«Messi. Impressionante, il numero uno al mondo. Vinceva davvero le partite da solo».
Una figura fondamentale nella sua vita?
«Mia nonna Brigida. Mi è sempre stata vicina. se sono arrivato qui lo devo a lei. Aveva sempre pensato che sarei arrivato in alto con il calcio. Ovunque si trovi oggi, sono sicuro che sarà orgogliosa di me e mi starà guardando. Ho il suo nome tatuato sul collo».
L’idolo da bambino?
«Ronaldo. Non l’ho visto giocare molto, perché in Paraguay non avevamo la tv per vedere la Liga o la Serie A, ma su Youtube mi ha impressionato».
Josep Pascual, suo tecnico al Bianca Subur ha detto: «Sanabria può arrivare dove vuole, deve solo essere consapevole del suo reale valore».
«Ha ragione. Se non hai la testa giusta, non esplodi nel calcio. Ho lasciato il Betis perché stavo bene con compagni e allenatore, ma l’ambiente non mi aiutava, avevo bisogno di uscire e di provare una nuova esperienza».
Lei ha tre fratelli e una sorella e non è l’unico calciatore...
«Mio fratello Joel, di due anni più giovane, gioca in Segunda Division B in Spagna: anche lui attaccante, ma più cattivo e meno tecnico. Sarebbe bello un giorno giocare insieme».
Le potenzialità del Genoa?
«Elevate. È una squadra compatta e unita, ma ora l’importante è raggiungere l’obiettivo finale della salvezza».
Dove pensa di dover ancora crescere?
«Mi mancano un po’ di grinta e cattiveria, oltre che la continuità. Gli infortuni mi hanno un po’ penalizzato, sono stato fuori a lungo per il menisco. Mi serve sentire la fiducia: se succede, la palla va dentro».
Domenica sfiderà il suo connazionale Santander?
«Il Bologna ha vinto una gara difficile a San Siro, sono contento per lui, spero che continui a fare bene. Ma da lunedì».
Roma e Lazio, 101 storie di tifo e di passioni
LA REPUBBLICA - PINCI - Cos’hanno in comune un prete laziale venuto da Leon, nelle Filippine, e un romanista nato a Kokkola in Finlandia? Li raccontano due libri gemelli che hanno indagato le prospettive del tifoso a Roma attraverso i ricordi di persone diverse: non una classifica ma il campione di un popolo che si riconosce nell’identità calcistica. “Romanisti” e “Laziali” - entrambi “in 100 personaggi (+1)”, editi da Typimedia - di quell’identità raccolgono le parole, le sensazioni delle sconfitte più brucianti, di quella partita che non si può scordare, di una vittoria che ha fatto nascere un amore. Attraverso il ritratto parlante di nomi noti ma anche di anonimi che vivono quel sentimento quotidiano che è la passione per la propria squadra. Inevitabili le scosse di nostalgia, alimentate dalle copertine dei 45 giri di Tony Malco che evocheranno agli appassionati biancocelesti l’emozione degli inni del club. Mentre i disegni del mitico Paolo Samarelli faranno rivivere ai romanisti la gioia dei gol più belli della storia della loro squadra. Quelle pagine nascondono anche racconti commoventi come quello di Marco Rosci, il padre di Flavio e Francesco, gemelli tifosissimi della Lazio e affetti dal morbo di Batten. I medici dissero a Marco e alla moglie Paola di portarli il più possibile allo stadio, perché l’entusiasmo di andarci avrebbe rallentato la degenerazione della malattia e stimolato più a lungo le loro facoltà percettive e cognitive. «Senza la Lazio probabilmente avremmo mollato, ci dà la forza di continuare», racconta il papà.
Magie di una passione che ha contagiato persino Francesco Totti, che ha firmato la prefazione del volume riservato ai 100 (+1) romanisti (il “+1” è il calciatore giallorosso Lorenzo Pellegrini): “Nel corso degli anni dall’essere Totti sono diventato Francesco, o Checco. Quando un tifoso parla di me pur non conoscendomi parla come di un amico”. La prefazione del volume laziale è invece di Simone Inzaghi: “Essere della Lazio significa essere diversi, distinguersi dalla massa. Un modo di vivere la passione che ho tramandato ai miei figli”. Passione che non ha luogo né geografia. Chiedere nel dubbio a padre Fritz Tohoy, sacerdote filippino oggi parroco a Verona. Ma quando arrivò dalle Filippine a Roma i romanisti non gli stavano simpatici, “e quindi quasi per reazione sono diventato laziale”. Storia senza confini anche quella di Juha Ahtinen, che pur vivendo in Finlandia vede una ventina di partite della Roma ogni stagione: all’Olimpico, ma anche in qualche trasferta, pianificando le ferie in base alle partite della squadra giallorossa. Prenota l’ostello dalle parti di via del Corso e resta anche solo per un giorno, pur di esserci. Insieme a loro, anche nomi più noti: il virologo Roberto Burioni («Avevo dieci anni e mi innamorai della Lazio di Chinaglia, la scomparsa di Maestrelli e Re Cecconi ha rafforzato la passione») e il presidente del Coni Malagò. Come allo stadio: hanno tutti posti diversi, ma una passione colorata con le stesse sfumature.
Stadio, trasporti senza fondi Regione: stop se non cambia
IL MESSAGGERO - DE CICCO - Tra palco e realtà, come canta Ligabue, c'è una montagna di soldi. Soldi virtuali che il Campidoglio ancora non ha in cassa, con cui promette, però, di rivoluzionare la mobilità romana «tra 5/10 anni». È l'ultimo appiglio che è stato offerto al Politecnico di Torino per provare a smussare la stroncatura netta al progetto Tor di Valle. E i prof piemontesi, nella conferenza stampa di martedì, hanno detto che proprio sulla base del Pumshanno sfornato un «sì condizionato» alla costruzione del nuovo stadio, con annesso mega centro di negozi, uffici e alberghi. L'impatto sul quadrante Sud di Roma sarebbe «catastrofico», a meno che non siano mantenuti tutti gli impegni promessi dal Comune in questo Piano Urbano della Mobilità Sostenibile. Una lista di 20 «punti fermi» in larga parte solo abbozzati, senza scadenze precise e soprattutto, in molti casi, senza un euro di finanziamenti certi. A volte non è nemmeno stata presentata la domanda al Ministero dei Trasporti. In altri casi, come per «il prolungamento della metro B a Casal Monastero» (è citato nella relazione del Comune spedita al Politecnico), si tratta di interventi congelati dalla stessa amministrazione, per bocca dell'assessore Linda Meleo. Insomma progetti accantonati, per non dire archiviati. Eppure ai prof sabaudi sono stati presentati come ancora in vigore, a tutti gli effetti.
FILOBUS E FUNIVIA Senza contare che appena due opere (la funivia a Magliana e la filovia da Tor de' Cenci) sarebbero non troppo distanti da Tor di Valle. E il resto? Tutti altri quadranti e settori; dal potenziamento delle metro ai semafori intelligenti, i tram in centro storico, le telecamere intelligenti per monitorare gli spostamenti delle auto e perfino dei pedoni (seguiti col Wi-fi e il Bluetooth). Tutti progetti futuribili che nulla hanno a che vedere col rischio di «blocco totale» del traffico in cinque grandi arterie, dal Raccordo alla Roma-Fiumicino, paventato dal Politecnico. Per evitare l'automobile, i tifosi potrebbero forse andare allo stadio in barca, si intuisce dalle carte consegnate dai tecnici della Mobilità all'università torinese. «Va segnalata - si legge nel passaggio sulle vie alternative - la presenza del Tevere che da Tor di Valle è navigabile fino a Roma». E perché non a nuoto? Sempre per ridurre gli inevitabili ingorghi, s'intende... Dai documenti dei tecnici dei trasporti capitolini, si evince che sarà impossibile rispettare la delibera sul «pubblico interesse» del nuovo stadio, approvata dalla maggioranza di Virginia Raggi nel giugno 2017. Lì, tra le condizioni poste dall'amministrazione, si prevedeva un potenziamento massiccio della Roma-Lido per arrivare a «minimo 20mila passeggeri l'ora». Le carte della Mobilità comunale invece parlano di «massimo 18mila passeggeri l'ora». E anche per la ferrovia FL1 - che ha l'unica altra stazione nei paraggi - la delibera sarebbe sconfessata, impossibile osservare quanto pattuito. La Regione segue la pratica da vicino. La giunta di Zingaretti dovrà esprimersi solo al termine del tortuoso iter comunale, quando e se l'Assemblea capitolina avrà votato la variante urbanistica, sempre che non abbiano avuto la meglio i grillini malpancisti. Massimiliano Valeriani, assessore regionale all'Urbanistica, fa capire che non sarà votata la delibera finale, che vale come permesso a costruire, se i privati non cambieranno il progetto per adeguarlo alle prescrizioni sfornate dalla Conferenza dei servizi, a dicembre 2017. Prescrizioni sul traffico e sui trasporti oggi malandati da riammodernare su larga scala. «L'assenza degli adeguamenti richiesti rischierebbe di creare ostacoli oggettivi e insormontabili per il via libera definitivo», spiega Valeriani. Che dice di «condividere l'auspicio del Campidoglio di vedere presto completato l'iter autorizzativo, ma è fondamentale che la variante voluta dal Comune rispetti le prescrizioni scaturite dalla Conferenza dei servizi, con particolare attenzione agli interventi per la sicurezza e per la mobilità, sia pubblica che privata».
«RIUNIONI SETTIMANALI» Parole indirizzate anche al Comune, dove Virginia Raggi l'altro ieri ha varato l'ennesima task force sullo stadio: la due diligence avviata dopo l'inchiesta per tangenti sarebbe conclusa - anche se i tecnici dell'Urbanistica non hanno terminato le verifiche... - e ora un nuovo «gruppo di lavoro» dovrà rendicontare alla sindaca, «con cadenza settimanale», le evoluzioni sul progetto. Ne faranno parte 4 manager, il vice-direttore generale del Comune e i responsabili dei dipartimenti Trasporti, Urbanistica e Avvocatura.
Monchi-DiFra: un asse di fiducia
IL MESSAGGERO - TRANI - Il patto tra Monchi e Di Francesco è visibile in campo. In partita, ad essere più precisi. Ultimamente le scelte dell'allenatore sono state inequivocabili: spazio agli investimenti del ds, ai giocatori che, per completare la rosa, sono arrivati a Trigoria dall'estate 2017. Spesso alcuni di loro sono stati ai margini, altri sono andati via e altri bocciati, sia nella stagione scorsa che in questa. Da domenica sera, la virata. Questione di riconoscenza e fedeltà. Basta guardare la formazione di partenza schierata contro il Milan che, per sei-undicesimi, ha utilizzato calciatori acquistati nell'ultimo biennio: il portiere Olsen, i terzini Karsdorp e Kolarov, i centrocampisti Pellegrini e Zaniolo, l'attaccante Schick. E paradossalmente pure in quella di Firenze, spingendosi fino a sette. Il tecnico, proprio nella notte della verità, ha quindi chiamato in causa gli interpreti ritenuti al momento più affidabili e al tempo stesso ha dato forza al ruolo del suo principale interlocutore (e difensore). La svolta, insomma, è autentica. Domani a Verona contro il Chievo, con Cristante e Nzonzi che tornano a disposizione, insisterà sul nuovo progetto.
TIMBRO ANDALUSO Il mercato di Monchi, dunque, c'è e finalmente si vede. In campo, non ancora in classifica. Le operazioni del ds devono permettere alla Roma di chiudere il campionato al 4° posto e di giocare quindi anche la prossima edizione della Champions. L'obiettivo principale della proprietà Usa inciderà proprio sul futuro di Di Francesco e ovviamente di Monchi. Se non sarà centrato, l'allenatore e il ds non saranno confermati. Pallotta, ormai da tempo, tiene sotto osservazione la gestione tecnica. E, pur non avendo limitato il potere di Monchi, ritiene insoddisfacente il rendimento stagionale della squadra e di alcuni acquisti. In questo senso il nuovo percorso di Di Francesco è seguito con interesse da Boston. Il coinvolgimento dei giovani, da titolari e non solo come ricambi, è stato un passaggio obbligato per l'emergenza delle ultime settimane in ogni reparto. La risposta è stata positiva ma non dovrà essere fine a se stessa. Gli emergenti dovranno rendere il gruppo più competitivo.
RICAMBIO GENERAZIONALE Non basta, comunque, la valorizzazione o, meglio ancora, la rivalutazione della rosa. La priorità resta il piazzamento della Roma a fine campionato: solo in caso di obiettivo raggiunto, Di Francesco incasserà il gradimento della proprietà Usa per l'iniziativa. Di sicuro l'allenatore, in quest'annata, è stato meno conservatore, cercando di dare un senso alle operazioni di Monchi. Proprio il contrario di quanto accadde nella stagione scorsa, quando i titolari sono spesso stati esclusivamente giocatori presi in precedenza da Sabatini. Eppure in estate andarono via Szczesny, Ruediger, Paredes e Salah e in inverno Emerson, cioè 5 punti di riferimento della squadra che con Spalletti fece il record di punti. Di Francesco, ignorando il mercato del nuovo ds, andò avanti con il gruppo storico. Strategia che pagò soprattutto in Europa. Nelle partite più esaltanti dell'avventura giallorossa nella Champions 2018, i nuovi sono rimasti a guardare. Il 31 ottobre 2017, nella vittoria contro il Chelsea all'Olimpico (3-0) che certificò il 1° posto nel gruppo C, solo Kolarov trovò spazio nella formazione iniziale. Il 10 aprile del 2018, nel successo casalingo contro il Barcellona (3-0), ancora il fluidificante mancino e Schick, usato sulla fascia destra proprio come contro il Milan: appena 2 novità dall'inizio, per eliminare Messi e festeggiare l'ingresso in semifinale dopo 34 anni dall'unica volta nella storia del club.