San Basilio, aggredì l'arbitro arrestato il calciatore-ultrà

IL MESSAGGERO - ALLEGRI – MARANI - Il colpo alla testa sferrato «con ferocia immotivata» e «furia incontenibile sproporzionata alle futili ragioni» da Simone Di Pio, 34 anni, giocatore-tifoso della Virtus Olympia, contro l'arbitro Riccardo Bernardini l'11 novembre scorso al Francesca Gianni di San Basilio, «avrebbe potuto cagionarne la morte e tutto ciò per una partita di calcio». Il gip Giulia Proto nel disporre gli arresti domiciliari per il 34enne, operaio incensurato di San Basilio, non ha dubbi: «La condotta dell'indagato, che è uno sportivo tesserato con la squadra di casa e non un semplice tifoso, deve essere ritenuta particolarmente violenta e grave per il luogo in cui è stata perpetrata». Aggiungendo che «la furia del Di Pio e del complice (a cui i carabinieri di Montesacro danno la caccia, ndr) è stata determinata da futili motivi connessi all'esito di una partita di calcio» e che se lasciato in libertà, Di Pio «possa commettere nuovi reati, con esiti persino più gravi». L'arresto del 34enne è scattato giovedì. I carabinieri guidati del tenente Marco Zavattaro hanno bussato alla sua porta ai lotti di San Basilio e lui ha provato a difendersi: «Non c'entro niente, mi sveglio alle 5 per andare a lavorare». Ma le testimonianze del custode le descrizioni di altri teste («capelli corti rasati, barba ben definita, occhiali da sole») e le immagini riprese dalle telecamere di zona (nell'impianto non c'erano) lo hanno incastrato. Di Pio è il terzo portiere del team e quel giorno era in tribuna perché non convocato. Le indagini dei militari di San Basilio, coordinate dal pm Eugenio Albamonte, erano partite tra molte reticenze, subito dopo l'aggressione avvenuta al termine del match Virtus Olympia - Atletico Torrenova. Il lunedì la squadra aveva anche preso le distanze dai fatti con un comunicato. Ma già durante l'incontro erano volati insulti dagli spalti verso la giacchetta nera della sezione Aia di Aprilia e dei suoi due assistenti, bersagliati dalle minacce: «Voi da qui non uscite». Frase che era stata rivolta dai giocatori espulsi anche a un guardialinee. Dopo il fischio finale, mentre la terna guadagnava lo spogliatoio, in quattro hanno scavalcato il cancello che isola l'area tecnica e in due hanno colpito Bernardini: il primo gli ha sferrato uno schiaffone a mano aperta sul volto all'altezza dell'orecchio destro che lo ha fatto barcollare; il secondo - identificato in Di Pio - lo ha colpito un'altra volta, allo stesso modo, facendolo cadere e sbattere con la nuca al suolo.

SALVATO DALL'EX ULTRÀ

 Riccardo sembrava morto, è stato soccorso salvato da un dirigente dell'Atletico, l'ex ultrà della Lazio Yuri Alviti, che «si piegava sul ferito e gli inseriva le mani nel cavo orale per evitare che, privo di sensi, inghiottisse la lingua», scrive il gip. E poi dall'ambulanza. Tra i primi ad accorrere anche la mamma, Fiammetta, e la fidanzata, Beatrice. Il ragazzo, che è uno studente di Ingegneria Gestionale a Roma, ha riportato una prognosi di 60 giorni, poi allungata a 90. «L'arresto di uno degli aggressori è una bella notizia - afferma la signora Fiammetta - ma Riccardo è ancora provato. Ha dovuto fermarsi con gli studi e per quest'anno di arbitrare non se ne parla anche se ha sempre gli scarpini pronti. Ha mal di testa e capogiri. Non provo rancore per gli aggressori, ma quell'immagine di mio figlio a terra non si cancella. E se è vero che chi lo ha ridotto così faceva parte del contesto sportivo, allora, chiedo che le Leghe calcio, dalle maggiori alle minori, insieme con la Figc, adottino misure drastiche anche nei confronti delle squadre, altrimenti non cambierà mai nulla. Le aggressioni agli arbitri continuano, un altro tifoso è morto a Milano: il ministro Salvini ha convocato una riunione ad hoc lunedì al Viminale, servono provvedimenti radicali». Gli inquirenti sono convinti che tra chi ha minacciato e chi ha scavalcato, ci siano persone orbitanti nella sfera della società. Uno sarebbe stato in panchina perché infortunato. L'altro che ha colpito l'arbitro - tra i 25 e i 30 anni - potrebbe appartenere all'entourage del team.


Regole e patti di sangue: quei violenti delle curve che si atteggiano a boss

LA REPUBBLICA - BERIZZI - una rosa rossa posata sull'asfalto, la data "27-12-2018" e la runa "algiz", nella mistica nazista l'onore ai caduti che torneranno in vita. L'ultima immagine in ricordo di Daniele Belardinelli è la metafora dell'ultrà 2.0. L'epitaffio, il manto che silenzia nell'omertà tutto quanto sta dietro le curve. Gli affari sporchi sotto la coperta del tifo. I legami con il crimine organizzato. Le falde, le cupole e le gerarchie. Un modello italiano copiato dai supporter all'estero. Perché tiene insieme due pezzi: la parte "manageriale", che cura i guadagni e i rapporti coi club, e il braccio armato che fa il lavoro in strada. La fotografia della rosa rossa per Belardinelli l'hanno posata ieri mattina i nazionalsocialisti della Comunità dei dodici raggi, sotto inchiesta a Varese per tentata ricostituzione del partito fascista. Quelli tatuati con la scritta "cut one and we all bleed" (“tagliane uno e scappano tutti") che con "Dede" condividevano gli spalti neri "Blood&Honour". Gli stilemi della retorica ultrà. L'epica guerresca. «Noi siamo così, ultras nella vita non solo alla partita», ricorda un vecchio capo tifoseria lombardo. «Adesso ne dasperanno un po'. Interisti e napoletani. Ma poi la storia continua e noi ci saremo. Anche dopo i tavoli di governo...». Nel mondo rovesciato delle curve c'è sempre un morto ancora caldo da elevare a martire. Uno che se ne è andato per giusta causa: era lì a farsi avanti, a tendere una trappola con mazze e bomboni, «vedrai alla fine gli renderanno omaggio anche i napolecani» -antico insulto della Nord fascio-interista che non dispiaceva ai leghisti di Pontida. Curve pericolose e codice: onore, fratellanza, rispetto. Di che cosa, però? Lunedì al Viminale da Salvini e Giorgetti “loro” non ci saranno. Per prudenza e opportunità i vertici del calcio e del governo gli ultrà non li hanno voluti (ci saranno solo referenti dei club di tifosi scelti dalle società). Fossero andati avrebbero mandato qualcuno "pulito": teste di legno, nomi spendibili per un'operazione politica sulla cui reale efficacia c'è chi non ha solo certezze. Non ci saranno i Boys e i Viking interisti, i padroni della curva Nord di San Siro nei cui drappi si identificano gli assalitori della notte di sangue di via Novara (a partire dal capo e coreografo Marco Piovella detto il "Rosso"). Non ci saranno i "cugini" della “Curva Sud" rossonera: il leader Luca Lucci, spacciatore e mazziere salutato cordialmente dal ministro dell'Interno, il ministro-ultràSalvini che ancora due giorni fa posta la foto di un selfie insieme ai poliziotti del soccorso alpino e sul cellulare è visibile l'adesivo "Curva Sud". Il gruppo in mano agente come il "Toro" - il pregiudicato Lucci - il fratello Francesco e gli amici Giancarlo "Sandokan" Lombardi, Marietta Diana, il "Barone" Giancarlo Capelli: tutti già inquisiti. Al tavolo "sportivo" del Viminale non siederanno nemmeno, per fortuna i Black Devil, altra sigla della curva milanista. Sono capeggiati da Domenico Vottari, detto Mimmo, originario di Melito Porto Salvo: diversi anni di carcere (anche per omicidio) e contatti con la ‘ndrangheta nel nord Italia. Coi fiduciari delle cosche calabresi (clan Sergi e Papalia) ha rapporti anche Loris Grancini, capo dei Viking della Juve, 13 anni per un tentato omicidio. Grancini è amico di 'Sandokan" Lombardi: capi di due tifoserie rivali. A loro volta acerrime nemiche degli ultrà napoletani della Curva A. Il bacino dove gli investigatori stanno cercando gli "autisti" che hanno tirato sotto Belardinelli.

La Curva A del San Paolo è il regno dei Mastiffs il cui boss era uno già balzato agli onori delle cronache e ora in carcere per droga: Gennaro De Tommaso, Genny  'a carogna, il mediatore (con le forze dell'ordine) che il 3 maggio 2014 allo stadio Olimpico di Roma placa la sua curva per dare il via libera alla finale di Coppa Italia Fiorentina-Napoli dopo il ferimento di Ciro Esposito (che morirà in seguito agli spari dell'ultrà romanista e neonazista Daniele De Santis). Dei 420 gruppi ultrà italiani, circa 45mila tifosi, con il 75% delle curve politicamente orientate a destra, quelli della Curva A sono tra i più temuti: e anche tra i più infiltrati dalla camorra. «Controlla il tifo e i clan si dividono i posti in curva», disse l'anno scorso il pm della Dda di Napoli, Enrica Parascandolo. Come non ricordare l'inquietante presenza a bordo campo, al San Paolo, del figlio del boss Salvatore Lo Russo, Antonio, alle partite del Napoli otto anni fa. Il modello della cosca, regole ferree e patti di sangue, e poi capi, emissari, gregari. Direttivi che decidono gli scontri e si spartiscono la torta dei guadagni (spaccio, biglietti, bar e parcheggi intorno agli stadi). Leader che stoccano cocaina e intanto si accreditano con calciatori, dirigenti e personalità politiche. Esempi da non imitare? Anzi. In Europa il modello italiano è ammirato. A dicembre i tifosi della Torcida verde dello Spoiting Lisbona hanno omaggiato con una coreografia le curve italiane: "Diversi nei colori, uniti nei valori. Ultras da sempre aggregazione e fonte di ispirazione'', era scritto su uno striscione accompagnato dai leghi di 34 gruppi ultrà italiani. Un tempo si sarebbe detto "all'ultimo stadio", Oggi, forse, siamo oltre.


Adesso il giocatore rischia la radiazione

IL MESSAGGERO - BAL. – Il 34enne tesserato con la società Virtus Olympia finito ai domiciliari per aver colpito l’arbitro Riccardo Bernardini rischia la radiazione da parte della Figc. Lo prevede il codice di giustizia sportiva, che lascia pochi spazi per un’eventuale difesa. La società, invece,non può essere imputata di una responsabilità diretta, ma solo oggettiva e rischia una pesante sanzione. La Procura Federale della Federazione Italiana Gioco Calcio acquisirà nei prossimi giorni gli atti direttamente degli inquirenti e aprirà un fascicolo che si concluderà quasi sicuramente con un deferimento, sia del giocatore che della società al Tribunale Territoriale del Lazio. La Virtus Olympia, per quanto accaduto, era già stata penalizzata dal Giudice Sportivo con 5 punti in meno in classifica, l’ammenda minima di 5mila euro e l’obbligo di giocare in casa a porte chiuse. Misure contro cui ha presentato ricorso. La Virtus Olympia subito dopo l’aggressione si era dichiara estranea ai fatti, dicendosi profondamente rammaricata per la vicenda: «Un episodio – citava il comunicato- che con il calcio non ha nulla a che vedere. Le reti sono state scavalcate da individui totalmente estranei al nostro club».


Agguati e risse lontani dagli stadi. Gli intrecci internazionali tra ultrà

CORRIERE DELLA SERA - L’ultimo «censimento» relativo ai campionati 2017-2018 fornisce numeri un po’ più bassi rispetto alla stagione precedente: 386 gruppi ultrà tra i tifosi delle squadre che militano nelle serie professionistiche (dalla A alla Lega Pro C) che raccolgono circa 38.200 persone. (…).Se di recente si sono sciolte più formazioni di quante se ne sono costituite, possono essere aumentati i «cani sciolti», soggetti non affiliati ad alcuna sigla ma ugualmente attivi sia nelle curve che fuori; sempre impegnati a sostenere la «mentalità ultrà». Tuttavia il tifo estremo organizzato continua ad aggregarsi in bande che si alleano e si fronteggiano non più solo dentro i confini nazionali, con gemellaggi e conseguenti ostilità trans-frontaliere che comportano anche nuove dinamiche negli scontri. Compresi quelli milanesi del 26 dicembre, in cui è morto Daniele Belardinelli. L’ultima tendenza è di pianificare agguati e risse in zone distanti dagli stadi, o addirittura lungo le autostrade, per evitare intromissioni delle forze dell’ordine, ed è una pratica mutuata dalle tifoserie europee spesso coinvolte al fianco di una fazione contro un’altra. A Santo Stefano è accaduto che insieme agli interisti ci fossero i francesi del Nizza pronti ad aggredire i napoletani, dopo che il 2 agosto 2015, prima di un’ amichevole tra Nizza e Napoli, avevano subito un’imboscata da un cavalcavia. (…).per modalità ricorda quanto avvenne il 22 aprile 2017 a Lisbona, quando morì l’ultrà della Fiorentina Marco Ficini, 41 anni, andato ad assistere al derby tra lo Sporting e il Benfica. La tifoseria viola è gemellata con quella dello Sporting, a cominciare dal gruppoSettebello di cui faceva parte Ficini, che peraltro non era mai stato segnalato per episodi di intemperanza. (…).La logica delle alleanze internazionali s’è svelata anche a Roma, il 13 dicembrescorso, quando gli ultrà dell’Eintracht di Francoforte sono sbarcati nella capitale, per la sfida con la Lazio, insieme ai «colleghi» gemellati dell’Atalanta; in quel caso gli scontri ci furono soprattutto con le forze dell’ordine, impegnate a evitare che i tedeschi entrassero in contatto con i laziali (…).La solidarietà con i tifosi amici all’estero si manifesta anche con stendardi e scritte che inopinatamente compaiono nelle rispettive curve: dall’effigie censurata di un dirigente della Dinamo Zagabria(contestato dai suoi sostenitori) comparsa tra vessilli romanisti durante una partita con il Chievo , agli striscioni in lingua italiana in favore del tifoso catanese condannato per l’omicidio dell’agente Raciti nel 2007, comparsi nel 2017 in occasione della sfida nel campionato tedesco tra Bayern e Schalke 04. (…).A volte il collante è l’estremismo politico che da qualche lustro ormai s’è infiltrato nelle curve; soprattutto di destra, ma non solo. (…).Nella geografia (anch’essa variabile) dei gruppi ultrà, 68 (il 17 per cento) sono catalogati come politicamente estremisti. Tra questi più della metà sono di destra (in serie A ci sono supporter di Bologna, Juventus, Lazio, Roma, Sassuolo, Torino e Udinese), il 28 per cento di sinistra (ancora Bologna, Empoli, Fiorentina) e il 17 per cento misti, nel senso che sotto la stessa sigla militano estremisti sia di destra che di sinistra (Fiorentina, Genoa, Roma e Torino). Altri 73 gruppi sono politicizzati senza posizioni estreme (43 di destra e 30 di sinistra), ma la grande maggioranza, (245, cioè il 63 per cento) sono considerati apolitici. (…).


Politano: "Roma è una piazza pesante, la pressione si fa sentire. Il mio idolo? Totti"

GAZETTA DELLO SPORT - STOPINI - Il meccanico calciatore adesso ha invertito l’ordine dei fattori, probabilmente migliorando il prodotto finale. Matteo Politano è un calciatore perfettamente meccanico, ingranaggio indispensabile se è vero che rovistando nell'officina di Appiano ti accorgi che non c’è altro giocatore di movimento dell’Inter ad essere sceso in campo come lui in tutte le partite, 25 su 25. «Non me l’aspettavo, l’Inter mi sembrava un salto così grande...».

Non faccia il modesto. Piuttosto, che anno è stato il 2018?
«Il più bello della mia vita, magico: il matrimonio, il passaggio all’Inter, l’esordio in Champions, il gol in Nazionale...».

Li metta in fila.
«Beh, la maglia azzurra e la Champions sono emozioni strepitose. Ma il matrimonio mi ha reso un uomo felice».

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Dica una cosa in cui è diverso Spalletti dagli altri allenatori.
«Parla tanto con noi calciatori, la sua idea di calcio ti entra in testa e non esce più. Ho sentito subito la sua fiducia, è uno che ti fa pensare “per questo darò sempre tutto”. Ho vissuto la sua prima Roma da tifoso, per me era un punto di arrivo, è stata una delle Roma più belle di sempre, mi fermavo a vedere di nascosto i suoi allenamenti, erano uno spettacolo».

A proposito di tecnici, lei ha avuto anche Di Francesco. Sorpreso dalle sua difficoltà?
«Roma è una piazza pesante, la pressione si fa sentire e non è facile da gestire. E poi ha perso 4-5 giocatori simbolo, ripartire con tanti giovani non è facile».

(…).

E’ vero che il suo idolo era Vucinic?
«No, è sempre stato Totti. Poi Vucinic mi piaceva tantissimo, alla Roma era fantastico. Anche se a livello personale ho sempre guardato a Robben come punto di riferimento».

(…).


Manolas e Pellegrini «Cori de Roma», ma poi?

GAZZETTA DELLO SPORT - ZUCCHELLI - Strana la vita, non avrebbero potuto fare vacanze più diverse: Lorenzo Pellegrini è in un resort alle Maldive e condivide il tempo con Simone Inzaghi, Immobile, Belotti e Spinazzola (e rispettive consorti), mentre Kostas Manolas è in Grecia, a casa sua, e il massimo della mondanità è stata una serata in cui ha suonato il Bouzouki, tipico strumento musicale greco a corda. Uno è a due ore di volo da Roma, l’altro dall’altra parte del mondo, lunedì si ritroveranno insieme a Trigoria e vorrebbero ritrovarsi insieme anche alla scrivania di Monchi. Magari prima uno poi l’altro, ma entrambi vorrebbero rinnovare il contratto e diventare una bandiera. Capitani oggi e capitani domani. Senza clausola, perché le bandiere – Totti e De Rossi insegnano – la clausola non ce l’hanno.

QUI KOSTAS

Manolas invece sì, ha un valore di 36 milioni e il suo contratto scade nel 2022. Guadagna intorno ai 3 milioni l’anno, lui vorrebbe prenderne almeno uno in più ed è disposto a togliere la clausola. Per farsi aiutare nelle trattative ha scelto Mino Raiola. Per Monchi, però, non è ancora tempo di trattare, le priorità sono altre e, pur ritenendo Manolas importantissimo, non è incedibile. Ecco perché, considerando l’interesse di United e Arsenal in Inghilterra e Juventus in Italia, questi saranno mesi caldi. E pazienza se per i tifosi il greco, dopo il gol al Barcellona, è diventato un simbolo. Le sue lacrime quella notte, la fascia di capitano indossata sempre più spesso, le camminate sotto la curva e, soprattutto, un atteggiamento disponibile, l’hanno fatto diventare un idolo dei tifosi. Anche, se non soprattutto, quelli più intransigenti. Il gruppo, per intenderci, che non ama troppo Florenzi, in realtà erede designato di Totti e De Rossi, ma non ancora nel cuore di tutto il popolo giallorosso.

QUI LORENZO

A differenza di Manolas, Pellegrini invece di strada deve ancora farne. A Roma gioca in casa, a Roma vuole vivere e nella Roma vuole giocare, diventando un giorno capitano. Lo ha detto qualche giorno fa in un’intervista, rivelando anche come non gli dispiaccia assumersi le responsabilità: «E indossare la fascia della Roma è una di queste». Nel 2018 è diventato grande: si è sposato, ha segnato per la prima volta in un derby e in Champions, adesso aspetta di legarsi per sempre alla Roma. Anche lui, come Manolas, ha il contratto in scadenza nel 2022, anche lui vorrebbe prolungarlo e ridiscutere lo stipendio, anche lui vorrebbe togliere la clausola. Anche per lui, però, ci sarà da aspettare.

QUIPREMIER

E le sirene inglesi si fanno sentire, per certi versi in modo più forte rispetto a quelle di Manolas. Perché Pellegrini ha un ingaggio più abbordabile (intorno ai 2 milioni), perché ha cinque anni in meno rispetto al compagno, perché un giocatore che può fare la mezzala come il trequartista e ha piedi delicatissimi non si trova facilmente. All’Olimpico, nell’ordine, sono venuti a vederlo Manchester United, City, Liverpool e, sembra, anche Psg, che lo vedrebbe bene al posto di Rabiot. Caratteristiche diversi, età simili. Per non parlare, poi, della Juventus, con Allegri che voleva impedirgli di tornare a Roma e andare a Torino direttamente da Sassuolo. Monchi, però, non volle sentire ragioni, Di Francesco ancora di più. Basterà la loro volontà a trattenerlo? La clausola è intorno ai 30 milioni, ma Pellegrini, se mai dovesse andar via, non sembra intenzionato a volerla usare. Sarebbe troppo, forse, per un ragazzo nato a Roma. Eppure la volontà è la stessa di Manolas. Strana la vita, per uno nato a Naxos.


Da domani a Trigoria tutti pronti per test fisici

GAZZETTA DELLO SPORT - CECCHINI - «L’ Epifania tutte le feste si porta via», recitava un antico adagio. Proprio vero, e lo sanno anche i calciatori della Roma, che da domani torneranno alla base per riprendere il lavoro il giorno successivo, quel 7 gennaio che dà proprio idea di vacanze finite.

TABELLE

L’auspicio più grande che di sicuro Eusebio Di Francesco avrà espresso sarà quello che il gruppo abbia seguito le indicazioni fisiche ed alimentari che la società si era premurata di dare prima della partenza per le vacanze. A vedere i social – da Dzeko ed El Shaarawy – pare che siano in tanti che si stanno comportando in modo corretto. A raccontare la verità, però, poi ci penserà la bilancia, oltre che i test sanguigni e salivari a cui i giocatori si sottoporranno. Inutile dire che l’attenzione a Trigoria sarà altissima, visto che nella scorsa stagione gennaio fu traumatico, con due sconfitte (all’Olimpico) e due pareggi in 4 partite. Risultato: il treno per le zone più alte della classifica fu perso proprio in quel periodo e l’allenatore, per questo, fece capire che non tutti in vacanza si erano comportati col massimo della professionalità. Un rischio quindi da evitare in questo inizio di 2019, anche perché il poker di partite non è affatto banale: si comincerà il 14 gennaio con la sfida a eliminazione diretta di Coppa Italia con l’Entella per poi passare al trittico Torino, Atalanta e Milan che dirà parecchio per la corsa alla zona Champions. Come dire, meglio aver digerito il panettone.


Roma, per il centrocampo il Milan pensa a Lorenzo Pellegrini

GAZZETTA DELLO SPORT - (...) Proseguono, anche se a fari spenti, le manovre per regalare a Gattuso un rinforzo a centrocampo: l’obiettivo numero uno resta Stefano Sensi del Sassuolo, per il quale l’unica strada percorribile è quella del prestito con diritto di riscatto (più eventualmente il cartellino di Plizzari, che piace agli emiliani). Allo stesso tempo, il d.t. Leonardo si sarebbe mosso per Lorenzo Pellegrini, gioiellino 22enne della Roma su cui pesa però una clausola da 30 milioni: un sondaggio in attesa di potersi sedere attorno a un tavolo a giugno, visto che la politica rossonera per il mercato attuale non prevede spese eccessive. (...).


Lo United pensa a Manolas per rinforzare la difesa

Il Manchester United ha riscontrato delle lacune nella fase difensiva ed è pronto ad intervenire sul mercato pagando la clausola di 37.5 milioni di euro presente presente nel contratto di Kostas Manolas. La società capitolina non vorrebbe privarsi del suo difensore già nella finestra di mercato invernale ma è balenata l'idea di liberarlo in estate. Monchi sta monitorando alcuni difensori centrali come  Gianluca Mancini (Atalanta), Joachim Andersen (Sampdoria) e Daniele Rugani (Juventus ) in vista della campagna acquisti estiva. Questo quanto riportato da ethnos.gr.


Weigl non lascerà il Borussia Dortmund a gennaio

Julian Weigl, centrocampista del Borussia Dortmund, sta trovando poco spazio in questa stagione e starebbe pensando al trasferimento dove troverebbe maggiore continuità. Lucien Favre, allenatore del club tedesco, schiera maggiormente Witsel ma ha dichiarato la volontà di non voler far partire Weigl. La Roma, a caccia di un centrocampista, vorrebbe portarlo in Italia già a gennaio. SuL centrocampista tedesco c'è l'interesse anche di PSG e Tottenham. Questo quanto riportato da bild.de.


La Roma vuole Donsah del Bologna nel mercato di gennaio

La Roma, è intenzionata ad a comprare Godfred Donsah già nella finestra di mercato di gennaio. Il centrocampista del Bologna è ancora a zero presenze in questa stagione per via di un brutto infortunio. Questo quanto riportato dal quotidiano ll Resto del Carlino.


L'Atalanta è interessata a Perotti per sostituire Rigoni

Diego Perotti, attaccante della Roma, sembra rientrare nei piani di mercato dell'Atalanta. Il club nerazzurro sta cercando un sostituto di Rigoni, prossimo alla partenza. I bergamaschi non pensano solo a Perotti visto che sono state chieste informazioni alla Sampdoria per Caprari. Questo quanto riporta il Giorno