Obiang nome nuovo per il centrocampo giallorosso

Spunta Pedro Obiang per il centrocampo giallorosso. Secondo quanto riportato da Gianluca Di Marzio nel corso del programma Sky Calciomercato - L'originale, il giocatore attualmente al West Ham sarebbe un nuovo obiettivo per rinforzare la mediana romanista. Gli inglesi sarebbero disponibili a darlo in prestito con diritto di riscatto, cosa che avevano escluso la scorsa estate e questo avvantaggerebbe la trattativa per dare a Di Francesco il centrocampista di cui ha bisogno.


C'è un Mancini per la Roma, l'Atalanta tratta

GAZZETTA DELLO SPORT - CECCHINI - Scherzi del destino. Il primo gol dell’anno per la Roma lo ha segnato un milanista. Si tratta di Matteo Salvini, ministro dell’Interno e leader della forza politica virtualmente maggioritaria in Italia, che ieri si è travestito da centravanti giallorosso e tuona su Radio Radio.

SALVINI E LO STADIO 

«La Roma merita di avere il nuovo stadio – ha detto il leader leghista –. Non entro in ambiti giudiziari e urbanistici che non mi competono, ma spero che quante più società di calcio riescano ad avere il prima possibile stadi nuovi, belli, sicuri, utilizzabili sette giorni su sette». Immaginiamo che sia musica per le orecchie del presidente Pallotta, che dagli Usa segue le vicende calcistiche (e non) dell’universo giallorosso. Ma se al momento il pallone non rotola, viste le vacanze dei calciatori, chi non dorme è il mercato, su cui il d.s. Monchi vigila con attenzione. Normale, però, che non sia solo il presente a farla da padrone. A dimostrarlo infatti — oltre al noto interesse per Rugani (Juve) – è l’irrompere di Gianluca Mancini nei piani dei giallorossi.

L’ANTICIPO 

A 22 anni, il difensore dell’Atalanta è uno dei migliori italiani nel ruolo di questa prima parte della stagione. Nato a Pontedera, dopo un passaggio nel Valdarno, il centrale è cresciuto nelle giovanili della Fiorentina, da dove è passato in prestito al Perugia prima della cessione all’Atalanta, con cui sta giocando la sua seconda stagione. Nello scorso torneo ha accumulato 13 presenze (con un gol all’attivo), ma la vera svolta è arrivata in questa stagione, dove ha già giocato 17 partite e realizzato 5 reti (4 in A e 1 in Europa League). Quanto basta perché Monchi lo seguisse, provando perciò a bloccarlo per averlo in estate. L’Atalanta è disponibile ad intavolare una trattativa, ma chiede una cifra non banale: 25 milioni. Il rapporto tra le due società, comunque, è così buono che tutto lascia pensare che un punto d’incontro si possa trovare, un po’ com’è successo con Cristante, passato in giallorosso per 20 milioni più 10 di bonus. In ogni caso, Mancini sembra in rampa di lancio, anche perché, oltre che nell’Under 21, è già nel giro della Nazionale del c.t. suo omonimo.

Marcano e karsdorp In attesa del futuro, però, c’è anche il presente, se Marcano – che ha trovato poco spazio (3 presenze per lui) – e il baby Bianda andassero altrove, così come farà Karsdorp, a un passo dal prestito al Feyenoord. Dalla Turchia si registra un interesse per lo spagnolo da parte del Galatasaray, club peraltro in cui milita un altro difensore, Ozan Kabak, che non dispiace ai giallorossi, così come Maidana del San Paolo.

IDEA OZIAKUP 

Occhio sempre al fronte Galatasaray, perché da Istanbul giungono voci anche su un altro giocatore che sembra entrato nell’orbita Roma. Si tratta di Oghuzan Oziakup, 26 anni, nato in Olanda ma di passaporto turco, con già 30 presenze nella nazionale della mezzaluna. Il club capitolino tratta sempre sulla base del prestito, ma prima deve valutare a che punto è il recupero di De Rossi per la mediana. Detto che il baby Coric in ogni caso dovrebbe andare in prestito (piace a Chievo e Bologna), è possibile che Monchi fornisca un rinforzo al centrocampo di Di Francesco, visto che le candidature di Marin (Standard Liegi) e Berge (Genk) stanno perdendo quota. Su quest’ultimo, poi, il direttore tecnico della società belga, Dimitri De Conde, ieri ha detto a TRS: «Non siamo intenzionati a cedere Berge a gennaio». E allora meglio correre ai ripari.


Capello: «Con i giovani bisogna osare»

IL MESSAGGERO - TRANI - «Ho finito, io. Nè allenatore nè dt. Nemmeno manager. Il mio calcio è solo da opinionista. Con Sky. Ormai sono pensionato. E faccio il nonno. Di quattro nipoti». Al telefono, da Dubai, la voce forte e chiara di Fabio Capello. Tosto, e mai distaccato, pure da osservatore, come lo è stato da giocatore e da allenatore. È negli Emirati Arabi, accompagnato dalla moglie Laura. Ospite alla cerimonia dei Globe Soccer Awards per ritirare il premio alla carriera: «Il ricordo più bello è la Champions con il Milan». Incoronato a 72 anni da coach, esalta il calcio inglese e Cr7. E rimprovera qualche collega italiano, chiedendogli di osare di più. Non nel gioco, ma con i ragazzi. Come stanno facendo Mancini in Nazionale e Di Francesco nella Roma. E invita, comunque, le rivali a non inchinarsi allo strapotere della Juve.

 
La serie A è diventata noiosa: scudetto assegnato, l'unico vero obiettivo è il 4° posto. In più c'è la lotta salvezza. Dopo 19 giornate, giù il sipario?
«Non sono d'accordo. Guardate i punti a disposizione. Chi insegue la Juve non si deve arrendere. Vale la pena provarci. Il Napoli e le altre. I tifosi, invece, sono abituati: i bianconeri dominano e vincono da 7 anni. Ma la passione della gente c'è, a Milano è addirittura cresciuta».

 
Non crede che però la Premier faccia storia a sè?
«Sì, è un mondo a parte. Il torneo è sempre interessante, ogni stadio è sempre sold out e la vetrina rimane la migliore. Noi qui parliamo ancora di barriere, lì il pubblico sta a contatto con i calciatori. C'è rispetto. Quando sei in campo, ti senti importante. Ma anche la Liga rimane competitiva».

 
Il Barcellona e soprattutto il Real sembrano, per la verità, meno forti di prima: che cosa è successo?
«Colpa dell'addio di Cristiano. Pesantissimo. A Madrid si sono addormentati. Ma con il Barca e il Real, lotta l'Atletico. E c'è pure il Siviglia. Il campionato è più appassionante».

 
L'Italia esclusa dall'ultimo mondiale: non pensa che quel fallimento abbia fatto bene al nostro movimento?
«Abbiamo pagato la crisi economica e basta. E, di conseguenza, l'assenza dei campioni in campo e fuori. Da noi, negli ultimi anni, non sono più venuti. Fondamentale lo sbarco di Cristiano Ronaldo. Un esempio: Dybala negli ultimi due anni si è accontentato. Adesso, con CR7, Allegri ha detto all'argentino che se vuole giocare deve correre. A tutto campo. Dybala, grazie a Ronaldo, migliora. Il campione ne genera altri».

 
Se fosse l'allenatore di un club in Italia, quale giovane chiederebbe al suo presidente?
«I tre chiamati da Mancini in azzurro: Barella, Zaniolo e Sensi. Punto su Sensi. Regista e ce ne sono pochi. Gioca rapido e in verticale. È da big. Anche se fisicamente piccolo, è veloce di testa. A livello internazionale conta la dinamicità e va testato. Il fisico incide di più per chi sta in attacco. A centrocampo hai invece più spazio».

 
I giovani in Europa: chi li valorizza meno, Italia, Inghilterra o Spagna?
«Noi. I miei colleghi sono quelli che hanno meno coraggio. Di Francesco ha esagerato al Bernabeu facendo debuttare Zaniolo in Champions contro il Real. Ma la sua decisione è stata utile per la Roma e per il ragazzo. E per l'allenatore. Che ha capito di avere in rosa un calciatore di talento. Solo utilizzandoli, sai se i giovani sono all'altezza e pronti. Se non li vedi, non crescono e chissà che fine fanno».

 
Indichi i suoi tre giovani da Pallone d'oro?
«Subito Mbappè. Senza guardare l'età, Kane. E Neymar».

 
Fa spesso i complimenti ad Ancelotti: perché?
«È intelligente. Ha dato serenità al Napoli. Confermata la difesa, è intervenuto sul centrocampo e l'attacco, valorizzando la rosa. Bene in Europa, per la sua grande esperienza. Fuori dalla Champions solo per la parata di Alisson su Milik».

 
Ha allenato nazionali e club fuori dai nostri confini: cosa rimpiangeva dell'Italia calcistica durante quelle esperienze? E cosa porterebbe a casa da quei modi di fare calcio?
«In Russia avrei voluto la nostra organizzazione tattica. Da noi avrei voluto il pubblico della Premier e della Liga».

 
Presidenti e arbitri in Inghilterra sono spesso illustri sconosciuti: in Italia sono protagonisti. E' uno dei nostri difetti e dei loro pregi?
«Certo. Lì i presidenti parlano pochissimo e usano magari un comunicato per cacciare un allenatore... E gli arbitri lasciano giocare e il pubblico al massimo borbotta».

 
Liverpool o City, quest'anno?
«Il Liverpool gioca un calcio fantastico. L'ho visto contro l'Arsenal: impressionante. Bravissimo Klopp. Il City, però, resta la superpotenza che investe ogni anno. Club ricco e moderno. Sempre in crescita. E Guardiola ha cambiato gioco, con interpreti veloci che verticalizzano. Stop al possesso. Siamo noi che abbiamo copiato il peggio del guardiolismo. Diamo sempre il pallone indietro. Al portiere».

 
Che consigli darebbe a Guardiola e Klopp se dovessero venire in Italia?
«Di farsi comprare i campioni. Le vittorie dipendono solo da loro. Contro questa Juve e senza top player, anche loro non avrebbero scampo».

 
Spingere sulla tecnologia o sulla preparazione arbitrale?
«Tecnologia e tempo effettivo. Ogni partita deve durare gli stessi minuti. Il campionato sarebbe più regolare».

 
In Inghilterra dopo anni e anni il calcio è senza hooligans (li porta all'estero) e senza incidenti: cosa dovremmo imitare?
«Prendere decisioni vere. Con regole nuove. Basta striscioni, petardi, insulti e buu. Con la Federcalcio devono però collaborare i presidenti, gli allenatori e i calciatori. Partendo dal saluto al pubblico a centrocampo, a fine partita, e non sotto la curva. Permesso solo fuori casa, per ringraziare chi si è messo in viaggio per seguirti».

 
Le Wags sono nate in Inghilterra e lei ne sa qualcosa: belle da vedere ma fastidiose oggi?
«Sono cresciuto con i presidenti-padroni, ci sentivamo merce di scambio. Poi i procuratori e le wags. Che probabilmente influenzano gli stessi giocatori. Ora contano i social. È l'era moderna. Bisogna accettarla e viverla. Le società allenano anche le wags... Prima subivano solo qualche capriccio di poche mogli. Ma oggi se non sei social, quasi non conti. Io, no. Niente». Anti-social, detto con simpatia.


La Roma è troppo buona

IL MESSAGGERO - CARINA -  La Roma dei paradossi non finisce di stupire. Trenta punti dopo il girone d'andata e nonostante tutto a - 2 dalla zona Champions. Era da 10 anni che i giallorossi non ottenevano un bottino così magro dopo 19 gare: l'ultima volta accadde con Spalletti nel 2008-09. Ottavo al giro di boa, i tre punti in più ottenuti nel girone di ritorno (33) permisero a Lucio di scalare soltanto un paio di posizioni in classifica e concludere il torneo al sesto posto. Posizione che a Pallotta non basterebbe. La Roma infatti ambisce ad arrivare tra le prime quattro. E considerate le difficoltà palesate in questa prima parte di stagione, i numerosi infortuni (23 muscolari e 9 di origine traumatica), gli stop prolungati di giocatori-chiave (De Rossi 3 mesi, Perotti 2 mesi e mezzo, Pellegrini, Dzeko ed El Shaarawy 1 mese) e l'inevitabile rodaggio per un gruppo rivoluzionato in estate, i presupposti non mancano.

 
I DUE VOLTI - Quello che sorprende (e va quindi migliorato) rispetto ad un anno fa, è la metamorfosi della squadra in trasferta. Nelle prime 5 partite disputate lontano dall'Olimpico (non considerando quindi Sampdoria-Roma, recuperata a gennaio) della passata stagione, Di Francescoservì l'en-plein (Atalanta, Benevento, Milan, Torino e Fiorentina), rallentando soltanto nelle ultime due uscite (0-0 con il Chievo e 0-1 con la Juventus). Quest'anno invece, i giallorossi fanno maledettamente fatica. L'ultimo successo a Parma, alza un po' la media che altrimenti sarebbe più deficitaria di quanto già non lo sia: appena 12 punti in 10 gare (1,2 di media). Fortuna vuole che il rendimento casalingo sia migliore: 18 punti in 9 partite (2). Un doppio volto che si evidenzia ancor di più considerando alcuni dati. Quando gioca all'Olimpico, la Roma segna di media 2,67 reti (24): fuori, appena 1 (10). Ma non finisce qui: più tiri in totale (17,9 a 16,4), più conclusioni nello specchio (7,8 a 5,1) e anche una maggiore propensione al dribbling (9,3 a 7,2). Singolare anche il modo di attaccare leggermente diverso tra casa e trasferta: quando è all'Olimpico, la Romapredilige le vie centrali (70%) rispetto alle fasce (30%). In trasferta sale invece la percentuale delle corsie esterne (38,4%) a discapito degli inserimenti in mezzo, con una media di cross maggiore (26 a 21) rispetto alle partite casalinghe. Ulteriore anomalia: lontana da casa, la Roma non ha mai segnato in contropiede (6 le reti su azione manovrata e 4 su calcio piazzato), cosa avvenuta invece nella Capitale per due volte (alle quali si aggiungono 14 reti su manovra, 6 su calcio da fermo e 2 rigori). Chi pensava invece che il passaggio dal 4-3-3 al 4-2-3-1 con calciatori più dediti al palleggio (leggi Nzonzi e Cristante) alzasse la percentuale del possesso-palla, dovrà ricredersi: attualmente è del 55,23% (dietro Inter, Juventus, Napoli, Atalanta e Sassuolo). Lo scorso anno era superiore al 58%, seconda soltanto al Napoli di Sarri (64%).

 
NO CATTIVERIA - Rispetto ad un anno fa, sembra mancare un po' di fisicità. La Roma è terzultima nei falli commessi (220, media 11.6 a gara) ed è la squadra che contrasta meno in serie A: appena 13 tackle a gara (247). Con questi numeri, non è da disdegnare la media dei palloni intercettati: sono 11,5 ogni 90 minuti, in linea con la Juventus (11,9). È anche vero che il ritorno di De Rossi e il possibile arretramento di Zaniolo a mezzala - con Pellegrini confermato trequartista - potrebbe correggere in corsa questi dati. Una cosa è certa: nonostante le difficoltà, la Roma dà la sensazione di essere la favorita per arrivare quarta. L'importante sarà non darlo per scontato. Anche perché di norma Di Francesco non è un tecnico che nei gironi di ritorno dà il meglio di sé. In serie A, è accaduto soltanto una volta: nel 2016-17, quando ai 18 punti dell'andata, sommò i 28 dopo il giro di boa. Altrimenti è avvenuto sempre il contrario: 40-37 lo scorso anno, 32-29 nel 2015-16, 25-24 nel 2014-15 e 17-17 nel 2013-14.


Schick si affida al mental coach per tornare a credere in sè

IL MESSAGGERO -  C’è chi va (per Marcano c’è l’interessamento del Galatasaray, si continua a parlare con il Feyenoord per Karsdorp), c’è chi resta (Schick, che per provare a svoltare si è affidato a un mental coach di fama mondiale) e c’è chi potrebbe arrivare: Mancinidell’Atalanta per giugno. Dopo Kessie (sfumato) e Cristante (preso) l’asse con il club di Percassi continua ad essere caldo: per il difensore si parte da una base di 25 milioni. E se Monchi continua a lavorare senza sosta, Schick si è portato avanti rinunciando ai resort a cinque stelle per ricaricarsi a Praga affidandosi a un mental coach, Jan Mühlfeit, 22 anni alla Microsoft, abituato a tirare fuori da manager e sportivi “le potenzialità inespresse dell’individuo”. La Roma spera ci riesca anche con Schick. Per la difesa, Monchi continua a monitorare Maidana del San Paolo (prestito), Kabak del Galatasaray, Nastasic e Rugani per l’acquisto a fine stagione. A centrocampo torna di moda Ozyakup del Besiktas. Piace pure Berge del Genk, si valuta il prestito dello spagnolo Obiang.


Radja a Cagliari: voglia di normalità per il centrocampista belga

GAZZETTA DELLO SPORT - VELLUZZI - Il ritorno alla normalità. Radja cercava soltanto questo. Dalla sera del 30 dicembre Nainggolan è a Cagliari dove, prima di spiccare il volo, aveva comprato una casa. Le vacanze invernali le trascorre qui. Fino a domani. Capodanno in famiglia: chi l’avrebbe mai detto? Il Ninja ha sorpreso chi lo immaginava a Dubai o alle Maldive. Si è rifugiato dove ha gli affetti, gli amici di sempre con i figli e la moglie Claudia. Già proprio Claudia Lai, la ragazza di Serramanna, ex commessa in un centro commerciale che, suo malgrado, è al centro del gossip. A Radja non è bastata la punizione dell’Inter con annessa esclusione dal big match col Napoli dopo una serie di comportamenti poco professionali. Su di lui si è abbattuta la scure del gossip che non risparmia chi vive a cento all’ora ed è sempre sotto i riflettori. «Crisi coniugale, tutta colpa di una folgorazione per una tale Ginevra per la quale avrebbe perso la testa». Un nuovo magazine di Fabrizio Corona (col quale il belga, forse ingenuamente, passò una serata nei primi giorni nerazzurri) avrebbe sentito la ragazza e annuncia la rivelazione della storia. La replica su Twitter: «Tutta la verità? Si sente che ho una conversazione diretta con lei o è solo lei che parla?». Fuori da Lillicu, una delle più antiche trattorie della città, dove mercoledì ha cenato con Claudia e i soliti amici, e dove lo abbiamo incontrato, Radja scuote la testa. Ha capito che Milano perdona meno di Roma. Là si sentiva più protetto, anche per l’amore dei tifosi. A Milano è diverso, anche perché in campo le sue prestazioni non sono state all’altezza delle aspettative.

MOGLIE

In queste giornate c’è Claudia al centro, quasi a voler scacciare il gossip che li vuole a un passo dalla rottura. Con lei ieri ha girato il centro città: shopping in un negozio di abbigliamento, l’aperitivo nella adorata piazza Yenne. Ma anche l’allenamento e il calcio: ieri mattina, completo del suo sponsor tecnico addosso, è piombato al Poetto e ha smaltito panettone e sfizi vari a due passi dalla spiaggia. Poi ha pensato ai bambini. E con l’inseparabile Claudia si è presentato al campo Le Serre di Quartucciu (alle porte di Cagliari) al torneo Epifania, organizzato dall’Asd Pirri. Foto e selfie, autografi e sorrisi. Quelli Radja non li nega mai. «E’ generoso, anche troppo», dicono gli amici, da sempre tifosi del Cagliari, che ora a Milano vanno di meno: «A Roma era più bello e la Roma è una squadra che ci è simpatica». Ormai viene quasi da pensare a dove Rajda ancora non sia stato in città in questi giorni. Perché dalla sera in cui è arrivato, Nainggolan a Cagliari lo hanno visto in tanti. Prima tappa alla «Bottega dello stile» dove si è tagliato i capelli insieme alla figlia piccola. E quando Luca, che si è preso cura di Radja, gli ha proposto la cresta lui gli ha detto: «Basta creste, ormai sono vecchio, ho 30 anni. Non la faccio più». Taglio quasi normale. Perché la voglia di normalità è quel che Radja ha in testa dopo il terremoto con l’Inter che ha scosso il suo Natale. Ha deciso che d’ora in poi dovrà essere il campo a parlare per lui. Lui che, quando gli chiediamo di Barella, assistito dallo stesso agente, Alessandro Beltrami sorride: «Ogni tanto lo sento». Barella ieri è partito per la montagna. Radja è rimasto a Cagliari per cominciare il nuovo anno concentrato sull’Inter, innamorato di Claudia.


L'ex Aquilani torna a casa: «Acquisto la mia Spes»

GAZZETTA DELLO SPORT - CECCHINI - C’è un tempo per partire ed uno per tornare a casa. Lo ha capito assai bene Alberto Aquilani che, partito dalla Spes Montesacro, è arrivato a giocare nei massimi club europei (roma, Liverpool, Juve, Milan, Fiorentina, Sporting Lisbona, solo per citarne alcuni) e in Nazionale prima di decidere di chiudere il cerchio. In che modo? Acquistando e diventando presidente proprio della Spes, storica società del panorama romano. Lo ha fatto negli ultimi giorni di dicembre e ieri lo ha ufficializzato con un post su Instagram.

«ESPERIENZA» «Il mio cammino è cominciato lì, in un campo di terra a Montesacro, la mia casa calcistica è la Spes. Da lì sono partito per un lungo percorso, fatto di sacrificio e impegno, che mi ha portato ad indossare diverse maglie gloriose calcando palcoscenici importanti. Mi sono tolto molte soddisfazioni, ma non ho mai dimenticato la prima volta su un campo da calcio. Perciò torno con un bagaglio di esperienza da trasmettere a piccoli sognatori. Sarà una nuova sfida per me, ma grazie ai valori e agli insegnamenti della mia famiglia, sono certo di poter dare il mio contributo per la continuità e l’eccellenza della Spes. Da qui inizia una nuova storia. La nostra». Quella di Aquilani, poi, avrà diverse sfaccettature, visto che – nonostante gli siano giunte alcune offerte da club di Serie A e B – a 34 anni, sta per cominciare il corso per allenatore. Ovvero: una nuova avventura e alle porte, ma con le radici piantate nel passato.


Dzeko si allena anche a Dubai. L’obiettivo: un 2019 sprint

GAZZETTA DELLO SPORT - ZUCCHELLI - Sì, ammettiamolo, un po’ li invidiamo. Sono giovani, mediamente belli, sicuramente ricchi e mentre noi comuni mortali siamo alle prese con il Grande Freddo che ci fa sembrare un po’ protagonisti – ma meglio dire comprimari – di serie tv come «Il Trono di Spade» o «Fortitude», loro si scaldano al sole di Dubai. Dura la vita del calciatore, vero? Eppure la risposta, sorprendentemente, potrebbe essere anche affermativa. Ad esempio, Edin Dzeko guida un pacchetto di giallorossi che, pur facendo (anche) vita da spiaggia con la famiglia, non trascura di lavorare in modo serrato per presentarsi al meglio alla ripresa del campionato. La Roma, infatti, ha messo a disposizione del centravanti bosniaco (ed anche di Karsdorp, Juan Jesus, Coric e Santon, pure loro a Dubai) un preparatore atletico che cura la forma fisica nel modo migliore, perché alla ripresa non si potrà più sbagliare.

POKER D’INSIDIE

Non è un mistero, infatti, che i ragazzi di Eusebio Di Francesco avranno subito un poker d’insidie da cui doversi guardare. La Roma, infatti, affronterà il 14 gennaio in casa l’Entella per gli ottavi di finale di Coppa Italia (gara ad eliminazione diretta) e poi un terzetto di rivali nella rincorsa alla zona Champions League, ovvero Torino, Atalanta e Milan, col primo e terzo impegno in programma all’Olimpico. Quanto basta per far capire che passi falsi, da ora in poi, sarebbero pericolosissimi.

LA CRISI DEL GOL

Ovvio che da Dzeko ci si aspetta un rendimento in linea più con la prima parte del 2018 che della seconda. Infatti, le (appena) 2 reti segnate in campionato in questo inizio di stagione stridono col suo rendimento standard, che invece in Champions League è al livello della sua fama, avendo realizzato 5 reti in 4 match disputati. Tutt’altra storia, invece, nei primi cinque mesi dello scorso anno, quando i golrealizzati sono stati 13, di cui 8 in campionato e 5 in Champions.

DAL DIVORZIO AI GOL

Il tutto a partire da quel gennaio scorso, in cui si stava per consumare il grande strappo tra l’attaccante – fortemente richiesto dal Chelsea – e la società giallorossa, disponibile a parlarne. Per fortuna della Roma, però, la trattativa non andò in porto per due circostanze concomitanti: la mancata accettazione da parte della società londinese delle richieste contrattuali del bosniaco e la volontà della famiglia di Edin di restare a Roma, soprattutto tenendo conto che la stagione era ancora in corso. Tutto questo, però, adesso sembra acqua passata, ed anche se è vero che della spalmatura del contratto del giocatore per il momento non si parla, resta la volontà di chiudere al meglio l’attuale stagione. E la Roma ha senz’altro una certezza: senza il miglior Dzeko, sarà difficile fare strada. 


Schick a Praga trova un aiuto: il mental coach dei leader

GAZZETTA DELLO SPORT - CECCHINI - Potere dei social: ieri il profilo di Jan Mühlfeit, ex manager della Microsoft tra i più riconosciuti mental coach di fama mondiale, è diventato oggetto della curiosità di tanti romanisti. «Svegliacelo», oppure: «Se lo fai diventare un bomberti faccio una statua», è stato il tenore dei messaggi che Mühlfeit ha ricevuto. Il motivo? Ha ufficializzato la sua collaborazione con Patrik Schick. I due si sono fatti fotografare in un ristorante italiano a Praga, Pizza Coloseum, con in mano uno dei libri che il mental coach ha scritto e a cui ha affidato la sua filosofia: «The positive leader». In tre parole c’è tutto: quello che Schick vuole diventare, quello che la Roma e i tifosi si augurino diventi.

L’UOMO E IL BAMBINO

«Fai anche i miracoli?», un altro dei messaggi per Mühlfeit, 56 anni, originario della Repubblica Ceca ma diventato famoso in Europa prima e negli States poi: persino la Cnn si è occupata del suo metodo di lavoro. Prevede che ogni persona scopra, tornando alle sue origini, le potenzialità inespresse e prevede anche un lavoro sui punti di forza che passa dall’accettazione dei difetti e degli errori. La consapevolezza è alla base del suo processo mentale, che parte da alcune basi fisse per poi modificarsi a seconda delle situazioni. Su Schick non scende nei dettagli, si limita a dire che «non vede l’ora di iniziare la loro collaborazione» e, a chi lo conosce bene, racconta anche di come sia stupito che «un ragazzo del genere non si sia ancora sviluppato ai massimi livelli».

A CASA

Tra problemi al cuore, trasferimenti saltati e difficoltà di ambientamento a Roma (intesa come squadra), gli ultimi due anni non sono stati facili. E considerando che non ha neppure 23 anni il carico di pressioni è stato forse troppo forte da reggere. Ecco perché, invece di andare alle Maldive o a Dubai, ha scelto di riposarsi a Praga, dalla famiglia e dagli amici di sempre, quelli non famosi, che vogliono bene a Patrik e non a Schick. Ha festeggiato con loro Capodanno in montagna, si è allenato in palestra, ha fatto bagni termali e lunghe passeggiate: un basso profilo perché sa che il 2019 per lui sarà un anno da dentro o fuori.

STATUA O FLOP

Restare alla Roma e dimostrare il proprio valore o cercare una destinazione alternativa per l’estate: Schick non uscirà da questo bivio. I tifosi non lo hanno ancora abbandonato del tutto, nonostante i fischi, adesso però sta a lui dare delle risposte. Fossero quelle che i romanisti aspettano da un anno e mezzo, l’ipotesi della statua al mental coach non sarebbe così remota. Ma magari a costruirla sarebbe Monchi, non loro. 


Il mental coach per ritrovare il vero Schick

LA REPUBBLICA - FERRAZZA - «Non vedo l’ora di cominciare a lavorare con Patrik Schick». Quella che sembrerebbe una frase banale, magari pronunciata da Di Francesco, può invece rappresentare una svolta per l’attaccante ceco, intenzionato a non mollare la Roma. Anzi, a rilanciare se stesso e le aspettative nei suoi confronti. L’attaccante, che fisicamente si sente bene come non gli capitava da tempo, ha deciso di affidarsi a un mental coach famoso a livello mondiale. E ad annunciarlo è proprio Jan Muhlfeit, con una foto che lo ritrae vicino al ragazzo che tiene in mano due suoi libri. Quella del “motivatore” è una figura sempre più diffusa nel calcio, tanti giocatori si avvalgono dell’aiuto di professionisti per fare quello scatto mentale necessario per acquistare sicurezza nei propri mezzi. È il caso di Schick, che soffre molto per i blocchi psicologici che gli ancorano i piedi quando gioca con la maglia della Roma, una maglietta che gli pesa tantissimo sulle spalle – complici i 42 milioni totali che è costato – ma che non intende levarsi. Resterà nella capitale in questo gennaio, non tornerà alla Sampdoria in prestito, Patrick, e per questo motivo ha deciso di passare questi giorni di vacanza a Praga, in famiglia e con gli amici di sempre. Lavoro – con lui è partito un preparatore messo a disposizione dalla Roma – e concentrazione, per aprire il 2019 da protagonista. O, almeno, provarci. “Se me lo fai diventare un bomber da 30 gol e passa, giuro che ti faccio una statua”, uno dei commenti postati da un tifoso della Roma sotto la foto di Muhlfeit, mental coach che per 22 anni è stato manager alla Microsoft e ha scritto un libro dal titolo piuttosto indicativo: The positive leader. E Schick punta a diventare un leader dell’area di rigore, prolungando gli applausi ricevuti dopo il gol con il Sassuolo e dimenticando i fischi che spesso ne hanno invece sottolineato le difficoltà. Lavoro fisico e mentale, mentre Monchi cerca di piazzare i giocatori che non fanno più parte dei piani di Di Francesco. Karsdorp su tutti, che sembra destinato ad andare in prestito al Feyeenord, poi Marcano, che verrà ceduto a titolo definitivo forse in Turchia, infine Bianda (Crotone?) e Coric (anche per lui una destinazione italiana). Con i soldi (pochi) che verranno incassati, il ds spagnolo proverà a prendere un difensore (piace molto Miranda dell’Inter, prendibile in prestito) e un centrocampista.


Corapi: “Scelta giusta, ma la società ora stia accanto a Patrik”

LA REPUBBLICA - FIORI - Affidarsi a un mental coach? Quella di Patrick Schick è «la decisione migliore». I complimenti all’attaccante giallorosso arrivano da Sandro Corapi, miglior sport coach del 2018 per l’Associazione Italiana Coach e docente al Master di Psicologia dello Sport e Coaching Motivazionale dell’Università di Cassino.

Come si spiega i problemi di rendimento avuti finora da Schick?

«Il campo è solo la punta dell’iceberg, ma possono esistere altre componenti come i problemi d’ambientamento, la padronanza della lingua, la paura costante di tornare a sbagliare anche un minuto dopo aver segnato».

Il discorso dell’impiego tattico può incidere a livello mentale? 

«Essere utilizzato in una posizione non congeniale porta il calciatore fuori dalla propria comfort zone. Il rischio è di perdere certezze e serve qualcuno che lo aiuti a ritrovarle.

I tifosi devono aspettarsi miglioramenti immediati? 

«Dipende dalla bravura del mental coach e dalla fiducia da parte del ragazzo. Intanto complimenti a Schick per aver preso questa decisione. Ma lasciatemi esprimere il rammarico per la poca sensibilità che, a livello dirigenziale, esiste ancora su questo tema».

Si spieghi meglio.

«I dirigenti avrebbero l’obbligo etico-morale di aiutare un proprio giocatore in difficoltà. Bisognerebbe parlare col ragazzo, capire le sue problematiche e proporgli una chiacchierata con un professionista».

 


Prima le cessioni

IL TEMPO - MENGHI -  Cambia la stagione, non la strategia. Il mercato in entrata della Roma è strettamente legato a quello in uscita e, pure se non sono previste grosse manovre a gennaio, serve qualche cessione per far posto ai rinforzi: uno entra se almeno uno esce, funziona - più o meno - così. Ma chi sono i possibili partenti? Monchi e Di Francesco hanno fatto le loro valutazioni in questi cinque mesi, alcune le hanno riviste proprio all'ultimo secondo del 2018, mentre altre le hanno confermate ed entrambi sono convinti che la rosa attuale sia competitiva e vada solo ritoccata nei punti giusti, lì dove un'assenza pesante come quella di De Rossi ha lasciato un vuoto ha lasciato un vuoto, parzialmente colmato da
Nzonzi, o dove potenziali titolari si sono rivelati «esuberi» perché non sono riusciti a dimostrare il loro valore. Quest'ultimo è il caso di Karsdorp, che ha visto più l’infermeria del campo ed è finito in tribuna più di una volta quest’anno. Con Florenzi e Santon la corsia destra difensiva e coperta e la Roma sta pensando di lasciar partire l’olandese, che
deve ritrovarsi. Il ritorno al Feyenoord non è una possibilità al momento, si attendono nuovi spiragli. Chi sembrava destinato a percorrere al contrario la strada che l’aveva portato nella capitale è Schick, riuscito nell’ultima sfida dell’anno a far cambiare idea a Monchi, il quale stava prendendo in considerazione le avances della  Sampdoria, che lo rivoleva a gennaio in prestito. I blucerchiati non mollano, ma a Trigoria sembrano essersi convinti a trattenere il ceco come alternativa a Dzeko, anche perché trovare un rimpiazzo adesso, che accetti il ruolo di vice e sia pronto all’uso, è cosa assai complicata. L’attacco dovrebbe restare così, salvo occasioni d’oro per il mercato in entrata 0 offerte irrinunciabili per quanto riguarda quello in uscita. Perotti non si muove, smentiti i contatti col diesse del Torino Petrachi, Monchi vuole continuare a puntare sull’argentino che ha superato il periodo più difficile, si è messo alle spalle l'infortunio e ora che sta bene vuole tornare protagonista in giallorosso. Il connazionale Pastore, a prescindere dalla delusione dei primi mesi in maglia Roma, dovrebbe restare e cercare di riscattarsi qui. Il baby attaccante Sadiq è invece rientrato in anticipo dal prestito poco fortunato, ai Glasgow Rangers, ma e solo di passaggio nella capitale: ha già qualche proposta per i prossimi sei mesi, una è arrivata dal Perugia di Alessandro Nesta. Chi potrebbe salutare subito è Marcano, un Moreno bis: sul difensore spagnolo c’è il Galatasaray, molto interessato al difensore, lui però è tutt’altro che convinto dalla destinazione turca e continua a guardarsi intorno, aspettando eventuali offerte più allettanti. Monchi tiene sott'occhio la lista dei papabili sostituti, da cui è stato depennato Maidana del San Paolo. Un altro possibile partente è Coric, che nonostante l'emergenza a centrocampo ha trovato pochissimo spazio in squadra e ha bisogno di fare esperienza, possibilmente in Italia: il club giallorosso non vuole perderlo, è un giovane su cui punta per il futuro, ma adesso ha bisogno di qualcuno più rodato che possa entrare nelle rotazioni. Piccoli cambiamenti per rendere la Roma un po’ più grande.