Una Roma a regola d'Artem

Dovbyk è carico e pronto alla sfida contro la Lazio. Va a caccia di certezze e del primo gol contro una big del campionato.

Il centravanti ucraino è stato gestito negli ultimi giorni per arrivare alla stracittadina nella migliore condizione fisica possibile. Vuole il primo gol al derby come Edin Dzeko.

Fonte - corrieredellosport


La Curva Sud prepara una grande coreografia per il derby

Riceviamo e pubblichiamo:
“INSIEME PER LA COREOGRAFIA:
È arrivato il giorno del derby, per la riuscita della coreografia sarà fondamentale il contributo di ognuno di voi:
- Non spostate PER NESSUN MOTIVO i cartoncini posizionati al vostro posto.
- Aspettate il solito segnale dato dalla bandiera al centro della curva per l’apertura della coreografia
- Seguite le indicazioni dei ragazzi dei gruppi, lasciate in tasca i telefoni e per tutta la durata della coreografia NON sventolate bandiere, stendardi o sciarpe e non accendete torce e fumogeni.
CARICA ROMANISTI”

Cor Konè acceso

Si gioca la partita fra chi ha il nome, i colori e il simbolo della città e chi niente di tutto questo. Il derby è anche nelle parole in esclusiva per noi di Manu Koné: «In campo non ho amici, sarà una battaglia. Ranieri è un grande, Pellegrini un esempio per tutti. So di essere già per i tifosi un riferimento». Sì, è così. Forza magica Roma!

Fonte - ilromanista


Roma-Lazio: cancelli aperti dalle 18:15

Domenica, 5 gennaio, ore 20:45. Non è in programma soltanto la prima partita del nuovo anno, in casa nostra: si gioca il derby.

Sono previsti oltre 60mila tifosi sugli spalti dell'Olimpico per questo match, che vale la giornata numero 19 di Serie A.

I cancelli dello Stadio apriranno alle 18:15 Il consiglio è quello di partire da casa per tempo e arrivare in zona Olimpico almeno 90 minuti prima del fischio di inizio.

Per qualunque necessità, il giorno della partita, dalle 16:45 e fino al fischio di inizio, sarà possibile rivolgersi telefonicamente al Call Center AS Roma 0689386000, altrimenti scrivendo una e-mail callcenter@asroma.it o compilando il form.


Tra dubbi e speranze

Pellegrini, il cui futuro è incerto, nel derby va verso l'ennesima panchina. Pisilli invece cerca la conferma in quella che sarebbe la sua prima stracittadina.

Proprio contro la Lazio nel 2018, Lollo segnò di tacco e divenne inamovibile.

Fonte - ilromanista

 


Da Hummels fino a Dovbyk: sarà il derby degli esordi

13 calciatori in casa Roma non hanno mai vissuto la stracittadina. Il ballo dei debuttanti: almeno 4-5 titolari dell'undici di Ranieri saranno alla loro prima esperienza.

Fonte - ilromanista 


Daje Roma daje

Nella conferenza pre-derby, Ranieri cita Dante, lo storico capo tifoso della nostra storia: «Andavo in Sud e c’era lui. Una gara che vale tutto per i tifosi e per me». Su Pellegrini: «Soffre questa situazione. lo credo in lui».

Fonte - ilromanista 


Roma, interesse concreto per Frattesi ma l'Inter non vuole cederlo a gennaio

La Roma ha mostrato un interesse concreto per Davide Frattesi che è disposto ad ascoltare la proposta giallorossa, anche a causa del poco spazio che sta avendo all’Inter. I nerazzurri non hanno intenzione di cederlo nella finestra di mercato di gennaio e la valutazione è elevata, visto l’investimento della scorsa estate.La Roma, comunque, non valuta un eventuale scambio con Lorenzo Pellegrini.

Fonte - Gianluca di Marzio


Conferenza Stampa Ranieri: "Il derby è il derby, fa sempre storia a se"

Claudio Ranieri, allenatore della Roma, ha parlato in conferenza stampa in vista del Derby di Serie A tra i giallorossi e la Lazio che si giocherà domenica 5 gennaio:

Ha recuperato tutti tranne Cristante? Cosa rappresentare per lei il derby e per questo momento della squadra?
"Recuperati tutti tranne Celik perché ha la febbre, vedremo domani come starà. Essendo tifoso il derby rappresenta la stracittadina, tutto ciò che può pensare un tifoso. Questa è la partita clou, che uno sente ancora di più. La classifica parla chiaro, la Lazio ha fatto un girone d'andata stratosferico e gioca bene, si tratta di una squadra temibilissima. Il derby è il derby e fa sempre storia a sé".

Cosa vi ha detto dicembre? Il suo derby da tifoso?
"Andavo in Curva Sud, era tre quarti romanista e un quarto laziale. Tutti aspettavano Dante, il capo, e poi iniziavano i cori. C'erano gli sfotto. Dicembre ci ha fatto capire che siamo una squadra che è riuscita a ricompattarsi, abbiamo dei difetti ma stiamo lavorando per eliminarli. Non siamo al 100% sotto questo aspetto ma abbiamo messo la nave in navigazione. Non so dove potremo arrivare, ho sempre promesso solo lavoro e sacrificio".

Sapere che si tratta di un derby effimero la agita o la tranquillizza?
"Mi dà l'emozione di sempre, il derby è il derby. Entrambe le squadre vogliono vincere. Tutti abbiamo vissuto altri tipi di derby ma non conta la classifica, si azzera tutto. Si vive con la stessa voglia di fare bene, l'agitazione non è una buona motivazione".

I tanti debuttanti nel derby come Hummels e Dovbyk sono un vantaggio o uno svantaggio?
"Il vantaggio è mettere giocatori che stanno bene fisicamente e moralmente. Quella è la mia ricerca".

Perché non fa giocare Pellegrini?
"Sento un forte feeling con lui. Non gioca per una questione psicologica perché tecnicamente è uno dei migliori centrocampisti in Europa. Chi ce li ha dovrebbe tenerseli stretti. Lui soffre i tifosi e io devo tenere presente questo aspetto. Lorenzo se li carica tutti e questo è il suo peccato, si carica tutti i problemi e invece dovrebbe giocare con naturalezza. Solo così può ritornare il giocatore che è. Si porta dei macigni dietro e non è facile giocare così. Se sbaglia il beniamino del pubblico non succede niente, ma se fa mezzo errore lui viene subito caricato di negatività e responsabilità. Quando sarà sereno lo metterò in campo. A San Siro stava per fare gol".

Sta pensando a qualcosa di particolare sulle fasce?
"La Lazio ha trovato il bandolo della matassa, sono bravi sugli esterni e centralmente. Tengo in considerazione tutti i loro punti di forza e lo stesso farà Baroni con noi".

Ci sono analogie con il derby del 2010?
"No. I derby si caricano da soli ed è merito anche dei tifosi. Abbiamo aperto il Tre Fontane per dare il buon anno e i tifosi l'hanno sentito come uno stimolo per il derby. Non dovevano darci un di più perché in ogni partita ci danno quell'affetto che noi cerchiamo di ripagare. La Lazio è in Champions League e vuole restarci, ma ogni derby è una partita sé e la classifica non conta nulla. Ci saranno diverse partite nella partita".

Conterà la sua esperienza nel derby?
"Non credo sia determinante. La Lazio va con il pilota automatico. Baroni sentirà la bellezza del derby da allenatore".

Nelle ultime settimane sembra ci sia un riavvicinamento dei tifosi: per lei è già pace fatta?
"Siamo tutti uniti, dalla proprietà allo staff medico, per fare bene e anche i tifosi stanno facendo la loro parte. Pace? La Roma non si discute e si ama e io continuerò ad amarla nel bene e nel male. Ricordo da bambino che il presidente fece la colletta e i tifosi diventarono soci vitalizi. I Friedkin ci hanno messo tanti soldi, motivo per cui sarebbe ora di dare loro qualche soddisfazione".


Imperatore Claudio

Ranieri è l'unico tecnico ad aver vissuto tutti e 4 i principali derby italiani, vincendone almeno uno.

Fino a qualche anno fa era imbattuto, poi sono arrivati due ko con la Sampdoria. In tutto ha collezionato 64 stracittadine.

Contro la Lazio quattro successi tra il 2009 e il 2011, all'estero l'Arsenal rappresenta la sua bestia nera.

Fonte - ilromanista


Gianluca Mancini a Il Tempo: "Il derby è una partita importante. Abbiamo carica e voglia di fare bene"

Ecco le dichiarazioni rilasciate dal difensore centrale giallorosso Gianluca Mancini a Il Tempo in edicola oggi.

Il 2025 inizia con il derby, quali sono le sensazioni in vista di questa partita?

"È una partita particolare. Non c’è un avvicinamento diverso per ogni derby, ma è una settimana particolare, si sente subito dagli allenamenti, è nei pensieri da quando ti svegli fino a quando vai a letto. Durante la giornata pensi ‘devo stare attento, c’è il derby’. L’avvicinamento alla partita ti porta carica e voglia di far bene".

Nell’ultimo derby ha esultato con una bandiera della curva e si sono scatenate polemiche. Che accoglienza si aspetta?

"Se ci saranno fischi saranno normali. Quando sei in campo non ci pensi. Anche nei derby precedenti c’è stato un po’ di accanimento nei miei confronti, la vivo in maniera serena. Anzi, mi fa stare più concentrato".

Come ci arriva la squadra?

"Il mister è arrivato e ha portato quella serenità che purtroppo in questo fine 2024 era venuta a mancare. Mi sentivo nervoso, sapevo che non stavo facendo bene il mio lavoro e l’aria dentro lo spogliatoio era pesante. Già guardandolo e vedendolo arrivare dentro lo spogliatoio ci ha fatto buttare un po’ giù la tensione e l’aria adesso è positiva. A parte lo scivolone che abbiamo avuto a Como, abbiamo fatto delle partite buone".

Il 2024 è stato un anno particolare. Il primo momento difficile è stato l’esonero di Mourinho…

"L’esonero del mister è arrivato in un momento delicato. Eravamo usciti in Coppa Italia con la Lazio, poi la sconfitta con il Milan. Venivamo da un periodo di emergenza, stavo male ma giocavo perché c’era Smalling infortunato e Ndicka in Coppa Africa. L’esonero del mister è stato inaspettato. Una mattina sono andato a Trigoria e ci hanno comunicato che non era più il nostro allenatore. L’ho aspettato fino all’ultimo per salutarlo perché non riuscivo ad andarmene via. È stato un saluto abbastanza freddo, eravamo entrambi molto scossi. Però l’ho abbracciato, l’ho ringraziato per quei due anni e mezzo che mi hanno dato una persona e un allenatore splendidi. Nemmeno nei miei sogni da piccolo potevo immaginare di essere allenato da una leggenda come lui".

Dopo Budapest ha fatto bene a rimanere?

"Non lo so. A inizio stagione lo avevo visto carico e sereno. Poi lui ora ha detto questa cosa (di essersi pentito di essere rimasto a Roma, ndr), magari a mente fredda, ripensando a tutto quello che è successo. Però in quei primi sei mesi sembrava tutto normale, anche se non era il solito Mourinho".

Poi è iniziata l’era De Rossi, finito con un esonero ancora più inaspettato…

"Da quando è arrivato a gennaio e fino alla partita di Leverkusen abbiamo spinto tanto. In tre mesi abbiamo fatto un percorso importante perdendo solo con l’Inter e facendo una rincorsa difficile per il quinto posto che sarebbe valso la Champions. Dopo quella partita ci è caduto il mondo addosso, perché potevamo fare un’altra finale nel giro di tre anni. Dopo Leverkusen eravamo sotto terra, la gente faceva fatica a fare la doccia, ad andarsene dallo stadio. Io fui l’ultimo ad uscire con Pellegrini, il mister e Spinazzola. Siamo arrivati alla fine della stagione un po’ zoppicando, avevamo finito la benzina. Quest’anno siamo ripartiti con il ritiro, con nuovi giocatori giovani e forti, abbiamo cambiato tanto. Con De Rossi c’era un progetto di tre anni e vederlo andare via dopo quattro giornate è stato un trauma per me, per la squadra, per il gruppo, per i giocatori che erano venuti perché era lui l’allenatore. Ci sono state delle decisioni societarie sulle quali noi calciatori non entriamo nel merito, perché, sembra una frase fatta, ma i calciatori fanno i calciatori, le scelte le prendono i presidenti. Quel giorno è stato un giorno veramente triste, traumatico per il gruppo".

Ci racconta i retroscena di quei giorni e di quelle riunioni con la società?

"Ci sono state delle riunioni con qualche giocatore, però non ci è mai stato chiesto dell’allenatore. Abbiamo fatto una semplice riunione dove ci veniva chiesto il motivo per la quale in quelle prime quattro partite avevamo fatto solo tre punti. Ai più esperti era stato chiesto se ci fossero problemi nello spogliatoio anche con i nuovi arrivati. Dopo queste riunioni ci siamo confrontati per capire se a tutti erano state chieste le stesse cose, ed è stato così. Dopo un giorno libero tornammo a Trigoria e mentre stavo facendo le analisi del sangue e ho letto sul telefono la notifica che era stato esonerato De Rossi. Siamo rimasti tutti stupiti. Nello spogliatoio tanti nuovi avevano gli occhi spalancati. Noi che stiamo da più tempo qua a Roma abbiamo fatto gruppetto e siamo andati a chiedere spiegazioni, il direttore (Ghisolfi, ndr) e l’ex Ceo ci hanno detto che la decisione era stata presa per il bene della Roma, quello che hanno scritto nel comunicato. Abbiamo detto ai compagni che la decisione era questa e bisognava andare avanti per il bene di tutti e della Roma".

C’erano avvisaglie di questa crisi tra De Rossi e Souloukou?

"Si vedeva il gruppo che cresceva, che i giocatori arrivavano felici ed entusiasti e De Rossi era carico per il lavoro fatto. Sinceramente non ho avvertito frizioni tra loro, quando due persone sono in conflitto si nota, ma nulla sembrava portare a un esonero così brusco".

Poi è stato il momento di Juric. Che impatto ha avuto?

"Abbiamo iniziato bene vincendole prime gare. Juric è arrivato e, come ha detto tante volte lui, ed è la verità, ci ha chiesto come stavamo e noi, schietti e sinceri, abbiamo detto ‘male’, eravamo delusi e lui ci ha detto: 'Mi fa piacere la vostra sincerità'. Si è presentato bene, ha cercato di tirarci su mettendo in pratica il suo modo di giocare. Con una squadra che secondo me che non era pronta a questo stravolgimento tattico. Salutandoci dopo l’ultima partita con il Bologna me l’ha confidato: ‘potevo magari alleggerire questo modo di pressare uomo contro uomo’. La squadra ha cercato di fare quello che ci chiedeva. Sono stati due mesi di tantissimi bassi e pochi alti che hanno compromesso tanto la classifica. Però ci sono sempre sei mesi da giocarci e lo faremo al massimo".

C’è stato un dialogo con lui per cambiare qualcosa?

"No, il suo credo è rimasto lo stesso. Cercavamo di seguirlo, ma non eravamo pronti a questo stravolgimento tattico. Cambiare tre allenatori nel giro di otto mesi con idee diverse è difficile. Non è una scusa, non è un alibi, ma è molto difficile".

Quanto ci ha messo Ranieri per ridarvi serenità?

"Vederlo aprire la porta ed entrare nello spogliatoio mi ha fatto fare un sospiro di sollievo, ha portato serenità a livello tattico e tecnico. Le sconfitte contro Napoli e Atalanta ci hanno dato consapevolezza. Anche le partite con Tottenham e Braga ci hanno portato quella serenità di cui parlavo ed è una cosa importante, come anche la vicinanza del pubblico. Roma è una piazza calorosa, il 60-70% di vittorie in casa passa dai tifosi, perché sentire lo stadio avvelenato a tifare contro di noi non è facile".

Vede una luce in fondo al tunnel per Pellegrini?

"Lorenzo in allenamento è sempre un esempio, anche se sta giocando meno, si allena sempre al massimo e col sorriso per mettere in difficoltà il mister. È pronto per combattere per la sua squadra del cuore alla quale tiene tantissimo, si arrabbierà ma è la verità (ride, ndr)".

Ranieri ha detto che l’obiettivo a lungo termine è di vincere lo scudetto con i Friedkin, cosa ne pensa?

"I presidenti tengono alla Roma, lo dimostrano i fatti. In estate hanno fatto una grande campagna acquisti con giovani importanti che sono la base per il futuro. Sono presenti, quando vengono parlano con noi calciatori. Per arrivare a vincere uno scudetto c’è bisogno di un percorso importante, non è facile quanto a dirlo. Devi costruire una mentalità forte, non a parole, ma con i fatti. Con Mourinho lo abbiamo fatto in Europa con le due finali e la Conference che ci hanno reso una realtà solida in campo internazionale. Vincere quella coppa non era affatto facile, e purtroppo Budapest ci ha impedito di avere quella spinta per arrivare a giocartela per il campionato. Vincere dà consapevolezza, come sta accadendo per l’Atalanta dopo l’Europa League. Nelle coppe abbiamo fatto partite meravigliose, dove dicevi ‘oggi la Roma vince, non ce n’è per nessun’ e siamo arrivati sempre in fondo. Se avessimo vinto a Budapest avremmo avuto quella fame per lottare per lo scudetto".

Si è parlato di Napoli per lei già a gennaio…

"L’ho letto ma non c’è nulla di vero. Il mio procuratore non mi ha mai detto nulla e sa quello che penso".


Hummels a Il Messaggero: "Juric aveva le sue idee. Con Ranieri ho un ruolo importante"

Mats Hummels si è concesso in una lunga intervista a Il Messaggero. Di seguito potete leggerla

A che punto è la sua condizione fisica in vista del derby?
“Se non fossi stato male un paio di volte, parleremmo del cento per cento. E invece un paio di influenze mi hanno un po’ debilitato. Sto però recuperando il ritmo partita, mi alleno con regolarità e sto tornando in forma, nel complesso sono contento”.

Quali parole ha utilizzato Ranieri per recuperarla?
“È venuto, mi ha preso da parte già il primo giorno e ha cominciato a parlare dicendo che mi conosceva, che mi ha sempre seguito negli ultimi dieci anni, che gli piaceva il mio modo di giocare e che aveva visto sia la semifinale che la finale dell’ultima Champions. Non aveva dubbi che avrei avuto un ruolo importante con lui. Mi ha subito detto che mi avrebbe fatto giocare e che avevo la sua fiducia”.

Fiducia che non c’è stata con Juric.
“Aveva le sue idee di calcio, su come giocare, le sue opinioni. Evidentemente non ero abbastanza in condizione per essere funzionale al suo gioco, ma non ho avuto nessun problema con lui. Non mi ha dato la possibilità di giocare e basta. Credo tra l’altro sia una brava persona. Una situazione anomala, in 18 anni di carriera avevo sempre mostrato il mio valore, anche nelle grandi partite”.

Nel calcio può accadere che un allenatore non veda un calciatore. L’anomalia è che lei non ha mai avuto una possibilità. Come è stato possibile?
“Non so il motivo. Se un giorno lo rivedrò glielo chiederò perché, ripeto, con me è stato sempre gentile e carino. Il problema è che quando faceva la formazione io non c’ero mai. Non posso dire di più su questo, veramente non lo so”.

È vero che alla vigilia con l’Union St Gilloise è stato provato titolare e poi non ha giocato?
“L’allenamento in questione era quello precedente alla rifinitura. Ci alternammo io e Cristante nel ruolo e alla fine optò per Bryan”.

Cosa ha pensato quando Juric l’ha fatta entrare a Firenze sul 4-1, con la squadra in 10 e ormai alla deriva?
“Mi sono detto di non fare niente di stupido, di giocare semplice. Nemmeno il tempo di pensarlo che ho fatto autogol. A quel punto mi è venuto quasi da ridere, era un momento in cui stava andando tutto male. Nella mia vita ho sempre cercato di affrontare le situazioni negative con umorismo, filosofia e lavoro, pensando che poi le cose prima o poi si aggiustano”.

Cosa che in seguito è avvenuta. Intanto però la Roma ha cambiato tre allenatori e la classifica resta quella che è.
“Se non sei Duplantis che vince sempre, quando fai sport a questi livelli sei consapevole che il periodo negativo può capitare. Ho cercato di accettare la situazione. Con Ranieri ero certo dal primo giorno che tempi migliori sarebbero arrivati. I giocatori sono forti, la squadra ha qualità”.

Lei è un tedesco atipico: da dove nasce questa ironia? E pensa di averla pagata con qualche post poco gradito su Instagram?
“È il mio modo di essere, sono così con tutti. I social non li uso per scopi commerciali, mi piace farmi conoscere in questo modo. Se a qualcuno non sono piaciuti, mi dispiace, ma non è un mio problema. Se non insulto nessuno, faccio come voglio”.

Questa sua immagine leggera va in contrasto con il fatto che secondo i media tedeschi lei ha avuto più di qualche dissidio con allenatori come Terzic e Nagelsmann.
“La questione Nagelsmann quando è uscita mi ha sorpreso, credo sia un ottimo coach, mai avuto problemi con lui. Con Terzic invece non avevo una relazione idilliaca ma c’era rispetto. Alla vigilia della finale di Champions ho espresso disappunto per come avevamo giocato in alcune partite ma nulla più”.

In Germania non ha vissuto derby veri e propri. Che idea si è fatto della sfida con la Lazio?
“Ci sono molte partite sentite da noi, Dortmund-Schalke ad esempio è una di queste, anche se le squadre non sono della stessa città. È però qualcosa di molto simile perché i due centri distano pochi minuti. C’è grande partecipazione, impegno in campo, grande agonismo. Qualcosa del derby di Roma ho iniziato a capirlo l’altro giorno nell’allenamento al Tre Fontane. Sappiamo che conta per i tifosi, sono vittorie speciali che valgono doppio”.

Le piacerebbe trovare ancora Ranieri l’anno prossimo alla guida della Roma?
“Parliamo di un grande allenatore, un top class, l’ho capito dal primo momento in cui l’ho visto. Ha una naturale autorevolezza, si intende di giocatori, non deve alzare la voce per farsi capire e ascoltare. È gentile, sarebbe un grande tecnico per qualsiasi squadra, specialmente a Roma. Intanto devo capire cosa farò, ma lui sicuramente è un grande, da tenersi stretto”.

Quindi non ha ancora deciso il suo futuro?
“No. Deciderò in estate. Ma qualora dovessi restare, sarei felicissimo di essere allenato ancora da lui»”.

Perché la scorsa estate ha detto no al Bologna che avrebbe disputato la Champions?
“Eravamo vicinissimi, mi fecero un’ottima impressione: allenatore, staff, ambiente e struttura. Poi però nel momento di dire di sì non ero convinto al 100% e ho declinato la proposta”.

Ha dato qualche consiglio a Pellegrini per superare il momento di difficoltà?
“Ci parlo spesso. Credo sia un grande capitano, mi è stato vicino nel periodo in cui non giocavo, si è sempre preso cura di me. È un grande giocatore, una bella persona. È stato sfortunato in alcune occasioni, gli è mancato quel pizzico di fortuna che a volte serve per far girare la carta. Le cose miglioreranno sicuramente, se lo merita”.

Perché nella sua carriera, prima della Roma, ha scelto di giocare sempre in Germania?
“È capitato di poter andare altrove. A volte sono stato io a dire di no, altre volte è saltato per la volontà dei club. Quando sei nel Borussia, poi, non pensi ci siano troppe squadre migliori”.

E la Roma come è arrivata?
“L’ho scelta per De Rossi. Daniele mi ha fatto subito un’ottima impressione”.

E cosa ha pensato dopo che è stato esonerato?
“È stato uno choc non solo dal punto di vista calcistico ma anche a livello personale. Anche perché nemmeno una partita dal mio arrivo e già non c’era più. Ho un figlio che vive a Monaco, avevamo parlato di soluzioni per facilitare questo rapporto con Daniele, l’esonero ha scombussolato tutti i piani”.

Le piace vivere a Roma?
“La amo. Adoro la sua cultura, la sua gente. Il meteo non è poi così male… Mi piacciono le sue vibrazioni, è piena di persone carine, rispettose, curate anche nell’abbigliamento. Zone che frequento di più? Trastevere, il top”.

La Roma deve concentrarsi sulle coppe o crede possa arrivare in zona Europa attraverso il campionato?
“Dobbiamo concentrarci su tutto. Abbiamo un’ottima squadra, ampia e la panchina ha qualità. Tutto per tornare nelle prime 5-6 posizioni”.

Domenica c’è il derby: un calciatore della Lazio che stima o teme in particolar modo?
“Ho visto diverse partite della Lazio e sappiamo che sono forti. Chi mi preoccupa in particolare? Non potrei l’accento sul singolo perché è una squadra che si basa sul collettivo, hanno tanti calciatori che vanno in gol e a essere onesti meritano il vantaggio che hanno. Domenica però vogliamo vincere per iniziare a ridurre il gap. Sono convinto che se ci riusciamo possiamo ancora arrivare sopra a loro”.

Ha avuto in passato riferimenti italiani come difensori?
“Ero un attaccante da giovane, quindi come modelli avevo Zidane e Ronaldinho. Nel mio ruolo ho invece seguito Nesta, Maldini e Cannavaro che nel 2006 ci ha strappato un mondiale”.

In carriera ha giocato con molti campioni. Dybala è uno di questi?
“Ho amato Paulo per tanti anni, vederlo giocare era sempre bello, vede le cose in modo diverso rispetto agli altri, come quel passaggio per Pellegrini a Milano sul finale di partita. È molto intelligente, un sinistro magico, ed è un bravissimo ragazzo. Poter giocare con lui è una delle ragioni per cui sono venuto qui”.

Le piacerebbe fare l’allenatore in futuro?
“Forse lo diventerò, non lo so, mi piacerebbe avere una squadra e sviluppare un’idea di gioco, ma faccio questa vita da tanti anni e vi assicuro che è abbastanza stressante. Quando smetterò, dovrò riposarmi per un po’, staccare la spina e recuperare. Poi ci penserò”