Diawara: "Per giocare a calcio ho 'sfidato' mio padre, ora è felice per me. I miei idoli erano De Rossi e Yaya Tourè"

Amadou Diawara, centrocampista della Roma, ha rilasciato un'intervista sul sito ufficiale della società per parlare della sua carriera passata e del suo presente:

Chi era Amadou da bambino?
Sono nato in Guinea, a Conakry, la capitale. Mi ricordo che quando ero piccolo mio padre non voleva che facessi calcio. Ogni volta che andavo a giocare dovevo fermarmi a fare una doccia da un amico e poi tornare a casa. La prima volta che gli ho detto che avrei voluto fare calcio ho preso una sberla che ancora ricordo bene. Mia sorella Sira mi aiutava, mi comprava le scarpe e le nascondeva per non farle vedere a mio padre che altrimenti le avrebbe regalate a qualche altro bambino pur di non farmi giocare”.

Come mai c’era questa avversione nei confronti del calcio?
I miei genitori sono insegnanti, mio padre mi diceva sempre che quando rientrava a casa dal lavoro vedeva un miliardo di bambini che giocavano a calcio e che tra tutti quelli, al massimo in due avrebbero potuto farlo come lavoro. Quindi dovevo studiare, visto che era quasi impossibile che io fossi tra quei pochi fortunati. A scuola ci andavo, ma gli orari di allenamento interferivano con le lezioni e a volte la saltavo per andare a giocare”.

Cosa pensavi quando ti diceva che difficilmente il tuo sogno si sarebbe avverato?
Io pensavo solo al calcio e a quanto mi piaceva. Uno di quei pochissimi fortunati potevo essere proprio io. Ho sempre creduto che sarei potuto arrivare in alto, il segreto era lavorare, dare tutto per quello che si vuole raggiungere. Io ho fatto così, ho ‘sfidato’ mio padre che non ci credeva, io ci ho creduto e ce l’ho fatta. Mio padre mi diceva sempre che vedeva un miliardo di bambini che giocavano a calcio e che tra tutti quelli, al massimo in due avrebbero potuto farlo come lavoro...”.

Alla fine come ha accettato il fatto che ti dedicassi al calcio?
Io avevo dato tutto per il calcio, giocavo per strada e con la mia squadra sui campi di fango. Facevo belle partite, facevo gol e qualcuno ha iniziato a venire a casa per informarsi su di me. Mio padre assisteva a tutto ciò. Poi mia sorella mi ha dato una mano, ha parlato con lui per convincerlo. Non è mai stato d’accordo ma eravamo in troppi favorevoli e solo lui contrario, alla fine ha accettato. Ora però è felice per me”.

Dove hai iniziato a giocare?
Ho iniziato sulla strada, ci organizzavamo tra di noi. Poi sono andato in una squadra messa su da un allenatore che si chiamava Alya. Non aveva niente, ma cercava giocatori, la squadra la chiamavamo FC Alya. Ci portava a giocare partite contro altre squadrette come la nostra ma di altri allenatori. Quando avevo 15 anni un allenatore di una squadra di serie A della Guinea mi ha portato a fare uno stage con i ragazzi più grandi, era molto interessato a me, mi portava nei viaggi, per gli allenamenti. Era un amico dell’agente Numeku Tounkara che mi ha visto, ha contattato altri agenti italiani e sono partito per l’Italia”.

Quanto è stata dura lasciare casa?
Non è stato facile. Partire da un Continente e arrivare in un altro, non sapere la lingua. Sono arrivato in Italia dove tanti altri giovani calciatori volevano percorrere la mia stessa strada. È stata una sfida difficile. Ora sto molto bene in Italia. In Guinea non torno spesso e la nostalgia c’è sempre. Però la mia famiglia viene a trovarmi”.

Qual è stata la tua prima tappa in Italia?
Sono andato alla Corvino Academy a Lecce, poi a San Marino, dove ho fatto il mio esordio in Serie C. Il passaggio è stato difficile, per la lingua inizialmente, poi per lo stile di vita. Piano piano mi sono ambientato con i miei compagni e alla fine mi sono trovato bene. A San Marino il mio punto di riferimento era Alessandro Fogacci, un difensore centrale, era uno dei più grandi e da quando sono arrivato mi ha aiutato molto, lo ringrazio ancora per questo”.

Poi sei andato a Bologna.
Sono stato un anno lì, mi sono trovato bene anche se all’inizio non è stato semplice: arrivavo dalla Lega Pro, al Bologna c’erano giocatori già affermati e ho dovuto lavorare duro per avere la fiducia di Mister Delio Rossi. Mi ha aiutato tantissimo: mi ha fatto lavorare in ritiro, mi faceva fare doppie sessioni, mi fermavo sempre a lavorare con lui sulla tecnica, tattica, tutto, perché dalla Lega Pro alla Serie A c’era differenza, dovevo lavorare sodo per poter avere un posto in questa squadra. Alla fine ci sono riuscito grazie al Mister e al suo staff, al direttore Corvino che seguiva i miei allenamenti e mi dava consigli e mi ha dato molta carica, mi sentivo protetto. Ho sempre creduto in me stesso perché per partire dall’Africa e arrivare in un anno fino alla Serie A credere nei propri mezzi è indispensabile. Il mio ex agente per esempio non credeva che avrei potuto fare questo salto e anche per questo l’ho lasciato. Oggi sono in una grandissima squadra e posso dare ancora di più perché ho ancora tanto da dimostrare”.

Che ricordi hai dell’esordio in Serie A?
È stato all’Olimpico. Sono entrato nel secondo tempo di Lazio-Bologna, era completamente diverso dalla Serie C in cui avevo giocato fino a poco prima. È stata un’emozione che non riesco a spiegare, era il mio sogno da bambino arrivare a giocare in Serie A, nel calcio che conta”.

Dopo il Bologna, l'esperienza al Napoli…
Penso che sia stato Mister Sarri a volermi al Napoli, lo ringrazio perché mi ha fatto crescere molto come calciatore. Mi ha insegnato a giocare a calcio, facendomi entrare da subito anche in partite importanti dimostrando di avere fiducia in me. Poi le strade si sono divise ma lo ringrazio per quello che mi ha dato come calciatore e come uomo. Quando è arrivato Mister Ancelotti non sapevo se sarei restato al Napoli, poi lui mi ha chiamato per dirmi che contava su di me. Alla fine non è andata così, è una brava persona, ma con lui il rapporto non ha funzionato del tutto".

Ora sei alla Roma: com’è lavorare con Mister Fonseca?
È un grandissimo allenatore, un po’ simile a Sarri, vuole sempre uscire palla al piede sfruttando il gioco dei centrocampisti, questo mi piace tantissimo.  Questa nuova avventura è un nuovo step della mia carriera, devo superarlo. Questa estate, dopo la Coppa d’Africa, sono tornato prima dalle vacanze per conoscere prima il Mister e i compagni, non vedevo l’ora di partire con la stagione”.

Che emozione è stata partecipare alla Coppa d’Africa?
Giocare per la Guinea per me è un’emozione inspiegabile. Quando i tifosi cantano l’inno mi vengono le lacrime. Questa per me è stata la prima Coppa d’Africa e non vedevo l’ora di giocarla, è stata un’esperienza incredibile”.

Da bambino chi era il tuo idolo?
Yaya Touré, lo guardavo in tv a casa, giocava nel Barcellona in quel periodo. Lo seguivo con la nazionale della Costa d’Avorio. Per noi la Coppa d’Africa è molto importante, tutti ci riuniamo davanti a una tv a guardare le partite. Lui era il mio idolo quindi guardavo le partite della Guinea e tifavo per la mia Nazionale, ma tifavo anche per lui. Aveva una grande visione di gioco, giocava nel mio stesso ruolo, sognavo di diventare come lui. Del calcio italiano mi piaceva tantissimo De Rossi e guardavo tante partite della Roma perché volevo vederlo giocare, mi faceva impazzire come giocava. Mi piaceva come utilizzava il campo, la visione di gioco, le giocate di prima, mi piaceva tantissimo”.

Qual è il miglior consiglio che hai ricevuto per la tua carriera?
Il consiglio migliore che ho ricevuto nella vita è di mia mamma Nagnouma, che non c’è più. Mi ha detto che lei era l’unica persona che avrebbe potuto darmi ogni cosa che le avessi chiesto e che senza di lei avrei dovuto imparare a lottare ancora di più per raggiungere i miei obiettivi. Questo mi ha dato tanta carica, anche per la mia carriera. In ogni momento sapevo che avrei dovuto dare il doppio rispetto a tutti gli altri”.

Come stai vivendo le tue giornate in questo periodo?
Sicuramente non è un periodo buono per nessuno. Sto cercando in tutti i modi di stare sereno restando a casa, anche allenandomi con il programma che la Società ci fornisce. Sto cercando di viverla con serenità. Guardo tanti film e gioco alla Playstation, a FIFA, online con i miei amici e con i compagni della Nazionale”.

Cosa ti manca di più della vita normale?
Mi manca in primis il campo, allenarmi con la squadra, mi manca le partite. Lo stop è arrivato proprio nel momento in cui stavo per rientrare, è stato frustrante. Dopo l’infortunio che mi ha fermato per un po’ di tempo ero felice di tornare con i miei compagni, di tornare ad essere a disposizione della squadra, ero pronto a dare il massimo. Poi è stato bloccato tutto così, è stato brutto. La scelta è stata quella di evitare l’operazione per proseguire con un lavoro individuale".

Come sono andate le settimane che ti hanno portato ad essere pronto per il rientro in campo?
Non c’è stato alcun dubbio sulla scelta di non operarmi. Ho subito un’operazione ad ottobre, il ginocchio allora era bloccato e si doveva intervenire per forza. Questa volta si poteva recuperare diversamente, senza operazione. Non ho voluto operarmi perché eravamo in un momento importante del campionato, non volevo lasciare i miei compagni. Potevo non operarmi, provare a recuperare e rientrare in campo in tempi ragionevoli e ho preferito così. Volevo dare il mio contributo a fine stagione, arrivare ai nostri obiettivi”.

Ora come stai fisicamente?
Sto bene, mi sto allenando tutti i giorni. Mandano ogni settimana il programma di lavoro da fare a casa e lo sto seguendo perfettamente, sto bene”.

Da calciatore che effetto ti fa sapere che tutto il calcio mondiale è fermo?
Buh, si è fermato tutto in generale. Pensare al calcio mi fa un effetto brutto, ma bisogna pensare anche ad altre persone, alla salute, alla vita della gente. Fermando il campionato, fermando tutto, facendo le cose come si deve, restando a casa si possono salvare vite, si può rallentare il virus. È importante seguire questa linea”.

Sei in contatto con la tua famiglia?
Sì, e tutti sono nella nostra stessa situazione. Ovviamente in Italia i numeri del contagio sono più gravi. Comunque tutti i miei familiari, da mia sorella in Svezia agli altri in Guinea sono chiusi a casa facendo tutto il necessario per evitare il virus. Tutti speriamo che la situazione si possa risolvere al più presto”.


Santon: "Voglio restare a Roma e vincere qualcosa. Dzeko è un grandissimo giocatore, sento Florenzi ogni giorno"

Davide Santon, terzino della Roma, ha risposto a varie domande dei propri fans durante una diretta Instagram:

Mare o montagna?
Mare”.

Vino o birra?
Birra”.

Bionda o rossa?
Bionda”.

Italia o Inghilterra?
Italia, anche se in Inghilterra ho trovato moglie”.

Jeans o tuta?
Tuta”.

Netflix o cinema?
Netflix”.

Colpo di testa o scivolata?
Colpo di testa”.

Cane o gatto?
Cane, ne ho uno”.

Difesa a 4 o a 3?
Non fa differenza”.

Fallo di reazione o no?
No, con tutte queste telecamere non conviene”.

Colazione dolce o salata?
Dolce”.

Scaldamuscoli sì o no?
Dipende dal freddo”.

Terzino in difesa o ala a centrocampo?
Il mio ruolo è il terzino, ma mi piacerebbe fare l’ala”.

Vincere con gol allo scadere o salvataggio sulla linea?
Gol allo scadere”.

Barca a vela o spiaggia?
Preferisco la barca a motore, ma la spiaggia è unica”.

Testaccio o Campo dei fiori?
Testaccio”.

Autocertificazione o #iorestoacasa?
Io resto a casa”.

Destra o sinistra in campo?
È uguale”.

Look da quarantena?
Maglietta, pantaloncino, comodo per stare a casa. Ci alleniamo e stiamo con la famiglia”.

Vi state allenando?
Sì, tutti i giorni seguiamo il programma. Oggi è giorno libero. Stanno decidendo se riprendere e dobbiamo restare in forma. Ognuno di noi ha un programma personalizzato”.

Cosa fai a casa?
Sto con i figli, ci divertiamo, per fortuna abbiamo un bel giardino”.

Il rimpianto più grande della tua carriera?
Sono stato un po’ sfortunato perché ho avuto un infortunio appena arrivato ai massimi livelli, quello mi ha condizionato tutta la carriera perché dopo un infortunio non sei più libero come prima. Ho risentito di quello, ma rimpianti veri e propri no. Ho sempre dato il 100%, anche se ovviamente ci sono delle volte in cui va bene e altre male”.

Il compagno che scherza di più?
Prima che andassi via Florenzi, ma anche Pellegrini, Cristante, Spinazzola, Mancini. In questi giorni scriviamo nel gruppo e loro sono i più simpatici”.

Com’è Kolarov nello spogliatoio?
È un esempio, una brava persona. Sono molto legato a lui”.

Vuoi restate a Roma?
Certo, qui sto bene. Ho il desiderio di vincere qualcosa con questa squadra. Si sta benissimo qui in città, anche se molto grande. Ci vogliono sempre 40-50 minuti di macchina per spostarsi. Si possono fare passeggiate in centro o al mare. Il clima poi è sempre molto caldo”.

Che ti dice il 24/02/2009?
Non mi ricordo molto le date, ma so che quello è stato l’anno di esordio in A. Mi ricordo l’esordio assoluto in prima squadra in Coppa Italia contro la Roma. Il 24 febbraio ho esordito in Champions contro il Manchester United. Avere di fronte Ronaldo? Ero piccolo, non avevo la coscienza di cosa stavo facendo, e fino a qualche mese prima giocavo alla Playstation con lui. È stata una bella sensazione e a fine gara è stato lui ad abbracciarmi. Poi gli ho chiesto di scambiare la maglia, me l’ha promessa al ritorno e lo ha fatto senza che glielo chiedessi”.

Come hai gestito la popolarità all’inizio della tua carriera?
Non mi sono mai montato la testa, sono sempre stato umile, siamo persone come ogni altra. In Italia però si paragonano subito i giovani ai campioni. I giocatori devono dimostrare. Io ho fatto bene a 18 anni ma questo non vuol dire che sono un campione. Sono pochi i campioni nel mondo. Sono quelli che fanno la differenza nelle partite che contano. I giovani bisogna farli crescere col tempo”.

(Il fratello lo prende in giro: "Sei scarso")
"Vorrei vederti ai miei livelli (ride, ndr). Ci vediamo dopo su Call of Duty nell’1 vs 1”.

Ci tieni ad abbinare i colori?
Ogni giocatore ha degli accordi con degli sponsor, quindi sono loro a decidere il tipo di scarpino da utilizzare in base a ciò che ci invia”.

Segui il basket?
Non molto, ma ogni tanto mi capita di vedere un po’ di NBA. Mi piacerebbe una volta vedere una partita dal vivo, non l’ho mai fatto. È uno sport che mi piace ma non lo seguo molto”.

Dove giochi meglio?
Dipende dove mi mette il mister, quest’anno mi sto trovando bene a destra”.

Hai segnato solo un gol, come mai?
Perché è difficile far gol, l’importante è che vinca la squadra. Avrei potuto fare qualche gol in più”.

Sullo stop al campionato
È una tragedia che ha colpito tutti, speriamo si risolva presto”.

Che numero avresti scelto se la 18 fosse stata occupata?
Dovevo vedere cosa c’era a disposizione. Quando sono arrivato era il 2018, il 18 era libero e l’ho preso, altrimenti non so cosa avrei preso”.

Non hai quindi un numero fortunato?
Ci sarebbe il 17, mi ha portato sia fortuna che sfortuna in carriera, l’ho anche tatuato. Il mio primo Scudetto era il diciassettesimo dell’Inter, il mio unico gol l’ho segnato il 17 e anche il mio infortuno è avvenuto un 17”.

Come è stato il tuo arrivo al Newcastle?
Non parlavo inglese, all’inizio è stata dura perché mi dovevo abituare all’ambiente. La maggior parte delle volte piove. Il Newcastle mi è rimasto nel cuore. Oltre ad aver conosciuto mia moglie, che mi ha cambiato la vita. Sono rimasto affezionato alla città, una volta all’anno torno a Newcastle. Superato il primo periodo sono stato bene”.

Com’è Mourinho come allenatore?
È l’allenatore che mi ha lanciato, ha sempre creduto in me. Più che un allenatore è stato un motivatore per me, mi ha aiutato tantissimo”.

Hai un mental coach?
Sì, ora lo sento per telefono. Fa sempre bene”.

Come vedi Dzeko capitano?
"Edin è una grandissima persona e può fare benissimo il capitano come sta facendo. Sono fiero di giocare con lui perché è un grandissimo giocatore".

Con quale compagno passeresti la quarantena?
"Con Florenzi e Pellegrini".

Florenzi rimane alla Roma secondo te?
"Sento Alessandro ogni giorno, ma parliamo di tutto tranne che di mercato, al momento non possiamo saperlo".


Gravina: "Tornare a giocare. Ce lo dice il buon senso e ce lo chiedono gli organismi internazionali"

Quest'oggi si è svolta la riunione della FIGC in cui il presidente Gravina ha voluto mettere al corrente tutti delle interlocuzioni con il Governo e delle indicazioni ricevute dalla Uefa. L'idea sarebbe quella di terminare la stagione attuale entro e non oltre il 2 agosto. Queste le parole di Gravina:

"Il mondo del calcio sta lavorando incessantemente e in maniera responsabile per trovare soluzioni concrete e sostenibili alla crisi generata dal Covid-19, comprese quelle necessarie e indispensabili per salvaguardare le competizioni 20/21. Anche per questo merita rispetto, invece di essere strumentalmente utilizzato per polemiche destituite di qualunque fondamento. Ringrazio il Ministro Spadafora per l’attenzione riservata nella riunione di ieri, durante la quale è stato spiegato approfonditamente qual è il nostro approccio: tornare a giocare in sicurezza perché ce lo dice il buon senso e perché ce lo chiedono gli organismi internazionali a cui il calcio italiano è collegato. Confermando quanto affermato durante l’incontro e animati dal consueto spirito di collaborazione, sarà mia cura inviare al CONI il protocollo che abbiamo realizzato, restando a disposizione per eventuali preziose indicazioni. Siamo soddisfatti del costante confronto che stiamo avendo col Ministro per lo Sport, ma anche con quelli della Salute e dell’Economia e delle Finanze, ai quali abbiamo prospettato tutte le misure necessarie. Mi stupisce, invece, dover constatare ancora una volta quanto la tentazione di parlare continuamente di calcio, per la notorietà che da questo discende, induca diversi interlocutori a commentare cose di cui sono evidentemente male informati".


Contro il rosso in bilancio vince la linea verde

IL MESSAGGERO - CARINA - In attesa delle decisioni del governo, la Lega Serie A vuole portare a termine la stagione e la Roma è pronta a ripartire con l'obiettivo di provare a raggiungere il quarto posto e con la rosa al completo, ad eccezione di Zaniolo, ma inclusi i giocatori in prestito. Dopo aver ricevuto l'ok dei calciatori, il club attende il via libera degli organismi internazionali per estendere i contratti dei prestiti in scadenza il 30 giugno: si tratta di Mkhitaryan, Smalling, Zappacosta e Kalinic.

Alla luce del bilancio che rischia di presentare un rosso a tre cifre, la Roma si è data delle linee guida per il prossimo futuro: acquisti under 27 e stipendi non superiori a 3 milioni. Inoltre, i bonus saranno presenti solo per obiettivi reali come la vittoria di uno scudetto o una coppa o la qualificazione alla Champions. Sarà il prestito la formula scelta dalla Roma per portare a Trigoria giocatori over 27 anni. Infine, tagli agli stipendi di circa il 20%, per consentire al club di tornare ai 115 milioni lordi, e alle commissioni per agenti ed intermediari. Senza Champions, il club inviterà Dzeko, che percepisce 6 milioni più bonus, a ridiscutere l'accordo fino al 2022 firmato l'estate scorsa, proponendo di spalmarlo fino al 2023.


Serie A unita, il governo temporeggia: «Soltanto allenamenti individuali»

IL MESSAGGERO - BERNARDINI - Il governo prende tempo ed oggi è atteso l'incontro in videoconferenza tra il ministro dello Sport Spadafora e il mondo del calcio. Il ministro riferirà che almeno per il momento dal 4 maggio saranno concessi allenamenti esclusivamente a livello individuale. Non c'è certezza, dunque, su quando ci si potrà allenare in gruppo. La Lega Serie A, invece, ieri ha ribadito l'intenzione di «portare a termine la stagione sportiva 2019-2020, qualora il Governo ne consenta lo svolgimento». Spadafora e il ministro della Salute Speranza hanno avanzato qualche perplessità sul protocollo medico della Figc e hanno chiesto alcune modifiche, tra le quali l'obbligo del test sotto sforzo per tutti. I calciatori, in pratica, dovranno sottoporsi nuovamente ai test di idoneità sportiva.

Infine, questione diritti tv: Spadafora chiederà partite in chiaro, Sky invece ha inviato una lettera articolata su due ipotesi, in base alla ripresa, in cui chiede uno sconto e una dilazione dei pagamenti finché non si torna in campo. Anche su questo la Lega è compatta e chiede il pagamento dell'ultima tranche di maggio.


Dzeko fai di più. La Roma gli chiede un nuovo sacrificio

LA GAZZETTA DELLO SPORT - CECCHINI - Alla Roma hanno chiaro un quadro di fondo: se non ricomincerà il campionato, e quindi se si avrà la certezza assoluta di non poter giocare la Champions League nella prossima stagione, ad alcuni big saranno chiesti altri sacrifici.

Primo fra tutti, Edin Dzeko, ovvero uno dei leader della trattativa che ha portato la squadra a rinunciare allo stipendio di marzo e a spalmare gli ultimi trimestri nelle annualità successive di ciascun contratto. La dirigenza è pronta a sottoporgli tre idee.

La prima è quella di tagliare l’ingaggio in modo sensibile (almeno il 15%), anche per dare un esempio ad altri compagni a cui potrebbe venire chiesto un sacrificio analogo (primo fra tutti Pastore). La seconda – più classica e quindi più fattibile – è quella di spalmare il contratto, allungandolo per un’altra stagione, cioè fino al 2023. La terza pista – la meno praticabile – è quella di concedergli il cartellino gratuitamente, o al massimo con una buonuscita, per liberarsi subito dal peso dell’ingaggio. Ipotesi improbabile perché, nel calcio post-Covid 19, anche per un campione come Dzeko sarebbe quasi impossibile ritrovare stipendi del livello giallorosso, nonostante la stima che Inter o alcuni club di Premier League possano avere per lui. A meno che non sia ancora intrigato da un fine carriera negli Usa, visto che da Los Angeles in passato è stato già contattato.

Per la sostituzione si punterebbe su profili giovani come quelli di Kean (Everton) o Vlahovic (Fiorentina), ma con formule sempre legate a prestiti e riscatti, in un momento in cui tutte le società vorrebbero monetizzare. Morale: è assai probabile che Dzeko rimarrà, ma è atteso da un ulteriore sforzo. Obiettivamente non impossibile.


La Serie A ha deciso: si riparte

LA GAZZETTA DELLO SPORT - Unità ritrovata. Due votazioni superate all’unanimità: venti su venti, come in Lega non succedeva da tempo. I club di Serie A si ricompattano in vista dell’appuntamento di oggi con il governo, a cui si vuole offrire un’immagine di solidità. 

Lo stesso vale sul fronte dei diritti televisivi: solo un gruppo coeso può replicare con fermezza alle richieste dei licenziatari tv.

C’è stato un sì alla ripartenza, ma condizionato. Sarà l’emergenza sanitaria a dettare le condizioni della ripresa e soprattutto dovrà essere il Governo a indicare la strada ai club. Il Ministro Spadafora, che oggi ha convocato tutte le componenti del movimento per un punto della situazione, probabilmente sceglierà di prendere altro tempo prima di dettare una linea ufficiale. L’idea espressa pubblicamente due giorni fa non verrà stravolta: «Oggi non do per certi né l’avvio del campionato né degli allenamenti il 4 maggio». Di fronte al Governo la Serie A ha l’esigenza di riproporsi di nuovo unita, in nome di un interesse comune: la sopravvivenza stessa del sistema.

 

L’esecutivo Uefa di domani ribadirà la volontà di portare a termine le competizioni. Mentre alla Federazione e agli altri organi competenti i club hanno già chiesto rassicurazioni, in un documento condiviso da molte società e articolato in diversi punti. Dall’attuazione dei protocolli sanitari (nel rispetto delle «ragionevoli stime» di disponibilità dei sistemi di monitoraggio) fino alla definizione preventiva delle date del calciomercato, che dovranno essere necessariamente rimodulate.

Altro fronte su cui i club si sono trovati concordi all’unanimità è quello dei diritti tv. Tema all’ordine del giorno era “la fatturazione e il pagamento della sesta rata” della stagione, prevista da contratto per il primo maggio. Alle richieste dei licenziatari (Sky, Dazn, Img) i club si sono negati. Le istanze riguardavano possibili sconti o dilazioni: le società hanno replicato con l’invito a rispettare i contratti in essere.

La partita si è accesa soprattutto con Sky, che all’attenzione dell’assemblea ha inviato una lettera in cui prospettava il doppio scenario: in caso di ripresa o di stop definitivo, con sconto proporzionato. Taglio che i club avrebbero dovuto nel caso riconoscere anche agli altri licenziatari per un mancato incasso di 210 milioni nel primo caso, 440 nel secondo. Da qui il no delle società mentre Sky punta a riprendere il dialogo e chiarisce la che la lettera si inserisce nel solco del dialogo costruttivo con la Lega, che continuerà alla ricerca di una soluzione reciprocamente utile in vista delle prossime scadenze.


Quanto affetto per Toninho Cerezo. 65 anni sempre da “professionista”

LA GAZZETTA DELLO SPORT - ZUCCHELLI - Le sue due ex squadre lo hanno ricordato, sul suo telefono sono arrivati decine di messaggi di auguri, tanto da fargli dire: “Non pensavo ci fosse ancora tutto questo affetto per me“. In queste ore, compiuti 65 anni, Cerezo ha potuto ricordare le due coppe Italia vinte con la Roma, le discussioni animate col presidente Viola, che prima lo aveva voluto e poi aveva scelto di cederlo, l’arrivo alla Samp dove qualcuno lo definì “vecchio e lento” e i trionfi in blucerchiato. In Europa non è riuscito a vincere la Champions ma a casa può spolverare una bacheca ugualmente piena di trofei.

Oltre al tricolore e alle coppe Italia, una Supercoppa italiana, una Coppa delle Coppe, due coppe Intercontinentali e una Libertadores. Oggi un centrocampista per avere un palmares del genere dovrebbe giocare, almeno, in squadre di primissimo piano, mentre la forza di Cerezo, in Italia, è stata quella di essere un punto di riferimento di club poco abituati a vincere.

Non era la stella della squadra, c’erano Falcao e Conti da una parte, Mancini e Vialli dall’altra, ma era il faro del gruppo, colui che dettava i tempi, gli inserimenti, ripuliva i palloni e, quando serviva, segnava. Perché i gol non solo si contano, ma si pesano anche. E lui mise la firma nel giorno dello scudetto della Samp e nel giorno della Coppa Italia vinta dalla Roma nel 1986, sua ultima apparizione in giallorosso. La Roma l’ha inserito nella sua “Hall of fame” la Sampdoria lo ospita a Marassi ogni volta che ne ha voglia.

Un grande professionista, che da quasi 40 anni, nell’immaginario dei tifosi, va a letto presto la sera di Capodanno.


Toni tra solidarietà e dirette social: “Con Totti lo faremo ancora”

LA GAZZETTA DELLO SPORT - Luca Toni ha un locale a Modena che in questi giorni è chiuso. Così qualche sera fa, è uscito di casa e, col socio Roberto, è andato a portare delle pizze agli operatori del 118. “Abbiamo deciso di convocare il pizzaiolo per qualcosa di particolareAbbiamo preparato dei metri di pizza e li abbiamo offerti e consegnati agli operatori del 118 che meritano soltanto applausi e riconoscimenti. Si stanno facendo un mazzo così, senza soste”. 

In questi giorni di quarantena si gode la famiglia e si diverte in diretta su Instagram con gli ex compagni. Tra questi Francesco Totti: “La cosa è nata come una chiacchierata simpatica tra due cari amici. È andata bene e l’abbiamo riproposta. Anche la seconda diretta è stata un grande successo, è stata seguita davvero da tanta gente. E così stiamo pensando a una terza”. Due persone, Luca e Francesco, dal cuore d’oro che tra loro ricordano gli anni, neppure tanto lontani, in cui facevano impazzire i tifosi. Formidabili quegli anni. “Ma noi eravamo più forti di quelli di oggi. Allora c’erano più campioni”.


Enigma Bologna sulla fascia sinistra. Decide tutto Dijks, ipotesi Kolarov

LA GAZZETTA DELLO SPORT - DALLA VITE - Se il campionato concluderà il proprio tragitto interrotto, Mitchell Dijks sarà uno di quelli che nel Bologna odierno dovrà dimostrare di essere tornato quello di un tempo. L’olandese è una risorsa importante, ma se non darà le risposte attese, i rossoblù hanno già studiato le alternative. Non è una novità che l’idea di poter avere Aleksandar Kolarov da parte di Sinisa Mihajlovic sia più di una sensazione o un sussurro. Il romanista ha ancora un anno di contratto con la Roma, dovrebbe ridurre le proprie richieste economiche ma il richiamo di Sinisa e magari Sabatini potrebbero diventare determinanti per alzare il tasso di esperienza e qualità del Bologna futuro. Due alternative al serbo sono Nagatomo, oggi al Galatasaray, e Marchizza, a La Spezia ma di proprietà del Sassuolo.


Roma, gli stipendi da tagliare a partire da Dzeko

CORRIERE DELLA SERA - VALDISERRI - Grande è la confusione sotto il cielo del calcio ai tempi del Coronavirus e la Roma si trova in mezzo a tante domande e poche risposte. La più drammatica è come far tornare i conti con spese che rischiano di restare uguali e profitti che calano a picco. Per il futuro si è fissato il tetto massimo degli ingaggi a 3 milioni, ma non basta. Quelli da pagare sono troppo onerosi, a partire dagli 8,8 lordi di Edin Dzeko, il più pagato. Forse ancora più pesanti, visto l’uso che ne fa Fonseca, sono i 7,9 a Pastore (4,5 netti) fino al 2023. A quota 3 milioni netti ci sono Spinazzola, Veretout, Florenzi, Perotti e Kolarov più i prestiti di Smalling, Mkhitaryan e Kalinic, tutti e tre in scadenza il 30 giugno. Tre le ipotesi per il club giallorosso, in ordine decrescente di possibilità: una spalmatura degli ingaggi, un taglio accettato dal giocatore, il cartellino gratuito offerto dal club. Non si può pensare di andare al muro contro muro, visto che i contratti sono stati firmati, ma solo cercare una strada comune nell’emergenza che ha travolto tutto il mondo.


Garcia: “Ho pianto all’addio di Totti”

CORRIERE DELLA SERA - PIACENTINI - “Tornare alla Roma? Mai dire mai nella vita“. Rudi Garcia si racconta a Sky Sport e ripercorre i suoi anni in giallorosso. “Sono fiero – le sue parole – del percorso che ho fatto, non ho rimpianti. Sarebbe stato magico vincere un trofeo, ma abbiamo affrontato la Juventus dei record. Sono arrivato sulle ceneri, dopo la Coppa Italia persa contro la Lazio. Al mio primo derby erano tutti preoccupati, ma per me è stata un’opportunità“. Il rapporto con i romani è stato intenso e questo si riflette anche nelle parole che ha dedicato a Francesco Totti: “Totti non è solo un grande giocatore, ma anche un grande uomo ed è stato un onore allenarlo. Il giorno del suo addio ho pianto tantissimo, volevo essere io il suo ultimo allenatore. Sono stato triste anche quando è andato via De Rossi, diventerà un grande allenatore, magari alla Roma. I tifosi? È stata una grande storia d’amore“.