Lucci: “Ho avuto solo due idoli: Riva e Totti”

LA GAZZETTA DELLO SPORT - Oggi alle 14 su Rai 2 riparte Quelli che il calcio . Che conferma alla conduzione Luca e Paolo con Mia Ceran con il contributo dell’imitatore Ubaldo Pantani e di Brenda Lodigiani. Ma la vera novità è «l’ingaggio» di Enrico Lucci, il giornalista di Ariccia, nato Iena, che con i suoi servizi ha sempre creato scompiglio in tutti gli ambienti. [..] Ma Lucci il calcio, a suo modo, lo apprezza. «Il calcio ho cominciato ad apprezzarlo quando avevo sei anni e mi innamorai di Gigi Riva. Mia mamma mi regalò il completino del Cagliari. E da allora ho sempre avuto una simpatia per il Cagliari, anche se quando ero militare un sardo deficiente stava per farmelo diventare antipatico». Lucci vive, però a Roma: «Tra Lazio e Roma, ovviamente non ho dubbi. Anche perché Francesco Totti è stato l’unico simile a Riva: Una bandiera che non ha mai tolto la maglia che più ha amato».


Roma, esami senza sosta: Fonseca chiede continuità

CORRIERE DELLA SERA - A In una sola parola: continuità. È questo che Paulo Fonseca chiede alla sua Roma dopo le 2 vittorie in 4 giorni, con 8 gol segnati, contro Sassuolo e Istanbul Basaksehir. Dopo le immani sofferenze nel derby (la Lazio colpì 4 pali) e la sosta per le Nazionali, la squadra giallorossa ha cambiato marcia. La trasferta di Bologna (ore 15, previsti almeno 25mila spettatori di cui 3mila provenienti dalla Capitale) è un banco di prova importante per capire la consistenza dei miglioramenti. [..] Sassuolo e Basaksehir hanno dimostrato che Fonseca può contare su una rosa ampia e qualitativa. Anche per questo non sarà forzato il recupero di Smalling, che ieri ha fatto una parte di allenamento con il gruppo ma non è stato convocato per la partita. Dovrebbe fare il suo rientro, almeno in panchina, nel turno infrasettimanale di mercoledì prossimo, contro l’Atalanta all’Olimpico. [..]Oggi turnover ragionato: rispetto al Basaksehir ritornano Florenzi, Pellegrini e Mkhitaryan, che hanno riposato. Zaniolo tra i titolari, con Kluivert in panchina. A centrocampo coppia Veretout-Cristante.


Fonseca, prima fuori casa: "Siamo pronti"

LA REPUBBLICA - FERRAZZA - Prima trasferta dopo quattro partite all'Olimpico, Europa League compresa, primo test lontano da casa con qualche certezza in più, da mostrare a un Bologna pieno di entusiasmo, la Roma di Fonseca prende forma con il trascorrere di settimane piene di lavoro ed esperimenti, scoprendo però qualche punto fermo inaspettato (vedi Cristante e Kluivert), e rituffandosi nelle solite certezze (Kolarov e Dzeko, su tutti), «Sarà una gara molto complessa richiama all'ordine il suo gruppo, Fonseca - ma noi siamo pronti, il Bologna è imbattuto, è una bella squadra e riflette il carattere del suo allenatore, Mihajlovic, al quale auguro una pronta guarigione».  Ancora escluso dalla lista dei convocati, Chris Smalling («Ma tornerà contro l'Atalanta»), mentre giocheranno sicuramente, per ammissione del tecnico, Cristante e Veretout. In pratica dovrebbe essere schierata la stessa (o quasi) formazione che ha battuto il Sassuolo, con il rientro di Mkhitaryan, escluso in Europa, e Pellegrini che dovrebbe prendere il posto di Zaniolo in quella che, finora, è stata un'alternanza tra i due.  In difesa, dubbio su chi farà coppia con Fazio, visto che Mancini, che è stato convocato, non sembra al meglio e ha qualche chance di scendere in campo Juan Jesus. «Ma noi non cambieremo il nostro modo di pensare, a prescindere da chi giocherà. i nostri concetti non verranno alterati. Io cerco di trasmettere positività ai calcia tori e vedo la squadra bene dal punto di vista fisico, e motivata». Fonseca non si fida del Bologna e spera che i suoi gli regalino una vittoria nella sua prima trasferta sulla panchina giallorossa. Saranno tremila i tifosi della Roma al seguito, per una partita che arriva solamente due giorni e mezzo dopo quella in Europa League.  Il portoghese ha parlato a lungo con suoi, lavorando tanto sulle situazioni da calcio da fermo. Ha come soluzione nella testa quella di Florenzi alto, con Spinazzola che verrebbe rimesso a destra, ma è tutto da vedere se sposterà il capitano giallorosso, rimasto in panchina giovedì.


«La mia vita a cancellare scritte indegne. Quel razzo distrusse una famiglia felice». La tragedia Paparelli quarant’anni dopo

CORRIERE DELLA SERA - Gabriele Paparelli, 48 anni, figlio di Vincenzo, il tifoso ucciso da un razzo prima del derby Roma-Lazio del 28 ottobre 1979, ha rilasciato una lunga intervista all'edizione odierna del quotidiano ricordando quel tragico pomeriggio. Queste alcune delle sue parole:

Sono passati ormai 40 anni ed è una ricorrenza triste. Violenza e ricatti negli stadi sono ancora realtà. Un flash di quel giorno?
«Avevo solo 8 anni, ma mi è rimasto impresso tutto, minuto per minuto. Un dolore incancellabile. Era una bella domenica, come le altre, da vivere in famiglia. Abitavamo tutti insieme, con zii e cugini, nel palazzo di via Dronero, a Boccea, costruito da mio nonno. Facevamo tavolate meravigliose...»

E Roma e Lazio, entrambe partite male, si stavano per giocare il primato cittadino...
«Pensi che all’inizio papà aveva deciso di andare a trovare i nonni a Valmontone. Pioveva. Poi, a metà mattinata, si affacciò uno spiraglio di sole e lui chiese a mamma di accompagnarlo. Io piantai un capriccio, piangevo. Volevo andare con loro all’Olimpico. Ma fu irremovibile: Meglio di no, se qualcuno si mena potrebbe essere pericoloso, mi disse».

La notizia piombò nella tribù Paparelli all’ora di pranzo.
«Erano tutti sconvolti, gridavano. Cercarono di proteggermi. I vicini di casa, per distrarmi, mi portarono al Luna Park, ma al rientro capii: sotto casa c’erano polizia, ambulanze, giornalisti. Mia madre, che aveva solo 29 anni, si era come spenta. Non reagiva. Fui mandato a dormire da una mia zia, e mio fratello da un’altra». In curva Nord spunta spesso un disegno con il volto di sua padre. Le avranno detto che le somiglia, no? «Certo, e ne sono orgoglioso. Ma non è stato bello, le assicuro, portare questo cognome. Sono cresciuto in un clima dove il rispetto non esisteva. Ho combattuto da sempre contro cori, minacce...»

E la purtroppo celebre scritta «10-100-1000...»
«L’ultima l’ho cancellata in zona Termini. Per fortuna oggi, grazie ai Social, si è creato un tam-tam e tanti mi aiutano. Gabrie’, non ti preoccupa’, provvedo io... Giuro: ne avrò coperte migliaia. Non provo odio, ma ogni volta è un coltello che gira nella ferita fresca, e trovare sempre qualcuno che te la smuove è un dolore in più». Il famoso cuore di Roma non esiste? «Certo, c’è anche questo. Tutti i giorni incontro gente che mi dà pacche sulle spalle, che mi chiede scusa per i cori e le scritte vergognose. La tomba a Prima Porta per anni è stata inondata di lettere, sciarpe, fiori. L’altro giorno mi ha intervistato Sky per una puntata speciale di un’ora, e abbiamo dovuto interrompere per la troppa commozione. Tutti e tre gli operatori piangevano».

Cosa le ha fatto decidere di non mettere più piede all’Olimpico?
«È più forte di me. Prima l’ho frequentato spesso, non la curva Nord, solo i Distinti. Ma da tanto ho smesso. Una volta mi è volato un sampietrino sopra la testa, fuori dallo stadio, e ho detto basta. Mia figlia, invece, è appassionata: la accompagna il nonno materno. La società l’ha invitata a festeggiare i suoi 6 anni a Formello, con i calciatori, ed era al settimo cielo...»


La luce di Sinisa: il patto del cuore fra Bologna e Mihajlovic

LA REPUBBLICA - ROMAGNOLI - Questa non è una storia da film. La sua verità è nei buchi di sceneggiatura, nel lato oscuro e non raccontabile, fatto di fatica, dolore, paura. Nella parte visibile ci sono continui colpi di scena, tutti elettrizzanti: l'allenatore rivela il male e lo sfida, ritorna in campo a sorpresa, si assenta ma dirige da lontano e vince, i giocatori gli fanno la serenata, la città lo ama, prega per lui. La fine non è nota. Soprattutto non lo sono le notti solitarie di Sinisa Mihajlovic che, per rispetto della sua condizione, nessuno che non la condivida può permettersi di immaginare. Oggi il Bologna, contro la Roma, torna a giocare nel proprio stadio, senza di lui. Comunque vada, sarà un capitolo, ma la trama è un accidente, sono i personaggi a produrla. Qui ce ne sono tre: l'allenatore, la squadra e la città. Li lega un patto: lui ha dato alle altre la salvezza nella stagione scorsa, loro provano a restituirgliela adesso. «We are one» è lo slogan che hanno scelto, ma bisogna scindere le tre anime per capirle.

Bologna United - Tutti i calciatori sono orfani di lusso e di ritorno. Abbandonano la famiglia e cercano un'altra guida per non perdersi. Quelli del Bologna non fanno eccezione. Mbaye è stato adottato dal suo agente. Skov Olsen ha 19 anni e ci ha pensato settimane prima di lasciare casa di mamma in Danimarca. Destro ha avuto a disposizione per tutto il ritiro un paterno ex pugile che lo aiutava a ritrovarsi. Sull'orlo della retrocessione la squadra dello scorso anno ha incrociato Mihajlovic e gli si è consegnata. I nuovi sono venuti per lui. Non ha disegnato uno schema, ma una personalità: 4-2-3-coraggio, diventata la parola chiave ben prima della malattia. Al suo arrivo i giocatori hanno fatto un passo indietro, un'ulteriore rinuncia al protagonismo di cui il loro mestiere si nutre. La maglia rossoblù più venduta non ha sulla schiena il nome di un calciatore ma, caso inedito, quello dell'allenatore e il numero 11, che allude agli undici leoni, da lui trasformati, gattini che erano, e ammaestrati. Alla vigilia delle partite i tifosi non si chiedono più se giocherà Palacio o Santander, ma se Mihajlovic ci sarà o no. La sua ricomparsa alla prima di Verona è stato un colpo a effetto. L'apparizione di quel padre elettivo smagrito e con il cranio nascosto sotto un cappello ha disorientato i ragazzi, picconato le pareti insonorizzate degli spogliatoi, spento la musica nelle cuffiette, lasciando entrare il clamore della vita. A Mihajlovic pare abbia fatto addirittura bene, il corpo avrebbe risposto, nuova linfa nel sangue, ma quella è la sua natura: nei picchi si ritrova e dà il meglio di sé. Per la squadra ha significato incontrare un avversario inatteso: la realtà. Come di fronte a una situazione di svantaggio, ha avuto bisogno di tempo per risistemarsi. Il gruppo, per un riflesso pavloviano, risponde al comando di un'unica voce, quella di Sinisa, la riconosce quando sale di tono, la sente ancor meglio se proviene da un cellulare, amplificata nel silenzio di uno spogliatoio, all'intervallo. Le teste chine e gli occhi chiusi a immaginare il mister com'era: inossidabile. Ancor più temibile ora, smaterializzato e lontano, eppure capace di vedere ogni cosa. Una rimonta allude inevitabilmente alla possibilità di una guarigione, ma non è alla squadra che la gente chiede adesso il miracolo.

Bruci la città - Sullo stadio incombe. Una curva prende il suo nome. Alzi lo sguardo dalla tribuna e la vedi: la basilica della Madonna di San Luca. Esiste un legame storico tra la città e quella chiesa, raggiungibile attraverso 489 scalini protetti da un portico, ma non dalla fatica dell'ascesa. Chiunque, anche non credente, viva o abbia vissuto a Bologna è salito a piedi fin là almeno una volta: per invocare o scongiurare una gravidanza, per auspicare il superamento di un esame o per ringraziare perché era accaduto. Sempre, ragioni individuali. La marcia di gruppo è un'altra cosa, un'immagine destinata a restare. Nella salita del luglio scorso si poteva notare una scansione visuale forte: la famiglia slava, scolpita nella sua fisicità, in testa a tirare. Dietro, i tifosi delle curve. A chiudere il gruppone: gli amarell, quelli del bar, Bologna in cerca, più ancora che di un santo a cui votarsi, di un voto da proporgli. Sprofondata del vuoto ideologico, da anni priva della diarchia dialettica tra Comune e diocesi, la città soffre di un'assenza di desiderio, le manca una missione. Non è più laboratorio, non fa la storia. La sua sazietà è relativa, la disperazione ordinaria. Cercava una passione per spingerla su quella scalinata, l'ha trovata: Sinisa c'era. Nel precedente di Tito Vilanova, allenatore del Barcellona, il rapporto era molto diverso. Lui era parte della storia del club: aveva esordito come calciatore, allenato la squadra B, fatto il vice a Guardiola. Alla sua nomina sulla panchina principale il ds Zubizarreta disse: «Rappresenta il Barcellona». Prima di ammalarsi, vinse la Liga. Mihajlovic non ha mai giocato a Bologna, da allenatore esordi male, ha restituito tutto con gli interessi dieci anni dopo, ma era solo una salvezza, per quanto entusiasmante, il trofeo minore di una breve stagione che era pronto a chiudere. Invece. Adesso è il patrono laico. Dopo San Luca sono fiorite leggende che si tramandano con il telefono senza fili, indistinguibili dalle verità: «E' andato a trovarlo Mancini», «C'è stato monsignor Zuppi», «Lo ha chiamato il Papa», «Gli hanno portato un bandierone con cento firme e auguri», «Han mandato i tortellini dalla festa dell'Unità». Le radio locali hanno microfoni aperti soltanto per parlare di lui, bruciando d'adorazione. Qualcuno gli ha dedicato una poesia intitolata "Guerriero", che termina così: «Domani sarai sempre più condottiero/ ogni giorno che passa dal traguardo/ ogni volta che un uomo rossoblu/ incrocia il tuo sguardo/ in tv, in rete o in qualsiasi testata/ Bologna di te si è innamorata». Al punto da volere una seconda volta, sabato prossimo, di nuovo in marcia verso la basilica, di nuovo per lui: Sinisa ci sarà, in spirito.

Duro, ma con gioia - San Luca non è Medjugorje. Mihajlovic ci andò nel maggio 2009 e quando gli chiesero che cosa avesse provato premise inevitabilmente: «Sono un duro, ma...». Poi: «Ho pianto quattro o cinque volte, non so perché, mi veniva naturale, mi sono sentito libero, ho provato una sensazione strana». Si era avvicinato al cattolicesimo da poco. Quando era al Milan frequentò una chiesa vicino al campo di allenamento, fu visto spiegare il vangelo alle 7 e 30 del mattino ai bambini di Solbiate. Disse: «Le persone cambiano». «Sono un duro, ma...», restava il fondamento sul quale andava edificando un altro carattere. Da giovane, per sua stessa ammissione, procedeva per sottrazione, voleva nemici, fedele al luogo comune per cui averne molti dà molto onore. Da adulto ha iniziato a capire la forza dell'addizione. Nei momenti difficili l'energia di un uomo è data da una somma. Si vive e ancor più si sopravvive anche per gli altri, anche grazie agli altri. I suoi penati erano familiari. Al di sopra di tutti, la figura del padre, morto a 65 anni mentre lui era lontano: «Darei qualsiasi possibile vittoria di qui in avanti pur di riabbracciarlo». La madre, che non ha mai smesso di guardarlo come un bambino, quindi scorgendo una fragilità non intuibile per nessun altro. La moglie, le figlie. Trovarsi un esercito alle spalle non era nei piani: gli allenatori hanno un pugno d'uomini appena, non tutti affidabili. Ci ha pensato il potere del caso. Mihajlovic non doveva essere qui, ora. A fine campionato scorso era stato schietto: «Ho saldato il debito, sono libero». Aveva preso tempo per guardarsi intorno, cercare altre piazze, grossi ingaggi, un mercato di stelle. Aveva quasi firmato per la Roma, avversaria di oggi. Lo fermò una stortura del calcio italiano: l'avversione dei tifosi, l'accusa di lazialità. Fosse andato, la porta girevole lo avrebbe probabilmente portato a rescindere il contratto, come fece Prandelli quando gli si ammalò la moglie. Roma non gli doveva niente e in genere poco concede e meno si commuove. Nel momento sbagliato, il destino lo ha trovato al posto giusto, una Samarcanda al contrario, dove stare fermo per provare a salvarsi. E fermo resta, nella sua stanza attrezzata all'ospedale Sant'Orsola. Qualcuno ha perfino criticato la "serenata" a sorpresa dei suoi calciatori dopo la vittoria di domenica scorsa: «E gli altri malati?». Abbiamo provato a chiederlo, con discrezione. Riferiscono di sentimenti contrastanti. Li lusinga il fermento, l'attenzione per una condizione che li riguarda. Li preoccupa la banalizzazione, il mito del guerriero che fa da scudo all'ineluttabilità della paura, messa in ombra come un tempo si metteva la malattia stessa. Sottolineano che per un allenatore a cui si mantiene con lealtà il posto, tanti lo perdono, discriminati e dimenticati, anche nel settore pubblico. Sanno che la luce accesa nella stanza di Mihajlovic illumina tutti. Simbolico il banco per le donazioni all'Associazione italiana contro le leucemie accanto al reparto: in cambio ti propone una sciarpa rossoblù, quella che tutti vogliono rivedere al collo di Sinisa, in panchina. Stringe il nodo tra un uomo, una squadra, una città. E più facile che una persona ne salvi molte, ma è esemplare se molti si impegnano per salvarne una.


Ranking Uefa, la Roma sorpassa il Chelsea e va al 14° posto

UEFA.COM - Con la vittoria di giovedì contro l'Istanbul Basaksehir, e la conseguente sconfitta del Chelsea contro il Valencia in Champions, la Roma ha compiuto un balzo in avanti per quanto riguarda il ranking Uefa, raggiungendo il 14° posto superando proprio i blues, a quota 71 punti. Ai giallorossi, però, come a tutte le squadre partecipanti all'Europa League, mancano ancora i punti derivanti dalla qualificazione ai gironi, con la classifica che potrebbe dunque cambiare.

 


Lotito: «Non si può fare il tifoso di professione per guadagnare. Diabolik aveva capito con chi si stava scontrando»

TUSCIAWEB.EU - Claudio Lotito, presidente della Lazio, ha rilasciato alcune dichiarazioni nel corso di una serata organizzata dal centro studi Aldo Moro a Mugnano in Teverina. Il numero uno biancoceleste è tornato a parlare del rapporto tra le società e il tifo organizzato, parlando anche del suo primo incontro con 'Diabolik', ex capo degli Irriducibili rimasto vittima di un agguato. Queste le sue parole: "Il tifoso non si può fare di professione per guadagnare soldi, tifoso significa appassionato e la passione si persegue sempre nel rispetto delle regole. Quando diventai presidente l'allora direttore Giuseppe De Mita, figlio del leader democristiano Ciriaco, mi disse che avrei dovuto incontrare una delegazione di tifosi. Pensavo fossero i sindacati. Mi disse anche "dove li vuoi incontrare? Qui o fuori?". Decisi di incontrarli dandogli appuntamento a Piazza Cavour; davanti al cinema Adriano, a Roma. Si presentarono quattro persone e uno di questi, pace alla sua anima, era Diabolik. Piscitelli si presentò e mi disse "preside, buonasera, io sono Diabolik". Lo guardai e gli risposi "buonasera, ispettore Ginko". Diabolik mi chiese se stavo scherzando. No, gli risposi E dissi "io sto dalla parte delle guardie". Devo però dire che Diabolik, rispetto agli altri, era una persona che aveva capito con chi si scontrava. Percepii subito che c'era qualcuno che utilizzava il calcio per altri fini e amavo dire "mi porti la carta d'identità, mica ce scritto professione tifoso". Sono contro i soprusi, è una mia indole, fa parte del mio DNA, per l'educazione cattolica, rigorosa, che ho avuto. Se vedo che qualcuno vuole sopraffare una persona apparentemente più debole del sottoscritto mi ribello con tutti i mezzi che ho a disposizione di carattere legale. Probabilmente i miei colleghi in passato non l'hanno fatto perché era più comodo assecondare certe situazioni. Vincere per merito ha una sensazione completamente diversa».


Serie A femminile, Fiorentina-Roma: le formazioni ufficiali

L'imperativo categorico, in casa Roma Femminile, è dimenticare l'esordio contro il Milan, che ha visto soccombere le ragazze di Elisabetta Bavagnoli, che ora cercano riscatto contro la Fiorentina, che invece all'esordio ha battuto il Sassuolo. Queste le formazioni ufficiali del match valido per la seconda giornata di Serie A:

LE FORMAZIONI UFFICIALI

FIORENTINA: Durante; Guagni, Jense, Tortelli, Breitner; Parisi, Bonetti,Philtjens, Thogersen; Lazaro, Agard. All.: Cincotta

ROMA: Ceasar; Erzen, Swaby, Pettenuzzo, Bartoli; Hegerberg, Giugliano, Greggi: Bonfantini, Thestrup, Serturini. A disp.: Casaroli, Pipitone, Corrado, Cunsolo, Di Criscio, Soffia, Bernauer, Ciccotti, Coluccini, Thomas, Zecca.  All.: Bavagnoli.


Bologna-Roma, ultime dal campo: Kluivert vince il ballottaggio con Zaniolo

Zaniolo non partirà titolare oggi contro il Bologna al Dall’Ara. Nonostante la grande prestazione in Europa League, l’ex Inter si accomoderà in panchina per la seconda sfida di campionato consecutiva. Al suo posto giocherà Justin Kluivert. Lo riporta con un tweet il giornalista di Sky Sport Angelo Mangiante.

 

Veretout: "Sono al 120%. Dobbiamo fare una gran partita per vincere"

Jordan Veretout, centrocampista della Roma, ha parlato ai media prima del match odierno contro il Bologna:

VERETOUT A ROMA TV

Prima trasferta stagionale. È un test indicativo?
"Sì, loro hanno iniziato bene ed è difficile vincere a Bologna. Dobbiamo fare una gran partita per vincere".

Ci dobbiamo aspettare una partita spettacolare?
"Sì dobbiamo fare una grande partita e fare attenzione in tutto il campo. Sono forti davanti e fisicamente".

Come stai? Sei al 100%?
"Sono al 120%, spero che oggi faremo la partita perfetta per vincere".

 

VERETOUT A SKY SPORT

 

Il Bologna è una grande squadra, hanno iniziato molto bene. Dobbiamo continuare a fare i gol per vincere oggi perché è sempre difficile vincere qui a Bologna“.

 


Soriano: "La Roma è forte, ma dobbiamo provare a vincere"

Roberto Soriano, centrocampista del Bologna, ha parlato ai media prima del match di campionato contro la Roma:

SORIANO A ROMA TV

Grande avvio di stagione per il Bologna: può essere un banco di prova importante la Roma?
"Come punti abbiamo iniziato bene, poi come prestazioni possiamo fare meglio e oggi è una bella prova perché arriva la Roma con tanti giocatori importanti. Davanti ai nostri tifosi ce la metteremo tutta per provare a vincere".

Non cambierete il vostro atteggiamento nonostante la Roma?
"No, anche con il mister e il suo atteggiamento proviamo a fare il nostro gioco con qualsiasi squadra. Vogliamo essere coraggiosi, anche se non sempre riesce. Oggi abbiamo davanti una squadra forte, ma dobbiamo provarci".

Che idea ti sei fatto di questa nuova Roma?
"Ha dei giocatori di qualità, che creano tanto. Avremo bisogno di una fase difensiva ottima. Anche lo scorso anno abbiamo fatto bene contro le grandi squadre. Abbiamo rispetto per la Roma e metteremo il 100% in campo per fare bene".

SORIANO A SKY SPORT

La Roma è una squadra forte, ha dei giocatori che possono metterci in difficoltà. Proveremo di tutto per vincere“.


Serie A, Sassuolo batte Spal 3-0

Il lunch match di Serie A è terminato con la vittoria del Sassuolo contro la Spal.
Un 3-0 senza repliche per gli uomini di De Zerbi che aprono le danze al 26' con Caputo. Il bomber replica in chisura di primo tempo (45' +2') trovando la doppietta personale.
In avvio di ripresa, al 47', la chiude Duncan. Nel finale di gara la Spal aveva anche segnato il gol della bandiera, ma il VAR ha annullato tutto.