Veretout rientra in gruppo
IL TEMPO - SCHITO - Dopo la vittoria arrivata al Pierre-Mauroy contro il Lille, la Roma è rientrata nella capitale e Paulo Fonseca ha concesso un giorno di riposo ai suoi. Oggi si torna in campo alle 17.30 e il tecnico portoghese dovrà valutare le condizioni degli infortunati: Karsdorp, Nzonzi, Santon e Pastore, non convocati per la trasferta in terra transalpina, stanno smaltendo gli affaticamenti muscolari che li hanno tenuti ai box. Chi invece tornerà in gruppo in settimana è Jordan Veretout che si è lasciato alle spalle il problema alla caviglia che lo ha costretto a lavorare a parte la scorsa settimana. Notizie positive anche per Gonalons e Riccardi che hanno archiviato i problemi muscolari che ne avevano rallentato la preparazione: per i due si proseguirà con una fase di riatletizzazione che li porterà a recuperare il terreno perso rispetto ai compagni. Mercoledì i giallorossi scenderanno di nuovo in campo al Renato Curi di Perugia contro l'Athletic Bilbao, mentre domenica prossima Dzeko e compagni affronteranno il Real Madrid allo stadio Olimpico(diretta in chiaro su Tv8).
E' Dzeko il "colpo" della Roma
IL TEMPO - AUSTINI - Non c'è Roma senza Dzeko. Soprattutto se chi dovrebbe sostituirlo non ha la minima intenzione di stabilirsi nella Capitale. L'inversione di rotta nel mercato giallorosso è sempre più concreta, anche se rimane un mese di trattative per scombinare le carte in tavola. Intanto Fonseca si tiene stretto il centravanti bosniaco e prega affinché nessuno glielo tocchi. Non tanto peri quattro gol segnati nelle prime amichevoli o i due assist serviti ai compagni sabato a Lille, dettagli in confronto al comportamento e all’impegno che Dzeko ha mostrato sin dal primo giorno di ritiro. Sempre presente negli allenamenti, ben disposto con l'allenatore e i compagni, il solito leader-trascinatore nelle partite, persino sorridente al cospetto di una stagione appena trascorsa tra mille mugugni. Ed era tutto tranne che scontato. La sua posizione, in realtà, non è cambiata. Si è accordato da mesi con l'Inter di Conte e ha rifiutato la successiva proposta di rinnovo della Roma, ma sa che senza intesa fra i club non potrà muoversi ed è disposto a onorare il suo ultimo anno di contratto in giallorosso senza mettersi di traverso.
Petrachi è al corrente che Edin e l'Inter si parlano addirittura dalla scorsa primavera, ha fissato un prezzo per liberarlo e si è messo in testa di sostituirlo con Higuain o, ancor più difficile, Icardi. Ma il domino di centravanti previsto finora non è neppure iniziato, i nerazzurri sono arrivati a offrire 14 milioni contro i 20 chiesti dalla Roma per Dzeko, Higuain non ha dato segnali concreti di apertura ai giallorossi e Icardi è al centro di una vera e propria guerra con l'Inter. E allora, col passare delle settimane, dentro Trigoria ha preso corpo l’idea di andare avanti col numero 9 bosniaco. Pazienza se poi andrà via a parametro zero, per le plusvalenze necessarie al bilancio rimangono 11 mesi di tempo. Inoltre, l'ingaggio di Dzeko da 11 milioni lordi circa, sommato all'’ammortamento residuo di 4.6 milioni, rappresenta comunque un costo inferiore rispetto a quanto impatterebbero sul bilancio in corso il prestito di Higuain o l'acquisto di Icardi. Insomma la Roma può permettersi di tenere Edin un anno e vuole tenere il punto fino in fondo. Dal canto suo Dzeko aspetterà un’altra settimana-dieci giorni prima di mettersi l’anima in pace e rinviare il trasloco alla prossima stagione. Se Schick andrà in Germania arriverà un sostituto (proposto Llorente), la priorità ora è un difensore centrale: entro giovedì le ultime chance per Alderweireld ma è durissima, l'alternativa in Italia è Pezzella che non convince appieno. Poi eventualmente si penserà anche a un terzino destro e a un esterno d'attacco, ma bisogna vendere tutti i giocatori fuori dai programmi. Piazzarli sta risultando molto più difficile del previsto.
Roma, Fonseca vuole un terzino destro: Hysaj o Zappacosta
CORRIERE DELLA SERA - Petrachi proverà a regalare a Paulo Fonseca anche un terzino destro. Una posizione che negli ultimi anni ha dato più di un problema agli allenatori romanisti. Nei giorni scorsi c’è stato più di un discorso con Mario Giuffredi, l’agente di Elseid Hysaj (e di Veretout). L’albanese è sul mercato ma il Napoli continua a valutarlo 20 milioni, troppi per la Roma che conta di abbassare il prezzo con il passare dei giorni, se sul calciatore non dovesse piombare il Tottenham. Dall’Inghilterra, nelle ultime ore, è rimbalzato il nome di Davide Zappacosta, vecchio pallino romanista in uscita dal Chelsea: è una delle operazioni più brillanti di Petrachi, che nel 2015 lo ha portato al Torino prelevandolo dall’Atalanta per 3.5 milioni e due anni dopo lo ha rivenduto al Chelsea a 25. C’è tempo fino a giovedì, quando il mercato inglese chiuderà: entro quella data il d.s. proverà a concludere col Tottenham per Alderweireld (l’alternativa è Pezzella della Fiorentina) e a cedere Olsen, che vuole giocare in Premier League.
Pressing, condizione, idee e gol: il cantiere Fonseca convince
GAZZETTA DELLO SPORT - La Roma sta seguendo un percorso in salita. Prima due amichevoli contro avversarie di Serie D (Tor Sapienza e Trastevere), poi tre contro formazioni di Serie C (Gubbio, Rieti e Ternana), quindi è uscita dalle porte di Trigoria ed ha affrontato in trasferta una squadra di Serie B (Perugia) e due giorni fa ha sfidato una rivale della Ligue 1 (il Lilla, lo scorso anno 2° alle spalle del Psg). Il saldo: 41 gol segnati e 5 subiti. Niente male, no? Detto che adesso l’asticella si alzerà ancora in vista della sfida di mercoledì contro l’Athletic Bilbao e (soprattutto) di quella di domenica contro il Real Madrid, in generale si può dire che il cantiere aperto da Fonseca sta cominciando a funzionare.
Si sa che l’allenatore portoghese, visto il buon calendario dei primi turni di campionato, intende fare una partenza forte per galvanizzare l’ambiente e dare autostima al gruppo. L’impressione, infatti, è che dal punto di vista fisico la squadra stia rispondendo bene. Non è un caso che nelle ultime due partite giocate la Roma sia andata in gol nel finale, mostrando – soprattutto contro il Lilla – una ripresa nettamente superiore alla prima frazione.
Un tweet di Wanda Nara accende il tifo sui social
CORRIERE DELLA SERA - «Insegneremo al mondo cos’è l’AMOR». È bastato un tweet criptico di Wanda Nara, per riaccendere le fantasie romaniste su Mauro Icardi. In molti tra i tifosi giallorossi, soprattutto sui social, hanno visto nella parola «amor» della moglie dell’argentino un riferimento alla Roma, destinazione che nei giorni scorsi gli è stata prospettata nell’ambito della trattativa per portare Dzeko all’Inter. Operazione, quella che riguarda il bosniaco, non più certa come qualche settimana fa.
In panchina l'arma in più per resistere alle follie
LA REPUBBLICA - BOCCA - Purtroppo per Conte, l'Inter va bene, tiene testa alle grandi squadre, qualche volta le batte persino. Come si dice, si vede la mano dell'allenatore che le ha dato forza e carattere. Potrebbe pure continuare così no? A Londra col Tottenham, finalista di Champions, l'Intersi è presentata inizialmente con Handanovic e D'Ambrosio, De Vrij, Skriniar — Candreva, Gagliardini, Brozovic, Sensi, Dalbert - Esposito, Perisic. Vale a dire l'Inter dello scorso anno, con Nainggolan e Icardi e in meno e con Sensi, preso in prestito dal Sassuolo e riscattabile a 25 milioni totali e il tenne Sebastiano Esposito in più. Un prestito dalla Primavera stessa dell'Inter e sorpresa di questa estate di attaccanti mancati. L'Inter sta affrontando una prova ad handicap, un test non tanto per la squadra quanto per Conte stesso. Un po'di infortuni, il turnover, qualche problema, ma soprattutto nessuno dei big che Zhang & C sembravano poter prendere con uno schiocco di dita e che invece, a oggi, sono ancora dove stavano prima: Lukaku al Manchester Utd e Dzeko alla Roma.
Purtroppo per Conte, lui stesso ha dimostrato che i soldi sono sì la via più breve per la soluzione di tutti i problemi, ma non per questo a nessuno va a genio buttarli dalla
finestra. Lui, il mister, può essere la soluzione: inventando calcio anche lì dove sembrerebbe impossibile. Nemmeno Suning che ha 20.000 dipendenti e 30 miliardi di dollari di fatturato, spende volentieri 85 milioni per Lukaku e 20 milioni per Dzeko (a
un anno dalla scadenza di contratto, quando si libererà a zero euro). Semplicemente perché
non li valgono, e perché non è obbligatorio adeguarsi alle follie della Premier o alle megalomanie dei giocatori e del loro procuratori che hanno reso impossibile il mercato. Che infatti al momento è indistricabilmente bloccato dalle richieste scandalose, dai reciproci
no, dai dispetti, dall'impossibilità di mettere d'accordo troppi club e troppi giocatori.
A prescindere dal caso Icardi, gestito con troppa disinvoltura ed eccessiva ingenuità — cosa credeva Marotta che l'argentino e Wanda Nara gli avrebbero steso un tappeto rosso? - l'Inter però ha cominciato anche a uscire delle trattative a senso unico. Antonio Conte pensava di essere arrivato finalmente nel paese dei balocchi e di poter davvero cenare in ristoranti da 100 euro, ma alla fine è dovuto ricorrere a tutto il mestiere appreso in 13 anni di carriera d'allenatore, da Arezzo all'Inter, passando per Bari, Atalanta, Siena, Juventus, Nazionale, Chelsea.
Campionato e Champions ci daranno un panorama meno da “Vamos alla Playa”, un attaccante o due l'Inter a Conte dovrà comprarli, ma lo farà con meno affanno e senza paura di rimanere a piedi. Intanto anche stasera si cena discretamente all'osteria...
Tante squadre imperfette tra eleganza e trasformismo
CORRIERE DELLA SERA - [..] L’ostacolo che ha reso lentissimo il mercato dell’estate è stata la folla di partecipanti. Il mercato di alto livello è già difficile con un acquisto per volta. Muovere insieme Icardi, Higuain, Dzeko, Dybala nello stesso caso è quasi impossibile. Finora ha pagato per tutti l’Inter, vittima dell’avversione della Juve ma anche di alcuni errori sorprendenti, il più serio quello di gridare con orgoglio di aver cacciato sia Icardi che Nainggolan. Così ha scoperto il gioco e dichiarato le sue difficoltà. Quale è stato il vantaggio? Forse accontentare Conte, ma è un po’ poco davanti al danno. Conte è un perfezionista elettrico, dagli ingressi travolgenti. Marotta è uno stratega da uno scalino alla volta, una lunga tela che solo verso la fine mostra la figura. Ho l’impressione che sia questa mancanza di simmetria tra lui e Conte a tenere l’Inter ancora ai margini. La stessa cosa vale per il confronto con Paratici. Anche lui è un rapido, ha più tattiche che strategie, ma pensa e colpisce quasi nello stesso istante. La mossa che ha messo in grande difficoltà l’Inter è stato lo scambio Spinazzola-Pellegrini perché senza muovere un euro ha pagato il bisogno di plusvalenze immediate che aveva la Roma e ha bloccato Dzeko a tempo indeterminato. L’Inter è lì che sta ancora cercando lo sconto. Questi sofferti cambiamenti degli altri stanno favorendo la competitività di due squadre diverse, Atalanta e Torino, non a caso già cresciute a luglio, e forse soprattutto del Napoli, tutte rimaste fondamentalmente se stesse. Non si tratta di considerarle in corsa con le altre, adesso è difficile capire qualunque insieme del campionato. Torino e Atalanta sono però due squadre molto più reali di un anno fa, hanno compiuto un giro di giostra, ora sanno come divertirsi.[..].
Strootman: "Spero che vada tutto bene per Daniele in Argentina"
Kevin Strootman ha parlato del momento del club capitolino dopo l'amichevole di ieri sera tra Marsiglia e Napoli. Queste le sue parole: "Sarà un futuro diverso per il club, spero che la Roma possa fare bene perché ho giocato cinque anni lì e sono rimasto legato alla città. Se mi manca? Certo - sottolinea - . De Rossi e Totti erano la Roma, ma la proprietà ha deciso così, ha cambiato strada. Spero che Daniele possa fare bene in Argentina“.
Defrel in stand-by per il Cagliari
Gregoire Defrel potrebbe non andare al Cagliari. Retro front per il giocatore giallorosso già proiettato verso la squadra sarda: l'accordo prevedeva il prestito con obbligo di riscatto per 15 milioni. Secondo la giornalista Eleonora Trotta, le società non hanno trovato una completa intesa per la modalità di pagamento.
#Defrel, problemi tra la #Roma e il #Cagliari. Manca l'accordo sulle modalità di pagamento @calciomercatoit
— Eleonora Trotta (@eleonora_trotta) 5 agosto 2019
Nainggolan è ufficialmente in prestito al Cagliari
Radja Nainggolan vestirà rossoblu. Dopo le consuete visite mediche di ieri, nella mattinata di oggi è arrivata la conferma del trasferimento dell'ex giallorosso in casa Cagliari: secondo quanto riporta Cagliaricalcio.com, la formula adottata è quella del prestito secco fino al prossimo giugno.
Da Ago a Daniele, passando per Giannini e Totti, quant’è difficile dirsi addio senza polemiche
INSIDEROMA.COM – MATTEO LUCIANI - In principio fu ‘Ago’ Di Bartolomei, poi è toccato al ‘Principe’ Giannini e al ‘Capitano’ Francesco Totti, mentre l’ultimo, soltanto in ordine cronologico, è stato Daniele De Rossi; nella Roma giallorossa, staccarsi dalla propria bandiera in modo pacifico appare praticamente impossibile.
Icone di generazioni diverse, le quattro leggende del club capitolino sono state accomunate dalla fascia di capitano e dal dna romano e romanista, ma non solo; i capitoli finali delle carriere a tinte giallorosse del poker di protagonisti citati purtroppo non sono stati degni delle meravigliose storie d’amore che hanno contraddistinto i vari anni di militanza con la maglia da loro sempre amata.
Agostino Di Bartolomei, capitano di mille battaglie, protagonista del secondo tricolore della storia romanista e vincitore di tre coppe nazionali, lascia il club capitolino, dopo ben undici anni di militanza, al termine della stagione 1983/84. Davanti al pubblico di casa, il 30 maggio del 1984, la Roma vive una notte (sportivamente) tragica, perdendo ai calci di rigore la Finale della Coppa dei Campioni contro il Liverpool del portiere-giullare Bruce Grobbelaar. Quel maledetto epilogo, per i colori giallorossi, segna anche la conclusione del secondo ciclo dell’allenatore svedese Liedholm, vero e proprio mentore di ‘Ago’, nella Capitale.
Al capitano di un’intera generazione romanista viene brutalmente fatto capire che non c’è più spazio per lui. A Roma arriva un altro svedese, Eriksson, che nel suo calcio frenetico proprio non vede la figura di Di Bartolomei in mezzo al campo. Il presidente Viola parla di motivi “di ordine tecnico e comportamentale” per i quali il ragazzo di Tor Marancia non può più restare nella Capitale, a casa sua. Liedholm lo porta con sé, al Milan, mentre Roma è in rivolta e la Curva Sud dedica a ‘Diba’ lo striscione: «Ti hanno tolto la Roma ma non la tua curva». Il finale della grande storia d’amore tra Di Bartolomei e la Roma, tuttavia, sarà ancor più amaro. Durante il primo campionato nella città meneghina, infatti, dopo poche giornate si gioca Milan-Roma; Di Bartolomei segna e festeggia. L’esultanza è rabbiosa, quasi esagerata. La tifoseria capitolina, a quel punto, si sente tradita e non perdona, riservando al suo vecchio capitano un’accoglienza piuttosto dura nella gara di ritorno; una sfida nella quale Di Bartolomei mostra tutto il proprio nervosismo commettendo un brutto fallo sul grande amico Bruno Conti e arrivando perfino alle mani con ‘Ciccio’ Graziani. Il rapporto tra Agostino e la Roma si rovina inesorabilmente nonostante un amore che, da ambo le parti, rimarrà sempre fortissimo.
L’eredità del capitano-tifoso viene in fretta raccolta da Giuseppe Giannini, cresciuto all’ombra dello stesso Di Bartolomei, a partire dalla fine degli anni Ottanta. ‘Il Principe’, come verrà soprannominato per il portamento elegante tenuto sul rettangolo verde, cresce e si afferma in una Roma ben diversa da quella vincente di ‘Ago’. Sono anni duri per i tifosi della Lupa, soprattutto dopo la morte del leggendario presidente Dino Viola e la breve gestione di Ciarrapico, al termine della quale la Roma si trova sull’orlo del fallimento. Giannini, però, non si muove, rinunciando alla possibilità vincere in club più ambiziosi e giurando fedeltà eterna ai colori giallorossi nonostante una squadra non all’altezza della sua classe. Tutto cambia quando la società capitolina passa nelle mani di Franco Sensi.
Il rapporto tra i due non nasce nel migliore dei modi e si logora definitivamente nel marzo del 1994. La Roma naviga nei bassifondi della classifica e sfida la Lazio in un derby di vitale importanza. Vanno subito avanti i biancocelesti con Beppe Signori. Sul finire del match, uno scatenato giovane proveniente dalla primavera giallorossa, Francesco Totti, si procura il calcio di rigore che può ristabilire la parità; sul dischetto va ‘il Principe’, che sbaglia però clamorosamente. A fine gara, esplode la rabbia di Sensi: “se uno ha un rigore e lo sbaglia, non è degno di stare in questa squadra. Doveva tirare un altro al posto di Giannini, ma se poi avesse sbagliato voi giornalisti cosa avreste scritto?“. Il rapporto tra la Roma ed il suo capitano prosegue per altre due stagioni, principalmente grazie alla stima del tecnico Carlo Mazzone, di cui Giannini è il pupillo, ma finisce nell’estate del 1996 nel peggiore dei modi.
Mazzone saluta la Capitale e ‘il Principe’ viene scaricato senza troppi complimenti; costretto ad abbandonare il sogno di giocare tutta la carriera soltanto con la maglia della sua amata Roma, Giannini emigra in Austria (con tanto di sciarpetta giallorossa al collo il giorno della presentazione con lo Sturm Graz) prima di finire col calcio giocato tra Napoli e Lecce. Il 17 maggio del 2000, Giannini torna nella Capitale per dare l’addio al calcio in quell’Olimpico che tante volte lo aveva visto trascinare i suoi compagni. La Lazio, da pochi giorni, si è laureata Campione d’Italia e la manifestazione diventa l’occasione, per alcuni sostenitori romanisti, per dimostrare tutta la rabbia contro il presidente giallorosso Sensi. Zolle del prato strappate e porte distrutte: la storia di Giannini con la Roma e la sua gente non poteva finire in modo più brutto.
Si arriva, così, all’epopea di Francesco Totti che, come in un’ideale staffetta, raccoglie il testimone, un tempo affidato ad Agostino Di Bartolomei, dallo stesso Giannini. ‘Er Pupone’, grazie ad una squadra di grande valore costruitagli attorno, riesce lì dove ‘il Principe’ aveva fallito: la conquista del terzo tricolore della storia romanista. Arrivano successi e record. Totti scrive la storia della sua squadra e del calcio italiano grazie a numeri impressionanti. La Roma, nel frattempo, passa dalla famiglia Sensi ad un consorzio ‘made in USA’. L’uomo forte del gruppo, James Pallotta, diventa presidente del club nell’agosto del 2012 e garantisce: “Totti? Deciderà lui quando smettere“. I fatti sembrano dargli ragione visto che, sul finire del 2013, Totti firma un prolungamento del contratto da calciatore per altri tre anni (oltre ad un accordo da dirigente per ben sei stagioni). Il capitano, fiero, esclama: “La Roma mi ha trattato come una bandiera. A Del Piero non è successo..“.
Parole che, tuttavia, sembrano diventare ancor più lontane rispetto agli effettivi due anni e mezzo nel febbraio del 2016. Il Capitano, ormai vicino alla scadenza del proprio contratto, non riceve comunicazioni dalla società e chiede “rispetto” per la sua figura. La Roma non si espone sulla possibilità di rinnovo, facendo filtrare, anzi, la decisione di considerare il Totti calciatore ormai un ex visti i quarant’anni imminenti. Il numero dieci, dal canto suo, non ci sta, vuole continuare a giocare e inizia a valutare anche offerte di altri club. Si tratterebbe del finale più amaro; per fortuna, però, viene sventato. A far pendere l’ago della bilancia dalla parte di Totti sono la sua classe e l’ambiente in cui si trova più a suo agio: il rettangolo verde. Quattro gol decisivi nel giro di poche settimane tra Atalanta, Torino e Genoa ma, soprattutto, la sensazione che appena scende in campo lui si accenda la luce. Alla fine, dunque, pur con la sensazione che tanto il club quanto l’allora mister Luciano Spalletti non siano entusiasti, Totti sigla il rinnovo per un’ulteriore stagione da calciatore. La stagione 2016/2017 inizia come era terminata quella precedente: con un Totti sempre decisivo quando chiamato in causa, ad esempio nel match casalingo sotto un terribile nubifragio contro la Sampdoria di Giampaolo. Un assist pazzesco per Dzeko e un calcio di rigore realizzato a tempo ormai scaduto regalano alla Roma tre punti importanti, dopo che la squadra era andata sotto nel punteggio e aveva mostrato tanta confusione in campo.
Scorrono le settimane, tuttavia, e Totti perde sempre più spazio nelle gerarchie del tecnico Spalletti; un po’ a causa di alcuni contrattempi fisici, un po’ perché i quarant’anni ormai compiuti iniziano a farsi sentire sulle gambe del talento di Porta Metronia, si ripropone la medesima situazione della stagione precedente: tra il numero dieci giallorosso e l’allenatore toscano volano stracci. La stagione, comunque, si conclude con la Roma che raggiunge la qualificazione diretta alla successiva Champions League e il record di punti nella propria storia in Serie A (87).
Francesco Totti prende tempo sul proprio futuro, da parte sua non molto contento del trattamento della società nei suoi confronti, ma alla fine sceglie di iniziare il percorso dirigenziale già prospettatogli anni prima sotto la gestione di Rosella Sensi. “Tutti vissero felici e contenti”? Macché.
Dopo un anno di apprendistato nelle retrovie, l’ex numero dieci reclama più spazio nella dirigenza romanista, stufo di essere unicamente una ‘figurina’ da spedire in giro per il mondo e soprattutto di sottostare alle decisioni del suo ‘nemico giurato’ Franco Baldini, consigliere personale del presidente Pallotta. Si arriva, infine, alla clamorosa rottura e all’innaturale addio di Francesco Totti alla Roma: un’altra bandiera che si separa polemicamente dai colori giallorossi.
Il caso più recente, invece, riguarda Daniele De Rossi. Cresciuto nel settore giovanile del club e lanciato tra i ‘grandi’ sul finire della stagione 2002/2003 da Fabio Capello, il centrocampista di Ostia si afferma negli anni come uno dei calciatori più completi a giostrare in mezzo al campo. Non tardano, dunque, ad arrivare offerte dalle squadre più importanti d’Europa, Real Madrid su tutti. Nell’estate del 2008, in particolare, le ‘Merengues’ mettono sul piatto una proposta sontuosa sia alla Roma di Rosella Sensi sia al ragazzo; la società capitolina avrebbe bisogno di soldi freschi, viste le sue casse malandate, ma declina la proposta perché non se la sente di tradire il proprio popolo con una cessione sentimentalmente tanto dolorosa. Dal canto suo, De Rossi è ben contento di rimanere in giallorosso perché, come ha modo di spiegare in prima persona, “il mio rimpianto è quello di poter donare una sola carriera alla Roma”.
Un amore del genere sembrerebbe non poter avere fine e invece si arriva allo scorso maggio con Daniele De Rossi con il contratto in scadenza alla fine del mese seguente e senza notizie sul futuro da parte della Roma. Il calciatore comprende bene che segnali del genere non siano incoraggianti in merito alla possibilità di restare e infatti il 14 maggio il club annuncia con un comunicato che l’esperienza, anzi sarebbe meglio dire la vita, giallorossa di De Rossi ha fine con la naturale scadenza del suo contratto il 30 giugno successivo. I tifosi giallorossi esplodono di rabbia, ma a nulla servono le proteste verso la società americana con la richiesta di tornare sui propri passi: Daniele De Rossi sceglie di continuare a giocare, ma non può farlo con la Roma. Rifiuta la Fiorentina, perché proprio non ce la farebbe a scendere in campo contro chi veste la maglia della ‘magica’ e sposa il progetto del Boca Juniors, da sempre compagine ammirata dal ragazzo per il calore del suo stadio e dei suoi tifosi.
Finisce, dunque, in modo traumatico, beffardamente per l’ennesima volta, quella che era stata una fantastica storia d’amore tra la Roma, il suo popolo e un capitano romano e romanista.
Roma, successo firmato Fonseca
IL MESSAGGERO - TRANI - La Roma non è al top, ma per metà partita dimostra di essere già in grado di comportarsi da squadra. Sa che cosa deve fare e dopo l'intervallo lo mette in campo contro il Lille vicecampione di Francia. Così il successo nella settima amichevole vale più dell'enplein raccolto in precedenza: sul 3-2 fuori porta, ecco la firma di Fonseca. Concetti semplici e diretti che il gruppo accetta e apprezza. Scambi stretti e veloci, movimenti profondi e replicati. Area avversaria occupata con efficacia. Con Dzeko sempre padrone assoluto della situazione.
QUALCHE ACCORGIMENTO - C'è l'umiltà del portoghese nella preparazione della sfida. Perché, alzandosi l'asticella nella trasferta francese, modifica tatticamente la Roma. Interviene per renderla meno spregiudicata e più equilibrata: il 4-2-3-1, con Zaniolo accanto a Dzeko e quindi più attaccante che trequartista, in fase difensiva si trasforma nel classico 4-4-2, con Under e Kluivertche arretrano accanto ai mediani e che quindi si allineano a Cristante e Diawara. Il portoghese, specchiandosi nel collega Galtier che sceglie proprio il 4-4-2, si cautela, consapevole di dover affrontare una formazione già pronta per l'inizio della stagione, nonostante abbia perso titolari di primo piano come il play Mendes, ceduto al Lione, l'attaccante Leao, passato al Milan, e l'esterno offensivo Pepé, strapagato dall'Arsenal. Il Lille, per la verità, è al 7° test del precampionato come i giallorossi (unica sconfitta, prima di questa, contro il Celta Vigo). Ma ha 15 giorni di preparazione in più nelle gambe: la Ligue 1, del resto, parte venerdì.
SOTTO RITMO - La Roma del 1° tempo è passiva. Si abbassa, timida e statica. E, senza il pressing chiesto da Fonseca, l'assetto diventa vulnerabile, con i reparti distanti tra loro. Squadra lunga contro gli sprinter del Lille e lenta nella circolazione della palla. Appena Bamba si sposta a sinistra ad attaccare Florenzi, i giallorossi si ritrovano sotto. Segna Weah junior, dopo la respinta di Pau Lopez sulla conclusione di Bamba. La difesa, presa in velocità, sbanda. L'esterno che scappa a Florenzi e in precedenza il buco di Fazio sul triangolo chiuso da Remy. Non basta stare scendere con il baricentro. Nè affidarsi alla linea arretrata più esperta che comprende anche Jesus e Kolarov.L'unica chance è per Zaniolo. Dzeko è presente e lucido. Da rifinitore. Suggerisce a parole e nei fatti.
TIMBRO PORTOGHESE - Nella ripresa, però, appare la Roma in stile Fonseca. Finalmente il pressing. Alto. E anche la velocità. Nel fraseggio e nella verticalizzazione. La crescita è di squadra, attorno a Dzeko che entrerà nelle 3 reti giallorosse. Ma, a parte la lezione chic del centravanti, sono anche gli altri interpreti a mostrare più qualità in ogni giocata. Diawara inizia l'azione, lanciando in profondità per Dzeko che regala il pari a Under. Il Lille subisce e va in tilt. Stranito dall'onda provocata dall'allenatore di Maputo. Scende Kolarov, sempre su invito di Dzeko: carambola dal portiere Magnan alla traversa prima del gol di Zaniolo. Pari in fuorigioco di Arujo, ma nel recupero il bosniaco acchita sul sinistro di Cristante, al centro del gioco in Francia e al fotofinish anche match winner.