La reazione della società: «Visione distorta, volevamo promuovere Totti. E il club non è in vendita»

IL TEMPO - AUSTINI - La botta è dura, impossibile reggere l’urto. La Roma ascolta da spettatrice lontana lo sfogo di Totti dal Salone d'Onore del Coni - unico presente in sala un giornalista dei media ufficiali del club - ma decide comunque di parlare dopo oltre quattro ore dalla fine della conferenza stampa. Non poteva subire e basta e replica con un comunicato formale, freddo e schietto sui più delicati delle accuse di Totti.

«Il Club - si legge nella nota affidata al sito online - è estremamente amareggiato nell'apprendere che Francesco Totti ha annunciato di lasciare la Società e di non assumere la posizione di Direttore Tecnico dell’AS Roma. Gli avevamo proposto questo ruolo dopo la partenza di Monchi ed eravamo ancora in attesa di una risposta. Riteniamo - scrive ancora la società - che il ruolo offerto a Francesco sia uno dei più alti nei nostri quadri dirigenziali: una posizione che ovviamente richiede dedizione e impegno totali, come ci si aspetta da tutti i dirigenti all’interno del Club. Eravamo pronti ad essere pazienti con Francesco - sottolinea la Roma - e ad aiutarlo a mettere in pratica questa trasformazione da grande calciatore a grande dirigente. Il ruolo di Direttore Tecnico è la carica in cui credevamo potesse crescere e in cui ci siamo proposti di supportarlo durante la fase di adattamento».

Poi la frecciata: «Nonostante comprendiamo quanto sia stato difficile per lui decidere di lasciare la Roma dopo trent'anni, non possiamo che rilevare come la sua percezione dei fatti e delle scelte adottate dal Club sia fantasiosa e lontana dalla realtà». Insomma, Totti non ha capito i veri intenti della Roma e si è costruito una realtà tutta sua, questa l’idea di Pallotta & Co., provati dal colpo subìto a livello d'immagine che sarà davvero duro da recuperare.

Quanto al futuro, gli americani mettono le cose in chiaro: la Roma non è in vendita. E avvisano Totti dei rischi di farsi potenziale portavoce di acquirenti più o meno fantasiosi. «Riguardo ai ripetuti riferimenti al suo possibile ritorno con l'insediamento di una nuova proprietà, in aggiunta alle informazioni raccolte da lui stesso in tutto il mondo circa soggetti interessati al Club, ci auguriamo che questa non sia un'anticipazione inopportuna di un tentativo di acquisizione: scenario che potrebbe essere molto delicato in considerazione del fatto che l’AS Roma è una società quotata in borsa. La proprietà non ha alcuna intenzione di mettere la Roma in vendita adesso o in futuro».

La chiusura è gelida e dà il senso di distacco ormai totale tra la società e il suo (ex) simbolo: «Auguriamo a Francesco buona fortuna per quello che deciderà di fare».

 


Raggi: «Le bandiere restano sempre»

IL TEMPO - LO RUSSO - Stupore, incredulità, rammarico, ma anche estrema lucidità sono i sentimenti che uniscono e dividono un'intera piazza, una città come Roma, dove Francesco Totti, volenti o nolenti, resterà per sempre una bandiera.

Le reazioni ad una conferenza stampa dove è emersa tutta la verità targata Totti, sono state tante. «Totti, le bandiere restano sempre. I tifosi sanno riconoscere le persone vere. Tu lo sei. Daje France» è il commento a caldo della sindaca Virginia Raggi. Non poteva non dire la sua in un momento storico la vecchia proprietà.

Rosella Sensi ha letto tanta malinconia nelle parole del pupillo di papà Franco: «Francesco non può stare della Roma lontano dalla Roma- ha commentato la ex presidente non ha deciso a cuor leggero, lo conosco troppo bene. Con lui si è tirata la corda. Si è perso qualcosa di unico». Poi l’affondo diretto a Baldini: «Quando si soffre una personalità come Totti si manca di personalità».

I messaggi di stima nei confronti dell’ex capitano cominciano a piovere nell’arco di pochi minuti dopo la conferenza. Resta neutro Silvio Berlusconi: «Non posso entrare in casa d'altri, non conosco la situazione Totti-Roma e Roma-Totti per poter dare giudizi». Su Instagram Vincenzo Montella scrive: «Caro France'’...capire le ragioni, il perché, dare un senso a questa scelta forse è impossibile (o forse no). Soprattutto per chi sa cosa rappresenta la Roma per te. Non ci hai mai spiegato a parole cosa fossero Roma e la Roma. Non era necessario. Lo facevi con i gesti e con l'emozione, coni gol e le imprese. Sei la bandiera della Roma. Sei e resterai per sempre, l'VIII Re di Roma». C'è anche chi prende in prestito la letteratura per dare un giudizio su quanto deciso dall’ex capitano della Roma, come Arrigo Sacchi: «Shakespeare diceva: chi perde la dignità è un miserabile tutta la vita. Totti è stato un grande giocatore, ha dato tanto alla Roma, è stato in compenso idolatrato dai tifosi, amato come nessun altro, e la società lo ha tenuto sempre pagandolo anche copiosamente. Dispiace».

Tra gli allenatori che non hanno avuto la fortuna di averlo c'è Roberto Mancini che al momento non sa rispondere su un eventuale futuro di Totti nelle file azzurre. Più lucida invece l’analisi di Fabio Capello, lui che per diversi anni lo ha visto compiere imprese: «L'addio di Totti mi sorprende un po', ha capito che fare il dirigente è una cosa diversa che giocare. La squadra ha sempre voluto bene a Totti per ciò che ha fatto e dato, ma quando ti viene proposta la giacca e cravatta e la scrivania, è un lavoro completamente nuovo».


Dietro lo show l’amico Malagò e l’affare stadio

LA REPUBBLICA - MENSURATI - Se l’obiettivo di Totti era davvero quello di “fare il bene della Roma”, allora si può dire che la sua conferenza stampa d’addio è stata un evidente fallimento. Basti pensare che da oggi ogni operazione di calciomercato in entrata sarà ancora più difficile di prima (chi vorrebbe andare a lavorare in una polveriera?). E che nelle due ore successive al suo sfogo, mentre social, radio, siti internet si gonfiavano di odio nei confronti della società, il titolo del club ha perso in Borsa il 3,78% (poi ha chiuso a +1,59%).

Se invece, come in molti a Trigoria (e non solo) pensano e ormai dicono esplicitamente, il vero scopo dell’ex dirigente giallorosso era quello di inviare un preavviso di sfratto “agli americani”, la lettura dello show di Totti è allora molto diversa. Nell’inchiesta pubblicata da Repubblica lo scorso 29 maggio sui veri motivi del turbolento divorzio tra la Roma e l’altro capitano, Daniele De Rossi, il giornale aveva riferito di come il club e il relativo progetto per costruire un nuovo stadio avessero scatenato in città enormi appetiti. Ieri, durante i 90 minuti di conferenza, l’impressione che questi appetiti abbiano finalmente trovato una loro espressione è stata a tratti molto forte.

Così forte che la Roma, in una nota ufficiale, si è lamentata dei “ripetuti riferimenti” di Francesco a “una nuova proprietà” e delle “informazioni raccolte da Totti stesso in tutto il mondo circa soggetti interessati al club”. Attività — si specifica — “svolta senza alcun mandato”, perché Pallotta “non ha alcuna intenzione di mettere in vendita il club adesso o in futuro”. L’irritazione, tanto a Boston quanto a Trigoria, è ormai così palese che si sta pensando di segnalare le parole di Totti direttamente alla Consob, chiedendo all’ente di vigilanza di valutare eventuali profili di aggiotaggio.

A sostanziare i sospetti del club, oltre alle parole esplicite di Totti, anche il profilo non proprio basso tenuto in tutta questa vicenda da Giovanni Malagò. Storico amico del Capitano, grande tifoso romanista, il presidente (in uscita) del Coni sta da tempo lavorando per riposizionarsi. Venerdì scorso in una intervista a Tuttosport aveva fatto scivolare lì una frasetta di quelle che balzano all’occhio: «Non conosco un tifoso di calcio che non sogni di diventare il presidente della sua squadra». Da allora Malagò ha ripetuto ad amici e giornalisti che quella era solo una battuta e che non ha alcuna mira sul club. Anzi, ancora ieri, diceva che lui aveva addirittura sconsigliato “l’amico Francesco” di fare una conferenza stampa con quei contenuti. E però, se così stanno le cose, non si capisce allora come mai Malagò abbia deciso di contraddire nei fatti il suo stesso pensiero, ospitando nel suo studio il debriefing della conferenza stampa, per la quale aveva deciso di “prestare” all’ex Capitano nientemeno che il Salone d’onore del Coni. Una scelta, quest’ultima, ostinatamente difesa da Malagò anche di fronte ai numerosi segnali di contrarietà arrivati nelle ultime ore dai vertici di Sport e Salute, l’ex Coni servizi Spa, già proprietaria della “Sala” nonché legata all’As Roma da un contratto di locazione dello Stadio Olimpico (valore 3,5 milioni di euro annui).


Totti via: «Preferivo morire». I veleni e la promessa dell'ex capitano: «Torno con una nuova proprietà»

LA REPUBBLICA - PINCI - Un testamento di 90 minuti, anche per durata la sua ultima partita: non con la Roma ma contro. Il divorzio di Francesco Totti dalla società giallorossa è già una lotta per chi vivrà nella casa che condividevano. «Meglio morire che dare questo annuncio, ma non lascio per colpa mia, mi mettevano i bastoni tra le ruote sempre».

In 8 anni gli americani gli hanno sottoposto due rinnovi da giocatore, un contratto da dirigente, il ruolo da direttore tecnico che aveva chiesto. Nel suo saluto armato però c’è spazio solo per ciò che ha ingoiato nei due anni da dirigente: calciatori che aveva bocciato (Pastore) e ha visto acquistati, il sostegno a Di Francesco che avrebbe voluto 5 giocatori (Ziyech, Berardi, Consigli, fra questi) «ma non gliene hanno preso uno», i ringraziamenti al Ceo Fienga e a Ranieri, le parole a De Rossi «a lui ho detto da amico che era il suo ultimo anno» e il tentativo di portare Conte alla Roma, salvo essere ignorato nelle decisioni che hanno portato all’arrivo di Fonseca in panchina e di Petrachi ds. Lì s’è arreso, sentendosi «un peso», per il presidente Pallotta e il grande nemico, Franco Baldini: «Uno di noi due doveva andarsene. Erano 8 anni che volevano noi romani fuori dalla Roma, vediamo se vinceranno ora».

“Tornerò con nuova proprietà” L’arrivederci nasconde un desiderio, più forte della volontà di ricollocarsi altrove («Qualche altra società in Italia mi ha già chiamato, valuterò», dice pensando alla Samp) o di accettare il ruolo da supervisore delle Academy azzurre che ha in mente per lui la Federcalcio. «Tornerò con una nuova proprietà». L’avvocato Taormina in prima fila gli chiedeva se sapesse qualcosa di una cordata romana interessata a prendere la società, strappandogli un sorriso complice. Totti evocava invece i petrodollari arabi su cui da mesi si specula in città, con voci di imminenti offerte qatariote mai arrivate a Pallotta. «Ho girato spesso per Emirati, Kuwait, Dubai, lì tanti vorrebbero fare investimenti, tutti vorrebbero prendere la Roma». E la suggestione di immaginarlo frontman di un nuovo proprietario ricchissimo è dilagata in fretta, nella città in ebollizione.

La denuncia alla Consob Di fronte allo scenario però Pallotta non poteva restare a guardare: ha voluto prima farsi tradurre ogni parola, filtrandola. Poi con i vertici della società ha disposto una replica gelida: «Ci auguriamo che questa non sia un’anticipazione inopportuna di un tentativo di acquisizione: scenario molto delicato in considerazione del fatto che l’As Roma è una società quotata in Borsa. La proprietà non ha alcuna intenzione di mettere la Roma in vendita adesso o in futuro». Tra le righe, un monito che nasconde un pensiero: il club da ieri valuta seriamente la possibilità di una segnalazione alla Consob delle parole del suo ex capitano, anche per le oscillazioni significative del titolo in Borsa, che dopo una flessione significativa ha chiuso in rialzo.

Il ruolo da dt Ma è l’orizzonte da cui guardano la stessa storia Totti e la Roma, che è ormai distorto. Pure quel ruolo di direttore tecnico: per Totti, «ciò che voglio fare, perché so che posso incidere », ma a cui ha rinunciato. Sorprendendo la Roma: «Glielo avevamo proposto dopo l’addio di Monchi, aspettavamo una risposta». Il club nella verità di Totti non si riconosce. Convinto di averlo coinvolto non solo nei colloqui con Conte (con cui Totti ha parlato, ma al contrario di quanto dice l’unico ad incontrarlo è stato Fienga, a Siena, l’8 aprile in una sede di Mps). Ma pure nella bocciatura di Mihajlovic, in quella di De Zerbi, nel viaggio per conoscere Fonseca, a cui Totti non ha voluto partecipare. In fondo, dice la Roma, il ruolo da dt «richiede dedizione e impegno totali». Un’altra lettura, forse, dei motivi del divorzio.

 


Stadio, tentazione Raggi: strappo entro l'estate

IL MESSAGGERO - DE CICCO - Arrivare allo strappo, ma senza intestarsi il «no». Tenere il punto sulle opere pubbliche promesse, rigettando accordi al ribasso e lasciare che siano i privati a sfilarsi. Quando? «Se rottura sarà, avverrà entro l'estate», dice chi lavora negli uffici di Virginia Raggi. La sindaca è pronta a cogliere l'assist di Totti, a sfruttare cioè il malcontento contro il patron giallorosso James Pallotta, già finito sulla graticola per il mancato rinnovo di De Rossi, per giocare da una posizione di forza il match finale sul progetto stadio a Tor di Valle. La partita aveva preso una piega pericolosa, negli ultimi mesi, perché i proponenti, al tavolo con i dirigenti del dipartimento Urbanistica del Comune, da aprile hanno iniziato a pretendere di ritrattare alcuni punti cardine del progetto, quelli giudicati essenziali perché sussista l'«interesse pubblico».

BRACCIO DI FERRO I privati vorrebbero sganciarsi da alcuni obblighi fissati dalla delibera del 2017, quella con cui i grillini hanno dato il via libera preliminare all'operazione. I proponenti vorrebbero per esempio far sparire la condizione che lega l'apertura dello stadio (e del mega complesso di negozi, uffici e alberghi) al fatto che «contestualmente» siano pronte tutte le infrastrutture promesse. E cioè l'unificazione dell'Ostiense-Via del Mare e il riammodernamento della disastratissima ferrovia Roma-Lido, che da delibera del 2017 dovrebbe viaggiare con «16 treni l'ora», cioè una corsa ogni tre minuti e mezzo, mentre oggi se va bene passa un convoglio ogni venti minuti. I privati evidentemente non si fidano degli investimenti ipotizzati sin qui, cioè i 45 milioni di «contributo per la mobilità» che dovranno tirare fuori loro, più i 180 milioni che si è impegnata a spendere la Regione, ma su tutta la tratta, non solo a Tor di Valle. Raggi ha fatto capire che non accetterà sconti. Il Campidoglio, con una mail ufficiale del 13 maggio firmata dalla direttrice del Dipartimento Urbanistica, Cinzia Esposito, ha già messo in chiaro che se non ci sarà un riavvicinamento sarebbero «rimessi in discussione gli elementi qualificanti del già dichiarato interesse pubblico». Insomma, l'amministrazione virerebbe dal sì al no. Come vorrebbe una fetta sempre più larga dei 5 Stelle. Tutto questo mentre va verso l'archiviazione l'inchiesta sul IX Municipio.
Roberta Lombardi, prima, storica capogruppo grillina alla Camera, traslocata ora alla Pisana, ieri lo diceva dritto: «Totti ha ragione, questa dirigenza è lontana dalla città, non le vuole bene. E infatti si è incaponita su un progetto insensato, che dopo gli arresti e tutti i problemi alla viabilità riscontrati dal Politecnico di Torino, non farebbe che peggiorare le cose. Meglio ritirare l'interesse pubblico».

Anche nella giunta di Raggi più di un assessore ormai scommette sulla fine del progetto. «Ma tocca trovare il modo». Capire cioè come sganciarsi. Raggi, dicono i suoi, non vorrebbe intestarsi la bocciatura del progetto. Ma se la Roma, come pare, non farà passi in avanti sostanziali sulle opere pubbliche promesse, potrebbe essere più che sufficiente per far saltare la trattativa. Anche perché ormai nemmeno i tifosi difendono più il progetto: «Noi lo stadio non lo vogliamo», gridano in coro dal 17 maggio scorso, giorno della contestazione per l'addio di De Rossi. E lo stesso viene scritto sugli striscioni. Insomma, Raggi in questo si sente rafforzata. Ieri, nel giorno dell'addio del Capitano, si è schierata con Totti. «Le bandiere restano sempre. I tifosi sanno riconoscere le persone vere. Tu lo sei. Daje Francè», ha scritto su Twitter. Oggi il vicepresidente esecutivo del club, Mauro Baldissoni, sarà di nuovo in Comune, al dipartimento Urbanistica, per un vertice tecnico sulla convenzione. Si riparte dalla «distanza marcata» filtrata ampiamente nei giorni scorsi. Con la sindaca invece il numero due di Pallotta si dovrebbe rivedere la prossima settimana. Il clima è da resa dei conti.


Stadio a Tor di Valle più lontano: centro sportivo, è lite col Comune

LA REPUBBLICA - D'ALBERGO / SALVATORE - Che venga realizzato davvero a Tor di Valle o che il progetto del nuovo stadio della Roma finisca a Fiumicino, la prima squadra giallorossa continuerà ad allenarsi a Trigoria. Rimasto fino ad ora sotto traccia, l’argomento è saltato fuori durante gli ultimi incontri tra il club del presidente James Pallotta e i dirigenti del Campidoglio: il centro sportivo che dovrebbe affiancare il nuovo impianto e il business park non diventerà il nuovo Fulvio Bernardini.

La Roma è stata chiara al tavolo con i tecnici capitolini: sono passati sette anni dall’inizio dell’iter e nel frattempo la società ha investito molto a Trigoria, rendendola uno dei migliori poli per il calcio in termini di spazi e attrezzature. Quindi, se mai il sogno di Tor di Valle dovesse diventare realtà, nel nuovo centro finirebbero per allenarsi i ragazzi delle giovanili o la As Roma femminile. Oppure, altra ipotesi, i campi di allenamento potrebbero anche essere affidati a terzi.

Apriti cielo. Perché, anche se dai piani alti di palazzo Senatorio suggeriscono di mollare la presa almeno su questo aspetto, i manager del Comune tengono il punto. Dopo aver detto «no» alla costruzione di alloggi per atleti e custodi, chiedono che la Roma si impegni a utilizzare il futuro centro sportivo per la prima squadra. Un’idea che al club non va giù: in termini sportivi, il pubblico interesse dell’intera si regge sul vincolo che legherà i giallorossi allo stadio per 30 anni. Lo stesso non vale per il centro sportivo. Florenzi & co., insomma, dovrebbero raggiungere in pullman anche il nuovo stadio. Proprio come accade oggi con l’Olimpico.

Ecco, allora, un altro punto da analizzare nel vertice di domani tra Campidoglio e As Roma. Un pungolo in più in una trattativa che per ora si è arenata sul dossier trasporti: assicurata la bonifica del fosso di Vallerano e l’unificazione di via Ostiense e via del Mare, i privati si sono detti pronti a investire 45 milioni per i treni della Roma-Lido. Ma non a subordinare l’apertura dello stadio ai 180 milioni di interventi sulla linea — più volte “premiata” come peggiore d’Italia — di cui deve occuparsi la Regione. Se la contrattazione dovesse saltare, avanti con il piano B rivelato da Repubblica: Fiumicino è ormai l’alternativa ufficiale a Tor di Valle. Sui terreni a ridosso del Gra, intanto, continua l’inchiesta della procura sul presunto abuso d’ufficio commesso dalla sindaca Virginia Raggi per arrivare all’approvazione del progetto. Ieri in procura è stato sentito Marco Cerisola, grillino e numero uno del consiglio del IX Municipio: «Il parere sull’impianto doveva passare in commissione Urbanistica? Il presidente Mancuso (pentastellato poi uscito in polemica dal M5S, ndr) si oppose in tutti i modi. Quindi abbiamo inviato le carte alla commissione Sport». Via libera assicurato per la felicità dello stesso Campidoglio 5S che ora sembra volersi sfilare dall’affare. Una volontà che peserà nelle valutazioni della procura, che potrebbe archiviare l’indagine.


Totti: «Sono stato pugnalato». Addio alla Roma made in Usa

LA REPUBBLICA - FERRAZZA - «Avrei preferito morire piuttosto che lasciare la Roma». Non fa giri di parole, non cerca scorciatoie dialettiche: Francesco Totti punta dritto al cuore di Trigoria e scoperchia una pentola piena di malumori e faide interne, offrendo ai tifosi la sua verità. Seppure questa fa male e innesca un terremoto senza precedenti nel mondo giallorosso. «Se c’è qualcuno che mi ha pugnalato a Trigoria? Sì, ma non ne farò mai il nome. Ci sono persone lì dentro che fanno il male della Roma e il problema è che Pallotta tante cose non le sa e si fida sempre di quelle persone. A Boston arriverà un decimo di quello che succede: ci sono dirigenti che esultano quando la squadra perde». La sua conferenza è un fiume in piena difficile da arginare. Proviamo ad andare con ordine.

Deromanizzazione «Ripulire la Roma dai romani è stato fin da subito l’obiettivo di questa società e, alla fine, ci sono riusciti. Se io fossi il presidente e avessi due bandiere come Totti e De Rossi, gli darei in mano tutto, per rispetto e perché io conoscono Trigoria meglio di tutti». L’ex numero 10 descrive il centro sportivo come il male degli ultimi anni, un posto in cui tutti si parlano male alla spalle, pensando solo ai propri interessi. «E a me non mi hanno mai permesso di esprimermi, non mi hanno mai coinvolto in un progetto tecnico».

Baldini, il nemico «Il rapporto con Baldini non c’è mai stato e mai ci sarà — ammette Totti — uno dei due era di troppo, e ho deciso di farmi da parte io. L’ultima parola arrivava sempre da Londra». Come sulla scelta del nuovo tecnico, Fonseca. «Io ho chiamato solo Conte, il resto è fantascienza — rivela — Mihajlovic, De Zerbi, Gasperini, Gattuso, non ho sentito nessuno di loro. Al summit di Londra non sono andato perché mi hanno chiamato solo due giorni prima e perché tanto ormai avevano deciso già. Con Fienga ho contattato e preso Ranieri, che è stato un signore».

De Rossi, la bandiera Totti spiega che aveva provato a metterlo in guardia. «Da settembre ho detto ai dirigenti di esser chiari con lui, non dovevano fare quello che hanno fatto a me facendomi smettere: Daniele è una bandiera che andava rispettata. Poi la situazione è precipitata. Magari la prossima stagione prendo De Rossi e andiamo in curva sud a vedere la Roma. Di lui mi fido al cento per cento ».

Il testimone a Pellegrini Spende poi parole per Lorenzo Pellegrini, mentre liquida velocemente Florenzi. «Non l’ho sentito, mentre ho sentito Lorenzo, un personaggio che può dare tanto a questa maglia e la onorerà sempre: qualche romano serve sempre, fidatevi, perché ti girano quando vedi qualche giocatore che ride quando perdiamo ».

Un arrivederci Come promesso da De Rossi, anche Totti annuncia che il suo non è un addio, ma un arrivederci. «Ora prenderò altre strade, poi, nel momento in cui un’altra proprietà punterà forte su di me, io sarò sempre pronto a tornare. Ho girato spesso in altri Paesi e la Roma è stimata, tutti la vorrebbero prendere, ma non so niente di arabi o altro».

La risposta della società Dura la replica della Roma che parla di “una percezione dei fatti fantasiosa”. A Totti sarebbe “stato offerto uno dei ruoli più alti nei quadri societari che richiede dedizione”. Sui possibili interessamenti all’acquisizione del club, poi: “Ci auguriamo che questa non sia un’anticipazione inopportuna di un tentativo di acquisizione: scenario che potrebbe essere molto delicato in considerazione del fatto che l’As Roma è quotata in borsa”. Infine: “La proprietà non ha alcuna intenzione di mettere la Roma in vendita, adesso o in futuro”.

 


Le lacrime dei tifosi schierati col Capitano: «Ci tolgono i simboli»

LA REPUBBLICA - MONACO - MORRONE - La curva Sud è lì. S’intravede, dietro lo spigolo intonacato di rosa pallido del palazzo del Coni. Non ruggisce come quella domenica di 18 anni fa. Quando al 18esimo del primo tempo, Francesco Totti, con la fascia di capitano al braccio, spazza via la paura. Buca di destro il portiere del Parma Gianluigi Buffon e corre sulla pista di tartan. L’abbraccio con la sua gente è l’inizio dell’apoteosi collettiva per il terzo scudetto romanista. Stavolta è diverso. Il Foro Italico è avvolto dal silenzio. «Il Capitano» misura le parole nel salone d’onore del Coni, mentre all’esterno si raduna una folla discreta. Segue dallo smartphone la diretta «dell’addio di Totti alla Roma». Ci sono i 17enni liberi dalla scuola accanto ai vecchi tifosi «di curva», con le barbe ingrigite dagli anni «trascorsi seguendo la squadra ovunque». C’è lo storico responsabile degli spogliatoi dell’Olimpico che Totti l’ha visto crescere come un figlio. «Stanno depurando la Roma dai romani, privando la città dei suoi simboli — osserva un ex autista di Trigoria, che ha cambiato lavoro proprio due anni fa, quando Totti ha smesso gli scarpini — non hanno ancora capito che i grandi club i campioni li tengono e li trasformano in ottimi dirigenti? ». Annuisce Sante Secchiaroli, 79 anni, da Labaro. «La Roma non esiste più — assicura, sventolando una foto dell’anno dello scudetto — l’hanno uccisa. Questa dirigenza vuole solo far profitto. Allo stadio non ci vado più». «Io sì — ribatte Stefano Gismondi, un architetto 44enne — sono abbonato in Sud dal 1983, ho fatto 166 trasferte. La Roma è dei tifosi, allo stadio bisogna andarci. Dobbiamo cacciare Baldissoni e Baldini, sono loro i colpevoli».

Le accuse dell’ex capitano alla dirigenza, in particolare al presidente Pallotta e il suo consigliere Baldini, hanno scatenato la rabbia popolare che si è riverberata anche sulle frequenze delle radio locali, sui social, dove in tanti hanno condiviso la foto dello stendardo “Speravo de morì prima”, esposto allo stadio il giorno dell’addio al calcio del fantasista. C’è stato perfino chi, durante gli 80 minuti della conferenza stampa, ha sfidato il caldo rimanendo seduto in macchina pur di non perdersi le parole dell’ex numero 10. «Oggi ci sentiamo tutti un po’ più soli — scrive un tifoso sul profilo Facebook di Totti — vedere il Capitano che se ne va mi lascia un’enorme tristezza ». Tanti i commenti al veleno contro i dirigenti della Roma, colpevoli, secondo la tifoseria, di aver maltrattato due bandiere come Totti e Daniele De Rossi. «Gli americani hanno voluto far fuori i romani dalla Roma», scrive su Twitter MarioAsr, mentre Lucia attacca: «D’ora in poi basta alibi: se i romani e romanisti erano un problema, adesso voglio vedere cosa combinerà questa proprietà ». Dal web alla radio. «Totti oggi ha incenerito l’“As azienda” e ha smascherato questi usurpatori», urla un tifoso in diretta. Eppure non manca qualche critica: «Francesco è stato un grande giocatore, ma come dirigente non ha dimostrato granché. Avrebbe dovuto studiare di più. Invece ha preferito andare in vacanza o giocare a calcetto in giro per il mondo». Sono le 16.20 Totti quando esce dal palazzo del Coni. La folla scandisce «C’è solo un Capitano». Come quella domenica di 18 anni fa.


Calciomercato Roma: stallo Dzeko, Inter infastidita dal rilancio dei giallorossi

LA GAZZETTA DELLO SPORT - L'accordo tra società e giocatore è stato trovato da tempo, ma ad oggi c'è una situazione di stallo per l'approdo all'Inter di Edin Dzeko. Doveva essere un'operazione da concludere entro il 30 giugno (per questioni di bilancio), ma tra nerazzurri e Roma ancora non c'è intesa. In particolare l'Inter si è infastidita dal tentativo di rilancio dei giallorossi, che ora chiedono 22 milioni rispetto ai 20 di qualche settimana fa (l'offerta è invece ferma a 13). Situazione tale da non far temere per una rottura definitiva, sconveniente per entrambi. Resta sempre d'attualità l'inserimento di un giovane nella trattativa.


Platini in stato di fermo per corruzione nell'assegnazione dei Mondiali 2022

Arrivano guai per Michel Platini, ex presidente della Uefa e giocatore di Francia e Juventus. Il tre volte Pallone d'Oro, come riferisce Mediapart, è stato messo in stato di fermo con l'accusa di corruzione nell'assegnazione dei Mondiali 2022 in Qatar. Da stamattina negli uffici anticorruzione della polizia di Nanterre, Platini averva giusto qualche giorno fa ribadito la sua innocenza sostendendo non fosse rimasta in piedi alcuna accusa di corruzione. All'Uefa dal 2007 al 2015, Platini è stato bandito dal comitato etico della Fifa.


Le parole di Totti, il mercato, Pellegrini: Florenzi, la fascia di capitano è un po' più debole

GAZZETTA.IT - CECCHINI - Non deve essere stata una bella giornata, quella di ieri, per Alessandro Florenzi. E non solo perché Francesco Totti - in qualche modo anche il suo leader - ha sbattuto la porta in faccia alla Roma. C’è stato dell’altro, che lo riguarda personalmente, e neppure la distanza fisica che lo separa dalla Capitale (in questo momento è a Miami) lo ha preservato dalla sua quota di tsunami, che su social e radio ha cominciato subito ad alzarsi.

FASCIA DI CAPITANO - Commenta per primo Motivo? Facile. Parlando della romanità, Totti ha liquidato in fretta lo stesso Florenzi chiamandolo per cognome e dicendo “non l’ho sentito”, mentre per “Lorenzo” Pellegrini - chiamato per nome - ha speso parole bellissime, che sono parse quasi un’investitura a capitano. Il problema è che adesso la Roma un capitano ce l’ha, è romano e romanista, e si chiama Florenzi. Per questo si capisce come il terzino giallorosso, dopo essere appena uscito dal tunnel dei problemi con gli ultrà, corre il rischio di doversi conquistare la fascia sul campo, sapendo che magari una fetta di tifosi - appoggiandosi sulle parole di Totti - preferirebbe più vedere capitano Pellegrini, anche lui romano e romanista. I due peraltro sono anche amici, ma nella Capitale veder nascere due fazioni contrapposte è roba di un attimo. Non basta.

MERCATO - Florenzi è anche al centro di voci di mercato che lo vogliono corteggiato dall’Inter di Conte (come Dzeko e Kolarov). Inutile dire che, vendendolo, la Roma farebbe una eccellente plusvalenza, ma non crediamo che a tutt’oggi siano questi gli intendimenti, anche se le vie dei bilanci sono infinite. Certo, le parole pronunciate ieri da Totti potrebbero in qualche modo avere anche incrinato l’intangibilità del capitano attuale, nonostante non fosse questo lo scopo dell’ex campione. Ma di sicuro capitan Florenzi, adesso, pare un po’ più debole.


Di Francesco vicino alla Sampdoria. Si tratta con la Roma per la risoluzione

Eusebio Di Francesco è vicino a tornare su una panchina di Serie A, quella della Sampdoria. Il tecnico però, come riferisce Nicolò Schira de La Gazzetta dello Sport sul proprio profilo Twitter, dovrà prima risolvere il proprio contratto con la Roma per poi poter accettare la Sampdoria. Sul piatto i blucerchiati hanno messo un triennale da 1.8 milioni a stagione, ma tra Di Francesco e la Roma balla ancora un milione.