Gonalons saluta il Siviglia: "Me ne vado con una certa nostalgia. A presto" (Foto)

Maxime Gonalons, centrocampista della Roma in prestito in Andalusia la passata stagione, ha voluto salutare il club spagnolo e ringraziare i supporters che lo hanno accolto con un post sul suo account Twitter. Ecco il messaggio:

Il mio passaggio al Siviglia mi ha dato molto... ho scoperto un nuovo club, un tifo come quelli che mi piacciono, una città straordinaria e un tipo di calcio che mi affascina. Me ne vado con una certa nostalgia. A presto“.

 


Il Milan rinuncerà all'Europa League; questo l'accordo con Uefa

Il futuro del Milan nell'Europa League 2019-2020 potrebbe subire una svolta nelle prossime ore. Tutto verte attorno alla vicenda del fair play finanziario: sembra infatti prendere piede l'ipotesi di un accordo con la UEFA che comporterebbe l'addio alla competizione da parte della società in cambio di più tempo per raggiungere il pareggio di bilancio che al momento, sulla base della sentenza della stessa UEFA, è fissato al 2021. 

Quando si eprimerà la UEFA e a cosa va incontro il Milan

La UEFA si esprimerà in proposito nella giornata di mercoledì 19 giugno, ma non sarà una vera e propria sentenza: di fatto siamo di fronte ad una richiesta di patteggiamento da parte del Milan. Si tratterebbe d'altra parte di una autentica novità per una disputa tra un club e la UEFA. Ciò che andrà capito nelle prossime ore, invece, è se nell'ambito dell'accordo rientrerà solo il procedimento per il trienno 2015-2017 oppure anche quello 2015-2018 (periodi che fanno capo a due diverse proprietà). Il Milan ovviamente spera per entrambi al fine di chiudere una volta le tutte la questione. Il club, infatti, è sotto osservazione e la sua situazione viene valutata triennio per triennio: per il '14-'17 si è rivolto al Tas dopo la condanna a 12 milioni di multa e all'esclusione dalle Coppe nel 2021 in caso di mancato pareggio di bilancio; per il '15-'18 è in attesa di giudizio, ma il rischio è quello di una sanzione per il 2016-2019. Il bilancio in chiusura a giugno, infatti, non rispetta la regola del pareggio. 

Qual è lo scenario?

Per il Milan potrebbe arrivare un anno di esclusione dall'Europa Lague e, come detto, un periodo di tempo più ampio, un anno in più, per il pareggio di bilancio. La rinuncia alla competizione, però, chiederebbe la vicenda delle sanzioni e in Europa a quel punto la Roma entrerebbe direttamente nella competizione, mentre il Torino avrebbe una chance attraverso i preliminari. Un patteggiamento che costituirebbe una prima volta assoluta. Per questo è necessaria la massima cautela: la squadra Sky verificherà le informazioni e fornirà aggiornamenti nelle prossime ore.


Zaniolo-Juve, la verità in 10 giorni. Paratici non molla. Missione quasi impossibile, però...

GAZZETTA.IT - La Roma non vuole cedere Nicolò e si aspetta di incassare i 40-50 milioni di plusvalenza necessari da Dzeko, Manolas, Under o Pellegrini. I bianconeri però restano in corsa...

Pogba e Milinkovic. Milinkovic e Pogba. Sì, ma Zaniolo? Le trattative della Juventus a metà campo prevedono l’ingresso di almeno un calciatore e i nomi sono di fascia alta. Altissima. Pogba è il primo obiettivo, Milinkovic l’alternativa, Zaniolo non può essere perso di vista, anche se resta un’opzione complicata. La Roma chiude all’ipotesi ma in 10-12 giorni deve sistemare il bilancio con 40-50 milioni di plusvalenza. Ecco perché in meno di due settimane dovranno necessariamente arrivare novità.

L’INTERESSE  - La Juventus è interessata a Zaniolo. Fabio Paratici, capo dell’area sportiva, si è mosso per tempo e, come da sua strategia, tiene aperta la trattativa. In fondo, la Juventus sarebbe una destinazione naturale - e ideale - per un giocatore come Zaniolo. La Roma però ha sempre detto di non voler cedere Nicolò, arrivato nell’affare Nainggolan e grande garanzia per il futuro giallorosso. I giocatori con cui fare cassa in teoria sono altri.


Verdone: «Un danno alla città. Ora il club ci spieghi cosa vuol fare»

IL MESSAGGERO - LENGUA - L'addio di Francesco Totti alla Roma dopo 30 anni di carriera ha disorientato i tifosi e sconcertato un'intera città. Carlo Verdone, in questi giorni impegnato sul set in Puglia per le riprese del suo nuovo film, è rimasto attonito e oggi tra un ciak e l'altro si fermerà ad ascoltare le parole dell'amico Francesco: «È una cosa non bella per la città di Roma. Evidentemente, o non condivide la linea della società o non si sente completamente a suo agio con questa dirigenza e, quindi, c'è da rispettarlo. Poteva essere molto utile, è cresciuto, è stato un po' il motivatore della Roma e di cose di calcio ne conosce. Mi dispiace vedere andare via una figura così importante e simbolica», ha detto l'attore e regista romano a Il Messaggero. Verdone, come la maggior parte dei tifosi giallorossi, non ha ben chiaro il progetto del club: «Una persona come Totti doveva fare da tramite, ma non è stato possibile per lui. Evidentemente si prendono gli ordini da Baldini. Dalla società nessuno si esprime, si sente solo parlare di cessioni. Allo stato attuale bisognerebbe fare una comunicazione rassicurante e non generica. Io, più della rabbia dei tifosi, mi preoccuperei del disamoramento che è già in atto e che li allontana dallo stadio per disperazione». La gestione del club a distanza non appare convincente: «Non si può fare tutto per telefono da Londra e non si può governare da Skype una cosa così importante».


Totti: addio a reti unificate

IL MESSAGGERO - TRANI - Alla tristezza di 2 anni fa aggiunge la rabbia che lo ha accompagnato definitivamente fuori dalla sua Roma. Così Francesco Totti chiuderà i suoi 30 anni in giallorosso. Lontano da Trigoria e da chi la governa. Ma metterà in piazza come è stato fatto fuori e da chi. E, avendo più credibilità e più appeal di chi lo ha usato e preso in giro fino all'ultimo giorno, parlerà a reti unificate: Rai, Sky, Mediaset più i social e i siti internet. Alle ore 14, diretta tv dal Salone d'Onore del Coni, concessione dell'amico Giovanni Malagò che, solidale e affettuoso, gli apre per l'occasione la casa dello sport italiano. Loro sì, sono romanisti. E sanno che lungo pomeriggio li aspetta. Paolo Condò, il giornalista che ha firmato la biografia Un Capitano presentata a settembre al Colosseo, farà il moderatore. Accreditati 250 giornalisti. I posti a sedere sono 160, più 30 quelli degli scranni che però potrebbero non essere utilizzati per dar spazio, a quel punto in piedi, a più persone. Contando anche fotografi e operatori tv, davanti al palco sanno più di 350 i presenti. Fuori, invece, attesi i gruppi della Sud.
SENZA FILTRO - Totti farà un'introduzione, confermando che non avrebbe mai immaginato di dire basta e di rifiutare il ruolo vuoto di dt. «Non ci sono più le condizioni per andare avanti». Offrirà finalmente alla piazza la chiarezza che spesso gli è stata silenziata dentro il recinto di Trigoria. Francesco dirà perché se n'è andato. Indicherà chi lo ha voluto escludere da ogni strategia. Baldini, ovviamente. Che lo definì «pigro» nel 2011 e che ammise di avergli fatto chiudere la carriera nel 2017. Che non lo ha interpellato al momento di scegliere il nuovo allenatore tra Giampaolo, De Zerbi e Fonseca. Entrerà nei particolari. Ringrazierà Fienga. Non Pallotta che si fa condizionare in ogni scelta senza vivere la realtà quotidiana. Bacchettata in arrivo anche per qualche altro dirigente, svelto a scaricarlo nei giorni più delicati della convivenza con Spalletti.

FUTURO INCERTO - Non darà, invece, anticipazioni sulla nuova vita. Se lavorerà per la Nazionale o altrove. Ci penserà dopo le vacanze (da domani in Spagna). Solo l'addio è ufficiale, l'arrivederci no. Chissà se tornerà e quando. Gli piacerebbe ricominciare con Daniele De Rossi, quando la proprietà non sarà più quella attuale. Hanno anche provato a metterli uno contro l'altro. Dentro la società e non fuori (con tanto di delatore americano, il preparatore atletico Ed Lippie che è anche il fisioterapista di fiducia del presidente). Tentativo andato a vuoto. Anzi, utile a rafforzare l'amicizia. E a programmare il domani in tandem: dirigente con pieni poteri e allenatore della Roma che verrà.
MARCHIO INUTILIZZABILE - Totti è la Roma: la scritta, al centro della Curva Sud, nella gara con il Genoa del 28 maggio 2017, l'ultima del capitano. Ma, almeno nel merchandising, non lo è più. Francesco, rinunciando ai 4 anni di contratto da dirigente, interrompe pure ogni altra collaborazione commerciale con il club giallorosso. Non sarà, dunque, più presente nelle iniziative degli sponsor che hanno preteso di averlo come testimonial negli spot televisivi e fotografici. E gli store non potranno più vendere la sua maglia personalizzata, Che, qui e all'estero, resta ancora la più venduta e la più richiesta.


Deromanizzazione: salto nel vuoto

IL MESSAGGERO - FERRETTI - Terminato (per adesso...) in tre mosse (Totti, De Rossi e Ranieri) il processo estivo di deromanizzazione della Roma tanto caro a Franco Baldini, il club dalla strategia tosco-statunitense ora è chiamato a ripartire con una squadra da rifondare e senza un ds di ruolo perché quello designato, Gianluca Petrachi, è ancora tesserato per il Torino. Il dirigente salentino, che aveva conquistato le simpatie di James Pallotta (leggi Baldini) assicurando che avrebbe portato Antonio Conte nella Capitale (ma il primo contatto con il neo allenatore dell'Inter è stato di Totti...), è stretto nella morsa di Urbano Cairo che pretende soldi per allentarla. Assicurano dal management di mister Jim, però, che Petrachi sta già lavorando per il suo nuovo (nuovo?) club, ma questo lo scopriremo solo vivendo. Intanto, sappiamo con certezza che, per motivi facilmente intuibili, la Roma avrà un'anima profondamente diversa rispetto a quella avuta negli ultimi due decenni molto abbondanti. Non ci sarà più il romanismo ad intasare la strada verso le vittorie, in primis. O almeno questo è ciò che sembra dar forza all'ennesimo progetto aziendale partorito tra Londra e Boston. Il Via i romani dalla Roma non è in assoluto una garanzia di successo (al momento, una Roma senza De Rossi in campo e Totti nello staff dirigenziale non è più forte di quella romanizzata: le auguriamo di diventarlo), ma evidentemente aiuta i capi dell'azienda a sperare in un futuro diverso. Migliore. Vincente, finalmente. Forse per questo, chissà, è stato scelto un marziano (Ennio Flaiano ci perdoni...) come il portoghese Paulo Fonseca che, paradossalmente, oggi rappresenta l'unica certezza tecnica della nuova Roma.
RISCHI E PERICOLI - Nel senso che, se non altro, la Roma ha almeno la certezza di avere un tecnico. Nato in Mozambico e cresciuto sulle panchine ucraine: più deromanizzato di così non si poteva trovare, giusto? Fonseca, che ha dimostrato di essere un valido allenatore, dovrà fare immediatamente i conti con mille ostacoli, e non soltanto di natura tecnica. Questo perché la squadra sarà profondamente rinnovata, a cominciare dal suo asse portante: portiere, difensore centrale, mediano centrale e centravanti. Non sarà facile trovare gli uomini giusti ai prezzi giusti ma la Roma, che risparmierà un sacco di soldi di stipendi eccellenti, non potrà permettersi il lusso di allestire una gruppo che sia in grado di lottare soltanto per un posto in Europa League, magari senza preliminari. Sarebbe buona cosa, per mille motivi, che qualcuno vicino a Pallotta (il presidente, si sa, comunica solo senza contraddittorio e attraverso i giornalisti di casa) parlasse con sincerità ai tifosi, magari senza sbandierare all'americana traguardi roboanti ma poco accessibili. Non ce ne è bisogno; non ce ne è più bisogno, ormai. Meglio una brutta verità che un bella bugia, in assoluto. Il tutto senza dimenticare che entro la fine del mese ci sarà bisogno di recuperare 40-50 milioni di plusvalenze per stare in grazia di Dio con l'Uefa. E che la Roma non potrà neppure contare sugli introiti Champions. Ma forse, come va di moda dire di questi tempi, è tutta colpa del governo (tecnico) precedente.


Il Codacons all'attacco: "Non ci mancheranno i suoi spot"

IL TEMPO - Controcorrente il Codacons sull’addio di Totti. «Mentre da più parti si stracciano le vesti, dal canto nostro siamo certi che non rimpiangeremo il suo addio alla società - spiega il presidente Carlo Rienzi - le doti sportive di Totti sono innegabili, ma un campione lo si riconosce per le azioni di cui si rende protagonista fuori dai campi da gioco. In tal senso Totti, che ha fatto per anni da testimonial al gioco d’azzardo attraverso una serie di spot televisivi, non ha reso un gran servizio al paese e di certo non ha aiutato la lotta alla ludopatia, spingendo migliaia di cittadini specie giovani ad avvicinarsi all’azzardo».


Candela: «Una situazione surreale: ma io sto con Francesco»

IL MESSAGGERO - ANGELONI - Pronto, Vincent, ha saputo? «No, cosa?». Totti lascia la Roma. «Non ci credo, è sicuro?». Beh, uno che convoca una conferenza stampa all'Olimpico... «Io ancora non ci credo, Totti lontano dalla sua Roma: surreale».

Surreale, inaccettabile per una città che vive di sentimenti e non di vittorie.
«Francesco ha fatto un percorso di trenta anni con gli stessi colori addosso. Non è facile pensarlo lontano dalla Roma. Ha fatto tanto per quella maglia, la sua storia è nei numeri, non nelle chiacchiere. Poi, come tutti, ha i suoi difetti, ma questo è normale».

Poteva essere una risorsa.
«Lo era, doveva continuare ad esserlo, poi non so cosa sia successo...».

Come, lei, suo amico, non sa?
«Immagino che molto sia dipeso dal rapporto con Baldini, così ho letto, così dicono. Due figure, a quanto pare, incompatibili».

La Roma ha fatto le sue scelte.
«Totti è un simbolo, uno che capisce di calciatori come pochi, ma il padrone della Roma è Pallotta».

Ma cosa voleva fare Francesco?
«Occuparsi di calcio, far parte di uno staff che potesse prendere decisioni tecniche. Ripeto: Totti capisce di pallone. Poi, ovvio: non poteva fare tutto lui. C'è un ds, un allenatore. Ma il suo parere poteva contare molto».

E poi c'è Baldini?
«Baldini fa parte della Roma?».

Ufficialmente no.
«Quindi è un uomo influente, questo sì. Io sto con Totti, magari il presidente sta con Baldini».

Ecco, appunto.
«Magari potevano lavorare insieme, ma forse non era possibile in questo momento».

Ha sbagliato Totti in questi due anni?
«No. Si è sempre messo a disposizione. E' chiaro, non era facile diventare un manager in poco tempo».

C'è chi gli rimprovera che non abbia studiato, che non sappia l'inglese?
«Mica deve parlare con Trump. Per individuare un calciatore o un allenatore e dire se siano in grado di venire alla Roma, bisogna parlare l'inglese? Il linguaggio del calcio è uno, Francesco lo conosce molto bene».

Che ne sarà della Roma senza romani?
«Si va avanti. Per me nulla viene a caso. Francesco troverà una dimensione altrove. Come ho letto di recente, non tutte le tempeste arrivano per distruggerti la vita. Alcune arrivano per pulire il tuo cammino. Chissà».

Totti via, De Rossi via, via anche Ranieri.
«Per Daniele situazione diversa rispetto a Francesco: uno voleva giocare, l'altro voleva essere più al centro delle idee tecniche. Quanto a Ranieri, meglio lasciar perdere. Ha sparato sulla Roma appena ha saputo di non essere confermato. Non si fa, così troppo facile. Comunque i romani non sono mai un problema nella Roma».

Che cosa penserà quando rientrerà a Trigoria e non troverà più il suo amico?
«Mi dispiacerà. Per la Roma. E per lui».

Dove lo vede in futuro?
«Lo vedo come un uomo libero. Tra i campioni come Figo e Ronaldinho, a rappresentare il calcio nel mondo. Ovunque, sarà sempre il mio capitano».

 


Il giorno più triste. Totti incendia la Roma

IL TEMPO - AUSTINI - Come rovinarsi un anniversario. Ai romanisti non è più consentito neppure di godersi il ricordo dell'ultimo scudetto vinto il 17 giugno 2001, una data che da oggi diverrà anche quella in cui Francesco Totti lascia il club dopo trent'anni. Ore 14, Salone d'Onore del Coni, l’addio della bandiera giallorossa si consumerà in diretta televisiva nazionale (Rai 2, Sky e Tgcom24) in una conferenza stampa che si annuncia pesantissima.

Non bastava lo straziante (e forzato) saluto da giocatore del 2017, con l’Olimpico in lacrime e costretto a viversi lo stesso copione neppure un mese fa con De Rossi. Una «tragedia» popolare dietro l’altra, come se la Roma non riuscisse a trovare una via d'uscita per guardare al futuro con positività.

Non aiuterà di certo a migliorare il clima quanto dirà oggi Totti al Coni. Ha intenzione di chiarire senza peli sulla lingua i motivi dell'addio, c'è da aspettarsi bordate al «nemico» Franco Baldini, freddezza con Pallotta e la proprietà americana, più altri sassolini sparsi e
magari qualche rivelazione a sorpresa. E probabile che dallo sfogo lascerà fuori il Ceo Guido Fienga, colui che si è speso più di tutti negli ultimi mesi per provare a coinvolgerlo nella gestione societaria. Totti ha apprezzato, ma non basta: nella Roma come dirigente si sente sopportato, mai realmente incisivo e ha deciso di proseguire la sua vita professionale lontano dalla «casa» di sempre, stracciando con qualche anno d'anticipo il contratto e lasciando 2.4 milioni sul tavolo di Trigoria, con contestuale rifiuto del ruolo di direttore tecnico.

Il suo staff, guidato dalla cognata Silvia Blasi che cura da tempo la comunicazione per lui, è stato inondato di richieste di accrediti, i presenti in platea saranno oltre 200 e al fianco di Totti ci sarà il giornalista Paolo Condò, scelto come moderatore. Lui che ha scritto insieme a
Francesco l’autobiografia «Un capitano» che ha preceduto fiction e docu-film attualmente in produzione per portare sugli schermi la vita del simbolo romanista, oltre a una sit-com con la moglie Ilary. Oggi inizia un nuovo capitolo, all'insegna della freddezza e della polemica. Totti ha ottenuto l'ospitalità del Coni grazie al rapporto speciale che ha col presidente Giovanni Malagò e non ha voluto coinvolgere la Roma, che infatti non avrà rappresentanti in sala.

E il primo passaggio ufficiale del Totti post-giallorosso, in attesa di scoprire cosa gli riserverà il futuro. A livello economico ha costruito una sorta di industria personale grazie alle presenze da star ai più svariati eventi, progetti e spot pubblicitari: già firmati nuovi contratti milionari. La Figc gli offre un ruolo come direttore delle Academies, intanto sarà testimonial di Euro2020 perl’Italia e in futuro per il Mondiale in Qatar. Diversi amici procuratori gli propongono di lavorare insieme e l’idea lo stuzzica, Domani inizierà le vacanze a Ibiza, a inizio luglio, mentre la Roma starà sudando a Pinzolo, lui è atteso come testimonial (dal 1° al 7) del torneo Gillette Padel Vip a Sabaudia, la sua storica residenza estiva. Il padel è l’altra grande passione sportiva, con l'ex compagno Alberto Aquilani inseparabile spalla sui campi e possibile partner di un progetto a breve. Insomma a Totti non mancano motivi per guardare avanti con entusiasmo, dopo essersi tolto un macigno dallo stomaco. La Roma, invece, resta orfana dei suoi simboli più riconosciuti, nel giro di venti giorni perde il Dieci e De Rossi, ma una volta assorbito il colpo, che mediaticamente e a livello ambientale sarà durissimo, avrà più spazio di manovra per imporre le proprie idee. Con qualche condizionamento in meno.


Totti e la Roma: sarà addio al veleno

LEGGO - BALZANI -  Dallo Stadio Olimpico al Salone d'Onore del Coni distano pochi metri. E due anni. Di frustrazioni, silenzi, sopportazioni e addii. L'ultimo quello di De Rossi meno di un mese fa, il primo quello di Totti il 28 maggio del 2017. Da calciatore, perché quello definitivo alla squadra che ama da quando è nato e che rappresenta dal 1989 arriverà alle 14 di un 17 giugno mai banale (18 anni dal terzo scudetto) in una conferenza che si preannuncia carica di veleno. Zitti tutti, quindi, ora parla Totti. Si fermerà la città, e si fermerà pure un pezzetto di Londra da dove lo ascolteranno Pallotta, Baldini e Fienga. I dirigenti temono che le rivelazioni di oggi possano agitare ulteriormente l'ambiente. Il presidente aveva provato a buttare acqua sul fuoco venerdì scorso, ma ormai l'incendio era divampato. Totti dice addio alla Roma perché nella Roma da dirigente si è sentito messo all'angolo. «Sopportato e mai supportato», il succo del discorso. Lo pensa da mesi, lo ha deciso circa 30 giorni fa dopo il no di Conte, l'addio di De Rossi e la scelta Fonseca. Decisioni prese da Baldini, nemico più che avversario. Francesco racconterà la sua verità, dirà che è stato interpellato solo nei momenti d'emergenza (vedi Ranieri). Totti ha mal digerito scelte tecniche (vedi le cessioni di Nainggolan ed Alisson), forme comunicative e un organigramma societario poco chiaro in cui Baldini ha spesso indossato il ruolo di gestore senza nomina. All'ex capitano non è mai stato chiesto un parere vero e proprio tanto che non è stato invitato nei tre precedenti summit tra Boston e Londra. Nell'ultimo l'invito è arrivato, ma le decisioni erano state già prese. E Totti non vuole mettere la faccia su un progetto di totale ridimensionamento. Parlerà al Coni, dall'amico Malagò. I due potrebbero ritrovarsi a lavorare insieme, magari proprio nella Roma. Ovviamente con un'altra proprietà. Ma ora cosa farà Totti? Intanto si godrà un mese di vacanza, poi prenderà una decisione. La Figc gli ha proposto un ruolo importante in vista dei prossimi europei. Non solo di rappresentanza, ma pure di supporto al ct Mancini. L'ex numero 10 dovrebbe accettarlo. Un antipasto dei Mondiali in Qatar vista la corte degli sceicchi nel ruolo di massimo rappresentante della kermesse del 2022.


Rischiano di lasciare il club anche Manolas e Zaniolo

LEGGO - BALZANI - Non solo Totti e De Rossi. La Roma continua a perdere pezzi. Dopo Dzeko (a un passo dall’Inter) e Kolarov (vicino al Fenerbahce) è la volta di Manolas che in settimana potrebbe trasferirsi al Napoli. Il difensore ha già accettato lo stipendio da 4 milioni, ora gli azzurri devono pagare l’intera clausola da 36 o inserire Martens nell’affare. Entro venerdì l’incontro decisivo anche perché la Roma ha bisogno di liquidità entro il 30 giugno. Occhio a un colpo di coda della Juve che intanto si avvicina a Zaniolo. A luglio arriverà la maxi offerta (50 milioni) che potrebbe far traballare Pallotta. In entrata si avvicina Veretout. Intanto, nonostante tutto, è boom abbonamenti: già sottoscritte 13 mila tessere.


Non è più il tempo delle bandiere

IL TEMPO - LENZI - Non è più tempo di simboli, neppure nel mondo del calcio. La gratitudine, quella poi l'hanno sepolta (e non solo nel pallone) da una vita. Eppure sono anni che sentiamo blaterare nei talk e in televisione che i calciatori di oggi sono diventati troppo mercenari, che non esiste più l’attaccamento per la maglia e per la città in cui giocano. Balle. Almeno nel caso di due campioni italiani, due fenomeni. Francesco Totti, romano e romanista. E Alessandro Del Piero, juventino. Il primo, il capitano della Roma, dopo aver passato una vita con i giallorossi, sino a diventare un corpo e un’anima coi tifosi
e la gente romana, si ritrova a lasciare tutto quello che è stato il suo mondo. La sua vita.

Dopo 30 anni rifiuta il ruolo di direttore tecnico offertogli dalla società giallorossa perché di rimanere senza veri poteri decisionali non gli va. L'altro, Alessandro Del Piero, anni fa, dopo aver speso tutto il proprio talento per la causa juventina, terminò la propria carriera in giro per il mondo: prima in Australia, tra i canguri e poi a Delhi, a tirar calci al pallone con gli indiani. Roma e Juventus, Totti e Del Piero, due miti, due eroi sportivi del nostro tempo, che si sono fatti simbolo, per passione, e da simboli sono stati sfrattati. Con una differenza: a Torino, in casa Juventus, la società è sempre stata sacra, molto più importante dei singoli calciatori. Ma a Roma, allenatori e giocatori, sono sempre venuti prima della società, nel cuore dei tifosi e persino nelle vittorie. La Roma di Liedholm e Falcao, di Bruno Conti e Di Bartolomei, poi quella di Totti e De Rossi.

Già, Daniele De Rossi, anche a lui arrivederci e grazie. Perché più sono romantici, i calciatori del XXI secolo e più sono fuori dal tempo. In queste ore, mentre a Napoli i tifosi azzurri sono arrabbiati per il passaggio del tecnico Maurizio Sarri alla Juventus, loro (o almeno una parte) che lo avevano confuso con un Che Guevara del pallone, Totti lascia la Roma. Potevano pro- porgli di più (e non parliamo di soldi), per farlo rimanere. Come potevano chiedere a De Rossi di restare, per giocare ancora. Ma i simboli, oggi, sono ingombranti.

Nel 1990 a Firenze, era di maggio, una città intera scese in piazza a protestare contro il passaggio di Roberto Baggio dalla Fiorentina alla Juventus. Una ferita sportiva all'orgoglio di una città. Alla conferenza stampa di presentazione con i bianconeri, Baggio rifiutò di mettersi al collo la sciarpa juventina. Era già un simbolo Baggio - nonostante la brevità
del tempo trascorso con la Fiorentina, dal 1985 al 1990 - per la città. Un alibi sulla fine di
quel simbolo peri fiorentini, diventerà, con il tempo, il fatto che a portarlo via furono “i gobbi”, a Firenze i cattivi per eccellenza, la Juventus insomma.

Ma con Totti e De Rossi, i gobbi non c'entrano. E fa tanta tristezza osservare che i simboli, nel calcio del 2019, danno più fastidio di un calciatore mercenario pronto a cambiare squadra come muta il vento. Fastidio, sì, ma non ai tifosi che in tutto questo circo, alla fine, restano fregati più di tutti. Anzi, di Totti.