De Rossi, ritiro o futuro? Decide il nuovo tecnico

LEGGO - BALZANI - Un'altra bandiera è in pericolo. Dopo l'addio di Totti, infatti, pure De Rossirischia di far piangere i tifosi al termine di questa stagione. Dopo l'ottimismo dei mesi precedenti è calato il gelo sul rinnovo del contratto in scadenza a giugno.

I numeri di quest'anno d'altronde sono impietosi a causa dei troppi infortuni: 1192 minuti in 17 apparizioni. Alla sua età (35 anni) Totti ne giocò mille in più (2208). Al momento non è previsto alcun incontro con la dirigenza, si attende la scelta dell'allenatore decisiva per il futuro del capitano. Con Gasperini le possibilità scenderebbero.

Quello di domenica all'Olimpico, quindi, potrebbe essere l'ultimo Roma-Juve (il 27° in carriera) per De Rossi pronto a tornare titolare dopo l'ennesimo stop. In caso di mancato rinnovo Daniele - che ieri a Trigoria ha ricevuto la visita degli ex Juan e Perrotta - potrebbe pure iniziare subito la carriera da allenatore, magari partendo dalle giovanili dove ritroverebbe pure l'amico Aquilani. Difficile che possa prolungare la carriera da calciatore con un'altra maglia, nonostante la voglia di America.


Il mondo di Jim va al contrario

IL MESSAGGERO - CAPUTI - James Pallotta, il presidente della Roma, pare sempre più convinto che i problemi accumulati negli anni dal suo club siano frutto di quanto avviene fuori da Trigoria. La realtà, invece, ci conferma che i veri responsabili risiedono all’interno del club. Perché è lì che si fanno le scelte, che si decidono uomini e strategie.

Additare, ad esempio, ancora una volta le radio romane come causa dei mali giallorossi, significa fuggire dalla realtà. Cosa c’entrano le radio (e potremmo aggiungere i giornali e, perché no, i tifosi ora invocati per mettere pressione al Comune per la costruzione dello stadio) se si sono cambiati allenatori come fossero calzini, se non si è vinto nulla, se si è arrivati al punto di non avere le “condizioni” giuste per convincere un top coach a legarsi alla Roma? Colpa soltanto del tanto chiacchierato (e spesso in modo esagerato) ambiente romano oppure ci sono responsabilità dirette anche di chi la società possiede e governa?

È normale, mister Pallotta, che è più di un anno che lei non si fa vedere a Trigoria?Possibile che non abbia sentito la voglia, anzi l’esigenza, di andar e a verificare di persona i motivi della crisi del suo club? Di parlare con allenatore e giocatori? Di testare e tastare l’umore della piazza? Noi siamo convinti che vivere di più Roma e la Roma, nel bene e nel male, le avrebbe portato giovamento. E, chissà, forse lo avrebbe portato anche alla società. E, poi, ci tolga una curiosità: oggi alla Roma, chi comanda realmente? Qualcuno del suo management oppure un suo vecchio amico rintracciabile tra un viaggio e l’altro su e giù per il mondo?


Stadio, pressing di Pallotta: «Al Comune non interessa»

IL MESSAGGERO - La stoccata arriva dall'America, in una giornata quella di ieri sicuramente complicata per la sindaca e per il Comune ma certo non facile (in queste settimane, tra il no di Conte e una Champions difficile da raggiungere) neppure per la Roma. James Pallotta è nervoso. E, in serata, va all'attacco sullo stadio, con un tweet pubblicato sul profilo ufficiale del club: «Ho inviato da Boston importanti membri della SDR (la società Stadio della Roma, ndr) sperando in un progresso, ma al Comune erano troppo occupati per incontrarli». E ancora, caricando sui toni: «Forse un grande investimento e tanti nuovi posti di lavoro non sono così importanti - prosegue il tycoon americano - . Se i tifosi vogliono lo stadio, devono sollecitare un intervento». Tradotto: devono scendere in piazza, farsi sentire dal Campidoglio.

IL NERVOSISMO - Un messaggio molto chiaro. Pallotta è nervoso e, con chi lo ha sentito Oltreoceano, si è anche sfogato: «No, non sono per niente contento». Il patron giallorosso, nelle ultime settimane, ha visto nettamente rallentare la frequenza degli incontri tra i suoi tecnici e quelli del Campidoglio, impegnati a definire tutti i dettagli e i passaggi necessari ad arrivare alla Convenzione urbanistica, tappa fondamentale per poter andare avanti nell'iter dell'operazione calcistico/immobiliare. E, leggendo i giornali italiani, si è preoccupato: «La maggioranza M5S tiene oppure no? Il Campidoglio vuole andare avanti oppure non con il progetto?», sono le domande che si stanno facendo in queste ore gli americani. Troppi stop&go, secondo loro, troppi messaggi politici diversi: a cominciare, anche dalla crisi in IX Municipio, all'Eur, dove la maggioranza è andata in fumo e il presidente grillino è saltato anche per il no di alcuni pentastellati a Tor di Valle. Così Pallotta ha voluto vederci chiaro e ha spedito a Roma due suoi ambasciatori: Bob Nidan, Cfo della sua società, accompagnato da un legale di fiducia. I due hanno chiesto un appuntamento in Campidoglio, ma non l'hanno ottenuto. E i colloqui con i tecnici sono fermi ai giorni prima di Pasqua. Poi ci sono stato i due ponti consecutivi, poi il primo maggio. Pallotta si aspettava di recuperare adesso il tempo perduto, ma dal Comune nessuno si è fatto vivo.

Che ci sia un rallentamento nell'iter, o addirittura un ripensamento da parte di Raggi?L'entourage della sindaca giura di no ma ricorda però che la prima cittadina non partecipa ad incontri tecnici. Ufficialmente, lo stesso Pallotta è convinto che le sue frasi non pregiudicheranno i rapporti con l'amministrazione capitolina. Di fatto, però, i suoi uomini stanno prendendo delle precauzioni: da qualche tempo, i contatti via mail con il Campidoglio avvengono soltanto via Pec, posta certificata. Si passa a colloqui più formali, dove tutto resta nero su bianco. La vendita dei terreni da parte di Eurnova a Pallotta, intanto, va avanti. Così come resta fissato l'incontro sempre di Eurnova con i dirigenti capitolini per la settimana prossima. E lì dovrebbero esserci anche gli emissari di Pallotta.


Inter, Sanchez si offre ma costa e la priorità resta Dzeko

GAZZETTA DELLO SPORT - A 30 anni Sanchez ha voglia di una nuova sfida in un grande club, probabilmente l’ultima della carriera. L’Italia gli è rimasta nel cuore e tornerebbe di corsa, se non fosse per un ingaggio proibitivo da circa 15 milioni netti a stagione. Ma intanto i primi passi per capire i margini dell’operazione sono cominciati, come dimostra l’arrivo dell’agente in Italia. Fernando Felicevich è stato a Milano nei giorni scorsi, andando anche a San Siro per assistere a Milan-Bologna. E ha avuto un incontro con i dirigenti dell’Inter per provare a capire la fattibilità dell’operazione Sanchez, che il Manchester è disposto a liberare in prestito con diritto di riscatto, che sia però una garanzia della volontà nerazzurra di acquistarlo poi a titolo definitivo. Difficile, se non impossibile. Sanchez insomma è stato proposto, ma al momento resta un’ipotesi remota. Il profilo ideale oggi resta Edin Dzeko, che ha ancora un anno di contratto con la Roma e può arrivare per una cifra intorno ai 20 milioni. Il bosniaco gode della stima totale di Spalletti (lo ha già avuto alla Roma) e di Conte, che lo avrebbe voluto al Chelsea. L’alternativa resta Romelu Lukaku del Manchester United, ma qui l’investimento per cartellino e ingaggio sarebbe decisamente più oneroso. L’Inter aspetta e valuta, ma sa già che in attacco servirà un nuovo big da affiancare a Lautaro.


Tebas: «Uefa ed Eca vogliono uccidere le leghe, con quel progetto accordo impossibile»

IL MESSAGGERO - BERNARDINI - Una battaglia campale. Nessuno vuole mollare un centimetro delle proprie posizioni. Eca e Uefa puntano dritti alla Super Champions, le Europeans Leagues si oppongono consce che quel progetto porterebbe alla distruzione dei campionati. Lunedì, nell'incontro di Madrid le Leghe nazionali hanno difeso la sovranità dei campionati. Ieri a Nyon l'incontro con il Comitato esecutivo Uefa dove non si è trovato un punto d'incontro. «Il progetto è simile a quello su cui lavora l'Eca, per me non ci sono state novità e non è stato preso in considerazione il lavoro svolto a Madrid dove si sono riuniti 244 club. Noi chiediamo un accordo. E ovviamente con questo format è impossibile» rimarca Javier Tebas, il membro del board delle Leghe Europee e numero uno della Liga spagnola.

L'obiettivo della Uefa è quello di creare un campionato europeo? Una sorta di super Champions?
«Lo possiamo chiamare con qualsiasi nome, ma oggi a Nyon il progetto UEFA è stato presentato e corrisponde esattamente a quello che stavamo denunciando da tempo. Quello che fino ad oggi era un progetto dei grandi club ora è diventato è un progetto della UEFA».

In questo senso che ruolo dovrebbe avere la Uefa?
«La UEFA è l'unica organizzazione in Europa ad organizzare competizioni transnazionali, che influenzano anche quelle nazionali. La UEFA deve decidere se diventare un arbitro tra competizioni nazionali ed europee, o diventare un vero e proprio concorrente dei campionati nazionali. Secondo me dal 2016 si sta muovendo su quest'ultima strada».

Il presidente dell'Eca e della Juventus, Andrea Agnelli aveva in mente un progetto per rendere la Champions una competizione centrale con partite giocate di sabato. Perché secondo lei è un progetto che non si può realizzare?
«Perché prima di tutto questo progetto sancirebbe la fine dei campionati nazionali come li conosciamo oggi. A lungo andare diventerebbero competizioni residue sia nell'aspetto sportivo, sia in quello economico... e questo credo che non sarà permesso né dai club, né dai tifosi, né dalla politica. Anche perché la gente è legata al proprio campionato, al campanile che rende il calcio lo sport più seguito al mondo».

Perché secondo lei l'Eca vuole togliere potere alle singole Leghe?
«Più che l'Eca sarebbe meglio dire i 10 più grandi club d'Europa. Vogliono continuare ad accumulare denaro, perché sanno che le leghe nazionali sono più deboli, e i diritti audiovisivi nel corso del tempo varranno sempre meno. Quindi anche loro avranno meno e allora distribuiscono briciole per convincere anche gli altri club».

Ci spiega qual è la sua visione delle leghe e del loro mercato?
«Sono ottimista per natura, ma in questo momento ci sono cose importanti che vanno affrontate, delle sfide che ritengo fondamentali. Penso all'irruzione del mondo dell'ott (Over-The-Top ossia le imprese che forniscono, attraverso la rete Internet, servizi e contenuti video) e alle riforme di esse».

La sua idea è quella di puntare alla sovranità dei campionati nazionali?
«Senza dubbio. Come ho già detto il format delle competizioni europee che propongono Uefa ed Eca mette in serio pericolo le competizioni nazionali».

Lunedì abbiamo notato una certa attività del presidente della Lazio, Lotito e di quello del Torino, Cairo. Qual è il contributo che potrebbe dare il calcio italiano in questa situazione?
«Il calcio italiano, è stato, è e sarà una parte fondamentale dell'industria del football. Sia Cairo sia Lotito (ieri hanno avuto una call conference), sappiamo che stiamo attraversando un momento trascendentale».

In tema di diritti tv: è pensabile che si crei un unico grande canale europeo? Perché sì, perché no?
«No, il mercato non si muove su un unico canale. Se invece parliamo di piattaforme con diversi canali allora dico sì ma è troppo presto per il gran canale. Ci sono alcuni provider come DAZN, ELEVEN... ma il nostro calcio ha un prezzo molto alto perché una piattaforma possa avere tutto il calcio europeo».

Un anno dopo, pensa che Mediapro possa tornare nel mercato italiano? Com'è l'esperienza nella sua Lega?
«Certo che può. La nostra esperienza è molto buona, sono stati con noi per molti anni e ha avuto un ruolo essenziale nella crescita del valore della Liga nelle ultime stagioni. La Liga contribuisce all'1,37% del Pil della Spagna»


I tre giorni di Di Francesco. Il tecnico a Milano: contatti con il Diavolo

GAZZETTA DELLO SPORT - Eusebio Di Francesco era a Milano, e questa è una certezza documentata. L’allenatore è stato ripreso in video durante una passeggiata in centro, mentre una foto lo immortala a cena in un ristorante a due passi dall’hotel dove ha alloggiato. Una visita che non si è limitata a una giornata: la stanza è rimasta prenotata per almeno due notti. Coincidenza: l’hotel in Piazza della Repubblica, vicino alla stazione centrale, è la base operativa di molti dirigenti durante le stagioni del calciomercato. Leonardo, direttore tecnico rossonero, sfrutta gli uffici di Casa Milan e nemmeno in questo periodo risulta essere passato in zona. In effetti non era il miglior posto per incontrare un nuovo allenatore, un luogo troppo in vista e scomodo per entrambi: Leo deve proteggere il Milan – e Gattuso – nel finale di stagione. Di Francesco, esonerato a marzo, resta sotto contratto con la Roma: per gli accordi in essere e per questioni di opportunità, nessuno può trattare ufficialmente con qualcun altro. Non vuol dire che un contatto più o meno diretto sia da escludere: nei tre giorni in città non sarebbe certo mancata l’occasione. Contatti indiretti si erano già verificati. La situazione è più complessa delle altre perché in questo caso ci sono più pezzi da sistemare: se Di Francesco sarà promosso da Leonardo, Leonardo dovrà nel frattempo superare l’esame Elliott, che valuterà a fine stagione il lavoro dirigenziale. Senza dimenticare che la casella dell’allenatore rossonero deve ancora essere liberata.


Pallotta: «Ora basta, dateci lo stadio»

IL TEMPO - MAGLIARO - Lunedì era stata la battuta sul Colosseo («Non so quanto ci hanno messo a costruire il Colosseo, ma siamo vicini a quella tempistica»), ieri, James Pallotta, presidente della Roma, è andato giù duro sul Comune. E non con una chiacchierata a una testata giornalistica ma tramite un tweet dall’account ufficiale della Roma: «Ho inviato da Boston importanti membri di Stadio della Roma (dello staff, ndr) sperando in un progresso, ma al Comune erano troppo occupati per incontrarli. Forse un grande investimento e tanti nuovi posti di lavoro non sono così importanti. Se i tifosi vogliono lo stadio, devono sollecitare un intervento». In prima lettura, queste affermazioni sembrano indicare un netto cambio di strategia comunicativaBasta attese e rinvii, basta incontri infruttuosi in cui sembra sempre che si ricominci da zero.

Nell’ottica della comunicazione giallorossa queste frasi di Pallotta potrebbero segnare una nuova stagione: si vedrà a breve se è l’inizio di una campagna di pressione mediatica sul Campidoglio. A 17 giorni dalle elezioni europee, con la Raggi sotto botta per inchieste, le metro e Atac allo sfascio, i rifiuti e Ama allo sbando, le buche, il verde, e, da ultimo, per   Strategia cambiata Dopo silenzi e attese infruttuose attacco frontale da parte del club l'esplosione del problema dell’assegnazione delle case popolari ai Rom, queste parole di Pallotta devono comunque suonare come un campanello d’allarme per il Sindaco e i suoi. In tutto questo tempo - 2655 giorni dall'inizio dell’iter - la Roma ha sempre tenuto un atteggiamento fin troppo tranquillo: tre Sindaci (Alemanno, Marino, Raggi) e un Commissario straordinario (Tronca), 4 assessori all'Urbanistica, trattative infinite per due versioni diverse del progetto, tre Conferenze di Servizi, le fibrillazioni politiche sulla  «pelle» dello stadio fra grillini e Pd, fra Zingaretti e la Raggi, la Regione e il Comune. Solo una volta - a inizio 2017 - la Roma alzò la voce. Spalletti e Totti con il «famo sto stadio» dettero una sferzata fondamentale all’Amministrazione grillina che, di lì a poco, chiuse l'accordo per la versione del progetto senza Torri e senza opere pubbliche di mobilità.

Dopo di che un quieto silenzio. Silenzio dopo l'arresto di Lanzalone, chiamato dai 5Stelle nazionali e romani a sciogliere tutti i nodi creatisi per l'incapacità di trovare una strada unica sul progetto. Silenzio dopo la comica della due diligence interna e, ancor di più, dopo la farsa del Politecnico di Torino, con le relazioni secretate (e violate). Silenzio di fronte alle nuove fibrillazioni della maggioranza penstastellata che sembra ancora incapace di assumere una posizione unitaria e univoca e portarla fino in fondo.

Ora, si avvicina il momento della verità. Lunedì prossimo ripartono i colloqui diretti fra la Roma e il Campidoglio. Praticamente tutti i documenti sono pronti: tavole urbanistiche, controdeduzioni alle osservazioni sulla variante. Ma sul tavolo ci sono ancora da sciogliere i 4 nodi fondamentali della Convenzione urbanistica: modalità di versamento dei 45 milioni di euro di contributo costo di costruzione, le modifiche chieste dal Campidoglio al progetto perunificare la via del Mare/Ostiense, il rifacimento della Roma-Lido e, da ultimo, le tribune posticce dell’ippodromo da ricostruire nel parco. Il confronto Roma/Campidoglio va avanti da un anno, con oltre 100 incontri senza che si intraveda una soluzione. Qui c’è la «ciccia» vera dell'accordo: per la Roma la volontà di non ritrovarsi con l’apertura dello stadio legata ad appalti gestiti da Regione e Comune.


La Roma non corre ma prepara già la lista per Gasperini

GAZZETTA DELLO SPORT - C’è un tempo per tutto. Per sognare, per immalinconirsi e anche per cercare strade nuove. La Roma lo sa bene e così – anche per questioni di pura deontologia calcistica – le piste alternative alla suggestione Conte sono congelate fino a fine stagione. Com’è noto, sono Giampiero Gasperini e Maurizio Sarri gli allenatori che meglio potrebbero lenire la ferita, ma al momento l’impressione è che per entrambi la pista sia in salita. Ieri, infatti, lo stesso Sarri ha dichiarato «La Roma? Come ho detto, voglio restare qui. Mi piace il calcio inglese, la sua atmosfera». Certo, a giochi chiusi Franco Baldini riproverà a riaprire i giochi (anche perché la Roma è pronta a mettere sul piatto anche un ingaggio intorno ai 6 milioni), ma il Chelsea – pur col mercato chiuso – deve avere un fascino enorme rispetto a chi ha conosciuto i veleni della Serie A. Ancora più delicata è la questione legata a Gasperini, visto che l’Atalanta al momento è la prima rivale della squadra di Ranieri per la zona Champions. Al netto del comprensibile orgoglio, l’allenatore sa che a Bergamo ha tutto per lavorare bene, soprattutto se dovesse centrare la qualificazione. Certo, il treno Roma per lui sarebbe anche per fare un salto d’ingaggio(ora guadagna circa 1,5 milioni), ma una cosa è certa: lui non si sente la seconda scelta di nessuno, neppure di Conte, perciò a suo modo vuole carta bianca nel decidere i giocatori adatti al suo calcio. Che nella rosa attuale potrebbero non essere tutti. Largo cioè a Florenzi, Manolas, Cristante, Pellegrini, Kluivert ed El Shaarawy, ad esempio, senza contare che (eventualmente) Gasp potrebbe portare con sé anche un tris già corteggiato, ovvero Mancini, De Roon e Ilicic. Anzi, magari supervalutare qualcuno di questi, potrebbe aiutare Percassi a «liberare» il tecnico che ha un contratto fino al 2021 (con opzione al 2022).


Sarri lontano, è caccia a mister X

IL TEMPO - BIAFORA - Chiuso il capitolo Conte, riparte la caccia della Roma ad un nuovo allenatore. La dirigenza giallorossa ha iniziato già da qualche giorno le manovre per individuare il profilo più adatto per la panchina del club e ora si chiede quale sia la migliore opzione possibile per il prossimo anno.

Scartata la pista Giampaolo, ad oggi sono molto basse le chance di arrivare ad uno tra Sarri e Gasperini. L'intenzione, in quel di Trigoria, è quella di evitare un Conte-bis. Sia il Chelsea, sia l'Atalanta, sono ancora in corsa per i rispettivi obiettivi e risulta quindi difficile che uno dei due possa impegnarsi prima della fine di maggio. Oltre alle tempistiche e alle esigenze della Roma, sono da registrare le parole dello stesso Sarri: «Voglio restare qui, mi piace molto il calcio inglese il mio obiettivo è rimanere al Chelsea».

La situazione attuale, nella quale non è stato individuato un identikit preciso per il futuro, è molto simile a quella del maggio 2013, quando i giallorossi avevano in pugno Allegri, con Mazzarri in alternativa, e poi Garcia spuntò fuori dal cilindro di Sabatini. Non è da escludere una figura alla Fonseca o alla Blanc.


Pallotta ai tifosi: «Il Comune tace, se volete lo stadio ora fatevi sentire»

LA REPUBBLICA - FERRAZZA - «Ho inviato da Boston importanti membri di Sdr (Stadio della Roma, ndr) sperando in un progresso, ma al Comune erano troppo occupati per incontrarli». È James Pallotta a uscire duramente allo scoperto sulla questione stadio, cambiando improvvisamente strategia mediatica su una vicenda che lo sta sfinendo. Nei tempi e nei modi.

Il presidente della Roma segue a distanza le vicende giudiziarie che coinvolgono da mesi il Campidoglio, sfiorando, quanto basta per allungare i tempi, il progetto Tor di Valle, e mettendo a dura prova un iter che è partito nel 2012, passando per tre sindaci (Alemanno, Marino e Raggi), e una Conferenza dei servizi. «Forse un così grande investimento e tanti nuovi posti di lavoro non sono così importanti - continua il tweet di Pallotta attraverso l’account del club giallorosso - se i tifosi vogliono lo stadio, devono sollecitare un intervento».

Il numero uno di Boston chiede alla sua gente di aiutarlo a fare pressioni sulle istituzioni per sbloccare la vicenda, stanco di continui rinvii e della - a suo dire - poca importanza che viene data all’investimento fin qui fatto dal suo gruppo. Un cambio di strategia mediatica sull’argomento da parte di Pallotta, finora rimasto in disparte sulla questione stadio, perché in attesa di risposte che ancora non arrivano. Da tre settimane la pec con la proposta di convenzione urbanistica è sul tavolo del Campidoglio, e la pazienza del presidente statunitense è arrivata al limite.

Ma l’appello fatto ai tifosi arrabbiati per il no di Conte, e sfiduciati perché non vedono spiragli di crescita sportiva, sembra molto distante dal sentimento popolare. I romanisti seguono giornalmente le questioni legate alla squadra del cuore, facendo sentire la propria voce attraverso quelle radio che Pallotta ancora una volta - durante un convegno a Miami - ha trattato in maniera offensiva.«Abbiamo aperto una nostra radio - le sue parole - perché a Roma ce ne sono altre nove che parlano solo di calcio e sparerebbero merda tutto il giorno. Mi sono stancato e ora tre di queste nove sono in bancarotta, ne rimangono sei». La senatrice del gruppo misto Loredana De Petrisparla di «insulti» e «velate minacce». E annuncia un’interrogazione parlamentare.


"No presidente, non è accettabile"

IL TEMPO - BECHIS - Avrà pure le sue ragioni per protestare il presidente della As Roma, James Pallotta, per le incertezze che stanno accompagnando la vicenda del nuovo stadio. Per cortesia in Comune avrebbero anche potuto ricevere i manager del suo staff che dice di avere inviato da Boston per verificare lo stato delle pratiche. La prossima volta prima di fare prendere loro un biglietto aereo, sarebbe più saggio fissare un appuntamento con la sindaca Virginia Raggi o con qualcuno dei suoi assessori. Forse per cortesia l'avrebbe pure ottenuto, ma difficilmente in questo momento il presidente della As Roma avrebbe ricevuto le risposte che sembra attendersi.

Pallotta sostiene che l’amministrazione sembra indifferente a un investimento importante che darebbe anche posti di lavoro. Ci sono molti altri imprenditori che se ne lamentano, e di sicuro l'amministrazione Raggi sembra in certi casi avere paura della propria ombra e preferire non decidere nulla. Ma non è il caso dello stadio. Qui un po’ di prudenza è dovuta, visto il film iniziale a cui abbiamo assistito. Perché se il dossier stadio si è complicato è anche per quel che è accaduto nelle fila di chi aveva la responsabilità di gestire quell'appalto.

È però inaccettabile il richiamo alla piazza dei tifosi fatto ieri da Pallotta, perché di tutto c'è bisogno in questo momento in Italia e nello sport italiano meno che di un utilizzo così strumentale e sgradevole del pressing dei propri tifosi. Dovrebbero farglielo presente non solo le autorità chiamate a garantire l'ordine pubblico, ma anche quelle sportive.


Pallotta tuona: “Sullo stadio i tifosi devono farsi sentire”

LA GAZZETTA DELLO SPORT - Il tweet è arrivato alle 19.30 italiane, quando a Boston in molti avevano finito da poco di pranzare, essendo da quelle parti le 14.30. Ma chissà se a pranzo c’era andato anche James Pallotta, visto il tweet a dir poco polemico verso l’amministrazione comunale di Virginia Raggi. Il tema è lo stadio, con il presidente della Roma che ha di fatto chiamato all’adunata i tifosi giallorossi: «Ho inviato da Boston importanti membri che si occupano dello Stadio della Roma sperando in un progresso. Ma al Comune erano troppo occupati per incontrarli. Forse un grande investimento e tanti nuovi posti di lavoro non sono così importanti. Se i tifosi vogliono lo stadio, devono sollecitare un intervento». Ma perché Pallotta ha fatto questo passo? I suoi tre uomini sono arrivati a Roma lunedì per approfondire alcune questioni con il Comune (ieri parere negativo della Commissione Sport sulla delibera Grancio-Fassina per l’annullamento della pubblica utilità). Gli ispettori dovevano arrivare una decina di giorni fa, ma le feste e i ponti (25 aprile e primo maggio) hanno posticipato lo sbarco. Cosa che, già di per sé, aveva innervosito il presidente. Che poi è esploso perché i suoi uomini da lunedì non sono ancora riusciti ad incontrare chi di dovere e forse non ci riusciranno neanche fino a giovedì, giorno in cui torneranno negli Usa. E la cosa non è piaciuta a Pallotta. E gli ha fatto nascere ulteriori timori sull’iter e sugli eventuali tempi per l’approvazione della variante e della convenzione urbanistica che dovrebbero essere l’ultimo step formale verso lo stadio di Tor di Valle. Ora, quindi, secondo Pallotta tocca ai tifosi pressare le istituzioni. E la gente? Ieri si è divisa sul tweet. C’è chi ha incitato Pallotta ad andare avanti nella sua battaglia e chi, invece, gli ha rinfacciato a brutto muso il momento attuale di squadra.