Cosmi: "Gasperini? Nessun allenatore sano di mente rifiuterebbe la Roma"

Serse Cosmi, allenatore del Venezia, ha parlato ai microfoni di Sky Sport 24, rilasciando anche alcune dichiarazioni sulla Roma. Queste le sue parole:

"Sulla Roma ormai ho perso ogni speranza (ride, ndr). Nella mia vita ho visto solo tre addii nel calcio: quello di Bruno Conti, quello di Totti e quello di De Rossi. In tutte e tre queste manifestazioni ho avuto l'amarezza di vedere scomparire calcisticamente dei campioni, l'amore che ha una città come Roma per i propri calciatori e non essere ricompensati con i risultati che la tifoseria merita".

Gasperini deve andare alla Roma?

"Non so se è stato contattato dai giallorossi. La Roma non si rifiuta, su questo non c'è dubbio. Capisco anche quello che significherebbe fare la Champions League con l'Atalanta, in un progetto che senti tuo e in una città che ti ama. Però penso che qualsiasi allenatore, sano di mente, non rifiuterebbe mai la Roma".


Alisson: "De Rossi un grandissimo, simbolo della città e della squadra. Forse più grande di lui c'è solo Totti"

Alisson Becker, ex portiere della Roma ed ora finalista di Champions League con il Liverpool, è stato intervistato da Sky Sport e ha parlato anche dell'addio al club giallorosso. Questo il suo pensiero:

"De Rossi è un grandissimo, una grandissima persona, mi spiace che vada via dalla Roma perché è un simbolo della città e della squadra. Forse più grande di lui c’è solo Totti su questo aspetto. Per me è stato una persona importantissima. Le due stagioni che ho giocato lì mi ha ricevuto benissimo, abbiamo fatto amicizia, anche con gli altri compagni l’ho fatta, ma lui ti porta quel qualcosa in più che ti fa crescere".


Gasperini resta all'Atalanta. Intesa trovata col club orobico per il rinnovo sino al 2022

Gian Piero Gasperini non sarà il prossimo tecnico della Roma. L'attuale mister dell'Atalanta, infatti, ha firmato il rinnovo di contratto con gli orobici per i prossimi 3 anni e potrà così giocarsi la chance-Champions con la squadra che ha portato al terzo posto. Il club giallorosso dovrà ora sondare altri tecnici per la panchina. Questo è quanto riferisce Sky Sport.


La Roma cerca il nuovo tecnico. Ecco la lista dei 4 nomi fattibili

La Roma alla ricerca del nuovo tecnico. Gian Piero Gasperini non ha ceduto alla corte del club giallorosso e si è accordato per un triennale con l'Atalanta, che guiderà il prossimo anno per la prima volta in Champions League. A questo punto, secondo quanto riporta l'agenzia di stampa ANSA, la lista dei nomi sarebbe limitata a 4 allenatori, 3 dei quali siedono su altre panchine. I nomi sono quelli di De Zerbi, che allena il Sassuolo e che ripercorrerebbe le tappe di Di Francesco, esonerato a metà della stagione appena conclusasi e non con un grande appeal per la piazza; poi c'è Giampaolo, mister della Sampdoria, che tanto piace all'opinione pubblica ma che non ha mai ottenuto realmente grandi risultati; quindi, un altro trainer non disponibile immediatamente come Mihajlovic, ora al Bologna e che in più non sarebbe gradito alla piazza per il suo passato laziale e che non ha mai negato le sue simpatie calcistiche; infine, Gattuso. Il calabrese si è appena dimesso da allenatore del Milan e sarebbe quindi prendibile da subito ed è forse il nome più spendibile per la tifoseria, dopo i flop Conte e Gasperini.


De Rossi, notte di lacrime e emozioni

IL MESSAGGERO - TRANI - La pioggia è come se non ci fosse nella lunga notte dell'Olimpico. Non annacqua l'arrivederci a De Rossi e nemmeno la contestazione a Pallotta. Il senso di appartenenza non abdica nemmeno nella sera in cui, 2 anni dopo Totti, si sfila per sempre la maglia giallorossa anche l'altro capitano. Il presidente non c'è, ma in campo la gente si gode la Roma. Quella vera. Daniele piange in campo con Francesco e Bruno. Già, anche Conti è lì con loro e con i colori più belli. Ranieri ha la sciarpa al collo e più di una lacrima per l'affetto ricevuto nella sua ultima partita. Le bandiere sventolano per sempre. Non quella a stelle&strisce, però.

 
GRANDE FAMIGLIA - La Roma si deve accontentare del 6° posto e dell'Europa League. Ripartirà dal 2° turno preliminare (25 luglio-1° agosto). Ma si gode fino in fondo De Rossi che, dopo il giro di campo con al fianco la moglie Sarah, si inchina sotto la Sud e bacia la terra sotto la curva. È il finale. All'inizio la primogenita Gaia entra addirittura prima di papà Daniele, attentissimo agli altri suoi due cuccioli, Olivia e Noah. Anche gli altri giocatori scendo in campo tenendo per mano i loro piccoli. L'Olimpico è giallorosso come piace a De Rossi. La Sud e il resto dello stadio omaggiano subito il capitano. Con la voce e per iscritto. È la sua serata al termine di una stagione deprimente e balorda. Finita con l'uscita di scena del giocatore più rappresentativo.

 
«RANIERI UNO DI NOI» - Anche senza Champions, sincero e coinvolgente il consenso della tifoseria per Ranieri. È stato apprezzato per aver preso le distanze dalla società. Sul finire del 1° tempo, il pubblico urla forte: «Claudio Ranieri». Al coro si uniscono anche i tifosi arrivati da Parma: pure lì ha lasciato il segno, subentrando in corsa nel febbraio 2007 e salvando il club dalla retrocessione. Il tecnico applaude la Nord e subito dopo la Sud. E si commuove, davanti alla panchina, prima di inchinarsi per ringraziare la sua gente. Il pianto spontaneo, sotto il diluvio, è in diretta tv. Il coro è eloquente: «Ranieri uno di noi».

 
STRAPPO DEFINITIVO - Lo stadio è coloratissimo: 62.304 spettatori. Più dei 61.889 della semifinale Champions con il Liverpool del 2 maggio 2018 e più dei 59.716 del Roma-Genoa del 28 maggio 2017, l'addio di Totti. Il cuore è per la Roma, non per la proprietà Usa. Nel mirino c'è Pallotta. E con lui il suo suggeritore Baldini. Il presidente, mai più presente allo stadio da oltre un anno, fa il pieno di insulti. La tifoseria è stufa e non lo vuole più alla guida del club.

 
CENTRAVANTI STIZZITO - Il premio a Zaniolo, come migliore giovane del campionato, prima del via. Ma va in panchina come Manolas. Ranieri chiude la serie di 12 partite con 22 punti (6 vittorie, 4 pareggi e 2 ko). Il successo sul Parma, 2-1, con il 4-2-3-1. Pellegrini firma il vantaggio nel 1° tempo: sinistro sporcato da Gagliolo. Il centrocampista segna il 15° gol in A e il Parma è la sua vittima numero 15. Quando nella ripresa entra Schick, Dzeko prende male il cambio, anche perché riceve qualche fischio. Il centravanti, sicuro partente, ce l'ha con l'allenatore. La Sud lo calma, regalandogli l'ovazione. Dentro Under e fuori De Rossi che abbraccia l'arbitro Mazzoleni, compagni e avversari. Non esulta Gervinho che fa 1-1 lasciando sul posto Fazio: diagonale di sinistro. Come 2 anni fa, quando salutò Totti, è ancora Perotti a firmare la vittoria al fotofinish: colpo di testa su cross di Under.


Da oggi è già domani: la Roma riparte da Petrachi e Gasperini

IL MESSAGGERO - CARINA - Cala il sipario. Non solo su De Rossi. La Roma 2019-20 sarà profondamente diversa rispetto a quella che ha chiuso mestamente la stagione. Allenatore e direttore sportivo nuovi (più la posizione di Baldissoni, in scadenza di contratto, da valutare) con la rosa stravolta. L'input per Petrachi è abbassare il monte ingaggi (attualmente 90,9 milioni lordi). Quello per Gasperini (anche se ieri il presidente Percassi a fine gara è stato categorico: «È scontato che rimanga qui». Il tecnico ha invece preso tempo: «Ora festeggiamo, se ne parlerà domani. Le cose si fanno insieme, come è sempre stato» o chi per lui (Giampaolo e Blanc sperano, Sarri è invece diretto verso la Juventus) sarà il solito: centrare il quarto posto e ipervalutare calciatori. La serata straziante del commiato a Daniele non sarà l'ultima amarezza per i tifosi giallorossi entro il 30 di giugno. Perché il club, dovrà rientrare di 40-45 milioni di plusvalenze. I calciatori con le valigie pronte sono diversi: in primis Manolas (che potrà avvalersi della clausola rescissoria) e Dzeko, destinato all'Inter. Poi, bisognerà capire cosa accadrà a livello di offerte per El Shaarawy (in stand-by il rinnovo), Under e Zaniolo. Il talento di Massa oscilla tra la certezza di restare (anche nel post-gara s'è professato «molto ottimista» sul rinnovo) e il dubbio che davanti ad una grande offerta la Roma potrebbe cambiare idea. Quella che, al netto di clamorosi ripensamenti, non dovrebbe modificare Pellegrini, prossimo papà nel mese di agosto e deciso a continuare la sua esperienza in giallorosso.

 
SPINA DORSALE DA RIFARE - La nuova Roma andrà ricostruita dalla spina dorsale: portiere, difensore centrale, regista e centravanti. Basta questo per capire la difficoltà del lavoro che attende Petrachi che nei prossimi giorni (da oggi è tornato a Lecce) si libererà dal Torino, pronto ad arrivare nella Capitale con l'osservatore Cavallo e il segretario generale Longo. Sono diversi i portieri monitorati: Cragno, Perin e Gollini in prima linea ma occhio al greco Vlachodimos, 24 anni, estremo difensore del Benfica. A questi va aggiunto anche Trapp, probabilmente il più facile da prendere visto che all'Eintracht è soltanto in prestito (cartellino del Psg). Per la difesa, se sarà confermato l'arrivo di Gasperini, più Palomino che Mancini, bloccato da Monchi a gennaio. Petrachi amerebbe portarsi da Torino Izzo ma con Cairo che ancora fatica a liberarlo, appare difficile immaginare una trattativa. Stesso discorso in avanti per Belotti che insieme a Zapata sono due nomi sul taccuino del ds salentino. Offerti nei giorni scorsi Llorente (Tottenham), Kruse (Werder) e Benedetto (Boca). Per la mediana, oltre al sogno Barella, il nome che piace a Petrachi è quello di Ozakyup. Ha provato a portarlo al Torino per due stagioni. L'ultimo tentativo la scorsa estate, nell'ambito dell'operazione-Ljajic. Non gli è riuscito. Chissà che non ce la faccia con la Roma.

 

 


I valori del Romanismo vanno difesi, non dispersi

IL MESSAGGERO - FERRETTI - Il divorzio della Roma dal capitano De Rossi è stato per settimane mascherato, camuffato artatamente da festa. Ma festa de che? Può essere una festa veder ammainare, e in quel modo, una bandiera? Si può festeggiare piangendo di rabbia e non di felicità? Si può allargare il cuore a un sorriso per l'uscita di scena di un capitano che non avrebbe mai voluto abbandonare quella scena? C'erano un milione di modi per separarsi, la Roma ha scelto il peggiore. Con la tempistica e le movenze dei protagonisti de La Corrida, dilettanti allo sbaraglio. Qui nessuno vuole contestare il perché, ma il come. Perché esiste (deve esistere) il rispetto per la Storia, oltre che per l'età, gli acciacchi e la gestione dell'azienda.

 
QUESTIONE DI SENTIMENTO - Non è solo un discorso di bandiere stracciate guardando da un'altra parte: nell'addio a De Rossi (arrivederci, almeno per DDR) ci sono troppe cose che non fanno parte della logica. Jim Pallotta è libero di fare e non fare ciò che vuole con la Roma, tranne una: non tener conto della Roma. Che non è soltanto una società di calcio, ma anche (o soprattutto) sentimento. Passione. Amore. Come dimostrato ieri sera da un Olimpico da favola, innamorato perso del suo vanto. E pure dalle lacrime del tifoso Claudio Ranieri. Di Bruno Conti. Di FrancescoTotti. Ecco perché la logica nel calcio, talvolta, dovrebbe lasciare spazio a ciò che sussurra il cuore. De Rossi, qui nessuno può dire il contrario, meritava un'altra fine. Con un Olimpico in lacrime per un dolore che sapeva tanto di rabbia. Non c'era bisogno di un distacco così traumatico, non si avvertiva la necessità di disperdere una tonnellata di Romanismo con la leggerezza, con la faciloneria tipica di chi non sa o non conosce. Il punto, ne siamo convinti, è proprio questo: nella Roma decide chi non sa o non conosce. Non era difficile capire che serviva un altro come per congedare De Rossi, eppure nessuno si è posto il problema, Un taglio e via. Si rincorrono da giorni verità di parte, ma la Verità forse non la sapremo mai. E i tentativi, plurimi e sotterranei, di far passare Daniele per il cattivone, il ficcanaso, il despota della situazione appaiono semplicemente patetici. E basta ascoltare le parole dei suoi compagni di spogliatoio - di oggi e di ieri - per averne una conferma a prova di malignità.

 
ULTRÀ ALLO STADIO - L'unica certezza, aspettando la vita, è che De Rossi è stato costretto a togliersi la maglietta della Roma. Chi ha una Lupa tatuata sul cuore, però, spera che la squadra senza Daniele possa vincere lo scudetto già al primo tentativo, non le augura anni bui e tempestosi perché DDR non c'è più. Perché al centro di tutto restano la Roma e i tifosi della Roma. Quelli come Daniele De Rossi, l'ultrà in campo che adesso si sposta in curva. Arrivederci, giusto?


DDR, la serenità dell'uomo giusto

IL MESSAGGERO - ANGELONI -  Piove, non smette mica. Dici: le lacrime si confondono nella pioggia. Beh, sai che consolazione. Daniele va oltre: sorride, non piange. Lo avrà fatto, magari, quando c'era il sole, giorni fa, senza che fosse necessario nasconderle. Lui è sereno, sorride guardando la marea di gente lì, tutta per lui; sorride incrociando lo sguardo della moglie Sarah, e dei suoi tre figli, Gaia, Olivia e Noah, lì nel sottopassaggio. Sorride e pensa che questa notte è quella dei saluti, o come dice lui, di un banale arrivederci. Di non banale c'è la sua carriera, come quella di Totti, un atto di amore per la Roma, che adesso ha deciso di fare a meno di lui. Del suo essere un uomo pesante per lo spogliatoio e per la città, dei suoi acciacchi. Del suo futuro, che per la Roma non c'è, mentre per lui sì. È destino: ogni addio viene infilato in una contestazione e ogni eroe convive con il suo antagonista. C'era Spalletti contro Totti, c'è Pallotta contro De Rossi. Tesi e antitesi. Sempre.

 
LA SUD - «Ci hai rappresentato in campo per diciotto anni, da oggi la tua curva ti rappresenterà per sempre. Siamo tutti DDR». Ecco, i tifosi davanti ai quali Daniele si è inginocchiato baciando terra. Quelli sono schierati, tutti con lui e queste parole esposte ad inizio partita ne sono la testimonianza. Per la gente «De Rossi è il romanismo». Che ora in tanti vedono come un problema, non con un valore. Un valore oltre le vittorie, che da queste parti scarseggiano, sono utopie. Ecco perché ci si attacca ai simboli, quelli che si tingono di giallo e rosso. Totti, appunto, De Rossi inevitabilmente, e Ranieri, omaggiato dalla Sud con cori e striscioni, procurando la reazione in lacrime del tecnico quasi settantenne. Un altro che va via piangendo. Daniele gioca, ma forse nemmeno se ne accorge: troppo preso da chi gli sta intorno, dagli applausi a ogni pallone che tocca, a ogni tackle, a ogni cambio di gioco. È preso dal suo popolo, dagli amici del 1983 con cui ha condiviso la maglia della Primavera della Roma. Tutti presenti allo stadio. Come gli amici campioni del mondo, Buffon e Materazzi, come i suoi fedeli compagni di vita, sconosciuti al grande pubblico. «Nei giorni belli e tristi sei stato la bandiera dei veri romanisti», un altro dei tanti striscioni a lui dedicati. E ancora: «Passione, cuore amore. Sei tu il nostro tricolore».

 
COMMOZIONE - Quel tricolore che Daniele non è mai riuscito a raggiungere con la Roma. Perché nel 2001 non era nemmeno diciottenne. E diciotto sono gli anni nella Roma, culminati con l'ultima festa, con l'ultima vittoria. Con l'ultima standing ovation, quando Ranieri lo richiama in panchina al minuto numero 80. Esce con la fascia della Lega al braccio - non la sua - che consegna a Florenzi. L'Olimpico in piedi, lo onorano gli avversari, tutti i compagni, che gli dedicano un saluto e l'immancabile abbraccio. Ci mette un minuto e mezzo per raggiungere la panchina. Poi, la festa, se così si può chiamare. Gli occhi, stavolta sì, cominciano a luccicare. Si scioglie il gladiatore, ovvio. E non solo lui. Sullo schermo scorrono i suoi gol, Totti e Bruno Conti lo aspettano in campo, con tutti i giocatori, che indossano la 16. Baci, uno per uno. L'esplosione di emozioni, nell'abbraccio prima con Francesco e poi con Bruno. Tre generazioni di campioni. Una medaglia romanista con tre facce. Sorrisi e lacrime, giro di campo, sipario. Arrivederci, Daniele.


L'Olimpico non perdona Pallotta

IL MESSAGGERO - Nella lettera a cuore aperto pubblicata sabato scorso, Daniele De Rossi ha invitato i tifosi a mettere da parte la rabbia. Un sacrificio non da poco per chi ha tanto amato il centrocampista per 18 anni e ieri lo ha visto dire addio alla maglia a cui ha dedicato un'intera carriera. All'Olimpico i cancelli sono stati aperti alle 18 e, nonostante la pioggia che non dato un attimo di tregua, all'appuntamento con la storia si sono presentate 62.304 persone. Famiglie, bambini, adulti e turisti hanno acquistato un biglietto per essere presenti a una celebrazione che resterà scolpita nella mente di tutti. Sono migliaia quelli che indossavano la maglia del numero 16, alcuni l'hanno comprata agli store nei pressi dell'impianto, qualcuno ha rispolverato quella di Totti, ex capitano come Daniele, altri invece ne hanno indossata una rossa con la scritta DDR. Qualcuno ha anche provato a intrufolarsi allo stadio senza biglietto, ma è stato fermato dalle forze dell'ordine.

 
CALMA APPARENTE - Nonostante l'invito alla calma partito proprio dal protagonista della serata, James Pallotta è rimasto nel mirino degli ultras che con uno striscione apparso nei pressi di piazza Mancini hanno rincarato la dose di insulti («Su stemma e caro prezzi temi a noi cari, hai pensato solo ai tuoi sporchi affari. Giù le mani dalla nostra passione, buffone»). Non solo il presidente al centro delle polemiche, ma anche l'ad Fienga, il vicepresidente Baldissoni e il consulente Baldini, a cui sono stati indirizzati striscioni con contenuti molto pesanti. La celebrazione per Daniele si è alternata alla contestazione contro chi ha deciso di pensionare una bandiera della Roma senza preavviso. Per la prima volta da quando il club giallorosso è guidato dagli americani, i cori di protesta intonati dalla Curva Sud hanno coinvolto tutti i 60 mila tifosi dell'Olimpico «Pallotta pezzo di m...», «Vendi la Roma», «Franco Baldini devi morire».

 
PROTESTA RABBIOSA - Una protesta rabbiosa nei confronti della società che ha unito tutta la tifoseria romanista. A pochi minuti dall'inizio del match, infatti, una distesa di sciarpe ha colorato l'intero stadio Olimpico di giallo e rosso, il nome di De Rossi è stato urlato a squarciagola quando lo speaker ha annunciato il suo nome per l'ultima volta durante la lettura delle formazioni. Poi una coreografia da brividi con migliaia di bandiere e uno striscione lungo quanto la Curva sorretto da centinaia di tifosi. La contestazione è proseguita anche durante il match, salvo fermarsi per un'ovazione a Claudio Ranieri «Nel momento del bisogno hai risposto presente ora ricevi l'omaggio della tua gente» è lo striscione che ha fatto commuovere il tecnico di San Saba.


Ranieri: «Daniele mi ha detto: felice di chiudere con te»

IL MESSAGGERO -  È sembrato un déjà vu. Minuto 62: Ranieri richiama Dzeko in panchina. Il bosniaco, girato di spalle, inizialmente non se ne accorge. Poi quando iniziano i fischi dell’Olimpico, si rende conto che il numero che compare sulla lavagnetta è il 9. Fatica a crederci anche perché avrebbe voluto congedarsi con un gol. I fischi continuano, la tifoseria giallorossa non approva. Figuriamoci Edin. La reazione è plateale. Il centravanti sputa di rabbia. Poi, rivolto al tecnico,si lascia andare ad un «bravo» ironico. Lo ripete un’altra volta mentre qualche compagno si avvicina per tranquillizzarlo. Dzeko tira via dritto.Saluta a malapena Schick che sta entrando in campo e poi decide di fare il giro largo per sedersi in panchina. Così evita di dare la mano a Ranieri che, accortosi in anticipo del disappunto del calciatore, impassibile nemmeno si gira. La mente corre così indietro al 25 aprile di due anni fa a Pescara quando avvenne un fatto analogo con Spalletti. A differenza del tecnico toscano che diede vita ad un lungo siparietto nel post-gara, Ranieri stavoltafa finta di nulla: «È stata una serata emozionante. Cosa mi ha detto Daniele?Che era felice di chiudere con me».Nella serata degli addii, lo stadio gli ha riservato un’ovazione: «Non me l’aspettavo, per questo mi sono commosso.Peccato, avrei voluto centrare la Champions. Cosa vorrei dire al presidente Pallotta?Avrà capito cosa significa essere presidente della Roma». Passerella finale per Zaniolo, premiato dalla Lega come migliore giovane in serie A: «Spero di riceverne altri. Il futuro? Sono molto positivo per l’incontro che si terrà a breve». Poi, postata la foto con il premio sui social, ha dovuto cancellarla perché reo, secondo alcuni tifosi, di esultare troppo in una serata triste per l’addio di De Rossi.


La separazione non consensuale dalla certezza De Rossi

LA REPUBBLICA - DI PAOLO - Ciò che non capisce chi non riesce a capire è che non si tratta solo di un calciatore. Uno che la vede da fuori minimizza: la carriera di uno sportivo è corta, e Daniele De Rossi sta per compiere trentasei anni. Ho la sua stessa età, sorrido, ci penso. Uno che la vede in chiave pragmatica rilancia: ha quasi trentasei anni, ma avrebbe potuto giocare un altro anno o due. Uno che la vede come tifoso polemico estremizza: gli americani, la società non ha tatto né rispetto per i grandi, per i miti (il coro più intenso e reiterato, ieri sera all’Olimpico sotto la pioggia, era “Pallotta pezzo di m.”). Uno che la vede nostalgicamente rimpiange: mai più nessuno come lui (o come loro, Daniele e Francesco). Ma solo chi la vede poeticamente può capire. Solo chi la vede poeticamente — forse nell’unico modo sensato e possibile — può capire. E non può minimizzare, non può limitarsi a vederla pragmaticamente, non può mettersi solo a inveire contro la società, non può soltanto rimpiangere. Sa che l’addio — o per meglio dire, il doloroso arrivederci di DDR — è una “questione privata” che si moltiplica per centinaia di migliaia di romanisti.

Qualcosa cioè che non riguarda esclusivamente il calcio, ma l’esistenza di ciascuno: e come questa, sul campo da gioco, si riflette, si estende, in qualche modo si completa. Di sicuro, si intensifica. Per questo è difficile, anzi impossibile, scindere — per un romanista autentico, per uno che sia stato davvero romano e romanista negli ultimi diciotto anni — la propria vita, le stagioni della propria vita, dalla presenza di Daniele De Rossi. Era lì, è stato lì: con la sua aria di ragazzo solido, cresciuto in fretta, serio: di una serietà che è rigore, carisma, empatia, coerenza. Una specie di imprevisto “maestro giovane”. Se Totti ha unito nel culto tre o forse quattro generazioni, Daniele De Rossi ne ha costruita una nuova, l’ha compattata, l’ha allenata, l’ha abituata alla fedeltà. Il ventunesimo secolo ha in sostanza gli anni della sua storia con la stessa maglia; il tempo della sua militanza romanista è maggiorenne. È stato un viaggio lungo, intenso, ha scritto lui nella sua lettera ai tifosi. Seicentosedici volte. E anche così è stato breve. Perciò il congedo è inaccettabile, perciò è doloroso. E chi la vede da fuori non può capire. Che stavolta non c’è solo il “maledetto tempo” di mezzo — quello evocato da Totti nel suo addio due anni fa. C’è di mezzo uno strappo, che si poteva evitare. C’è di mezzo una separazione non consensuale. C’è di mezzo la sensazione di un’ingiustizia. E c’è di mezzo l’indistricabile — per chi tifa, per chi “crede” — nodo tra i giorni qualunque, i giorni incerti, e la squadra. E dunque quella certezza: che non è il risultato, naturalmente, ma quella presenza, quel ragazzo — che è lì, che sta per entrare, che entra, o dalla panchina incoraggia, conforta, motiva. La certezza Daniele De Rossi.


Olimpico in piedi: tributo a DDR, cori anti-Pallotta

LA REPUBBLICA - FERRAZZA - “C’hai rappresentato in campo per 18 anni da oggi la tua curva rappresenterà te in campo per sempre. Siamo tutti DDR”. Questa la scritta scelta dalla curva sudper salutare De Rossi, con centinaia di bandierine a sventolare intorno, e il coro a lui dedicato intonato per cinque minuti pieni. Pioggia e lacrime per il capitano, che scende in campo mano nella mano con i suoi tre figli: Gaia, la più grande, e poi Olivia e Noha, piccolini. Tantissimi gli striscioni, gli stendardi e le raffigurazioni dedicate al numero 16, che è travolto dall’affetto dei quasi 63 mila presenti. L’Olimpico è un muro giallorosso, ed è continua la contestazione contro Pallottae tutta la dirigenza, a sottolineare lo scollamento ancora più evidente dopo l’addio forzato all’ultima bandiera. In campo la Roma vince 2-1, grazie alla rete di Lorenzo Pellegrini, che esulta con il pollice in bocca, verso la moglie Veronica, seduta in tribuna. Alla Totti, per festeggiare l’imminente nascita della sua prima figlia. Per il centrocampista è il quindicesimo gol in serie A, contro quindici avversarie diverse. In questa stagione è il suo terzo centro. «Siamo tutti molto tristi per Daniele – le sue parole – soprattutto per la persona, oltre che per il calciatore. Nessuno di noi avrebbe voluto che accadesse, a piangere non è solo il cielo, ma tutti noi, gli voglio un bene dell’anima». Il secondo gol è di Perotti, che è il marcatore degli addii, visto che aveva segnato il gol decisivo anche in Roma-Genoa, di due anni fa, quella dell’ultima con la maglia giallorossa di Totti. Piange anche Ranieri, durante la partita sommerso da cori e ovazioni. Il tecnico, alla sua ultima panchina in giallorosso – vuole tornare a lavorare all’estero – si inchina di fronte a tanto amore, non riuscendo a trattenere le lacrime. “Mr Ranieri: Nel momento del bisogno hai risposto presente, adesso ricevi l’omaggio della tua gente”. Polemico, invece, il saluto a Dzeko. Alla lettura delle formazioni e al momento del cambio, il centravanti è sommerso dai fischi e non fa nulla per nascondere il proprio disappunto, applaudendo i tifosi in maniera ironica e stizzita. Tanti, poi, anche gli applausi, con lo stadio a quel punto diviso sui sentimenti nei confronti del numero 9 che, dopo 4 anni e 87 gol, lascia la Roma. Avrebbe voluto chiudere la sua carriera nella capitale, il club preferisce non rinnovargli però il contratto in scadenza tra un anno. Sembra destinato all’Inter. Ai titoli di coda anche la permanenza di Kolarov in giallorosso. Il feeling con i tifosi non è mai sbocciato, per il passato laziale del terzino e il suo atteggiamento spesso di sfida nei confronti delle contestazioni.