Tra Totti e la Roma americana finisce a coltellate
IL TEMPO - AUSTINI - Parte con un annuncio amarissimo: «Alle 12.41 del 17 giugno 2019 ho mandato una mail al Ceo della Roma dove scrivo un po’ di frasi per me inimmaginabili, ho dato le mie dimissioni». Salone d'Onore del Coni, davanti a lui una platea di quasi trecento persone tra amici, giornalisti, fotografi e operatori, all’inizio la voce è spezzata dall’emozione. Poi parte come un fiume in piena che spazza via tutto e tutti senza pietà, buttando addosso alla Roma americana la rabbia accumulata in otto anni, i primi sei da giocatore e gli ultimi due da dirigente, «in cui mi hanno sempre considerato un peso».
Francesco Totti prova a celebrare in diretta televisiva nazionale il funerale della Roma made in Usa, con la sua potenza mediatica superiore a chiunque tra gli sportivi di questo Paese. Un’ondata non arginabile. Sincera, perché la realtà che descrive è quella che ha visto dal suo punto d’osservazione: una società che non lo ha mai preso in considerazione nelle decisioni. Gli effetti delle sue accuse sono pesantissimi per la società, già disintegrata durante tutta la stagione, culminata con il divorzio polemico di De Rossi e ora un altro tsunami.
Totti tira fuori tutto quello che ha dentro, non risparmia nessuno tranne rare eccezioni, da Pallotta ai dirigenti, dal-le persone che a suo dire non lo vedono bene dentro Trigoria, fino ai giocatori facendo dei distinguo ben chiari: oltre all'amicizia confermata con De Rossi, la benedizione come erede preferisce darla a Lorenzo Pellegrini piuttosto che al capitano attuale Florenzi. Parla Totti e quindi ogni cosa ha un peso triplo e diventa il verbo per il popolo romanista da sempre ai piedi del miglior giocatore di sempre. Qualcuno lo critica ma sono la minoranza, la gente sta con lui perché lo vede più sincero e dedito alla causa.
Tra una bordata e l’altra la bandiera giallorossa fa capire che tornerebbe solo con un’altra proprietà e che girando il mondo ha raccolto l’interesse - finora solo a parole - di diversi potenziali investitor per il club. Fatti concreti ancora nulla, lo chiarisce, ma aspetta e spera. Oggi parte per le vacanze e avrà tempo per capire da dove può ricominciare a lavorare, oltre agli inviti personali che lo rendono un’industria ricchissima di se stesso. «Ho ricevuto tante offerte, mi ha chiamato stamattina pure una squadra italiana». È la Sampdoria di Massimo Ferrero, che aveva contattato anche De Rossi. Lui, da romano, sa bene come accattivarsi i consensi. Pallotta, invece resta un freddo uomo di business. E al momento perde quella che in realtà è sempre stata una guerra fra due mondi.
Pallotta: «Si fida delle persone sbagliate e non viene. Ora cambi rotta»
Totti accusa Pallotta di essere poco presente e di fidarsi delle persone sbagliate: «Il presidente deve cambiare rotta. Se io avessi Totti e De Rossi gli darei in mano tutto, Pallotta invece si circonda di persone sbagliate e continua a farlo. Ma se sbaglio da 8 anni, me la farò una domanda?». Poi rinacara la dose: «Qualcuno mi ha pugnalato dentro Trigoria, ma non farò mai i nomi, però non vogliono che io sia lì dentro. Ci sono delle persone che fanno il male della Roma, Pallotta tante cose non le sa eppure continua a fidarsi sempre degli stessi. Io conosco Trigoria come le mie tasche, invece ognuno fa il bene di se stesso. Delle cose che arrivano a Boston, solo un 10% è la verità. Nelle ultime settimane ha cercato in tutti i modi di trattenermi, mentre in due anni non ho mai sentito nessuno. Lui non c'è mai e sbaglia perché il capo deve stare qua altrimenti i giocatori fanno come gli pare». Quindi sulle cessioni dei campioni: «Purtroppo ci sono problemi finanziari. E per questo devi vendere giocatori importanti e la squadra s'indebolisce. Ma alla gente bisogna dire la verità, anche se è brutta».
Baldini: «Non avrò mai un rapporto con lui, Londra decide tutto»
Senza accusarlo direttamente, l’ex capitano giallorosso conferma la sua distanza di vedute con il consigliere del presidente, Franco Baldini, colui che secondo Totti ha deciso di farlo smettere di giocare e poi di non dargli poteri da dirigente. «Il rapporto con lui Baldini non c’è mai stato e mai ci sarà. Uno di noi due doveva scegliere e mi sono fatto da parte io, troppi galli a cantare non servono». Secondo il capitano è il dirigente toscano l’ispiratore di alcune scelte che condizionano Pallotta. «L'ultima parola era sempre a Londra. Solo quando erano in difficoltà mi hanno chiesto un aiuto. Avrò fatto dieci riunioni in due anni. Adesso, anche se andasse via Baldini non tornerei.». Per Totti il trattamento è stato chiaro: «Io per questa società sono stato un peso, ero troppo ingombrante sia da calciatore che da dirigente. Mi hanno fatto male entrambe le cose, la seconda di più. Questa è peggio, preferivo morire. Non è stata colpa mia, perché non ho avuto mai la possibilità di esprimermi e non mi hanno mai coinvolto in un progetto tecnico».
Gli altri dirigenti: «Baldissoni mi ha indirizzato, ma dove? Altri felici se si perde»
Non solo Baldini, il simbolo romanista ne ha per gli altri dirigenti. Su Baldissoni non inferisce: «Ha cercato di indicarmi la strada, non so quale... Mi ha aiutato sotto alcuni punti di vista, ma non ce l’ho con lui. Lui fa parte dei dirigenti. È una carica importante quella del vice presidente». Poi, senza fare nomi, lancia una delle accuse più pesanti: «A fine partita vedere alcuni giocatori che quando perdono ridono... ti fa girare le palle. I tifosi alcune cose non le sanno. C'è qualche dirigente che è contento delle sconfitte, è la realtà. Non farò mai i nomi, neanche sotto tortura, ma è così. La Roma deve essere la Roma, al primo posto davanti a tutto. Se hai queste persone dentro Trigoria, non vai da nessuna parte. Se sei unito non deragli e vai dritto fino alla fine. Tutti uniti si può fare qualcosa, se qualcuno esce dal binario sei finito. Di Francesco, che non ho portato io, ha chiesto 4-5 giocatori, non gliene hanno preso uno». E racconta, senza nominarli, di aver sconsigliato l’acquisto di Pastore reduce da «tremila infortuni» e suggerito quello di Ziyech senza essere ascoltato.
I romani: «Florenzi non chiama, Pellegrini sì ed è super. De Rossi non avvisato»
Uno dei passaggi più delicati arriva quando gli chiedono se i romani rimasti in squadra, Florenzi e Pellegrini. lo abbiano contattato alla notizia dell'addio. La risposta fa capire chiaramente dei due sente più vicino e in grado di fare il capitano: «Non ho sentito Florenzi, ho sentito Lorenzo. Gli faccio i complimenti per ieri, anche se glieli ho già fatti via Instagram. Non ci credeva, ma ci crederà. A lui ho promesso tante cose, e spero che queste cose possano avverarsi. È un ragazzo speciale, forte, sia in campo che fuori. È una persona pulita, può fare bene alla Roma, può dare tanto a questa società e a questa maglia. Lui la onorerà fino alla fine perché è un tifoso della Roma. Qualche romano dentro la Roma serve sempre». C'è spazio anche per parlare del contratto non rinnovato a De Rossi. «Già da settembre dissi: “Se pensate che è l’ultimo anno, diteglielo subito, non fate come avete fatto con me che lo avete detto a due giornate dalla fine”. Lui va rispettato, è una bandiera della Roma. Tutti mi dicevano che dovevano valutare e così via. Il problema di Trigoria è che le cose vanno fatte subito».
Fienga: «E l’unico che voleva darmi potere. Ranieri uomo vero»
Tra i pochi salvati dalle bordate di Totti, il ceo Guido Fienga. «E l’unico che ci ha messo la faccia e lo ringrazio, che mi ha detto che se comandasse lui sarei stato il direttore tecnico. Fienga me lo disse tre mesi fa che mi avrebbe fatto fare il direttore tecnico. Dal primo contratto firmato tutti sapevano che avrei voluto fare il direttore tecnico. Se c'è però uno che ti mette il bastone tra le ruote e trova ogni volta un intoppo... Io non sono stupido. Nessun altro mi ha fatto questa proposta. È inutile continuare su questa strada». Quindi tira in ballo l’ultimo allenatore giallorosso: «Su Claudio Ranieri ho preso una decisione che altri volevano non prendessi. Oggi lo ringrazio, perché sarebbe venuto anche gratis per la Roma, ha fatto il massimo per noi ed è un uomo vero. Appena l'ho chiamato, non abbiamo parlato di niente e mi ha detto “domani sono a Trigoria”. I romanisti devono esserne fieri e infatti gli hanno dato un contributo all’addio di Daniele ed è doveroso ringraziarlo oggi. Le dichiarazioni di Pallotta? Non sono qui ad andare contro di lui, non mi serve dare bugie. A che pro? Dico la verità».
Fonseca: «E bravo e preparato ma per lavorare bene serve più serenità»
Sull’allenatore scelto, non da lui, Totti ha questa idea: «Fonseca deve trovare un ambiente sereno e tranquillo, una strada percorribile senza intoppi. Deve essere bravo, la gente lo stima per quello che ha fatto e per come si è messo a disposizione. Da quello che ho visto è un grande allenatore, ha studiato e fatto bene allo Shakhtar e spero che possa fare bene in questa squadra». E Totti ci sarà allo stadio? «Sì, perché no. Sono sempre tifoso della Roma, può darsi che vado in Curva Sud, anche se lì non si vede la partita. La partita non la vedrò, metterò una parrucca. Anzi, prendo De Rossi e andiamo in Curva a vedere una partita se non va a giocare da un’altra parte». E in sala scatta l'applauso. Nessun attrito con DDR nonostante l'inchiesta de La Repubblica che ipotizzava una fronda di Daniele contro di lui. «Mi fido al 100% di De Rossi, ci metto la mano sul fuoco che non è stato lui a dire e pensare quelle cose. Alla Roma avrei potuto dare un contributo, non cambiarla,. Di promesse ce ne sono state tante».
Conte: «Ho chiamato solo lui e aveva quasi accettato Altri non li ho sentiti»
Questione allenatore, Totti svela quanto si fosse speso su Conte, quasi convinto di accettare la proposta della Roma «Su tutto quello che è stato scritto, l’unico allenatore che ho chiamato è Antonio Conte. Mihajlovic, De Zerbi, Gasperini, Gattuso e così via non li ho mai chiamati. Una persona ho chiamato: Antonio Conte, il resto tutta fantascienza. Se fanno passare che ho chiamato tutti e che mi hanno detto di no, e l’unico che non ho chiamato è Fonseca che è l’unico che ha accettato, non va bene. Per stupido non ci passo. Tutto quello che viene scritto è lo 0% di verità. Io e Fienga, prima che Pallotta sapesse di questa cosa, abbiamo alzato il telefono: “L’unico che può cambiare la Roma in questo momento è Conte e dare una risonanza diversa all'ambiente e ai risultati. Lui ci aveva dato l’ok, poi ci sono stati dei problemi e ha cambiato idea». Perché? «Conte doveva venire per una rivoluzione, ma lui voleva una continuazione. Qua in questo momento devi innanzitutto vendere. Ora devi fare una squadra dal quarto posto in su».
Malagò e gli acquirenti: «Tornerei con lui. Il club interessa»
La bandiera romanista si augura un cambio di proprietà. «Ho girato spesso in vari continenti. Soprattutto in Kuwait, a Doha o Dubai. Ci sono tante persone che vorrebbero fare investimenti, ma finché non vedo il nero su bianco non ci credo. La Roma è amata e stimata in tutto il mondo e tutti la vorrebbero prendere. Stare qui però a dire che c'è uno o l’altro è inutile. Non mi posso esporre perché so niente su tutto ciò». Ma se dovesse spuntare una cordata con Malagò presidente, «spero che mi chiamerà in quel caso, mi basta un po’ più di potere. Quando dico io una cosa non va bene, a me non serve stare davanti a tutti, a loro sì». Progetti per il futuro? «Posso fare tante cose. Sto valutando tranquillamente, questo mese valuterò tutte le offerte: ne ho ricevuta una stamattina da una squadra italiana. Juve? Non esageriamo. Ho sempre dato il massimo in quello che ho fatto, e se prenderò una decisione sarà definitiva». A proposito dei tanti impegni che lo hanno allontanato dalla squadra: «Lo so, il calcetto, il padel, la settimana bianca. Cose che fanno tutti, ma se le faccio io non va bene».
«Fuori dalla realtà»: la società vuole portare Totti in tribunale
IL MESSAGGERO - TRANI - Rasa al suolo e quindi da ricostruire: la Roma esce disintegrata dallo tsunami partito dal Salone d'Onore del Coni. Adesso è come se dovesse ricominciare da zero per affacciarsi sul futuro che oggi non c'è. Scoperto il bluff. Ma la replica al Capitano è immediata: «La sua percezione dei fatti e delle scelte adottate dal Club è fantasiosa e lontana dalla realtà».
Pallotta urla la sua rabbia e studia se sarà possibile adire le vie legali (turbativa d'asta e non aggiotaggio): l'immagine della società a stelle&strisce esce dilaniata e svalutata. In Italia e soprattutto all'estero. Chi lavora nella Capitale è spiazzato e mortificato dalla verità dell'ex capitano e, da venerdì, anche ex dirigente. Perché Totti, più sincero di quanto avessero messo in preventivo i suoi cari nemici vicini e lontani, strappa improvvisamente il velo d'omertà usato per coprire, da 8 anni, quanto di peggio si è consumato dentro il club giallorosso. Accantonato l'hashtag #famostostadio, ecco pronto il nuovo: #bonificamotrigoria. Guido Fienga, il nuovo ceo, ha la responsabilità più grande. Anche l'ex numero 10 ne ha rafforzato il ruolo, descrivendolo come l'unico ancora credibile. Bisogna vedere se da solo (non avrà al fianco il dt, carica scelta su misura per Francesco), per ora, gli riuscirà il repulisti, allontanando spie, antiromanisti, incompetenti e addirittura «accoltellatori».
VIA AL RIDIMENSIONAMENTO Totti, raccontando il colloquio avuto con Conte, ha spiegato che la Roma va verso l'ennesima rivoluzione. Cioè non sarà migliorata, ma rifondata. Sbarcherà il nuovo allenatore Fonseca e il 1° luglio sarà comunque ufficiale anche il ds Petrachi. Ecco le prime pietre da posare. Ma poi c'è la squadra, cioè la rosa. Che perderà alcuni titolari: De Rossi è già uscito di scena, presto lo faranno pure Manolas, Dzeko e Kolarov. L'obiettivo di Fienga (e Petrachi) è piazzare il colpo di mercato che possa riportare un po' di entusiasmo tra i tifosi. Subito il top player. Da individuare, però. Icardi sarebbe l'ideale, anche per l'età. Ok Higuain, con la valutazione attenta comunque del profilo. Ma questi centravanti si portano sulla bilancia pure il peso insopportabile, almeno per il club giallorosso, del loro stipendio: 6 milioni Mauro, 7 più bonus Gonzalo. Significherebbe andare contromano: Pallotta, con la mancata partecipazione alla Champions, pretende la drastica riduzione del monte ingaggi. Meglio spendere per il cartellino del giocatore che per il suo salario.
PACCHETTO COMPLETO L'input del presidente, insomma, è la cura dimagrante a Trigoria, abbassando la spesa annuale per la gestione tecnica e al tempo stesso l'età del gruppo. La Roma, costando meno e soprattutto più giovane, diventerebbe più facile da proporre in un'eventuale negoziazione: su piazza e anche oltre confine. Più che l'appeal, sarebbe la convenienza. Gli stessi emiri, ultimamente accostati alla Roma (con le smentite ripetute, però, di Pallotta) non regalano dollari per il pianeta. I ricchi scemi non esistono più. La cessione è l'unica exit strategy della proprietà Usa, anche se il presidente bostoniano ha assicurato che andrà avanti ancora a lungo. Pure nel comunicato di ieri sera in cui ha ribadito che non ha alcuna intenzione «di mettere la società in vendita adesso o in futuro». Può darsi che sia vero. Almeno fino a quando non avrà i permessi per costruire lo stadio di proprietà. E la mossa degli ultimi giorni, con il piano B di Fiumicino che è l'alternativa credibile all'impianto di Tor di Valle, non fa altro che rafforzare l'ipotesi della cessione del club giallorosso. Totti, sull'argomento, è andato cauto. Sa che il brand interessa, ma non ha mai incontrato interlocutori pronti a mettere nero su bianco. O quantomeno a trattare con il fondo Raptor. La nota da Boston sa di avvertimento: «Riguardo ai ripetuti riferimenti al suo possibile ritorno con l'insediamento di una nuova proprietà, in aggiunta alle informazioni raccolte da lui in tutto il mondo circa soggetti interessati al Club, ci auguriamo che questa non sia un'anticipazione inopportuna di un tentativo di acquisizione: scenario che potrebbe essere molto delicato in considerazione del fatto che la Roma è quotata in borsa».
I bookmaker hanno però colto al volo il desiderio di Francesco di tornare in caso di cambio di proprietà: la sigla Sisal Matchpoint quota a 6,00 l'addio degli americani entro il 30 giugno 2020. Puntata lunga un anno per riportare a casa il Capitano. Anche la Borsa scommette forse su qualcosa che verrà: prima scende, poi risale e chiude a + 1,59.
Arrivederci Roma, Totti: «Hanno cacciato i romani dal club. Tornerò con un'altra proprietà»
LEGGO - BALZANI - Niente lacrime stavolta, ma sorrisi amari e bordate a spaccare la porta proprio come faceva da calciatore. Ieri Totti - in un Salone d'Onore del Coni gremito - ha dato le dimissioni da tesserato della Roma dopo 30 anni. Francesco ha scoperchiato il vaso di Pandora in quasi 90 minuti intensi di conferenza a reti unificate. «Ho mandato una mail alle 12.41 per dire che mi dimettevo. Se morivo era meglio. Lasciare la mamma non è facile. Per il bene di tutti, meglio che mi stacco io. Tanti dirigenti hanno detto che sono un peso troppo ingombrante. Speravo che questo giorno non arrivasse mai». Passata la commozione spiega i motivi: «Non ho mai avuto la possibilità operativa di poter lavorare nell'area tecnica della Roma. Hanno fatto l'allenatore e il ds senza neppure chiamarmi. Mi hanno invitato a Londra due giorni prima, quando avevano deciso tutto. Il pensiero fisso di alcune persone da 8 anni a questa parte era uno: «Via i romani dalla Roma. Hanno ottenuto quello che volevano». Poi su Baldini: «Non ho mai avuto un rapporto con lui e mai ci sarà: si doveva scegliere e mi sono fatto da parte io. L'ultima parola era sempre a Londra. Solo quando erano in difficoltà mi hanno chiamato. Con Fienga che ringrazio abbiamo scelto Ranieri. Un uomo vero. Avrò fatto 10 riunioni in due anni. Se io avessi Totti e De Rossi gli darei in mano tutto, Pallotta invece si circonda di persone sbagliate. Ma se sbaglio da 8 anni, me la farò una domanda?».
Ma chi ha pugnalato Re Totti alle spalle: «Qualcuno dentro Trigoria, ma non farò mai i nomi. Ci sono delle persone che fanno il male della Roma e gioiscono quando perde, Pallotta tante cose non le sa eppure continua a fidarsi sempre delle stesse persone. Nelle ultime settimane ha cercato in tutti i modi di trattenermi, mentre in due anni non mi ha mai chiamato». Poi ha spiegato come l'unico allenatore con cui ha parlato «è stato Conte che a me aveva detto sì, poi ha saputo della rivoluzione che avrebbe distrutto la continuità di questa squadra». E svelato retroscena di mercato: «Di Francesco aveva chiesto 5 giocatori non gliene hanno preso neppure uno. Io avevo sconsigliato un giocatore con tremila infortuni (Pastore, ndr) e consigliato uno dell'Ajax (Ziyech) ma nessuno mi ha ascoltato».
Capitolo De Rossi: «Da settembre dico ai dirigenti di trattare con rispetto Daniele, e di comunicargli la verità per tempo. Io mi fido di De Rossi al 100%, magari un giorno andremo in Sud insieme». Poi altri siluri alla dirigenza: «Hanno fatto tante promesse, ma cose concrete non tante. Bisogna dire la verità ai tifosi, io sono trasparente quindi non posso stare qui dentro. Ci sono problemi finanziari. E per questo devi vendere giocatori importanti e la squadra s'indebolisce». Consiglia Pallotta di essere più spesso a Roma («perché il capo serve o i giocatori fanno come gli pare»). «Qualcuno ride dopo le sconfitte», aggiunge alla domanda su Florenzi che dice di non aver sentito. Infine parla del futuro: «Se un'altra proprietà mi chiama e crede nelle mie potenzialità, tornerò. Se Malagò diventasse presidente ci starei. Cordate arabe? La Roma è amata e stimata e tanti la vorrebbero, ma se non vedo nero su bianco non ci credo Per ora ho avuto offerte di squadre italiane, una stamattina (la Samp, ma anche la Fiorentina di Pradè, ndr)».
Ore 14: Capitale deserta come ai Mondiali
LEGGO - CHILLE' - Il re di Roma abdica e la Capitale si ferma. Dagli uffici ai bar, passando per i Roma Club, tutti sono rimasti ad ascoltare con attenzione le parole d'addio, assolutamente non scontate né banali, di Francesco Totti. L'ex capitano, dopo due anni da dirigente, ha deciso di lasciare il proprio ruolo in polemica con la dirigenza e tante persone, approfittando della trasmissione in tv o in streaming sul web, sono rimaste in religioso silenzio a seguire la conferenza stampa dalla sede del Coni.
Se da un lato le parole di Totti hanno confermato quanto già saputo dai tifosi della Roma, alcune dichiarazioni hanno lasciato il segno. Quando l'ex capitano ha annunciato di voler tornare solo quando si sarà insediata una nuova proprietà, in molti hanno scosso la testa sconsolati, ben consapevoli che, dopo l'addio di De Rossi, è finita un'era. «Non bastavano tanti anni senza trofei, ora ci tolgono anche l'identità romana, l'unica cosa che ci distingueva da tutti gli altri. In cosa ci stanno trasformando?», ha esclamato un tifoso che seguiva la diretta in un bar. Tra i commenti dei tifosi, i più bersagliati sono ovviamente James Pallotta e Franco Baldini, poco stimati anche dagli avversari laziali. Angelo, tifoso biancoceleste che stava seguendo la conferenza stampa, ha infatti commentato così: «Non amo la Roma dal punto di vista sportivo, ma quello che stanno subendo i suoi tifosi è qualcosa di inaccettabile. Si fa tanto per costruire identità ed appartenenza e poi arrivano persone che decidono dall'estero e tolgono l'anima ad una squadra».
Trent'anni d'amore tra cucchiai e magie
IL MESSAGGERO - MEI - Quando Raffaele Ranucci lo portò via dalla Lodigiani, Francesco Totti era un adolescente. Era un'ipotesi. La Lazio lo aveva occhieggiato, ma vuoi mettere la Roma?, per un ragazzino di Porta Metronia il cui cuore aveva già scelto da che parte stare. Calcisticamente, s'intende. La storia d'amore è stata lunga trent'anni e 307 gol. E' difficile che un amore duri così a lungo, è difficile che un calciatore segni così tanti gol; sembra ormai impossibile, poi, che lo faccia indossando sempre la stessa maglia di club. Proprio a vestirne un'altra, era solo quella azzurra.
DAL FOGGIA IN POI Trent'anni e 307 gol in 786 partite, in serie A le reti sono 250 e le partite 619. Il primo al Foggia, data 4 settembre 1994. L'ultimo non si deve ricordare: non è stato lui a scegliere quale fosse l'ultimo, lo hanno fatto altri. Eppure si trattava di gol pesanti: quelli che davano alla Roma un'altra chance da Champions, la possibilità che questa Roma con Totti semplice gagliardetto anziché bandiera, non ha avuto. E' vero, Totti c'era ancora, ma forse alla scrivania semplicemente a far trascorrere il tempo. L'esordio lo si deve a Boskov, quello che rigore è quando arbitro fischia, un uomo di calcio grandissimo e anche un grandissimo uomo. Era il 28 marzo del 93, avversario il Brescia. Trent'anni hanno portato a tifare per la Roma generazioni intere: come disse lui il giorno dell'addio al calcio giocato, i bambini che gridavano Totti-gol adesso sono diventati padri e portano allo stadio i figli. I quali cantano anch'essi Totti-gol. Francesco è cresciuto con la Roma e nella Roma, fino a uno scudetto, fino a quel magico 2007 che l'ha visto capocannoniere e scarpa d'oro, vincitore di due coppe. E' cresciuto incarnando sempre un certo spirito romano (romanesco? forse), rugantino e strafottente all'apparenza; generoso e ironico, tanto che quando si sentì sommerso dalle barzellette che gli cucivano addosso riciclandone dal passato, prese a raccontarle per primo lui stesso e così sminò le prese in giro. Di quelli con la puzza sotto il naso, perché non conosce i congiuntivi. Come ora perché non sa l'inglese. Vecchia frase di sapore classista dell'Avvocato Agnelli: «Anche le segretarie lo parlano benissimo».Totti è andato avanti con colpi da maestro: mica solo i gol, anche gli assist; mica solo i cucchiai, anche gli aquiloni. Nel pantheon dei suoi devoti c'è ampia libertà di scelta per quale sia stato il gol più bello: quello che gelò il Bernabeu? Quello che fece alzare in piedi Marassi? Quale cucchiaio? Ne ha sfornato un servizio d'oro. L'unico oro che gli è mancato è quello del pallone, perché la giuria che vota si affida più alla squadra che non all'individuo, altrimenti non sarebbe un rimbalzello noioso tra titolari dei Champions. «Mo' je faccio er cucchiaio» disse andando incontro a Van der sar. Glielo fece e lo beffò. Lì per lì Van der Sar, che non parava molti rigori ma del resto il portiere della Juve non necessitava di questo atout,, non apprezzò. Ma poi ha reso l'onore delle armi al Capitano quando è andato in congedo, non per volontà sua. Rigori? Famoso anche quello che segnò, quando non c'era più tempo che per quel tiro, contro l'Australia nel 2006 mondiale. Si prese tutta la responsabilità, e l'Italia non tornò mestamente a casa ma proseguì trionfalmente fino a Berlino. Trent'anni d'amore, alti e bassi, Carlos Bianchi detto il mago della pampa (scherzavano i più è un mago, ha fatto sparire la Roma) voleva venderlo; Mazzone gli fece da calcistico papà; Zeman, Capello e poi Spalletti che lo prese di punta, nel senso che lo mise prima punta. Poi l'avrebbe preso di punta anche nella sua seconda avventura romanista, ma questa è un'altra storia. Amara.
SENZA LIETO FINE Come quella che si è appena conclusa, al Salone d'Onore del Coni. Chi più di Francesco meritava l'onore? Dal 1998 ha indossato la fascia del capitano, che gli cedette Pluto Aldair. Ora non era più il Pupone, era il Gladiatore: al mio segnale scatenate l'inferno. Lui, per la verità, ha scatenato il Paradiso nei cuori del popolo giallorosso.Tutto è contemporaneamente vivido e sfocato: 6 Unica, Vi ho purgato ancora, il selfie sotto la curva, il cameraman improvvisato, il quattro e a casa. Poi anche il tentativo di sputo a Poulsen, il calcio a Balotelli. E gli infortuni e le fortune. In trent'anni c'è stato pure il modo di vedere la mutazione del calcio. Ma Totti è stato sempre Totti. E sarà così.
Nei luoghi di Checco, più rassegnazione che rabbia dei tifosi
IL MESSAGGERO - MEI - Il pizzicarolo del banco 25 (lo chiamano così i colleghi di mercato, a Piazza Epiro dove ancora si trovano pure le visciole), Francesco, va un attimo nel retrobottega, prende la maglia di Totti. Francesco non gliela ha ancora firmata: «L'altro giorno è venuto a via Vetulonia per il ciak del film, ma c'era troppa gente: non ho potuto avvicinarlo». Sempre, dov'era (e dove sarà) Totti, c'è troppa gente. Come quel 17 giugno di tanto tempo fa, un'altra era geologica e giallorossa, quando la Roma vinse il terzo scudetto e il popolo romanista tinse dei suoi colori la città intera e cantava «alza l'occhi ar cielo e guarda sta città, è tutta giallorossa e te ne devi anna'». Ieri la città era assolata e desolata: rassegnata forse. Non vedevi striscioni. Sì, i murales per Francesco c'erano, ma quelli ormai fanno parte del paesaggio urbano, la street art del cuore. Il Circo Massimo, invece, era una fornace: mica s'aspettava il concerto. Qualche gru s'allungava per mettere su un palco che verrà, non per la Roma, per questa Roma. Non è nei pronostici. Una comitiva di giapponesi guardava il Palatino dal basso, fotografava. Qualcuno sapeva di Totti, un brand più conosciuto della Roma stessa.
CIMELI PARLANTI Il pizzicarolo mostrava i suoi cimeli: perfino il biglietto per la finale dell'84, il numero di serie 0000452, che vuol dire che arrivò presto al botteghino, o quello della partita d'addio di Bruno Conti. S'avvicina Silvio, un amico, e racconta che «Francesco lo chiamavano er mitraglia». Perché quando la Roma vinceva, sempre quell'era geologica e giallorossa fa, si presentava al mercato con una pistola d'acqua e, dice lui, «sparavo sui macellari laziali». I quali, una volta che la Roma perse, lo aspettavano brandendo per scherzo il coltello. Imitava Batistuta, la bandiera della Fiorentina che da quelle parti vorrebbero di nuovo sul pennone, e invece qui... Altri tempi: i tifosi non erano clienti.
MAMMA FIORELLA Ricordano, qui, mamma Fiorella che scendeva di casa e veniva a fare la spesa la mattina. Prendeva anche il caffè al bar della piazza, dove, ricorda Rita, il giorno dopo quello scudetto misero i tavolini fuori, tortellini per tutti e pure una porchetta fatta scendere da Ariccia.
La colpa, qui non hanno dubbi, «è de Baldini, e de Pallotta, venuto per fare il business, come se fossimo quelli dei Boston Celtics: ha fatto il business di se stesso». Forse neppure quello. «Quando s'è sposato De Rossi al Celio ricorda sempre Rita la mamma di Totti è venuta qui per scaldare il latte al biberon di uno dei ragazzini di Francesco». Roma non è fatta di grattacieli e di bostoniani. «A Roma conclude Francesco del banco 25 c'è er còre'. E quelli lo tradiscono».
LA CITTÀ DI CHECCO Quelli che senti in giro per la città di Totti, quella che va da Porta Metronia dove tutto cominciò, ai covi romanisti, alle case dove abitò, ai luoghi di questa sua Roma di oggi e forse di domani, il Coni, il Circolo Aniene, la Figc, la sua casa oltre l'Eur, che oltre tutto la sede nuova della società gli sarebbe perfino stata più comoda, pure se lui, comunque, avrebbe preferito Trigoria, chissà... Il presidente della squadra Trastevere, Betturri, lancia ancora il suo messaggio: torna da noi. Lì il Capitano tirò i primi calci. E sogna la terza squadra della Capitale, da far giocare magari allo Stadio Flaminio, dove nel frattempo è cresciuta la giungla.
CAMPIONE SENZA FINE Se s'incontra un tifoso di «quelli che Totti», ti spiega che «Francesco è eterno, come la Roma, mica come Pallotta e Baldini; lui poteva guadagnare il triplo e invece è rimasto da noi». Per ripagarlo, gli manda «un bacione», non salviniano s'intende, e gli lancia una invocazione: «Nun molla', compratela te la Roma». E' un auspicio. Di fronte al Coni, aspettando la conferenza stampa dell'addio (o dell'arrivederci, come è nei voti e nei volti di tanti) il bancarellaro che vende i tarocchi dello sport, maglie spurie e sciarpe ed altro, è un tipo pronto: la mercanzia ieri mattina era rigorosamente giallorossa. Forse s'aspettava l'arrivo dei tifosi. Se lo aspettavano anche le forze dell'ordine, prudentemente sistemate all'ingresso del Palazzo H, non si sa mai.
SOLO TRISTEZZA E invece si poteva immaginare, pure se la precauzione non è mai troppa: più che la rabbia, il sentimento che tracimava per la città di Totti era la tristezza, era la rassegnazione. E se fosse questa la maggior colpa dei colpevoli? E se toccasse ancora una volta a Totti riaccendere l'entusiasmo magari, andando, come ha promesso, «con Daniele in Curva Sud». Ma siamo certi che lo farebbero entrare, dopo che l'hanno fatto uscire due volte in malo modo?
Il verbo di Francesco diventa universale
IL TEMPO - F. SCHITO - «I presidenti passano, gli allenatori passano, i giocatori passano, le bandiere no». Che Francesco Totti sia stato, è e sempre sarà una bandiera della squadra giallorossa è innegabile, a darne ulteriore dimostrazione è stato l'evento mediatico che ha dell'incredibile creato attorno a quella che è stata la conferenza stampa di un dirigente che dà le dimissioni.
Certo, non si parla di un dirigente normale, si tratta di un campione, di un uomo che aveva scelto di legare a doppio filo la sua vita professionale e non solo a una fede calcistica. Un calciatore che ha scritto pagine indelebili di storia di una società da cui poi ha scelto di separarsi forse per troppo amore. A fare da cornice - diciotto anni dopo la conquista del terzo scudetto giallorosso all'addio di un simbolo che tale rimarrà per sempre nel cuore e nelle menti della sua gente è stato il Salone d'Onore del Coni. Al suo fianco, il presidente Giovanni Malagò e Paolo Condò, che ne ha raccontato le gesta nella sua biografia uscita lo scorso 27 settembre e che ieri ha moderato la sua ultima conferenza da dirigente della Roma, fresco di dimissioni.
Francesco è arrivato accompagnato da Silvia Blasi, sorella maggiore di Ilary. Ad accoglierlo, oltre a centinaia di giornalisti e fotografi, anche vecchi amici che hanno scelto di supportarlo in questa sua ultima uscita da romanista, per il momento. Seduti ad ascoltarlo c'erano Vincent Candela che con lui ha festeggiato il terzo scudetto romanista il 17 giugno di 18 anni fa, Alberto Aquilani, Odoacre Chierico che ha lasciato il ruolo che ricopriva nel settore giovanile per lasciar spazio al figlio Luca impegnato con la Primavera di Alberto De Rossi, Marco Cassetti, Carlo Cancellieri, l'avvocato Taormina e Sebino Nela, un altro che di scudetti con la Roma se ne intende. Presente al Salone d'Onore del Coni anche il bambino che interpreterà il giovane Totti nel documentario che racconterà la sua vita e sarà presto sugli schermi, nonché diversi direttori dei maggiori quotidiani sportivi e non e i giornalisti con cui si è confrontato per tutta la sua carriera.
A rendere universale il verbo di Francesco è stata soprattutto la copertura televisiva, con Sky Sport che ha mandato in diretta la conferenza dell'ormai ex dirigente giallorosso, così come ha fatto anche Rai Due, in un'edizione speciale del Tg Sport con tanto di Rosella Sensi ospite in studio a commentare le parole di Totti in una diretta durata circa un'ora e mezzo. Sia durante, sia dopo la conferenza, i social network sono stati letteralmente invasi da commenti relativi a quanto detto dall'ex numero 10 della Roma. Su Twitter, a due ore dal termine della conferenza, c'erano otre 15.000 tweet relativi a #Totti, trending topic d'eccellenza di giornata sul social dei cinguettii. «Lasciare la Roma per me è come morire», le parole della bandiera giallorossa.
Un sentimento fin troppo condiviso dal suo popolo, come si legge sui social. Una pagina amara della storia della Roma si è consumata in diretta nazionale, si è diffusa sui siti tematici e sui social, sarà argomento di dibattito nei prossimi giorni sulle radio capitoline e nei bar della città. Totti lascia la sua Roma e per le vie della capitale, anche quelle dei social network, torna in auge uno stendardo che ben rappresenta il pensiero della stragrande maggioranza dei supporter giallorossi: «Speravo de morì prima».
Totti, la città non riesce a dirgli addio: «Continuerai a sventolare»
LA GAZZETTA DELLO SPORT - Trent’anni d’amore fatti a pezzi. Questa la sensazione dopo la conferenza stampa di addio di Totti, condivisa anche da chi ha assistito dal vivo all'intervento del capitano. «Sono talmente provato da non sentire più neanche le emozioni – rivela l’attore Andrea Carpenzano, che ha indossato la maglia della Roma nel film «Il Campione» di Leonardo D’Agostini –. Mi fa impressione il suo addio obbligato, si sta sgretolando tutto». Difficile restare lucidi, perciò è apprezzabile il tentativo di Lorenzo Pellegrini, dal ritiro dell’Under 21, di accarezzare i romanisti. «Oggi è una giornata particolare per le persone che vogliono bene a Francesco, come è stato per Daniele».
Come è potuto accadere che sia finita così? Secondo l’ex d.s. Walter Sabatini, «per l’ambiguità perenne della Roma. Peccato, perché Totti aveva l’esperienza per fare il d.t. Così hanno perso entrambi». «Mi auguro, spero, anzi credo sia solo un arrivederci», auspica Damiano Tommasi. E questo, davvero, oggi lo sperano tutti i romanisti.
Roma e il 17 giugno: felicità e dolore di un anniversario
IL MESSAGGERO - FERRETTI - Totti è la Roma, ha sentenziato due anni fa la Curva Sud, il cuore pulsante del tifo giallorosso. Difficile, e non soltanto numeri alla mano, non essere d'accordo con la gente che ha una Lupa tatuata sulla pelle e che l'ha omaggiato in quel modo. Francesco, per un numero infinito di anni, non è stato soltanto il Capitano della Roma, ma anche il capitano dei tifosi giallorossi. Perché a loro, nel bene e nel male, ha dedicato tutta la propria vita calcistica. Onorando come pochi altri la maglia dall'alto di un dna a prova di stilettate tosco-statunitensi.
Ha vinto uno scudetto ma non se l'è tenuto per sé, l'ha immediatamente condiviso come dimostrato dalla dedica del 17 giugno di 18 anni fa subito dopo aver battuto all'Olimpico l'amico Gigi Buffon, allora portiere del Parma. E' vostro, è vostro... il suo urlo dal campo un attimo dopo la prima delle tre reti tricolori. Francesco, del resto, da calciatore è sempre stato così: generoso come sanno esserlo soltanto coloro che amano distribuire il proprio sapere agli altri.
Ha costantemente condiviso la sua arte con il prossimo, con i compagni, con la società, con la tifoseria. E' stato, anzi è amato come nessun altro esattamente per questo: per aver regalato gioie con giocate da Totti, non da tutti. Ha scritto la storia della Roma sistematicamente in positivo, battendo tutti i record che poteva battere ed entrando così di diritto tra gli Intoccabili. Venticinque anni di anni di vita a due colori, e sempre con il sorriso sulle labbra. Anche con una gamba spezzata in due e un pezzo di ferro a tenergli ancora oggi dritta la tibia.
Ha fatto ridere tanto e pure piangere tantissimo, come accaduto a fine maggio di due anni fa. Si era illuso che quello fosse il momento più triste della sua convivenza in Casa Roma, invece si sbagliava. Il peggio, come nei più deludenti film prodotti a Boston, doveva ancora arrivare. Ci hanno pensato in due a ricordarglielo, confezionando un regalo che non avrebbe mai voluto ricevere. E che adesso Francesco terrà lì, in attesa di poter tornare a casa.
Rosella Sensi: «Il mio Capitano trattato come fosse una figurina»
IL MESSAGGERO - LENGUA - Rosella Sensi fa il suo ingresso al Coni in punta di piedi, quando Francesco Totti nel Salone d’Onore ha terminato la conferenza stampa. I due si lasciano andare a un lungo abbraccio, non serve parlare perché entrambi sanno cosa c’è nel cuore dell’altro. Un feeling mai scomparso anche dopo tutti questi anni, ma che non è mai sbocciato tra l’ex numero 10 e la proprietà americana.
Se Rosella Sensi fosse stata presidente come avrebbe reagito alla conferenza di Totti?
«Credo che un mio giocatore non sarebbe mai arrivato a questo punto perché ci avrei parlato prima. Specialmente con un giocatore come Totti, sapendo il valore che ha Francesco per questa società e nel calcio mondiale».
Come si fa ad arrivare a una rottura del genere con una bandiera come Totti?
«Si è tirata troppo la corda. Bisogna conoscerlo e parlarci perché il suo aspetto un po’ sornione e bonario nasconde la sua determinazione. Quando dovevamo rinnovare il contratto, pur essendo circondato da personaggi competenti, era lui che aveva l’ultima parola. È determinatissimo nelle sue cose, non bisogna mai sottovalutare la sua volontà, competenza e determinazione. Andava tenuto in considerazione, senza trattarlo da gagliardetto o da figurina. È buono e tranquillo, ma il troppo aspettare e pazientare non ha portato a nessun esito, perché poi è arrivato al punto di rottura e non ha dato motivo di ritorno».
La “deromanizzazione” di cui ha parlato Totti dove porterà?
«Non è un’idea giusta e non so dove porterà perché a noi tifosi non è stata spiegata. In questo mondo del calcio oltre al business, devono essere portati avanti dei valori importanti e questi giocatori sono stati simbolo di qualcosa di grande per i bambini che approcciano al calcio non solo qui in Italia, ma in tutto il mondo. Sono persone attaccate alla propria città e che sono rimaste nella stessa società per molti anni. Questi sono valori che non stridono con il business e la modernizzazione del calcio. I tifosi della Roma vogliono vedere una continuità, ma dove sta? La continuità sono Totti e De Rossi».
È difficile parlare con trasparenza ai tifosi?
«Ci va messa la faccia e spiegare. Ha ragione Francesco quando dice che le cose ai tifosi vanno dette come stanno. Ma è anche difficile dirle perché puoi essere soggetto a critiche. Quando si fa calcio succede anche questo, a me è accaduto e soffrivo io per i tifosi. Ma poi i nostri piccoli grandi successi li abbiamo portati casa, lottavamo sempre e qualche Coppa Italia l’abbiamo vita. Però dovevamo dire la verità».
Percepiva la tristezza di Francesco in questi due anni?
«Non riuscivo a vederlo lì seduto allo stadio in quel modo».
Perché?
«Io ho un grande affetto per Francesco, l’ho sempre coinvolto ma non perché fosse necessario, ma perché capivo già all’epoca che era importante coinvolgerlo. Non era necessario interpellarlo, ma sapevo che era importante farlo, ma non per qualche vantaggio ma perché poteva darti consigli importanti. In momenti difficili, lui c’è sempre stato ma perché c’è sempre stato un legame con la famiglia Sensi».
Quando le ha fatto il contratto da dirigente a che ruolo aveva pensato per lui?
«Non potevo pensare a Francesco fuori dalla Roma e pensavo potesse avere un ruolo fondamentale. Direttore tecnico poteva essere quello giusto per lui e se non fosse stato quello sarebbe potuto essere un altro».
Quanto incide l’assenza di Pallotta a Roma?
«Quando vuoi fare il proprietario di una società di calcio devi essere presente. Il calcio non è un business normale, ma è a 360 gradi. Non gestisci numeri, ma parli con le persone, devi vederle, devi capire se un giocatore sta in un certo modo. L’allenatore e i dirigenti non vanno lasciati soli. È una cosa complessa perché devi parlare con gli altri presidenti, devi interloquire con quel mondo. È chiaro, però, che devi avere anche bravi dirigenti perché non puoi fare tutto da solo».
Che uomo era Baldini quando lei lo ha conosciuto?
«Sembrava un uomo mite, poi il calcio lo ha trasformato. Mi dispiace che non abbia ringraziato mio padre che gli ha dato questa opportunità, perché lui all’epoca faceva il procuratore. Penso che abbia un carattere particolare e comunque credo che dopo tanti anni che fai calcio sei cosciente che devi metterci la faccia».
La dinastia Totti a Trigoria continuerà con Cristian
IL MESSAGGERO - CARINA - Per un Totti che se ne va, ce n’è un altro che rimane a Trigoria. Fino a prova contraria. Si tratta di Cristian, primogenito di Francesco, che essendo nato del 2005 quest’anno giocherà negli Allievi élite. L’allenatore è Rubinacci, un fedelissimo di Bruno Conti, e al momento - nonostante la querelle tra il club (come dimostra il comunicato di ieri sera) e Francesco stia salendo di tono - nulla lascia pensare che il ragazzo non farà parte della Roma. Toccherà proprio a Rubinacci constatare se e come Cristian potrà proseguire il suo cammino in giallorosso. Di certo, Totti Jr s’è finora contraddistinto, oltre che per i gol (gioca nel ruolo di attaccante), anche per un bel gesto di fair play che ha fatto poi il giro delmondo. Partecipando ad un torneo Under 14 a Madrid lo scorso settembre, rinunciò a segnare perché il portiere avversario era rimasto a terra dopo uno scontro di gioco. Subito andato a sincerarsi delle condizioni dell’avversario e a scusarsi, attirò su di sé l’attenzione dei media spagnoli con un filmato che poi invase il web.
IL SOGNO CONTINUA Più volte interpellato sul figlio, Francesco ha sempre glissato come solo un buon padre sa fare, consapevole che il cognome che si porta dietro può pesare come un macigno. Per informazioni, chiedere ai fratelli Conti, che avevano un papà che è diventato campione del mondo nel 1982 e un’icona indiscutibile del calcio mondiale. Come poi ha però dimostrato soprattutto Daniele a Cagliari, si può cullare la propria passione e farla diventare un lavoro, anche con qualità minori rispetto al genitore. Quello che ambirebbe fare Cristian anche se il padre più volte gli ha ripetuto che il calcio deve rimanere una passione. A Trigoria, si sussurra che di Francesco abbia ereditato lo stesso modo di calciare. Stesso piede, il destro, stessa incisività con le porte avversarie. Accostarlo al papà è inevitabile. Toccherà a lui provare a rimanere con i piedi per terra e non soffrire i paragoni che inevitabilmente da qui in avanti saranno sempre più frequenti. Debuttare all’Olimpico per ora è un sogno ancora lontano. Cristian s’è dovuto ‘accontentare’ di fare il raccattapalle in diverse gare casalinghe della Roma. La prossima stagione sarà però importante. Quattordici anni infatti è l’età nella quale avviene (o meno) il salto di qualità. O meglio: in un club strutturato e così attento alla maturazione dei giovani come quello giallorosso, il prossimo anno sarà quello nel quale si intuirà se il cammino potrà continuare o meno. La volontà di Cristian è provarci. Ed eventualmente essere giudicato soltanto per quello che farà in campo. Semplicemente come Cristian e non come ‘il figlio di Totti’.
Un boom mondiale: il saluto del Capitano visto dall’estero
IL MESSAGGERO - Francesco Totti e la Roma, una storia solo italiana? Macchè. La conferenza stampa ha fatto il giro del mondo. In particolare la frase «Oggi potevo anche morire, forse sarebbe stato meglio», ha catturato l’attenzione delle testate internazionali.
È il caso di AS, che titola proprio così. Mundo Deportivo si limita alla cronaca: «Totti spiega i motivi per cui se ne va dalla Roma».In Inghilterra si scomoda addirittura la BBC, che piazza la notizia di spalla a quella principale. Il DailyMail invece si sofferma nel titolo sulle dichiarazioni nei confronti della proprietà americana.«Lasciare la Roma è come morire. Totti si dimette e attacca la proprietà americana». Titoli identici, «FrancescoTotti lascia il suo ruolo di dirigente della Roma», (e persino la stessa foto!) per L’Equipe e France Football, che informano la Francia nel pallone della decisione di Totti di lasciare la Roma.
In Germania Kicker parla di «Big Bang nella città Eterna». In Portogallo invece ci si concentra sulle dichiarazioni che riguardano il nuovo tecnico romanista e O Jogo esagera, sostenendo che «Totti lascia la Roma e la ragione è l’arrivo di Paulo Fonseca». E addirittura negli USA, sebbene sia appena iniziata la giornata, interviene l’Idaho Statesman, che chiosa:«L’addio di Totti mette pressione alla proprietà americana».