Amendola: «Ha sopportato a lungo è stato l'omicidio perfetto»

IL MESSAGGERO - CARINA - Il 26 maggio, giorno dell'addio di De Rossi, Claudio Amendolaera all'Olimpico. Forse, nemmeno lui, poteva attendersi tre settimane dopo di dover sopportare un'altra lacerazione.

Domani Totti annuncerà l'addio dalla Roma.
«E' la ciliegina sulla torta. Si conclude finalmente il teorema bostoniano-londinese. Credo che Francesco abbia sopportato il sopportabile. Uno come lui non può figurare come un semplice gagliardetto. Mi sembra di assistere all'omicidio perfetto. Hanno ucciso la Roma».

Un punto di non ritorno tra la piazza e la proprietà Usa?
«Questo non lo so, so solo che in venti giorni la Roma ha perso De Rossi e Totti».

Pallotta era disponibile a far diventare Totti dt.
«E' proprio questo l'errore che si commette quando si giudica questa vicenda. Non tocca a me dirlo e magari ci penserà Francesco ma il problema è che lo hanno messo nella condizione di dire di no. E' come quando un marito o una moglie non hanno coraggio di lasciare il coniuge e si fanno lasciare. E questo è il comportamento dei codardi, degli uomini o delle donne che non hanno il coraggio di affrontare la realtà e di assumersi direttamente le conseguenze delle loro azioni. C'è sempre stata, dall'inizio, la volontà di deromanizzare la Roma. E ora ci sono riusciti».

Eppure, sino a poco tempo fa, la tifoseria era divisa nella valutazione dell'operato del club. Ora è nuovamente unita.
«In passato sono stato molto criticato quando pronunciai una frase infelice (‘Mi dimetto da tifoso della Roma', ndc). Ma già all'epoca s'intravedeva la piega che stava assumendo la questione. Io ad esempio ero molto offeso con il club perché aveva concesso l'utilizzo di Trigoria alla Juventus. Ero molto dispiaciuto anche quando si cambiò lo stemma. Noi siamo sempre stati questo tipo di tifoseria, molto tradizionalista. Il problema è che dall'avvento di questa nuova proprietà s'è voluto educare e cambiare il modo di pensare di una città che non andava modificato ma semplicemente rispettato».

Non pensa che sia anche una questione generazionale? Che il 20enne di oggi che non può fare a meno dei social viva la passione per la Roma in modo diverso dal 50enne e che il club abbia deciso di rivolgersi proprio a questo target di pubblico?
«Questo discorso lo accetterei soltanto se si fosse vinto qualcosa. Ok, mi vuoi cambiare? Mi vuoi educare? A me non sta bene ma se serve a vincere a malincuore ti dico va bene. Ma in questi 8-9 anni che abbiamo vinto? La Lazio ha vinto tre trofei, noi zero. Se non vinci, preferisco restare quello che sono».

Ci sono i presupposti per vincere nel prossimo futuro?
«Il divario ormai è incolmabile. Qui si rischia anche la prossima stagione di lottare per l'Europa League».

Cosa ne pensa di Fonseca?
«Sarà l'ennesimo allenatore che nel momento di difficoltà verrà sacrificato sull'altare del club. Ci siamo già passati con Garcia...Poi sia chiaro, io rimango sempre della Roma. Però è innegabile che ci hanno tolto tanto. Troppo. Sarà il primo anno da quando la tifo, che inizieremo la stagione senza una bandiera».

Ritiene che Pallotta si renda conto della disaffezione maturata in città?
«Dall'addio di De Rossi il malumore è arrivato a Boston. Credo però che né lui, tantomeno Baldini, lo tengano in considerazione. E la lontananza li agevola».

C'è qualcosa che vuole dire a Totti?
«Grazie».

E a Baldini?
«Non ho niente da dirgli».


Se la bandiera sventola e fa ombra

IL MESSAGGERO - MEI - Il ‘la’ che sta accompagnando l'ultimo ammainabandiera a casa della Roma l'ha suonato non qualche delicato strumento ma probabilmente qualche trombone: un suono che arriva da lontano, di là dalla Manica. La Roma, che delle bandiere aveva fatto il suo brand del cuore, quello che tutto il mondo tifoso invidiava alla squadra giallorossa, sta scomparendo. Insieme con questa Roma sempre più scombiccherata, l'Araba Fenice (ma senza arabi, ahilei), quella che ci sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa. E' un percorso contromano, per esempio rispetto al Milan, americano anch'esso, azienda anch'esso, il quale però sta cercando il recupero del cuore, che non è quello del cliente, arruolando Paolo Maldini, un nome che fa famiglia, e Boban, che fu un cervello in campo. E la Roma? Quella Roma che Bernardini che fa scuola all'argentini, come cantavano; o la squadra di Amadei, il fornaretto che pure la politica cercò di utilizzare come acchiappavoti; o di Giacomino Losi, insuperabile; o di Giuseppe Giannini, che non fu l'ottavo re di Roma, ma il principe per antonomasia; o l'amore sconfinato di Agostino Di Bartolomei.

IL NOMIGNOLO Poi venne Totti, il Pupone che non gli piaceva come nomignolo, mentre lui piaceva a tanti, forse a tutti, come s'è visto quando nell'ultimo giro, quello dell'addio programmato da fuori e condotto in porto contro Totti se non contro tutti, negli stadi del mondo ci si alzava in piedi per salutarlo. E' successo anche al capitan Futuro cresciuto all'ombra (ma che luce la sua!) del Capitano, c'è solo un capitano, che era Totti. Ma le bandiere non solo sventolano: fanno ombra, ormai, sotto il sole della Roma. Che vallo a capire quale sia in questo momento: Londra non è città di sole. E lassù qualcuno non la ama. O almeno la ama d'altro tipo. Dicono i negazionisti che quel che amano i romanisti è la maglia: ma quale ragazzino, oggi adulto, ha la maglia senza nome? Chi si è innamorato del giallorosso (e d'altri colori) l'ha sempre fatto seguendo qualcuno, un sentimento con gli scarpini. I cognomi citati sono stati quelli che di più hanno tirato l'appartenenza. Erano come un'ideologia. Certo, al tempo delle ideologie scomparse o quasi, come le idee forse, al tempo del tweet, del last minute, arriva la mentalità dell'usa e getta, o forse dell'Usa e getta con la maiuscola. La bandiera la puoi mettere in naftalina, cacciare, o costringere da andarsene, se non vuole recitare la parte che qualcuno vuole assegnare: la foglia di fico. La foglia di fico, solitamente, copre le cosiddette vergogne. C'è chi è al soldo di tutte le bandiere, ma ci sono state, e ci sono, bandiere che non stanno a tutti i soldi.


L’addio di Totti

LA REPUBBLICA - FERRAZZA, MORRONE - «Dopo De Rossi, adesso anche Totti: questo è un incubo senza fine». Quello che stanno vivendo in queste ore i tifosi romanisti sembra davvero un incubo da cui sarà difficile svegliarsi: Francesco Totti domani annuncerà il suo addio alla Roma. I titoli di coda su una storia d’amore arrivano per colpa delle sue divergenze con la proprietà americana. La stessa che neanche un mese fa ha scelto di separarsi da Daniele De Rossi, a cui non ha voluti rinnovare il contratto. Domani, in una conferenza stampa che si terrà nella sede del Coni, l’ex capitano racconterà la sua verità e spiegherà le ragioni che lo hanno spinto a questo divorzio. Agli amici, Totti ha confidato di non aver più alcuna intenzione di vestire i panni del “gagliardetto” senza nessun potere decisionale: l’unico dirigente della Roma ad aver tentato fino all’ultimo a fargli cambiare idea, provando a fargli accettare l’incarico di direttore tecnico, è stato il ceo Guido Fienga. Ma non c’è stato verso. Non sono servite a nulla le parole di stima pronunciate 48 ore fa da James Pallotta, che ha provato a ricucire lo strappo con l’ex capitano: «Francesco è parte integrante della nostra dirigenza sportiva, se ha bisogno di tempo, noi glielo daremo», aveva spiegato il presidente, rimarcando però la centralità di Franco Baldini (nemico giurato di Totti) nelle strategie societarie.

Dire che la tifoseria romanista è sotto shock è un eufemismo. La notizia che Totti sta per sta per dire addio mettendo fine a una favola lunga trent’anni ha sconquassato l’ambiente come un terremoto, cogliendo tutti di sorpresa. Tra i principali bersagli delle critiche, ci sono il presidente Pallotta e il suo consulente Baldini, colpevoli secondo la piazza di aver architettato l’allontanamento del più importante idolo romanista. «Mi auguro che Totti lunedì non lasci nulla in sospeso e lanci la scarpa con tutti i sassolini su quel traditore di Pallotta», si scaglia un tifoso su Twitter. Gli fa eco un altro romanista su Instagram: «Capitàno, lunedì puoi ancora una volta fare la differenza: coraggio Francè, fagli il cucchiaio quando meno se lo aspettano». Anche sulle radio, il dibattito va avanti tutto il giorno, con le principali emittenti romaniste prese d’assalto dai supporter col cuore spezzato. Il sentimento più diffuso è la rabbia verso la società, ma c’è anche tanta tristezza per doversi separare da una sorta di eroe che ha regalato sogni a intere generazioni di romanisti. «Questa società ha distrutto il sentimento di un popolo, le sue bandiere e la sua squadra», commenta Franco, 71 anni, mentre Simona invita «tutti i dirigenti a scomparire da Roma e a farsi da parte il prima possibile». Per boicottare la proprietà americana, c’è perfino chi invita a disertare lo stadio Olimpico per tutta la prossima stagione. «Ora basta — urla un tifoso in radio — adesso che è iniziata la campagna abbonamenti sarebbe meglio non regalare più un centesimo a questi usurpatori e lasciare vuoto l’Olimpico ogni domenica». Se la maggior parte della tifoseria giallorossa si schiera con Totti, c’è però anche qualcuno che non gli risparmia critiche. Sui social e in radio c’è chi imputa all'ex capitano di essere stato poco partecipe delle decisioni del club, oppure di non essersi applicato a sufficienza per calarsi nel nuovo ruolo da dirigente. «Fare il dirigente vuol dire accettare il tempo che passa e tu ancora ti comporti da calciatore tra partite di calcetto e vacanze», accusa Micky88 su Twitter. A prescindere dagli schieramenti, l’estate calda della Roma sembra essere soltanto all’inizio.


Ciao Roma. Totti non cambia idea: domani sarà addio. C’è ancora Baldini dietro il suo strappo

LA GAZZETTA DELLO SPORT - Totti ci stava pensando su da un po’, da quando ha capito che la sua capacità di incidere sarebbe rimasta sostanzialmente la stessa di prima. E cioè minima. Nonostante le parole e le promesse. Il progetto (apprezzabile) del nuovo Ceo giallorosso Guido Fienga era quello di creare un asse Totti-De Rossi, con Francesco direttore tecnico e Daniele vice-Ceo. In meno di un mese gli si è sgretolato tra le mani e proprio dalla conferenza di De Rossi anche Totti ha iniziato a ragionare sul suo futuro. Perché poi è successo che c’erano da fare delle scelte relative al nuovo allenatore e al d.s. e le soluzioni prospettate da lui (la conferma di Massara e i nomi di Conteprima e Gattuso poi per la panchina) non si sono concretizzate, seppur per motivi diversi. Così Tottiha iniziato a riflettere, facendosi delle domande. E i dubbi sono cresciuti. Fino all’intervista di Pallotta, dove si è sentito in parte preso in giro. L’intento del presidente, ovviamente, non era quello. Il risultato è stato però drammatico, soprattutto a causa dei continui riferimenti a Franco Baldini. Già, perché poi Totti lascia la Roma sostanzialmente anche e per questo: il fatto di non contare nelle scelte, al contrario invece di chi – secondo lui – lo ha costretto a smettere di giocare (…).Così Totti ha deciso, se è così meglio mettersi da parte. E per il suo addio non ha scelto Trigoria (…). Inizialmente aveva optato per l’Olimpico, per aprire anche i cancelli alla gente per un saluti finale. Ma (…) i motivi di ordine pubblico gli hanno suggerito un’altra soluzione. Così è venuta fuori l’idea del salone d’Onore del Coni. (…) In quanto campione del mondo 2006 e titolare del Collare d’oro (la massima onorificenza sportiva italiana), Totti ha diritto a questa opportunità (…). E poi bisognerà capire cosa farà Francesco Totti più avanti, una volta lasciata la Roma. Ieri il presidente della Figc Gabriele Gravina è stato chiaro: «Aspetto un cenno da parte sua, la Figc è la casa della memoria e della storia (…)». Totti, così, sarà quasi sicuramente testimonial azzurro dell’Europeo2020, possibile che decida di intraprendere anche la carriera televisiva, come commentatore Sky. E poi all’orizzonte ci sono tanti altri progetti: la corte del Qatar per renderlo ambasciatore del Mondiale, la serie tv e gli inviti in ogni parte del mondo.


L’ultimo dribbling contro l’ambiguità

IL MESSAGGERO - FERRETTI - Soltanto il tempo, forse, ci racconterà la verità. E cioè a chi avrà fatto realmente comodo arrivare a questa soluzione. Nell'attesa, ecco l'incredulità, il dolore per un altro addio: Francesco Totti lascia la Roma. Due anni dopo aver attaccato gli scarpini al chiodo, il Capitano ha deciso, spinto a farlo, di mollare il club di James Pallotta. Non se la sente più di continuare ad essere soltanto un vessillo da esporre a secondo delle occasioni e delle necessità del bostoniano: meglio il distacco, traumatico e per certi versi impensabile, che l'essere sopportato per il fatto di essere stato il più grande calciatore della storia della Roma. Totti dice basta agli equivoci, alle parole non dette, ai compiti mai ricevuti; dice basta alle ambiguità di una società che ha un proprietario negli States e il dirigente più influente, più potente, a Londra, e neppure nell'organigramma ufficiale. Chi oggi sostiene che Pallotta comunque gli ha offerto il ruolo di direttore tecnico, e che quindi sarà Totti ad andare via e non la Roma a cacciarlo, dimentica che al dirigente Francesco in due anni è stato concesso poco o niente; e che quel poco, è stato sempre subordinato al giudizio, alla verifica di Franco Baldini, il presidente ombra del club, l'anti Totti per eccellenza. Amatissimo e ascoltato da mister Jim come nessun altro.

DICIOTTO ANNI DOPO Totti saluterà 18 anni esatti dopo la conquista del terzo scudetto giallorosso e lo farà a due passi da quello spogliatoio che, il 17 giugno del 2001, lo vide in lacrime per un successo inseguito una vita. La scelta di parlare nel cuore di Roma, con l'Olimpico sullo sfondo, e in casa del suo amico fraterno Giovanni Malagò non può essere casuale. Il Coni come (nuovo) punto di riferimento, il che significa mettersi a disposizione di tutto lo sport nazionale. Un rinnovato patrimonio dell'intero movimento italiano. Scegliere di non parlare a Trigoria, che per una trentina di anni è stata casa sua, è un segnale chiarissimo: lì ormai si sente un estraneo. Esagerato? Provate voi a mettervi nei panni di chi ha scelto sempre e comunque la Roma. Ben pagato, certo, ma altrove probabilmente avrebbe guadagnato e vinto di più. James Pallotta (o forse è meglio dire Franco Baldini) è libero di ritenere Totti un pessimo dirigente ma, come accaduto nel caso dell'ultimo capitano Daniele De Rossi, scartato dal club, tutto dovrebbe avere un tempo e una modalità. E la massima sincerità, la massima trasparenza senza supercazzole di alcun tipo. Oggi di tutto avrebbe avuto bisogno la Roma tranne che di un altro choc emotivo, ma quello che mister Jim non sa è che la Roma non è un'azienda di stampo americano all'interno della quale tutto è possibile sempre e comunque. Se oggi, ad esempio, Pallotta rinfaccia a Totti di non sapere una parola di inglese, indispensabile per essere un manager di valore, resta da chiedersi quante parole di italiano conosca lui. Che non si fa vivo da queste parti da tredici mesi. Forse per questo chi è nato a Porta Metronia dopo essersi tolto la maglia della Roma adesso deve staccare la Lupa dalla giacca. Chi sostiene che da domani la Roma sarà sempre la stessa, anche senza Totti (e De Rossi), racconta una bugia. Una di quelle che, non solo questa estate, vanno tanto di moda a Boston.


Tifosi dalla parte di Francesco. Ma c'è chi non è dispiaciuto

IL TEMPO - VITELLI - La città è divisa. Non equamente, ma comunque divisa. La notizia della conferenza stampa che terrà Francesco Totti domani ha fatto tremare l'urbe, con reazioni diverse, contrastanti, figlie del dolore, della rabbia. Ma anche meno emotive, diverse. Ed è il termometro dei social network a misurare l'improvvisa febbre che ha colpito i tifosi romanisti e non solo. Già, perché anche chi non ha il cuore giallorosso sta comunque vivendo questo passaggio epocale per la storia della AS Roma cercando di capirne i motivi. Sul web sono in moltissimi a schierarsi contro la presidenza americana. «Far finire la carriera a Totti, cacciare De Rossi, cacciare Totti. Questo è il triplete di Pallotta». E ancora. «De Rossi se n'è andato, Totti se ne va, Baldini ancora gira intorno alla Roma. Eusebio Di Francesco vuole la buonuscita, Petrachi ancora non si libera, Manolas al Napoli per Mario Rui, Preliminare di Euro-pa League. Sparatemi».

Ma c'è anche chi non si schiera dalla parte dell'ex-capitano. «Quanti altri addii di Totti dobbiamo sorbirci?», scrive una donna su Twitter. Qualcuno gioca d'ironia, come un utente che si firma con un nickname. «Adesso a Totti, poveraccio, senza più un lavoro nella Roma je darà un lavoro Malagò. Meno male perché m'ha detto mio cugino che er reddito de cittadinanza non lo poteva pijà perché c'ha una macchina de proprietà». Un tifoso analizza a modo suo la situazione. «Ci sono tanti motivi per criticare la società e questa dirigenza, soprattutto negli ultimi mesi. Ma la vicenda di Tottinon rientra tra questi. Francè, l'amore per te resterà sempre e per sempre. Detto ciò, fai come ti pare, noi restiamo qui a tifare la Roma nostra». Un altro supporter giallorosso si regala un amarcord. «Davvero incredibile, Francesco Totti mandato via il giorno dell'anniversario dello scudetto. Non ci posso credere». Altri cercano di scherzarci su come un ragazzo che su Facebookscrive: «Giusto mandarlo via, non sa l'inglese, come fa a fare il direttore tecnico?». Un altro cerca invece di analizzare la situazione con pragmatismo. «Un rinnovo a 37 anni, un rinnovo a 40, un contratto da dirigente e una promozione a direttore tecnico. Cos'altro vuole? Sarò impopolare ma non capisco». Una tifosa prova a fare un paragone tra la situazione di Totti e quella di De Rossi. «Se Daniele dice che non vuole restare a fare il dirigente perché non conterebbe nulla va bene, se Francesco chiede tempo perché evidentemente ha capito che ciò che ha detto Daniele è vero invece è un ignorante. Fate pace col cervello». Per nulla criptico, come ci ha abituato, Vittorio Feltri. «Mandare via Totti dalla Roma è come cacciare di casa il padre. Vergogna». Ora non resta che attendere poche ore per sapere dalla bocca di Francesco Totti i motivi di quella che sarà la sua decisione e cercare di capire come e perché ci sia arrivato. Qualunque cosa dirà, comunque, difficilmente farà cambiare idea a chi già ha deciso da che parte stare.


Gasparri: «Il presidente è come Attila. Adesso è ora che vada via»

IL TEMPO - SCHITO - Senatore della Repubblica, è stato Vice Presidente del Senato, ma soprattutto romanista. Maurizio Gasparri non ha mai nascosto di essere uno sfegatato tifoso della Roma, così come si è spesso espresso in maniera negativa nei confronti della proprietà americana. L'affaire Totti, dopo il recente addio di De Rossi, non ha lasciato indifferente il senato-re: «Io mi sono espresso più volte in termini molto critici nei confronti del presidente Pallotta, credo che sia veramente l'Attila della Roma. Penso a come è stato trattato Totti durante il periodo di Spalletti, all'addio di De Rossi con tutti gli equivoci che ci sono stati. Capisco che non è facile individuare un ruolo per Francesco, se il simbolo, il direttore tecnico, vicepresidente o altro, ma se Totti lascerà la Roma, credo che il disprezzo della città nei confronti di Pallotta dovrebbe essere clamoroso e totale. Dobbiamo auspicare che Pallotta lasci la società in qualsiasi modo. Se questo addio si verificasse, Roma dovrebbe lanciare una sorta di anatema su Pallotta: possiamo discutere per ore su cosa far fare a Totti, è legittimo che la società lo faccia e si confronti con lui. Tra Totti e Pallotta, la città di Roma ama Totti e vitupera e disprezza Pallotta con tutti i suoi sodali. Mi trattengo perché voglio evitare il codice penale, ma è solo questo a frenarmi dal dire quello che penso fino in fondo».

Se fosse lei a decidere, che ruolo darebbe a Totti? 
«O una funzione nell'area tecnica, visto che parliamo di un giocatore che aveva grande visione di gioco e un'esperienza forte di campo,oppure un ruolo altamente rappresentativo della società, che può essere rappresentanza esterna in Lega, con gli organismi internazionali e tanti altri. Tra Pallotta e Totti, per me è Totti a dover decidere. Per quanto mi riguarda, potrebbe anche prendere Pallotta a calci nel sedere per due ore al giorno, essendo un calciatore. Sarebbe una funzione che noi tifosi della Roma apprezzeremmo».

Qualora Totti dicesse che la sua storia con la Roma è finita, ci sarebbe un modo da parte della società per recuperare il rapporto con i tifosi? 
«Certo, andarsene via. Sarebbe l'unico modo. Se ne devono andare tutti, sono una sciagura. Se venisse a Roma, saremmo noi a mandarlo via. È un problema di ordine pubblico, il questore dovrebbe dargli il foglio di via. A volte vengono bloccate delle manifestazioni per motivi di ordine pubblico, ci sono autorità che hanno questo potere: credo lo debbano cacciare dal ruolo di presidente della Roma gli organi preposti all'ordine pubblico perché sono veramente dei provocatori, dei nemici del popolo e della città. Inizio a chiedermi per conto di chi agiscano».

Pensa che la figura di Baldini abbia un ruolo in questa vicenda? 
«Un ruolo nefasto nella storia recente della Roma».

Il discorso legato allo stadio può cambiare qualcosa?
«Lo stadio sta diventando una maledizione per la Roma, hanno pensato soltanto a quello, evidentemente non gli interessa altro. Non ho dubbio che la vicenda Totti possa creare reazioni forti in città, è una provocazione, l'ultima goccia di veleno che forse dovrebbero bere loro».


Gol, scudetti e sfottò: ma il lieto fine non c'è

IL TEMPO - BIAFORA - Trent'anni d'amore che si concluderanno il 17 giugno, una delle date simbolo della sua carriera. Francesco Totti ha deciso di rifiutare la carica di direttore tecnico e di lasciare la Roma, squadra in cui è entrato a 12 anni, senza poi lasciarla più. Il primo ingresso al centro sportivo di Trigoria è datato 1989, quando l'allora giovanissimo talento è stato acquistato dal settore giovanile della Lodigiani, con i giallorossi che hanno superato sul filo del rasoio la Lazio, che aveva già l'accordo per un trasferimento a Formello. Dopo tre annidi giovanili e la conquista di uno scudetto con gli Allievi e di una Coppa Italia con la Primavera, a soli sedici anni Totti ha esordito in Serie A con la squadra del suo cuore, mandato in campo da Boskov il 28 marzo 1993nel finale della sfida con il Brescia. Da allora le sue giocate, che hanno estasiato tutti nel corso dell'intera era Sensi, hanno incantato milioni di amanti del calcio e per 307 volte (il primo gol nel settembre del 1994 contro il Foggia) hanno fatto esultare i tifosi giallorossi, che per una scellerata gestione di Bianchi, intenzionato ad acquistare Litmanen per sostituirlo, hanno anche rischiato di vederlo indossare la maglia della Sampdoria.

Totti, conosciuto universalmente come «Il Capitano», ha indossato la prima fascia entrando al posto di Aldair in un match con la Fiorentina del 1998, con il brasiliano che gli ha in seguito lasciato definitivamente i gradi nel Roma-Udinese del 31 ottobre dello stesso anno. La stagione della consacrazione è sicuramente stata quella a cavallo tra il 2000 e il 2001, in cui insieme a Batistutae Montella, sotto la sapiente guida di Capello, è riuscito a vincere lo scudetto, strappandolo dalla maglia dei cugini laziali. L'indelebile successo, arrivato il 17 giugno 2001 con il 3-1 sul Parma, e la vittoria nella Supercoppa con la Fiorentina lo hanno portato ad essere tra i più votati del Pallone d'Oro di quell'anno, classificandosi alla fine quinto. Gli altri trofei alzati con la sua Roma sono le due Coppa Italia e l'altra Supercoppa, vinte sotto la prima gestione Spalletti. Con il toscano il numero 10 è riuscito a siglare 32 reti stagionali e a vincere la Scarpa d'Oro pochi mesi dopo il grave infortunio causato dall'intervento di Vanigli, trovando un incredibile exploit dal punto di vista tecnico e realizzativo grazie allo spostamento nel ruolo di prima punta, una trasformazione che lo ha accompagnato per tutto il prosieguo della carriera.

Nel 2009/10 Totti sfiora il secondo scudetto con la maglia giallorossa, un'impresa mai riuscita a nessuno, con la squadra di Ranieri fermata soltanto da una sfortunata prestazione con la Sampdoria. Pochi anni dopo ottiene due importanti risultati personali: la seconda piazza alle spalle di Piola nella classifica dei più grandi marcatori della storia della Serie A (alla fine sono 250 i gol totali in campionato con la Roma) e il record di giocatore più anziano a segnare una rete in Champions. Il proprio finale di carriera, raccontato con do-vizia di particolari nel libro autobiografico pubblicato nel 2018, Totti lo vive con il management americano (e soprattutto Baldini), allenato nuovamente dal maestro Zeman, poi da Garcia e infine da Spalletti, per quello che è stato un finale tormentato e travagliato per il pessimo rapporto con il tecnico toscano. La partita con il Genoa del 28 maggio 2017 rappresenta la sua ultima da calciatore: l'abbraccio della Curva Sud non si può scordare «Totti è la Roma».

Indimenticabili le sue esperienze con la maglia della Nazionale: il cucchiaio a Van der Sar ad Euro2000 il gol più incredibile,il rigore segnato all'Australia e la vittoria della Coppa del Mondo nel 2006 i punti più alti dell'avventura azzurra, terminata subito dopo il successo a Berlino. «Torneremo grandi insieme» ha detto Totti nel salutare l'amico ed ex compagno De Rossi: di certo la loro assenza sarà un vuoto incolmabile per i tifosi della Roma. Impossibile escludere un loro ritorno in futuro, ma ora resta soltanto l'amarezza di un doppio addio difficilissimo da digerire e superare.


Totti sbatte la porta in faccia a Pallotta: è addio

IL TEMPO - AUSTINI - Finisce nel modo peggiore possibile. Rabbia, distanza, gelo, rancore e accuse reciproche: la storia tra la Roma e Francesco Totti, esempio rarissimo di romanticismo nel calcio, si chiude con un mix micidiale. Il capitano ha deciso di lasciare il club e domani lo annuncerà ufficialmente in una conferenza stampa organizzata dalla

cognata Silvia, sorella di Ilary Blasi, nel Salone d'Onore del Coni, dove l'amico Giovanni Malagò gli spalancherà le porte «in quanto campione del mondo - spiega il numero 1 del Comitato Olimpico - e Collare d'oro, che è la massima onorificenza dello sport». La Roma lo è venuto a sapere dai media dopo che il ceo Fienga al telefono ha provato a convincere l'ex capitano a prendersi quantomeno altro tempo. Nessuna dimissione formale, solo un saluto freddissimo e polemico.

Totti dirà addio alla Roma lontano da quella che è stata la sua casa per trent'anni, gli ultimi due nei panni da dirigente che non ha mai sentito come suoi. E allora meglio chiuderla qui prima di rovinarsi il resto della vita a vicenda con la Roma. Perché questo stava succedendo in un rapporto che con la proprietà americana non è mai decollato. Un retroscena spiega quanto sia insanabile la frattura: quando Pallotta, durante le riunioni della scorsa settimana a Londra con i dirigenti e Fonseca, è stato informato che Totti era intenzionato a rifiutare l'offerta di promozione a direttore tecnico, ha provato a telefonare all'ex capitano e non ha ricevuto risposta. Non solo Totti si quindi rifiutato di partecipare ai meeting con la società, ma è arrivato al punto di non voler neppure parlare con Pallotta. Cosa che, in realtà, non è mai stata facile per distanze linguistiche e culturali incolmabili.

Come per l'addio altrettanto lacerante di De Rossi, questa è una storia senza innocenti e con un uomo al centro dello scontro: Franco Baldini. Il consigliere più fidato del patron di Boston è diventato il nemico numero 1 nella testa di Totti. L'ex capitano lo ritiene l'ispiratore della scelta fatta dalla Roma nel 2017 di non rinnovargli il contratto da calciatore. Aveva quasi compiuto 41 anni, ma voleva continuare a giocare. Una volta iniziata la sfortunata avventura da dirigente, senza una qualifica specifica e tantomeno un'idea precisa sul settore a cui dedicarsi, Totti ha capito che il dirigente toscano era ancora lì a partecipare ai processi decisionali della società, seppur a distanza. E allora, si è detto, io che ci sto a fare se non conterò mai nelle scelte quanto Baldini? Un malessere maturato nel tempo, insieme alla consapevolezza che sul piano economico può guadagnare molto di più dei 600mila euro del contratto attuale col club grazie alle attività personali: dal libro, al docu-film fino agli inviti in giro per il mondo alle partite di esibizione. Ed è proprio su questo che si basano le contro-accuse della società, delusa dal fatto che Totti in questi due anni si sia impegnato più per curare il suo «giro» e poco per crearsi una nuova strada in sinergia con la Roma.

La goccia che ha fatto traboccare il vaso è statala selezione del nuovo allenatore, con Totti che spingeva prima per Conte e ha buttato lì il nome di Mourinho, poi, facendo i conti con la dura realtà di una Roma dall'appeal ridimensionato, ha spinto per Gattuso e Mihajlovic. Ma Pallotta ha ascoltato altri (non Baldini in questo caso) e ha ingaggiato Fonseca, facendo sentire l'ex capitano ancora una volta poco coinvolto. Secondo il presidente, la verità è molto diversa: «Fienga gli ha proposto il ruolo di direttore tecnico - ha spiegato Pallotta venerdì in un'intervista al sito del club - uno dei più importanti nella nostra area sportiva e questo spiega tutto su quello che pensiamo di Francesco. Nelle ultime decisioni ha avuto un peso che neanche lui pensa di avere». Ma Totti non avverte questo, non si fida degli altri dirigenti (in parte solo di Fienga) e l'unica parte delle parole di Pallotta che gli è interessata è stato il passaggio in cui il presidente nomina «Franco». Baldini, appunto. Che per Totti è il diavolo e quindi bisogna andarsene. Insomma se l'intervista di Pallottadoveva essere l'estremo tentativo per ricucire, ha sortito l'effetto contrario. Francesco è deluso e determinato al tempo stesso e ieri non ha annullato una festa con gli amici che aveva organizzato da tempo a casa.

Domani al Coni, davanti a centinaia di giornalisti, sparerà bordate sulla Roma che non sarà rappresentata da nessuno - c'è da scommetterci - il giorno dopo partirà con la famiglia per una vacanza a Ibiza, poi avrà tutto il tempo per valutare cosa fare in futuro: di sicuro continuerà a divertirsi e guadagnare con gli eventi, al tempo stesso ragionerà anche sulla proposta della Figc nel settore giovanile («Aspetto un suo cenno» ha detto il presidente Gravina) ma soprattutto su quella di diversi amici procuratori che gli propongono di collaborare. E un giorno, chissà, potrà tornare alla Roma quando saranno altri a gestirla. In fondo è un arrivederci, come quello di De Rossi, ma ha il sapore amarissimo di un amore finito.


E adesso resta solo Florenzi. Forse...

IL TEMPO - BIAFORA - I cento giorni dell'Apocalisse giallorosso. Dal 7 marzo, data dell'esonero di Di Francesco, la Roma sembra essere entrata in una spirale negativa infinita e senza via d'uscita. L'ultima tempesta che si è scatenata e si scatenerà su Trigoria è quella delle dimissioni di Tottidalla dirigenza, ma negli ultimi tre mesi sono svariate le bufere che hanno coinvolto la società di Pallotta.

All'indomani dell'eliminazione agli ottavi di Champions League con il Porto, il club ha prima deciso di cambiare allenatore, esonerando Eusebio Di Francesco e richiamando Ranieri nella Capitale come traghettatore, e poche ore dopo ha interrotto il rapporto con il ds Monchi, la cui assunzione è stata reputata dal presidente di Boston «L'errore più grande mai compiuto». Con l'approdo del tecnico di San Saba sulla panchina, la Roma sembrava aver trovato un po' di stabilità e la giusta spinta per puntare al quarto posto, ma il pareggio con il Genoa, arrivato nei giorni del grande rifiuto di Conte, ha praticamente tolto qualsiasi speranza alla squadra, giunta alla fine sesta in campionato, trovando soltanto una qualificazione ai turni preliminari di Europa League. Durante le battute finali della stagione è inoltre giunta la notizia del mancato rinnovo di contratto di De Rossi, una decisione che ha scatenato il putiferio, portando i tifosi a contestare duramente la proprietà sotto la nuova sede all'Eur e a Trigoria, con Ranieri che nei colloqui con gli ultras ha cercato di giustificare la parte romana della dirigenza, imputando la separazione con il numero 16 alla «testa grigia» di Baldini e al «fenomeno» Pallotta. La scelta di non prolungare l'accordo con DDR e le motivazioni illustrate da Fienga nella conferenza stampa congiunta hanno causato lunghi strascichi, culminati con l'inchiesta de La Repubblica su una presunta fronda di parte dello spogliatoio.

Altri temi caldi dell'ultimo mese sono stati prima il casting per il nuovo allenatore, vicenda che ha coinvolto Conte, Gasperini, Mihajlovic, De Zerbi e il prescelto Fonseca, e le mosse di mercato, portate avanti da Petrachi, ancora non investito ufficialmente viste le difficoltà nel liberarsi dal Torino di Cairo. Il direttore sportivo deve far fronte alle esigenze di bilancio e ai paletti imposti dal FPF ed ha quindi imbastito una trattativa con l'Inter per la cessione di Dzeko, che sicuramente non basterà per rispettare i dettami richiesti dalla Uefa entro il 30 giugno. L'altro giocatore sul piede di partenza è Manolas, che si può liberare tramite il pagamento della clausola rescissoria da 37 milioni di euro. Raiola, agente del greco, non ha finora trovato un club disposto a versare tale cifra nelle casse della Roma, ma ha avuto alcuni contatti con il Milan e con il Napoli, a caccia di un sostituto di Albiol. In bilico anche la posizione di Florenzi, che potrebbe essere l'indiziato numero uno a lasciare Trigoria nel caso in cui non si reperissero plusvalenze con altre cessioni. A concludere la trama di un thriller a tinte giallorosse ci sono le difficoltà nell'ottenere il via libera definitivo per iniziare i lavori dello stadio a Tor di Valle, che hanno portato Baldissoni ad incontrare il sindaco di Fiumicino, piano B della società se si impantanasse il progetto attuale. Sarà un'estate di fuoco, possiamo scommetterci.


Il fratello di Kolarov a colloquio col presidente del Fenerbahce. Futuro in Turchia per il difensore serbo?

Nikola Kolarov presente ieri in occasione della partita dei play-off della fase finale della Basket Super League in Turchia ed era a colloquio con il presidente del  Fenerbahce calcio Ali Koç. Questo è quanto riferisce il giornale turco fotomac in merito all'incontro avuto tra il fratello del difensore della Roma ed il massimo dirigente del club gialloblu. Non è ovviamente da escludere che i 2 abbiano parlato proprio del futuro del giocatore giallorosso visto che le ultime voci di mercato vogliono il serbo (legato ai giallorossi ancora da un anno di contratto) in procinto di trasferirsi a Istanbul. Per il calciatore che a novembre compirà 34 anni è pronto un contratto di 2-3 anni con un ingaggio di 2,7 milioni a stagione.


Telefonata fra Wanda e Conte: “Liberate Icardi a costo zero"

LA REPUBBLICA - VANNI - Icardi vuole giocare nella nuova Inter. Se per lui non ci sarà posto, chiede di essere svincolato gratis. Questo ha detto Wanda Nara ad Antonio Conte una settimana fa, in una telefonata di un’ora. Una posizione ritenuta assurda e inaccettabile dalla società, che con la cessione dell’attaccante conta di portare a casa milioni preziosi per il mercato. A chiamare la moglie e manager del numero 9 è stato l’ex ct. Nara si trovava con i figli a Milano, nell’attico con vista stadio in cui vive. A Conte ha assicurato che Maurito lo ritiene un grande allenatore. Ha poi fornito la propria versione dei contrasti alla Pinetina negli ultimi mesi. Prima la decisione di togliere a Icardi la fascia di capitano, che lei ritiene ingiusta e fatta per allontanarlo dal gruppo e dai tifosi, per poi venderlo. Quindi il dolore provato dal marito nel vedersi declassato, alleviato solo dalle lettere dei giovani tifosi, che conserva a centinaia. Nara ha anche ripercorso i due mesi che Icardi ha passato senza allenarsi: sostiene che l’autoesilio fosse davvero dovuto ai guai al ginocchio (si dice pronta a esibire la documentazione medica) e non a una ripicca. Una verità di parte, molto distante da quella della società e di molti tifosi interisti. Infine, il giro di vite: se l’Inter considera Icardi un peso – ha detto Nara – se ne liberi consentendogli di partire a parametro zero. Una provocazione che Wanda non ha però ribadito all’ad Beppe Marotta, con cui i colloqui sono frequenti.

Repubblica ha raccontato di come lo staff del giocatore abbia anche contattato diversi avvocati, per valutare se in caso di muro contro muro possa essere il collegio arbitrale della Serie A a dichiarare risolto il contratto che lo lega all’Inter fino al 30 giugno 2021. Le carte bollate sarebbero l’ultima spiaggia. Icardi e i suoi collaboratori, come anche la società, confidano che la questione possa risolversi con beneficio per tutti, ma le posizioni sono distanti e il tempo stringe. Icardi tiene duro, mentre per l’Inter l’ottimo sarebbe cederlo già entro il 30 giugno, per realizzare le plusvalenze imposte dal fair play finanziario Uefa. La squadra andrà in ritiro a Lugano l’8 luglio. Se a quella data Icardi non sarà stato ceduto, è probabile che Conte lo convocherà, anche per evitare azioni legali. Al Chelsea Diego Costa sostenne di avere ricevuto un sms dal tecnico, nell’estate 2017, che gli comunicava che non rientrava nei progetti della squadra. Fu l’inizio del burrascoso addio del giocatore al club londinese. Questa volta il tecnico è stato più cauto. Con Nara non si è nemmeno sbilanciato sul fatto che il marito possa o meno giocare nell’Inter la prossima stagione. Icardi sarebbe stato contattato direttamente dall’Atletico Madrid, da una squadra statunitense e da almeno un club della Premier League. Ma all’Inter di offerte non ne sono arrivate. L’unica trattativa che resta in piedi è con la Juventus: i nerazzurri chiedono soldi o uno scambio con Dybala, che è poco convinto però. Una soluzione che invece Icardi potrebbe alla fine accettare. Giocando a Torino, potrebbe evitare di trasferire moglie e figli. Il timore dell’Inter è che le manovre di Icardi per liberarsi gratis servano a firmare proprio con il club bianconero, con cui avrebbe contatti da tempo. Wanda nega. Di sicuro, a Sarri Icardi piace.