Udinese, caviglia rotta per Behrami. Salterà la Roma

Valon Behrami, centrocampista dell’Udinese, ha riportato un grave infortunio nel corso del match contro il Milan. Secondo quanto riportato da Sky Sport, per il giocatore si tratterebbe addirittura di una caviglia rotta. Behrami, quindi, salterà il match di campionato contro la Roma, in programma il prossimo 13 aprile.


Serie A, Cagliari-Juventus 0-2. Reti di Bonucci e Kean

Si conclude la sfida della Sardegna Arena tra Cagliari e Juventus. Bianconeri in vantaggio nel primo tempo grazie alla rete di Bonucci. Gli uomini di Allegri blindano la partita vicini allo scadere, grazie alla rete di Kean all’85’.


La rivoluzione della Roma comincia dal preparatore

INSIDEROMA.COM - MASSIMO DE CARIDI - Si volta ancora pagina. La Roma ha deciso di cambiare nuovamente preparatore atletico, visti i 42 infortuni muscolari che hanno colpito i giocatori giallorossi nel corso della stagione non ancora terminata. Maurizio Fanchini era arrivato la scorsa estate al posto del duo Norman-Lippie proprio a causa dei tanti guai fisici che avevano colpito i calciatori della Roma ma i risultati sono stati paradossalmente peggiori.

Facendo, però, un percorso a ritroso da quando la proprietà americana si è insediata a Trigoria, notiamo come siano ben 6 i preparatori atletici che si sono alternati in questi 8 anni e solo Norman e Lippie, voluti espressamnte dal presidente Pallotta in persona, hanno resistito più di una stagione.

Il primo fu Pol Cabanellas Rafael, all’epoca 24enne che arrivò con Luis Enrique e sino a quel momento era stato ricercatore sportivo ed aveva curato solo il settore giovanile e gli allievi nazionali di Barcellona e Poblense. Fu un flop, come tutta l’esperienza del tecnico asturiano con i giallorossi che chiusero al settimo posto in classifica ed un numero di infortuni piuttosto alto. Un dato colpisce subito: gli uomini di Luis Enrique accusarono 9 infortuni al flessore già a fine novembre e se si pensa che erano usciti a luglio dall’Europa League, si capisce come quella preparazione non fosse certo la migliore della storia giallorossa.

Poi arrivò Zdenek Zeman, coadiuvato nella preparazione da Roberto Ferola. Il mister boemo per molti era una certezza almeno dal punto di vista della preparazione atletica ma non erano più gli anni ’90 ed i giocatori moderni non gradiscono molto i gradoni. Lo stesso Zeman ebbe a dire una volta che con la pioggia e d’inverno la squadra era costretta ad allenarsi in 12 su 25 perché gli altri erano o infortunati o a casa per l’influenza e così era difficile mantenere una forma fisica importante per tutta la stagione. Esonerato il boemo, fu la volta di Andreazzoli e la gestione atletica fu interna per giungere (male) al termine della stagione con l’infausto 26 maggio in cui i giallorossi persero la Coppa Italia nel derby con la Lazio.

A quel punto, si doveva dare una svolta: tecnica, di metodologia di lavoro, societaria e dirigenziale. L’allora ds Walter Sabatini scelse Rudi Garcia, ex allenatore del Lille, che non era conosciuto dalle nostre parti ma che aveva vinto una Ligue 1 pochi anni prima e che era molto stimato dallo stesso direttore sportivo umbro. La Roma prese Luigi Febbrari come preparatore atletico, che come curriculum poteva vantare una stretta collaborazione con Edy Reja, che aveva seguito anche alla Lazio. Era il momento di maggior attrito tra dirigenza e tifoseria proprio per le accuse di aver messo in società un alto numero di “laziali” e certamente questa mossa non aiutò. Il percorso dello stesso Febbrari fu breve come quello dei suoi predecessori perché il numero di infortunati per problemi muscolari non accennò a diminuire, anzi.

Quindi, arrivò Paolo Rongoni, un preparatore molto stimato da Garcia, che infatti lo ha voluto nel suo staff anche nell’attuale esperienza al Marsiglia. Anche lui veniva dall’esperienza nelle fila dei biancocelesti ed anche per lui la parentesi Roma durò solo una stagione. Il presidente Pallotta ebbe a dire: “La preparazione atletica non è stata sufficiente. Dopo un’ora la squadra non aveva più energie, faticava”.

L’estate successiva, campionato 2015-16, fu lo stesso massimo dirigente americano a scegliere chi dovesse curare sotto ogni aspetto la preparazione dei calciatori e si affidò al duo Norman-Lippie considerati tra i migliori nel proprio settore. La loro permanenza alla Roma durò più degli altri perché riuscirono a rimanere nella Capitale sino a giugno 2018 ma anche qui le strade si divisero a causa dei troppi infortuni muscolari.

Il tecnico Di Francesco chiamò il preparatore atletico che lo aveva supportato nelle stagioni vissute al Sassuolo e giunse a Roma Maurizio Fanchini. “La metodologia dell'allenamento applicata al singolo calciatore viene definita 'carico interno’, che ha la capacità di stimolare l'organismo verso il miglioramento dei risultati sportivi”. Questo il suo pensiero su come far lavorare la squadra ma, come visto, anche questo metodo si è rivelato fallimentare ed è stato allontanato insieme al mister abruzzese nel momento dell’esonero di quest’ultimo.

Per la prossima estate si fanno 2 nomi e sono entrambe vecchie conoscenze: un ritorno di Ed Lippie (senza Darcy Norman) e quello di Paolo Bertelli, sotto contratto col Chelsea ma in scadenza a giugno.

Il primo è sicuramente molto apprezzato nelle alte sfere di Trigoria e conserva ottimi rapporti con lo staff giallorosso ma non ha lasciato ricordi indelebili tra i tifosi. Discorso ben diverso per il preparatore toscano: in giallorosso vinse il premio come miglior preparatore atletico italiano dell’anno, la Roma aveva una tenuta atletica ottimale per tutta la stagione e gli infortuni erano molti più contenuti di questi anni. Lo stesso Bertelli ha lavorato sia con Conte che con Sarri nel suo periodo ai Blues e chissà che una di queste 2 accoppiate non possa ripetersi anche alla Roma.


InsideRoma Daily News | Rifinitura a Trigoria in vista della Fiorentina. Previsti 30.000 spettatori all'Olimpico. Ranieri: "Penso 25 ore al giorno a come migliorare questa squadra"

NOTIZIE DEL GIORNO | 2 aprile 2019

QUI ROMA

I giallorossi si sono ritrovati a Trigoria per la rifinitura in vista del match di domani contro la Fiorentina. La seduta è iniziata in sala video, per poi proseguire sul campo per il lavoro atletico e tattico. In conclusione una partitella per provare alcune combinazioni. Florenzi ed El Shaarawy hanno svolto lavoro individuale.

Sono 22 i calciatori convocati da Claudio Ranieri per la gara contro la Fiorentina, in programma domani sera allo Stadio Olimpico di Roma. Tornano nella lista Lorenzo Pellegrini, che anche oggi ha svolto lavoro con il gruppo, e Javier Pastore. Assente Manolas, squalificato, oltre agli infortunati Florenzi ed El Shaarawy.

Si prevede uno Stadio Olimpico semivuoto per l’infrasettimanale di campionato tra Roma e Fiorentina, in programma domani sera alle 21:00. Solo 4.500 i tagliandi staccati che, sommati agli abbonati, non arriveranno a superare i 30.000 spettatori.

Il centro studi CIES ha analizzato le valutazioni di mercato dei calciatori dei cinque maggiori campionati europei. Il giocatore più oneroso della Roma è Bryan Cristante con una valutazione di 55 milioni di euro. L’ex Atalanta si posiziona così sesto, a pari merito con l’attaccante della Lazio Ciro Immobile.

INTERVISTE

Roma-Fiorentina, Ranieri: "Scelte difficili, dovrò fare il farmacista, penso 25 ore al giorno a come migliorare questa squadra "

Totti: "Essere dirigente è un'esperienza nuova che ho intrapreso con lo spirito giusto"


Ipotesi, sogni e follie. Il punto sul calciomercato (non ancora iniziato) della Roma

INSIDEROMA.COM – ILARIA PROIETTI – Il calciomercato non si ferma davanti a nulla. In casa Roma, nonostante tutte le incertezze legate a una stagione ormai bollata come fallimentare, si pensa già ai nuovi profili utili per la rifondazione giallorossa. Chi siederà sulla panchina della società capitolina è ancora da definire, come è da chiarire chi rivestirà il ruolo di direttore sportivo dopo l’addio di Monchi. Sarà la coppia Massara-Totti? Sarà Petrachi del Torino? Sarà Campos? I romantici fantasticano anche su un ritorno di Walter Sabatini.

Difficile, quindi, definire la strategia d’acquisto. Solo quando saranno stati appurati il nuovo tecnico e il nuovo diesse, forse, i nomi legati al mercato estivo acquisiranno valore concreto. La Champions League sembra allontanarsi sempre di più e, senza i soldi vincolati all’ingresso nell’Europa che conta, la Roma sarà costretta di sicuro a volare basso. Ritorna quindi lo spettro delle plusvalenze necessarie per far quadrare il bilancio, con Cengiz Ünder tra i principali indiziati. Si aggiunge un’altra complicazione legata al pericolo delle minusvalenze. Il mercato della scorsa estate è stato un flop e risulterà assai difficile guadagnare sugli acquisti di giocatori come Nzonzi (26 mln più 4 di bonus) e Pastore (24,7 mln), tra i papabili in uscita da Trigoria.

IL DOPO-DZEKO – Il contratto del cigno di Sarajevo è in scadenza nel 2020, la Roma non sembra intenzionata a rinnovarlo e ha già dato il via alla caccia per il suo sostituto. Si parla del classe ’90 Dario Benedetto. L’attuale ds ad interim giallorosso, Ricky Massara, ha preso informazioni sull’attaccante del Boca Juniors che viene valutato circa 20 milioni. Dalle parti di San Siro si parla anche della possibilità di uno scambio Dzeko-Icardi; l’Inter punta ad un affare low cost, mentre la Roma valuta il suo 9 circa 30 mln di euro. Altra idea è lo scambio con un altro argentino: Higuain. L’attaccante, ora al Chelsea dal suo vecchio mentore Sarri, è ancora di proprietà della Juventus. Si è parlato anche di Andrea Belotti. Il Gallo è stato più volte accostato alla Roma quando Di Francesco sedeva ancora sulla panchina giallorossa. La pista ha perso terreno nelle ultime settimane, ma il possibile arrivo alla Roma di Petrachi potrebbe rimischiare le carte in tavola.

EMERGENZA CENTROCAMPO – Con De Rossi (purtroppo) agli sgoccioli e la delusione Nzonzi, sarà sicuramente opportuno rinfoltire il centrocampo. Si guarda in Serie A, con i corteggiatissimi Bennacer (Empoli) e Barella (Cagliari) in cima alla wishlist della Roma. Parlando di giovani talenti italiani, i giallorossi potrebbero puntare su Locatelli (Sassuolo) o su Sandro Tonali, che ancora milita in Serie B (Brescia) ma è già stato etichettato come il nuovo Pirlo. Gli altri nomi in voga sono Vilhena (Feyenoord) e Soumaré (Lille). Sulla trequarti, invece, rimane viva l’ipotesi Ilicic (Atalanta), tentato dalla Roma già a gennaio.

RIORDINARE LA DIFESA – Avere Mino Raiola come procuratore, si sa, non è mai un buon segno. Se Manolas dovesse partire lascerebbe allo sbando la retroguardia giallorossa, che non potrà di certo affidarsi all’irriconoscibile Fazio né a Marcano o Juan Jesus. I centrali sotto osservazione sono Mancini (Atalanta), corteggiato spudoratamente, oltre a Chabot (Groningen) e Marcão (Galatasaray). Sembrava cosa fatta il giovane Guedes (Santos), per via di un pre-accordo con i giallorossi che avrebbe voluto il centrale nella Capitale già ad aprile per le visite mediche. Le ultime indiscrezioni, però, rivelano che Monchi (autore dell’accordo iniziale) starebbe tentando di scippare il giocatore ai giallorossi per portarlo al Siviglia. In materia di terzini, la Roma si sta concentrando principalmente sulla fascia sinistra. Kolarov, vicino all’età pensionabile, va rimpiazzato. Santon è un valido panchinaro e Luca Pellegrini potrebbe rimanere al Cagliari. Quindi via con i nomi di Tagliafico (Ajax), Mendy (Manchester City) e Wendell (Bayer Leverkusen).

LE SUGGESTIONI – Che mercato sarebbe senza i nomi impossibili? Quelli che “non si sa mai”, al limite del fantacalcio. Si tratta di Kovacic (Chelsea), Lovren (Liverpool) e Nacho (Real Madrid). Dulcis in fundo, Federico Chiesa. Altro talento nostrano che la Fiorentina, però, valuta a peso d’oro. La cifra si aggirerebbe attorno ai 70 milioni.


Tragedia greca. Manolas: «Troppi infortuni? Chiedete ai preparatori»

LA GAZZETTA DELLO SPORT - Appena un anno fa diventava l’eroe nazionale grazie al gol col Barcellona, adesso Kostas Manolas rischia proprio di non disputarla quella coppa che soddisfazioni gli ha regalato. Come sempre è tra gli ultimi ad alzare bandiera bianca, ma si è reso ampiamente conto della maggior qualità del Napoli in tutti gli ambiti, a partire da quello fisico: «Abbiamo avuto troppi infortuni, siamo stati poche volte in campo assieme. Non so i motivi, non sono un preparatore, chiedete a loro». Il greco non vuole comunque mollare«La responsabilità è di tutti, finché la matematica non ci condanna dobbiamo avere speranza. Non posso pensare alla Roma fuori dall’Europa.» Si ripartirà adesso mercoledì contro la Fiorentina, e lui non ci sarà per squalifica. Dal primo minuto potrebbe rivedersi Under, e Ranieri confida anche nel recupero di Pellegrini. Rimane, ancora, il dubbio Olsen-Mirante.


Inferno Roma. Travolta, è settima e rischia l’Europa

LA GAZZETTA DELLO SPORT - La rabbia di Pallotta è evidente, proprio come il suo nervosismo. Legato all’andamento della squadra ed al traguardo della Champions che si allontana. Ma anche alla situazione-stadio, che il presidente non pensava potesse complicarsi ad un passo dal traguardo. Ecco anche perché ha deciso di mandare a Roma un paio di uomini di sua fiducia, che arriveranno direttamente dall’America nei prossimi giorni. Gente che avrà il compito di vedere e capire, magari indagare e sindacare. [..] In tutto questo, ovviamente, la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato proprio il 4-1 subito ieri dalla Roma all’Olimpico. Una sfida in cui, almeno sulla carta, la Roma avrebbe dovuto avere motivazioni a mille e il Napoli magari girare con qualche ruota più sgonfia. Ed invece, in campo, si è visto il contrario, con i partenopei vogliosi di raggiungere una vittoria che invece non sembrava essere tra i pensieri di molti giallorossi. «Stiamo cercando di fare di tutto, ma la verità è che gli altri corrono di più, ti mettono in mezzo, ed allora è difficile aiutare questi ragazzi – ha detto Claudio Ranieri –. Si sono allenati poco, ci sono stati tanti infortuni, le partite. Gruppo fragile? Vedendolo da fuori capisci determinate cose, vivendolo da dentro le capisci ancora di più. Dentro c’è un po’ tutto, l’aspetto fisico e mentale, ma non quello tecnico, perché la squadra di qualità ne ha. Siamo come un pugile, dobbiamo prendere meno botte possibile in faccia perché poi fanno male». 


Furia Napoli all’Olimpico e gli azzurri fanno festa

LA GAZZETTA DELLO SPORT - Le ultime della Roma sembrano uguali per risultati, errori, mancanza di personalità, di identità tattica e anche di fiato. Un gruppo fragile in tutti i sensi, che non riesce mai a inventare una fine diversa e aggiunge un’altra sconfitta a una stagione che mette a rischio l’obiettivo minimo: posto in Champions e cessioni lucrative. Contestata dai tifosi, sbeffeggiata dagli avversari, sgridata (eufemismo) dal proprietario, a sua volta insultato dall’Olimpico. La Roma non ha trovato alcun beneficio dal cambio di allenatore: tocca i 62 gol incassati in 39 uscite, mostra le rughe impietose di alcuni leader, vedi De Rossi, e le mancanze di presunti sostegni, tipo Nzonzi, Dzeko, Cristante e Olsen.


Roma, il giorno della vergogna

IL MESSAGGERO - TRANI - Sparita, definitivamente. La Roma non c'è più. A 9 partite dal traguardo, si ritira dal torneo (7° posto e sorpasso della Lazio che deve pure recuperare la gara con l'Udinese), incapace di competere per qualsiasi obiettivo, anche quello di consolazione (4° posto). Fuori dalla serie A, come dalla Coppa Italia e dalla Champions. Il Napoli si diverte all'Olimpico: torello e tiro al bersaglio. Ranieri è umiliato da Ancelotti che, festeggiato dalla Sud, al 7° tentativo batte il collega, responsabile quanto i calciatori della nuova figuraccia. Cambia l'allenatore, dunque, e non il risultato. Anzi la situazione precipita: mai persi, in quasi 5 anni, 2 match di fila in campionato. Ultima volta, nel maggio 2014: Garcia in panchina e il 2° posto in cassaforte. Sembra passata una vita.

IMPROVVISAZIONE TOTALE - Fisicamente e tatticamente non c'è stata partita. Ma è la lezione del Napoli, con il 2° posto al sicuro da tempo, a far riflettere, non il distacco di 16 punti in classifica. A rincorrere la zona Champions sembra che ci fosse Ancelotti (esulta a ogni gol), all'Olimpico senza 7 giocatori , e non Ranieri. Che non inquadra il match già in partenza, forzando i recuperi di Manolas, Kolarov e soprattutto di De Rossi per il forfait postdatato di Zaniolo che poi vedremo in campo senza un perché. Con il capitano, scontato il ritorno al 4-2-3-1. Accanto a lui, Nzonzi. Più Cristante trequartista dietro a Dzeko, Schick largo a destra e Perotti a sinistra. Basta un minuto e mezzo per capire che la modifica è superflua: l'assetto resta vulnerabile. Scavetto di Verdi in verticale, controllo volante con il tacco di Milik che spara sul palo coperto per il vantaggio. La Roma è sempre la stessa e prende gol come se piovessero (62 tra serie A e coppe). È successo in 24 delle 29 partite in campionato (in 14 incassando almeno 2 reti a partita). Il trend è desolante. Con la linea a 4, qualsiasi siano gli interpreti schierati, sempre distratta e disorganizzata. Quindi fragile. Il centrocampo non fa mai schermo e gli esterni offensivi non rientrano.

CORREZIONE APPROSSIMATIVA - Il Napoli, con il solito 4-4-2, fa quello che vuole. Accelera, palleggia e conclude. Ranieri improvvisa per interrompere l'esibizione, rivedendo subito l'assetto e riproponendo il 4-3-3, la traccia preferita di Di Francesco, dopo appena 8 minuti. Cristante si allinea a De Rossi e Nzonzi: è il prologo del crollo. La gente non ne può più e fischia ogni passaggio sbagliato. Verdi, su invito da destra di Mertens, si pappa la palla del raddoppio, calciando addosso a Olsen. Fallito il rigore in movimento. Calvarese, su chiamata chic dell'assistente Perotti, annulla la rete di Milik per fuorigioco millimetrico ancora su appoggio di Mertens. La Roma aspetta il recupero per il 1° tiro nello specchio della porta. Che fa momentaneamente la differenza. In premio c'è il pari: Perotti spiazza su rigore Meret che ha atterrato Schick, dopo la torre di Nzonzi che, pescato in area da Dzeko, infierisce in elevazione sull'ex Mario Rui.

CROLLO ANNUNCIATO - Il gol di Perotti, però, non nasconde le lacune di questa squadra allo sbando. La gaffe di Olsen, su cross da destra di Callejon, certifica il 13° ko stagionale (8° in campionato): segna Mertens. Buca De Rossi e fa centro pure Verdi. Sul punteggio di 1-3, la Sud se l'è presa con il presidente Pallotta e a seguire con i calciatori, definiti mercenari e invitati a sfilarsi la maglia. Applausi solo per Zaniolo, dentro per Schick. L'esclusione iniziale della mezzala diventa inconcepibile proprio dopo la decisione di Ranieri di inserirlo poi a partita ormai chiusa. Traversa di Nzonzi prima del poker di Younes. La Roma, nei 6 scontri diretti contro le 4 squadre che la precedono in classifica, ha conquistato solo 3 punti su 18. Ancora nessun successo contro le big. Ranieri, intanto, imita Zeman, l'ultimo a prendere 4 reti in campionato all'Olimpico, il 1° febbraio 2013 contro il Cagliari (2-4). Pagò solo l'allenatore, quella notte. Oggi ancora nessuno.


Pallotta: "Alibi finiti, fuori gli attributi"

IL MESSAGGERO - Sarebbe apprezzabile che a Trigoria, Boston e Londra qualcuno si assumesse delle responsabilità invece di perseverare con uno scaricabarile stucchevole e poco credibile. E soprattutto destabilizzante. A sentire i protagonisti del crollo giallorosso non esiste un colpevole, o meglio, c'è sempre qualcun altro su cui puntare il dito quando le situazioni diventano complicate. L'ultima lezione in casa Roma su come lavarsene le mani è stata impartita dal presidente James Pallotta che, con un comunicato stringato dettato dagli Stati Uniti e affidato all'account Twitter del club, ha raccontato la sua verità senza fare un accenno di autocritica: «Tutti sanno cosa è andato storto quest'anno e per questo abbiamo dovuto cambiare. Ma il tempo delle scuse è finito. La partita con la Spal è inaccettabile, quella di oggi (ieri, ndc) è stata anche peggiore. I giocatori devono lottare e mostrare che hanno le palle. Nessuno ha più alibi». Dal punto di vista del presidente, quindi, le responsabilità sono da dare ai giocatori perché vili e codardi, ma allora come mai è stato esonerato Di Francesco? È singolare osservare che il capro espiatorio del presidente cambi da una settimana all'altra: prima il direttore sportivo («Ask Monchi» rispondeva il presidente a chi gli chiedeva conto della sconfitta umiliante di Firenze), poi gli arbitri, a seguire di Di Francesco e adesso i giocatori. E pensare che ad agosto scorso Pallotta diceva: «Questa è la mia Roma più forte».

BALDINI HA SCELTO SARRI - I calciatori si difendono (il portavoce è Manolas), affermando che la colpa di tanta inefficienza è dare ai troppi infortuni muscolari (41) che hanno decimato la squadra e non hanno mai permesso ai giallorossi di giocare al completo. Le conseguenze sono note a tutti: licenziati medico sociale e capo dei fisioterapisti. L'ultimo arrivato è Ranieri che ha preso il comando di una barca che fa acqua da tutte le parti e che di certo non ha colpe se non quelle legate ad aspetti tattici, ma anche lui punta il dito verso lo stato atletico dei giocatori e quindi sull'ex allenatore (in caso di esonero non sarà richiamato Di Francesco). In un far west mediatico, Franco Baldini resta in silenzio tra Londra e Città del Capo e lavora sull'allenatore di domani che potrebbe essere Maurizio Sarri. Il tecnico dei Blues è in rotta con i tifosi che durante la vittoria in extremis contro il Cardiff hanno invocato Frank Lampard, ma lui rilancia: «Mi sto abituando alle critiche. Voglio restare e migliorare la situazione».


Sor Claudio alza le mani, l'aggiustatore stavolta sembra aver peggiorato i danni

IL MESSAGGERO - CARINA - L'aggiustatore non aggiusta più. Sono bastati 270 minuti per fiaccare anche l'entusiasmo di Ranieri. Arrivato con mille propositi, Sir Claudio ieri è apparso in grande difficoltà. Sia a livello tecnico-tattico che mediatico. In campo è stato surclassato da Ancelotti, non riuscendo a porre rimedio al gioco del Napoli che si sviluppava perlopiù sulle fasce. Fuori, essendosi già giocato a Ferrara la carta della reprimenda pubblica al gruppo, ha virato sull'evidente disparità di condizione atletica tra le due squadre: «C'è poco da fare se gli altri corrono di più e ti mettono in mezzo...». Ha ragione da vendere: la Roma non corre poco, cammina. Il problema però è che lo faceva anche prima del suo arrivo. E nonostante l'ecatombe muscolare fosse una costante da inizio stagione, prima del ko del derby, i calciatori che ieri non riuscivano a fare due passaggi di fila e arrivavano sempre secondi sul pallone, erano comunque riusciti a inanellare una serie di 6 vittorie e due pareggi. Premessa d'obbligo: non è in atto una riabilitazione di Di Francesco che ha commesso molti errori (e li ha pagati) ma la semplice constatazione di fatti e numeri. Della serie: la precarietà atletica esisteva anche prima, nonostante in molti alludessero ad «un mero problema di testa» (cit.). Ma insieme a questa si vedeva anche un minimo di organizzazione e un'idea di gioco. La Roma durava un'ora ma almeno in quei 60 minuti pressava, provava a verticalizzare, non sempre riuscendoci, creava occasioni da rete e quello che più conta nel gioco del calcio, tirava in porta. Nelle ultime 2 gare, invece, non s'è visto nulla. Solo lanci lunghi a superare la mediana avversaria, sperando di sfruttare le seconde palle. Ma se la condizione atletica non ti assiste, sul pallone arrivi sempre secondo. L'alternativa è pallone a Perotti e vediamo cosa accade. Se salta l'uomo, bene. Altrimenti non c'è un'altra opzione: notte fonda.

EX TINKERMAN - Senza contare la confusione tattica. Il tecnico di San Saba si è presentato annunciando che la prima cosa da fare era «trovare l'equilibrio». In 3 gare ha invece alternato 3 moduli: 4-2-3-1, 4-4-2 (e 4 attaccanti) e il 4-3-3 in corsa di ieri. Nonostante il flop, prova comunque a rilanciare: «Siamo tutti sulla stessa barca, anche se io sono salito da poco. Non penso alle dimissioni. Cerchiamo di arrivare in porto nel miglior modo possibile». Chissà se cambierà idea in caso di ko contro la Fiorentina. Intanto se il porto al quale allude è la Champions, il rischio di naufragare è dietro l'angolo.


Totti reclama un ruolo più autonomo e operativo

IL MESSAGGERO - FERRETTI - Neppure nei peggiori incubi, uno avrebbe immaginato di fare i conti con lo scempio che la Roma partita dopo partita sta regalando alla sua gente. L’effetto Ranieri, chiamato al capezzale di una squadra più marcia che malata, è già svanito. Anche se resta da stabilire, innanzi tutto, se ci sia stato realmente un effetto Ranieri. E qui abbiamo seri dubbi. La Roma, oggi come ieri, continua a non essere una squadra. È un qualcosa di indefinito, di terribile per gli occhi e per il cuore. Più che di una rivoluzione, nei prossimi mesi ci sarà bisogno di una rifondazione. A tutti i livelli. In campo e fuori. Il tempo delle chiacchiere e delle balle è scaduto da mesi. Servono uomini veri e competenti, e fatti concreti. Francesco Totti, non un nome a caso, si è stancato di stare con le mani in mano. Si è stufato, dando un’occhiata avvelenata ai risultati, di fare più il gagliardetto che il dirigente della Roma. E ieri l’ha detto in tv senza mezze misure. Fornendo all’interlocutore, forse per la prima volta in maniera netta, l’impressione di trovarsi di fronte un dirigente del club e non più il suo (ex)Capitano. Ha ricordato, Francesco, di aver suggerito il nome di Claudio Ranieri (chi altri sarebbe venuto per tre mesi, sennò?) per il post Di Francesco, ha accennato con cognizione di ruolo al futuro di De Rossi («Se se la sente di continuare ci metteremo intorno a un tavolo e decideremo») e di Zaniolo («Affronteremo la questione del rinnovo e decideremo insieme la cosa migliore»), ha rivendicato, in punta di lingua, un ruolo più decisivo all’interno della Roma. «Ne ho già parlato con chi di dovere», ha spiegato, «ma adesso non voglio andare oltre. Di certo, se ci saranno novità io cambierò...». Il che, tradotto, vuol dire: addio Totti gagliardetto, spazio a Totti dirigente al cento per cento.

IL FUTURO - Già, ma con quali mansioni? Francesco è stanco (o seccato) di dover fare i conti con suggerimenti (tecnici) che arrivano da lontano e che planano su Trigoria dopo esser passati per Boston. Lui al Bernardini ci sta tutti i giorni, non fa la spola tra Londra e Città del Capo e, quindi, sa tutto di tutti. Non ha più intenzione di dover accettare scelte e decisioni che passano ad alta quota sulla sua testa. Ecco perché rivendica una mansione più operativa nella gestione sportiva della Roma. L’etichetta mettetela voi: non conta. Conta, se mai, un ruolo di responsabilità che gli consenta di stare accanto, anzi attaccato alla squadra. Con il compito/potere di alzare la voce, di non perdonare nulla a nessuno. Di far rispettare la Roma e la sua Storia, oggi maltrattata da troppi piccoli uomini. E poi peggio di quanto stanno facendo ora, Totti non potrà mai farlo.