Allenamento Roma. Di Francesco dirige la seduta, individuale per Ünder e Pastore

La Roma è tornata ad allenarsi questo pomeriggio in vista della gara di campionato contro l'Empoli, in programma lunedì alle 20:30 allo stadio Olimpico. I giallorossi sono rientrati nella Capitale alle 14:20 da Porto, dove ieri la squadra è stata eliminata dai lusitani. La squadra è stata divisa in due gruppi come di consueto dopo una gara, chi non ha giocato svolge un normale allenamento in campo. La sessione è regolarmente guidata da Di Francesco e dal suo staff. Lavoro individuale in campo per Ünder e Pastore.


Roma&Eusebio: l'ultimo Porto

MESSAGGERO - TRANI - Pioggia e vento, davanti all'Atlantico. Anche il set sembra insomma studiato nei dettagli per la notte da passare all'Estadio do Dragao. Da dentro o fuori. Banale, vero. Anzi scontato. Ma è così quando è in programma la sfida di ritorno di qualsiasi turno ad eliminazione diretta e di qualunque coppa quando il punteggio della partita d'andata è rimasto in bilico. Come è successo lo scorso 12 febbraio all'Olimpico: 2-1. Il valore del Match di Oporto è, però, doppio. Va oltre la Champions. Non c'è, dunque, in ballo solo la promozione della Roma ai quarti per il 2° anno di fila o l'esclusione della stessa dalle migliori 8 d'Europa. Testa o croce anche per Di Francesco. Il destino dell'allenatore seguirà il verdetto del campo: in caso di qualificazione resterà sulla panchina giallorossa, al contrario con l'eliminazione dovrà lasciarla all'erede.

ULTIMA CHIAMATA - Pallotta, su consiglio del suggeritore-consulente Baldini, ha scelto il successore di Di Francesco dopo il ko del 23 settembre a Bologna: Paulo Sousa. Che, tra l'altro, è già in zona, la famiglia vive a Viseu, 120 km da Oporto. In tasca ha l'accredito per il match da tempo, non il contratto. Monchi per 5 mesi ha fatto scudo all'attuale allenatore. Il ds, ormai più vicino all'Arsenal (a Londra lo aspettano addirittura a fine marzo) che al tecnico, si è dovuto arrendere domenica sera. Anche se la soluzione scelta a Boston non piace al gruppo. Che preferirebbe l'ex compagno Panucci, attuale ct dell'Albania. Cristian e Paulo si conoscono bene, avendo giocato insieme nell'Inter, guidata da Lippi, nella stagione 1999-2000. La proposta del club giallorosso è legata al 4° posto: senza il raggiungimento dell'obiettivo, stop all'avventura pure per chi entra in corsa. Donadoni è disponibile, accettando il legame di 4 mesi, ovviamente da allungare se farà centro: in questo senso è il traghettatore ideale. Sousa, invece, chiede di restare a prescindere e almeno fino al 30 giugno 2020: Baldini vorrebbe accontentarlo. Rilancio del Bordeaux, ad inizio settimana: contratto fino al 30 giugno 2021, con ingaggio da 2,3 milioni netti all'anno. Paulo, però, prende tempo: domani la sua risposta definitiva al club francese.

FORMULA CONDIVISA - Di Francesco, anche se tentato dalla difesa a 3 (provato lunedì il 3-5-2) con cui eliminò il Barcellona di Messi il 10 aprile 2018, accontenta i giocatori che lo devono aiutare nel match della verità e ripropone quindi il 4-2-3-1, usato in corsa pure contro la Lazio. Ma azzerando, o quasi, la linea difensiva del derby: dentro Karsdorp, Manolas e Marcano, fuori Fazio e Jesus. Più Florenzi alzato nel tridente a destra o, se a destra si sposterà El Shaarawy, anche lui spinto in panchina come i due centrali. In mezzo al campo spazio ai senatori, con torna Nzonzi accanto De Rossi. Zaniolo, invece, sale dietro a Dzeko e si riprende il ruolo di trequartista. In caso di ripensamento, ecco pronto il 4-3-3: con Pellegrini in campo e non più Nzonzi.

IMMAGINE E RICCHEZZA - La sfida di Oporto, numero 111 in Champions e 7° tentativo (3 a vuoto e 3 riusciti) di andare ai quarti, non vale solo per il prestigio del club di Pallotta. Conta, e parecchio, pure per il bilancio. La qualificazione garantirebbe alla Roma almeno altri 20 milioni (incassati fin qui quasi 70): 10,5 per la promozione al turno successivo, più l'incasso della partita in casa e il market pool (cifra che si calcola al traguardo e che aumenta a seconda delle gare disputate e se, ad esempio, dovesse uscire la Juve come accadde la stagione scorsa).


Pastore, il polpaccio misterioso e l'annata piena di risentimenti

MESSAGGERO - Come se il momento delicato che sta attraversando la Roma non bastasse a scaldare gli animi, da ieri è spuntato il caso Pastore. L'argentino, reduce da un derby incandescente durante il quale prima di essere chiamato in causa ha rivolto un gesto poco elegante verso la panchina, non è stato convocato per la sfida di Champions contro il Porto. Il perché? Le fonti ufficiali fanno sapere che il centrocampista ha avuto l'ennesima ricaduta al polpaccio sinistro diagnosticata lunedì sera dopo alcuni esami strumentali. Ed è per questo che non solo non ha partecipato alla rifinitura di ieri mattina, ma assisterà all'ottavo di finale seduto sul divano di casa. Il gesto, che ha innervosito Di Francesco, è il risultato di frustrazione e risentimento accumulati durante la stagione in cui non è riuscito a dare il meglio di se proprio a causa di quel polpaccio, giunto alla quarta lesione e che lo ha fatto stare in infermeria per circa due mesi.

IL POST - Poco dopo la comunicazione della notizia della mancata convocazione, la moglie dell'argentino Chiara Picone ha postato su Instagram una foto del marito con in braccio il figlioletto. Nulla di strano se non fosse che la didascalia allegata recita: «Mi auguro che sia come te che hai l' anima pura. Educato, paziente, sempre gentile e generoso con tutti. Sei un signore nella vita, professionale e onesto. Vivi per la tua famiglia e noi viviamo per te, chi ti conosce sa di cosa sto parlando». È la seconda volta in pochi giorni che la moglie di Pastore prende le difese del centrocampista: nelle scorse settimane oltre alle critiche dei tifosi, l'ex ds romanista e suo scopritore lo ha definito «imbarazzante». Chiara non ci ha pensato due volte e ha reagito: «Sul cadavere dei leoni festeggiano i cani. Ma i leoni rimangono leoni e i cani rimangono cani». Impossibile dire a chi fosse riferito il messaggio, ma è che certo la signora Pastore ha molto cuore le sorti di suo marito.


«Non voglio vivere da sopportato»

MESSAGGERO - «Non gioco io, ma la Roma». Di Francesco, aspettando la notte del giudizio, sventola la bandiera giallorossa. E mette la squadra sul palcoscenico, rifugiandosi dietro le quinte. Anche lì può essere, però, colpito se non riuscirà a centrare, anche in questa stagione, la qualificazione ai quarti. Sa che cosa lo aspetta in caso di eliminazione. Ha vissuto già 3 vigilie simili: prima del Frosinone, del Genoa e del Milan. Rischia di non finire il semestre dedicato agli esami.

SOLO IL RISULTATO - Eusebio non si spaventa. «Da quando sono seduto su questa panchina che conosco le difficoltà. Il momento complicato è sempre il prossimo... Ma non è la mia partita. Gioca la squadra. E, anche se si parla di altro, l'interesse del tifoso giallorosso è che la Roma passi, a prescindere di chi sia l'allenatore in futuro. Il mio pensiero sincero va ai ragazzi per fare una partita di altissimo livello, come quelle dell'anno scorso, e per andare avanti. Mi dà fastidio che si parli del sottoscritto. Prima viene la Roma. Credo ancora nella possibilità di fare un risultato positivo. Il resto sono parole che fanno parte del gioco. Noi siamo criticati più per i risultati che per il lavoro. Il pensiero non va a me stesso ma alla squadra, se passiamo se ne gioveranno tutti. Dopo un periodo positivo di risultati il derby ha inciso sul morale generale, ma occorre pensare a questa come partita secca, quella della vita. Essere supportato è fondamentale, essere sopportato no». Non è certa la presenza di Paulo Sousa, altro rivale portoghese della serata del Do Dragao.

TRIBUNA SCOMODA - «Se viene non ci vedono niente di male. E' giusto per chi fa il nostro mestiere andare a seguire i match. Potrebbe capitare pure a me. Un conto è il lavoro e un altro, invece, certe dichiarazioni...». Indicazioni verso i quarti: «Ha ragione Coinceçao, sarà una partita lunga. Voglio vedere una grande fase difensiva. Non dirò per ora ai giocatori chi sarà titolare: voglio decidere alla fine e vedere le loro facce per decidere chi scenderà in campo per questa grande battaglia. L'idea è partire con il 4-3-3, ma poi se la notte porterà consiglio...». 

GLI ESLCUSI - Nessun vantaggio al Porto, dunque. I convocati sono 21: fuori con pastore, anche Coric e Under. «Siamo tutti con Di Francesco, al cento per cento. Basta chiacchiere, ma dobbiamo dimostrarlo con i fatti. Abbiamo un piccolo vantaggio, difendiamolo. E io vorrei tornare decisivo». Coinceçao perdona Militao (fuori 3 partite per aver partecipato ad una festa prima di una trasferta) e ritrova Marega. «Anche io sono in grande difficoltà. Siamo tutti sulla corda». Il riferimento è al 1° posto in classifica lasciato al Benfica dopo la sconfitta casalinga nello scontro diretto. «Dobbiamo cercare di vincere, ma non con fretta».


L'assordante silenzio degli uomini di James

MESSAGGERO - FERRETTI - Cacciare o confermare un allenatore in base al risultato secco di una partita significa non aver saputo gestire una spinosa situazione che si trascina, tra alti e bassi, da parecchi mesi. Non c'era bisogno di arrivare a un ultimatum per stabilire il futuro dell'allenatore della Roma. ma questa è la situazione reale, dato che nessuno, a Trigoria e dintorni, si è premurato di smentire le voci, le notizie che vanno in questa direzione dalla fine del derby. Fosse stato vero il contrario, qualcuno avrebbe urlato ai quattro venti che quanto riportato da giornali, radio, tv e siti internet non era vero; che Eusebio Di Francesco, nonostante tutto, continua a essere al riparo da cattive sorprese. Invece niente. La maniera peggiore per preparare una sfida delicatissima come quella di Oporto.
Se la Roma va fuori dalla Champions, si cambia. Non conta più come, ma adesso conta solo se: se va fuori, via l'allenatore. Come unico capro espiatorio, con buona pace di tutti gli altri colpevoli. E, molto probabilmente, via anche il direttore sportivo. Anche se per una sua scelta, anticipando nei tempi una mossa già decisa alla fine dello scorso dicembre.
E così, tra un'ipotesi e l'altra legata al nome del nuovo allenatore, la partita contro il Porto arriva quasi in sordina. Come se l'appuntamento al Do Dragao non fosse la cosa più importante in casa Roma. Al punto che sono molti - oltre il recinto del Bernardini - coloro che si augurano che la Roma stasera venga eliminata dalla Champions pur di non vedere più Di Francesco (pronto a tutto, confidano...) sulla panchina giallorossa. In realtà, oggi il primo pensiero di tutti - anche all'interno del recinto del Bernardini - dovrebbe essere la Roma. Non il suo allenatore o qualsiasi altro stipendiato da Jim Pallotta. Fin quando si continuerà a pensare al singolo, e soltanto al problema singolo, non si arriverà mai a una soluzione ottimale. Non lo diciamo noi, ma la recente storia della Roma.


Difesa a 4 o a 3. I dubbi di DiFra per poter rivivere una notte epica

REPUBBLICA - PINCI - Due idee di Roma. Una tradizionale, quasi classica. E una rivoluzionaria. La decisione la prenderà soltanto stamattina, Eusebio Di Francesco, ma al di là delle dichiarazioni d’intenti in diretta tv («La mia idea è di partire col 4-3-3»), l’allenatore sta valutando pure l’idea di uno stravolgimento tattico. Una Roma epica, come «quella delle grandi notti di Champions dello scorso anno», ha evocato in conferenza stampa, nella pancia del Do Dragao che oggi ne deciderà il destino e che ieri gelava di fronte al suo sguardo immobile. Sa Di Francescoche potrebbe essere l’ultima sulla panchina della Roma e per l’occasione sta studiando una soluzione in grado di sorprendere anche il Porto: il ritorno alla difesa a tre. Così lo scorso anno schiantò il Barcellona regalandosi la notte più emozionante della carriera e un’insperata semifinale di Champions, l’ha riprovata nella rifinitura a Trigoria prima di imbarcarsi per il Portogallo. Stavolta insegue i quarti, un passo prima, ma sta valutando comunque quella formula. In fondo, quando parla del match che aspetta la Roma al Do Dragao, stanotte, non ha timore ad ammettere che «servirà una grande partita difensiva». E la formula con tre difensori è forse quella che si adatta meglio a colmare le lacune di una retroguardia che nelle ultime due gare ha incassato 5 reti da Frosinone e Lazio. Ovviamente, ogni ipotesi resta verosimile, pure il ritorno al 4-2-3-1, che restituirebbe una maglia da titolare al francese Nzonzi, eclissato dal ritorno in campo di De Rossi. Di certo l’allenatore non ha ancora fatto la scelta ultima: «Per decidere voglio vedere le facce dei calciatori, sceglierò chi mi convincerà di essere pronto per questa grande battaglia». E la squadra giura di sostenerlo: »Siamo con lui al cento per cento», la parola data dall’esterno d’attacco Perotti. Chissà se lo hanno ascoltato i dirigenti Fienga, Baldissoni e Totti, che pochi istanti prima della sua conferenza discutevano – forse sulle sorti della squadra, forse chissà – appartati sul prato dell’impianto. Chiave potrebbe essere la posizione di Zaniolo, pronto a farsi in tre: esterno alto a destra nel 4-3-3, trequartista nel 4-2-3-1, mezzala nell’ipotesi di virare a sorpresa sul 3-5-2. Lui è l’uomo che il Porto seguirà più attentamente, dopo averlo scoperto sulla propria pelle nella gara d’andata. Quel 2-1, oggi, è il mattone da cui ripartire. E anche l’unica certezza che ha in mano la Roma.


DiFra, tutto in una notte

GAZZETTA DELLO SPORT - Strana la vita. Dieci mesi fa Di Francesco era l’eroe di una città per aver riportato la squadra giallorossa in semifinale di Champions dopo 34 anni, oggi invece rischia di perdere tutto in una notte storta, nonostante la corsa europea in campionato sia ancora aperta. Un paradosso. Ma in Portogallo non si possono non ascoltare i brusii che parlano di Paulo Sousa, dopo che l’ultima offerta del Bordeaux – biennale dal 2,3 milioni a stagione – è stata congelata fino a domani. Certo, se Sousa pare avere già un accordo di massima ed è quindi candidato fortissimo, i tentennamenti interni fanno parlare anche di Panucci, Ranieri e Donadoni, ma senza convinzione, nonostante il tecnico abruzzese abbia perso lo scudo di Monchi, in uscita forse anche subito, in caso di esonero dell’allenatore. «Non troverei inopportuna la presenza di Sousa in tribuna col Porto (come si dice, ndr ) – dichiara cavallerescamente il tecnico –. Un conto sono le dichiarazioni (che in passato non gli erano piaciute, ndr ) e un conto è il lavoro. In futuro potrebbe succedere anche a me. È da quando sono seduto sulla panchina della Roma che conosco le difficoltà. Non voglio portare l’attenzione su di me: gioca la Roma. Credo ancora nella possibilità di fare un risultato positivo. Il resto sono chiacchiere, che fanno parte del gioco. Noi siamo criticati più per i risultati che per il lavoro. Il pensiero non va a me stesso ma alla squadra, se passiamo se ne gioveranno tutti, al di là di chi sia l’allenatore. Certo, dopo un periodo di risultati positivi il derby ha inciso sul morale generale, ma occorre pensare a questa come partita secca, quella della vita. Essere supportato è fondamentale, essere sopportato no. Voglio un match di altissimo livello, come quelli dello scorso anno».


Il futuro in una notte: la Roma vuole i quarti o cambierà tutto

REPUBBLICA - BOCCA - Pare proprio che il punto di congiunzione astrale delle fortune e dei destini romanisti si trovi qui, adesso, nel ventre dello Stadio Do Dragão, il drago di Oporto, uno di quegli stadi da figurina Panini ma uguali a mille altri nel mondo. Pronto ad accogliere anche i tremila fedeli giallorossi arrivati a sostenere una Roma zoppa e impaurita di fronte allo showdown della Champions League. O si svolta questo maledettissimo ottavo o sarà l’apocalisse e niente resterà come prima: l’allenatore Di Francesco, il direttore sportivo Monchi, tutti i giocatori da Manolas a Dzeko. Non ci sarà riparo sicuro per nessuno, e si ricomincerà tutto da capo ancora una volta. Se solo ci fosse, il presidente americano James Pallotta ci terrebbe una “conference” tutta sull’importanza di un stadio così e giammai sul senso perduto della Roma stessa. Soprattutto sull’elaborazione del lutto dopo il sabba laziale nel derby e la triste condizione di Eusebio Di Francesco il cui biglietto aereo per Oporto è stato fatto solo ai banchi di Fiumicino. Perché ha rischiato pure di non prenderlo quell’aereo, tant’era colma la misura dopo un’intera stagione di rovesci, amarezze e risultati via via sempre più impoveriti e umilianti. Il povero Eusebio è qui almeno al suo quarto esonero evitato in extremis per grazia ricevuta: il ko di Bologna a settembre, il rovescio di Plzen contro il Viktoria in Champions a dicembre, i 7 gol presi della Fiorentina a fine gennaio, e ora questi tre gol della Lazio nel derby. Non ci fosse stato il viaggio a Oporto così vicino, probabilmente non sarebbe andata così. «Non è la mia partita, è la partita della Roma. Per un allenatore essere supportato è fondamentale, essere sopportato no». Il fragile Eusebio - il nome di battesimo che richiama la Perla Nera del Benfica, proprio in Portogallo e sul campo dei suoi rivali storici - è qui che guarda tutti i giocatori negli occhi cercando in loro la salvezza. Ben sapendo che non saranno né gli schemi del 4-3-3, del 3-5-2 o del 4-2-3-1, né gli appelli gladiatorii a confermarlo sulla panchina, bensì una fredda e sana gestione di una partita che trascini la Roma lontano da questi continui psicodrammi. Se di tracolli così ce ne sono stati una decina e se Di Francesco è stato licenziato e ripreso per i capelli molte volte, non è perché è venuta meno la romanità, ma perché l’affidabilità di troppi è inferiore a quella che si decanta. Anche i rapporti umani cui tanto tiene il tecnico a volte se ne vanno a quel paese, Pastore ad esempio non nasconde il suo disagio e lo somatizza trasformandolo in continui acciacchi. Alla formazione che adesso si snocciola per mettere al sicuro quel fragile 2-1 dell’andata con l’esplosione di Zaniolo, si accoppia una parallela lista ufficiosa di pretendenti alla panchina. 1) Paulo Sousa, “benfiquista” ma di queste parti e dato addirittura stasera in tribuna; 2) Christian Panucci che lascerebbe il posto da ct dell’Albania per una chance da traghettatore; 3) l’aeroplanino Montella che la prima Roma americana snobbò; 4) Donadoni già abbandonato dal Bologna; 5) Ranieri, fresco del licenziamento dal Fulham, ma uomo per tutte le stagioni prontamente rientrato a Roma; 6) il guru Sarri, vera agognata destinazione finale, ma tenuto in sospeso per ora dal Chelsea. Su questa Roma disperata, ma teoricamente anche sulla soglia di un’impresa, gira ogni notizia: da Di Francesco che si potrebbe dimettere comunque, ai pessimisti perfidi che ne augurano il licenziamento anche in caso di qualificazione, a quelli che sostengono che comunque si può fare il bis del 2018. All’andata i due gol di Zaniolo e una bella partita scacciarono l’incubo, ma quel gol di Adrian adesso pesa, eccome. Ci vorrebbe la Roma che lo scorso anno sconfisse il Barcellona, ma chissà dov’è finita. Intanto essendo rare le vittorie ci si rigira fino in fondo in questo malinconico Fado di sconfitte.


Dai due club un miliardo di cessioni

REPUBBLICA - PINCI - Soltanto una delle due giocherà i quarti di Champions. Eppure c’è molto di Roma e Porto nelle squadre protagoniste delle ultime finali. Una vocazione che somiglia a una maledizione: vedere parti di loro stesse protagoniste con altri colori sui palcoscenici più nobili del continente. Da dieci anni i due club sono il serbatoio dei colossi d’Europa: in cambio di un “pieno” da un miliardo di euro. Quando Salah si presentò col Liverpool a Kiev in finale di Champions, un anno fa, aveva appena dismesso la maglia giallorossa. Il suo sogno fu infranto dal Real, come era capitato un anno prima a un altro appena partito da Roma: a Cardiff non fu la finale di Pjanic, anche se un ruolo centrale nel portare fin lì la Juventus lo aveva avuto eccome. C’era anche Benatia, che la finale la vide seduto accanto ad Allegri. Era in campo Alex Sandro: uno dei grandi affari fatti dal Porto. Come Danilo e James Rodriguez, figuranti del Real ma, prima, stelle del club portoghese rivendute a caro prezzo. L’apripista del metodo Porto fu Radamel Falcao, che passò all’Atletico per 40 milioni e vinse da capocannoniere l’Europa League che aprì l’era Simeone. Non tutti i giocatori sacrificati dalla Roma sono stati altrettanto fortunati: Marquinhos col Psg è l’unico ad aver colto vittorie significative, pur steccando regolarmente il confronto europeo. Alissonprova a emularlo a Liverpool, Rüdiger ed Emerson si sono accontentati dell’Fa Cup col Chelsea, e Romagnoli della Supercoppa italiana al Milan. Nient’altro da segnalare. Vedere i propri campioni vincere con altri è l’inevitabile effetto collaterale della filosofia che accomuna Lupi e Dragoni: comprare e rivendere per finanziare i costi crescenti di cui deve farsi carico un club ambizioso. Strategia che ha generato numeri mostruosi: negli ultimi dieci anni, hanno prodotto, in due, plusvalenze per un miliardo. Cifra sconvolgente, anche perché vuol dire avere la capacità di garantirsi, in media, 50 milioni di euro ogni anno. Macchine da soldi, con il sorpasso romanista completato quest’anno grazie ai 76 milioni di plusvalenze dalle cessioni di Alisson e Strootman: 516 a 484, il conto totale. Il Porto però ha unito ai benefici economici una fila di trofei, ultimo lo “scudetto” 2018 che ha interrotto il quadriennio del Benfica. Questo il vero, grande rimpianto della Roma americana di Pallotta. Ha saputo trasformare in oro divise da gioco e social network ma schiacciata dalla dittatura juventina aspetta ancora il primo titolo: salutata rovinosamente la Coppa Italia, le resta solo l’illusione della Champions. Un ottimo motivo per non naufragare nel mare portoghese.


Roma, la sera dei miracoli. Perotti: «Entrare nei quarti per ripulire l’immagine»

CORRIERE DELLA SERA - Diego Perotti potrebbe avere una maglia da titolare nella notte senza ritorno perché l’argentino ha spesso trovato nuova vita in Champions League. Il 28 maggio 2016, il giorno dell’addio di Francesco Totti al calcio giocato, segnò il gol nei minuti di recupero che permise alla Roma di andare direttamente nel tabellone principale. Lo scorso anno segnò contro il Chelsea nel 3-0 dell’Olimpico e contro il Qarabag: un gol importantissimo perché garantì qualificazione e primo posto negli ottavi. Per Perotti, proprio come per Di Francesco, può essere l’occasione per una grande rivincita, lasciando alle spalle tanti dolori, ultimo il derby perso senza combattere: «La cosa peggioreèstata rimanere fuori per tanto tempo e non poter dare una mano ai compagni. Ma adesso non conta più nulla: dobbiamo dare una risposta con i fatti, in campo. Una partita come questa può aiutarci a cancellare, almeno in parte, l’immagine che abbiamo lasciato nel derby. E di una cosa potete stare sicuri: siamo al cento per cento con l’allenatore».


Bufera Pastore, tra nuovo stop e l’insulto a Di Francesco

CORRIERE DELLA SERA - Continua il momento nero di Javier Pastore, che non è partito ieri con la squadra per il Portogallo a causa di un problema muscolare al polpaccio sinistro. Un infortunio certificato dagli esami sostenuti lunedì scorso, l’ennesimo di una stagione fin qui fallimentare per l’ex Psg, arrivato la scorsa estate per 24.7 milioni di euro. [..] Col tecnico il feeling non è mai nato, e sabato sera durante il derby c’è stato un episodio che probabilmente ha sancito la fine del rapporto: al momento di entrare in campo, l’argentino ha gettato in terra in segno di stizza la pettorina con cui stava facendo riscaldamento e ha rivolto, in maniera plateale e udibile a tutti quelli presenti nei dintorni della panchina, un epiteto irriguardoso nei confronti dell’allenatore, che sul momento ha fatto finta di non sentire. Inevitabile un confronto al chiuso dello spogliatoio, a cui è però seguito l’ennesimo infortunio.


Di Francesco, tutto in una notte: «Io supportato, mai sopportato»

CORRIERE DELLA SERA - «Supportato sì, sopportato no». Eusebio Di Francesco dà il titolo in mezzo a una conferenza stampa in cui nasconde più che rivelare. Sa di essere di fronte all’ennesimo esame — il ritorno degli ottavi di Champions League — e lo aggredisce con orgoglio: «Ho affrontato la pressione dal primo giorno che sono arrivato alla Roma, però amo il mio lavoro e le scelte le faccio io. Manderò in campo i giocatori che mi sembrano più pronti per andare in battaglia. Il mio futuro non importa, conta solo la Roma. Non gioco io, non è la partita di Eusebio Di Francesco». Tra gli spettatori attesi al Do Dragao per Porto-Roma ce n’è uno particolarmente interessato: Paulo Sousa. Il Bordeauxha aumentato la posta e offre al tecnico 2,3 milioni per due stagioni. Sousa, guarda caso, ha preso tempo fino a domani. C’è poco da nascondersi: la partita è l’ultima spiaggia per Di Francesco e, chissà, per molti giocatori giallorossi. Il tecnico minimizza: «Sousa viene alla partita? Non mi darebbe fastidio, come hanno fatto certe sue dichiarazioni. Guardare le partite allo stadio, quando si è disoccupati, fa parte del lavoro. Magari capiterà anche a me».